Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23120 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23120 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1942/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale unita al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 493/2020 depositata il 27/11/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/7/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Messina, con sentenza n. 545/2017, accoglieva l’azione revocatoria ordinaria introdotta dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dichiarando l’inefficacia dell’atto di vend ita stipulato in data 19 dicembre 2007 con cui la compagine poi fallita aveva venduto a RAGIONE_SOCIALE otto automezzi al prezzo complessivo di € 146.000, parte del quale era stato portato in compensazione con il credito vantato dall’acquirente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in ragione dell’accollo compiuto da RAGIONE_SOCIALE e condannava la società convenuta al pagamento di € 146.000 in favore della procedura attrice.
Accoglieva, inoltre, la domanda avanzata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della chiamata in causa RAGIONE_SOCIALE condannando quest’ultima a tenere indenne la compagine convenuta rispetto a quanto la stessa era tenuta a pagare alla procedura attrice, nei limiti di € 80.200.
La Corte distrettuale di Messina rigettava l’appello presentato da RAGIONE_SOCIALE con sentenza pubblicata in data 27 novembre 2020.
In particolare, condivideva -fra l’altro e per quanto qui di interesse -la valutazione compiuta dal tribunale in ordine al ricorrere dell’ eventus damni , in mancanza della dimostrazione che l’intero prezzo fosse stato pagato dall’acquirente.
Riteneva che il primo giudice, dopo aver constatato che gli atti offrivano la prova della preesistenza e della consistenza di crediti di terzi rispetto all’atto di vendita, avesse correttamente ravvisato la sussistenza di un pregiudizio per i creditori, dato che RAGIONE_SOCIALE al 31 dicembre 2007 non possedeva né immobili, né attrezzature, osservando che comunque la sostituzione di un bene mobile con denaro importava sempre una diminuzione delle garanzie dei creditori sociali.
Giudicava che il legame, di vecchia data ed eccellente, esistente fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse il tramite più diretto per la
conoscenza della situazione debitoria di RAGIONE_SOCIALE, la cui compagine sociale era pressoché identica a quella di RAGIONE_SOCIALE e lasciasse presumere, unitamente alla circostanza che RAGIONE_SOCIALE non aveva un interesse a possedere i mezzi comperati, tanto da averli rivenduti subito dopo, il ricorrere anche del consilium fraudis in capo alla società acquirente dei mezzi.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza prospettando otto motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ha depositato un controricorso adesivo alle doglianze presentate da RAGIONE_SOCIALE con il ricorso principale, ritenendo le stesse fondate e meritevoli di accoglimento.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il presente giudizio riguarda una decisione (n. 493/2020) diversa da quella impugnata con il ricorso per cassazione iscritto al n. 24396/2023 R.G. (che concerne la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 493/2023).
Trattandosi di ricorsi pendenti sì fra le stesse parti, ma nei confronti di statuizioni diverse, non si ravvisano i presupposti per una trattazione simultanea, come richiesto con istanza depositata in data 19 dicembre 2023.
5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. nonché, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 65 r .d. 12/1941: RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria per la vendita di automezzi con officina, non aveva alcun motivo o onere di procurarsi ed esaminare il bilancio 2006 di RAGIONE_SOCIALE, dato che i creditori di una società a responsabilità limitata non sono tenuti a verificare i bilanci delle imprese con cui entrano in contatto, né hanno l’onere di creare appositi uffici per
reperire, analizzare, comprendere ed esplicitare i risultati dei bilanci delle imprese che usufruiscono dei loro servizi commerciali.
La Corte di merito nulla ha motivato -rappresenta il ricorrente – per discostarsi dai precedenti della Corte di legittimità che hanno escluso che un imprenditore commerciale debba agire in questo modo.
5.2 Il secondo motivo di ricorso assume, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.: la Corte distrettuale ha addotto come indice di grave e decisivo sospetto la perdita risultante nel bilancio 2007, benché all’epoca in cui la vendita fu conclusa quel bilancio non fosse ancora disponibile, senza prendere in considerazione i rilievi sollevati a questo proposito dall’appellante.
5.3 Il terzo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., della violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in quanto la Corte distrettuale, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e nella valutazione degli elementi probatori, ha omesso di esaminare le risultanze di cui l’appellante aveva dedotto la decisività, costituite dal fatto che l’acquirente non era obbligata a prendere conoscenza dei bilanci di RAGIONE_SOCIALE per poter contrattare con la controparte e dalla posteriorità del bilancio 2007 rispetto alla conclusione della vendita in contestazione.
