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Azione revocatoria: la prova del danno ai creditori

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società concessionaria contro la revoca di un acquisto di automezzi da un’impresa poi fallita. Al centro della decisione sull’azione revocatoria vi è il principio secondo cui, per dimostrare il pregiudizio ai creditori (eventus damni), non è necessaria la prova che l’acquirente fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del venditore. La Corte ha ribadito che la trasformazione di un bene fisico in denaro costituisce di per sé una diminuzione della garanzia patrimoniale per i creditori, elemento sufficiente a integrare il danno richiesto dalla legge per l’azione revocatoria ordinaria.

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Azione revocatoria: quando la vendita di beni può danneggiare i creditori?

L’azione revocatoria è uno strumento cruciale a tutela dei creditori. Permette di rendere inefficaci atti di disposizione patrimoniale che un debitore compie a loro danno. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui requisiti necessari per esercitarla, in particolare sul concetto di ‘danno’ (eventus damni). La vicenda riguarda la vendita di otto automezzi da parte di una società di trasporti, poi fallita, a una concessionaria di veicoli industriali.

I Fatti di Causa

Una società di trasporti vendeva a una concessionaria otto automezzi per un prezzo complessivo di 146.000 euro. Poco dopo, la società venditrice veniva dichiarata fallita. Il curatore fallimentare, agendo nell’interesse dei creditori, avviava un’azione revocatoria per rendere inefficace quella vendita, sostenendo che avesse pregiudicato la garanzia patrimoniale su cui i creditori potevano fare affidamento.

Lo Svolgimento del Processo

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello accoglievano la domanda del fallimento. I giudici di merito ritenevano che la vendita avesse effettivamente causato un danno ai creditori. In particolare, la Corte d’Appello evidenziava che la sostituzione di beni facilmente aggredibili come gli automezzi con una somma di denaro, di cui non vi era prova del completo incasso, costituisce di per sé una diminuzione delle garanzie per i creditori. Inoltre, ravvisava la sussistenza del consilium fraudis (la consapevolezza del pregiudizio) in capo alla società acquirente, dati i rapporti pregressi e la quasi identità della compagine sociale tra la venditrice e una terza società coinvolta nell’operazione.

L’Azione Revocatoria e i Motivi del Ricorso in Cassazione

La società concessionaria proponeva ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello. Il punto centrale della sua difesa era che i giudici non avrebbero dovuto considerare provato il danno ai creditori (eventus damni), né la sua consapevolezza di tale danno. Sosteneva, in sintesi, di non avere alcun onere di verificare i bilanci della società venditrice e che la prova del pregiudizio non era stata adeguatamente fornita dal fallimento. Tutti i motivi del ricorso si concentravano sulla presunta mancata dimostrazione della scientia decoctionis, ovvero la conoscenza dello stato di insolvenza del venditore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i motivi di ricorso inammissibili, fornendo una lezione chiara sulla distinzione tra i presupposti dell’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c.), esercitata dal curatore, e quelli di altre azioni tipiche del diritto fallimentare.

I giudici hanno spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente basato la sua decisione sull’accertamento dell’eventus damni, cioè del pregiudizio oggettivo arrecato ai creditori. Questo pregiudizio sussiste anche quando un bene viene sostituito con denaro, perché il denaro è un bene più facilmente occultabile e sottraibile alla garanzia dei creditori.

La difesa della concessionaria, incentrata sulla mancata conoscenza dello stato di insolvenza, era quindi fuori tema. La scientia decoctionis è un requisito dell’azione revocatoria fallimentare speciale (ex art. 67 L.F.), non di quella ordinaria (ex art. 2901 c.c.). Per quest’ultima, è sufficiente la consapevolezza del pregiudizio che l’atto arreca ai creditori (consilium fraudis), che i giudici di merito avevano ritenuto provato tramite presunzioni.

La Cassazione ha concluso che i motivi del ricorso non contestavano la vera ratio decidendi della sentenza impugnata, ma tentavano di ottenere un inammissibile riesame dei fatti e delle prove, compito che non spetta al giudice di legittimità.

Le Conclusioni

La Corte ha rigettato il ricorso, condannando la società ricorrente al pagamento delle spese legali. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nell’azione revocatoria ordinaria, il fulcro è il danno oggettivo al ceto creditorio. La discussione sulla conoscenza o meno dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente è irrilevante per la configurazione dell’eventus damni. Questa decisione consolida la tutela dei creditori, chiarendo che la valutazione del pregiudizio si basa su elementi oggettivi e non sulla condizione soggettiva del terzo acquirente.

Per esercitare l’azione revocatoria ordinaria, si deve dimostrare che l’acquirente conosceva lo stato di insolvenza del venditore?
No. Secondo la Corte, per l’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c.) non è rilevante la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’acquirente. È sufficiente la consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori (consilium fraudis) e la sussistenza di un danno effettivo (eventus damni).

In cosa consiste l’ ‘eventus damni’ nell’azione revocatoria?
L’eventus damni consiste nel pregiudizio oggettivo alle ragioni dei creditori. La Corte chiarisce che anche la semplice sostituzione di un bene mobile (come un automezzo) con una somma di denaro può costituire un danno, in quanto il denaro riduce le garanzie patrimoniali essendo più facilmente occultabile.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti del caso?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Non può quindi procedere a una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Un ricorso che mira a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici dei gradi precedenti è considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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