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Azione revocatoria: la prova del terzo acquirente

La Corte di Cassazione esamina un caso di azione revocatoria su una vendita immobiliare stipulata tramite un contratto preliminare per persona da nominare. La venditrice, gravata da debiti, aveva promesso in vendita al marito la propria quota di un immobile, il quale ha poi nominato una terza persona come acquirente definitivo. La Corte chiarisce i criteri per valutare la consapevolezza del pregiudizio ai creditori da parte del terzo acquirente, soprattutto quando il credito sorge dopo il preliminare ma prima del rogito, annullando la decisione d’appello e specificando la corretta sequenza di valutazione degli stati soggettivi delle parti coinvolte.

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Azione Revocatoria: La Cassazione e il Ruolo del Terzo Acquirente

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori, ma la sua applicazione può diventare complessa in scenari articolati come la compravendita immobiliare tramite contratto per persona da nominare. Con l’ordinanza n. 13265/2024, la Corte di Cassazione interviene per fare chiarezza sui criteri di valutazione dello stato soggettivo del terzo acquirente, delineando un percorso logico-giuridico preciso per i giudici di merito.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dai debiti accumulati da una signora nei confronti di diversi istituti di credito. Per proteggere il proprio patrimonio, la signora stipulava un contratto preliminare di vendita per la sua quota del 50% di un immobile, promettendola in vendita al proprio marito. Il contratto conteneva la clausola “per persona da nominare”, che consentiva al marito di designare un diverso soggetto come acquirente finale.

Successivamente alla trascrizione del preliminare, le banche creditrici iscrivevano due ipoteche giudiziali sull’immobile e notificavano un pignoramento presso terzi al marito per i crediti vantati verso la moglie. Nonostante ciò, le parti procedevano alla stipula del contratto definitivo, con il quale il marito nominava una terza persona come acquirente dell’intera proprietà. Le banche, sentendosi pregiudicate, avviavano un’azione revocatoria per rendere inefficace la vendita.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Azione Revocatoria

La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda di revocatoria per la quota di immobile ceduta dal marito alla terza acquirente. Secondo i giudici d’appello, il credito di una delle banche era sorto dopo l’atto dispositivo (il rogito) e mancava la prova della partecipazione della terza acquirente alla dolosa preordinazione del venditore.

La Corte di Cassazione ha cassato questa decisione, ritenendo errato il ragionamento della Corte territoriale. La Suprema Corte ha stabilito che, in un caso di azione revocatoria di un contratto definitivo preceduto da un preliminare per persona da nominare, la valutazione dell’elemento soggettivo deve seguire un ordine gerarchico.

In primo luogo, il giudice deve verificare lo stato soggettivo dello stipulante originario (in questo caso, il marito) al momento della conclusione del contratto preliminare. Solo se questa verifica dà esito negativo, si passa a valutare lo stato soggettivo della persona nominata (la terza acquirente) al momento dell’accettazione della nomina, che coincide con la stipula del contratto definitivo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello abbia commesso un errore metodologico, omettendo di valutare elementi di prova decisivi. In particolare, non aveva considerato la rilevanza di due ipoteche giudiziali, iscritte sull’immobile prima del rogito, e l’esistenza di un secondo contratto preliminare, non trascritto, a cui avevano partecipato tutte e tre le parti coinvolte. Questi elementi erano fondamentali per accertare la cosiddetta participatio fraudis della terza acquirente, ovvero la sua consapevole partecipazione all’intento fraudolento di sottrarre il bene alla garanzia dei creditori.

Secondo la Suprema Corte, la presenza di iscrizioni pregiudizievoli sull’immobile al momento dell’acquisto definitivo è un fatto che non può essere ignorato. Il terzo acquirente, infatti, ha l’onere di consultare i registri immobiliari, e la mancata verifica può configurare una colpa grave, equivalente alla malafede richiesta per l’azione revocatoria. Il giudice di merito avrebbe dovuto esaminare se, alla luce di tali circostanze, la terza acquirente fosse consapevole del pregiudizio che l’atto di compravendita avrebbe arrecato ai creditori.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante principio guida per i casi di azione revocatoria che coinvolgono contratti per persona da nominare. La decisione sottolinea che l’analisi non può essere superficiale, ma deve seguire un percorso logico rigoroso, partendo dalla posizione dello stipulante originario per poi, eventualmente, esaminare quella del terzo nominato. Soprattutto, ribadisce l’importanza della diligenza del terzo acquirente: l’acquisto di un immobile gravato da ipoteche giudiziali rende estremamente difficile sostenere la propria buona fede e l’inconsapevolezza del danno arrecato ai creditori. Gli operatori del diritto e gli acquirenti immobiliari devono quindi prestare la massima attenzione a tutti gli elementi disponibili, inclusi i gravami iscritti, per evitare di vedersi coinvolti in complesse vicende giudiziarie.

In un’azione revocatoria di un contratto per persona da nominare, come si valuta la consapevolezza del danno del terzo acquirente?
L’analisi deve essere gerarchica: in via prioritaria si valuta lo stato soggettivo dello stipulante originario (il promissario acquirente) al momento della conclusione del contratto preliminare. Solo se tale verifica ha esito negativo, si procede a valutare lo stato soggettivo del terzo nominato al momento della stipula del contratto definitivo.

L’esistenza di ipoteche iscritte sull’immobile prima del contratto definitivo è rilevante per l’azione revocatoria?
Sì, è un elemento fattuale decisivo. La Corte di Cassazione afferma che la presenza di ipoteche giudiziali, note o conoscibili tramite la consultazione dei registri immobiliari, è fondamentale per dimostrare la consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori.

Cosa si deve dimostrare se il credito sorge dopo il contratto preliminare ma prima di quello definitivo?
In questo caso, trattandosi di un atto dispositivo anteriore al sorgere del credito (rispetto al momento del preliminare), è necessario dimostrare non solo la consapevolezza del pregiudizio (scientia damni), ma anche la partecipazione del terzo alla dolosa preordinazione del debitore, finalizzata a danneggiare il futuro creditore (participatio fraudis).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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