5.4 Il quarto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697 e 2901 cod. civ.: la Corte distrettuale, una volta constatata l’inefficacia probatoria del bilancio di RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2007, a vrebbe dovuto prendere atto che il fallimento non aveva adempiuto l’onere probatorio del proprio asserito diritto, dato che non aveva dimostrato la sussistenza di una scientia decoctionis in capo a RAGIONE_SOCIALE
I giudici distrettuali, peraltro, dovevano considerare che l’appellante aveva provato che RAGIONE_SOCIALE alla data della vendita, possedeva almeno altri dieci automezzi, il cui valore doveva essere accertato al fine di
affermare che a quell’epoca la società si trovasse in stato di decozione.
5.5 Il sesto motivo prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in quanto, in relazione alle cartelle esattoriali, non sarebbe dato comprende se la Corte territoriale, pur richiamandole espressamente, ne abbia valorizzato o meno la produzione; in ogni caso RAGIONE_SOCIALE nulla poteva conoscere a tale proposito e nulla avrebbe potuto richiedere a RAGIONE_SOCIALE.
I motivi, da esaminare congiuntamente, risultano, tutti, inammissibili.
La Corte d’appello, nell’esaminare il ricorrere dell’ eventus damni , ha constatato che il primo giudice aveva ritenuto che la congerie istruttoria offrisse la prova della consistenza e della preesistenza di crediti di terzi rispetto alla data dell’atto di vendita nonché della lesione di tali ragioni creditorie, a causa del fatto che, in esito alla cessione, non era residuato alcun attivo.
I giudici distrettuali, inoltre, a fronte dell’assunto dell’appellante volto a sostenere che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto conoscere i dati che il tribunale aveva apprezzato per giungere a questa conclusione, costituiti dai bilanci e da alcune cartelle di Riscossione Sicilia, hanno osservato che una simile difesa era inconferente ai fini dell’accertamento dell ‘eventus damni , non venendo in rilievo la situazione di conoscenza o meno delle condizioni di insolvenza dell’acquirente.
Tutti i motivi in esame, nel riproporre la tesi già disattesa in sede di appello, si dolgono del fatto che la Corte distrettuale non abbia considerato che l’acquirente non doveva preoccuparsi di acquisire i bilanci della propria controparte negoziale né, comunque, avrebbe potuto conoscere il bilancio 2007 di RAGIONE_SOCIALE o le cartelle di Riscossione Sicilia e sostengono che rimaneva così indimostrata la prova della sussistenza della scientia decoctionis (v. pag. 11 del ricorso).
Simili censure non colgono -né, tanto meno, contestano -la ratio decidendi posta a base di questo punto della decisione impugnata, che intende rappresentare come ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria introdotta dal curatore ai sensi dell’art. 66 l. fall. (che al suo primo comma compie un rinvio alla disciplina civilistica in materia di azione revocatoria, attestando la natura derivata dell’azione proposta dal curatore ai sensi della richiamata norma, la quale, pur nella peculiarità del suo esercizio nell’ambito di una procedura concorsuale, rimane comunque retta dai requisiti sostanziali previsti dal disposto dell’art. 2901 cod. civ.; Cass. 36033/2021) fosse conferente non la conoscenza dello stato di insolvenza (che viene in rilievo, invece, p er l’accoglimento dell’azione introdotta ex art. 67 l. fall.), bensì il ricorrere dei presupposti previsti dall’art. 2901 cod. civ., cosicché la mancata conoscenza di un’eventuale condizione di insolvenza non assumeva alcun rilievo al fine di verificare se l’atto di disposizione del patrimonio avesse arrecato pregiudizio alle ragioni dei creditori.
Ne discende l’inammissibilità dei motivi in esame, giacché il ricorso per cassazione deve contestare in maniera specifica -e quindi necessariamente cogliere nella sua pregnanza – la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 19989/2017).
7.1 Il quinto motivo di ricorso assume, ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115, 116 e 132 cod. proc. civ.: la Corte d’appello ha tratto un elemento di sospetto e convincimento del comportamento fraudolento dalla circostanza che RAGIONE_SOCIALE non aveva interesse a possedere i mezzi acquistati, tanto da averli rivenduti subito dopo, senza tenere conto che l’oggetto sociale dell’appellante era pr oprio l’attività di acquisto e rivendita di autoveicoli nuovi e usati.
7.2 Il settimo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., in quanto la Corte territoriale, senza alcuna motivazione o con
una motivazione meramente apparente, ha travisato -in tesi – il senso dell’affermazione con cui l’appellante aveva ammesso che la compagine di RAGIONE_SOCIALE era pressoché identica a quella di RAGIONE_SOCIALE e che i rapporti fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano consolidati ed eccellenti, affermazione che era stata fatta al fine di chiarire e far comprendere che nulla induceva l’acquirente a sospettare circa un eventuale stato di decozione della controparte.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto rivolti all’accertamento del ricorrere del consilium fraudis (vale a dire del fatto che il terzo acquirente dei mezzi fosse consapevole del pregiudizio che l’atto poteva causare alle ragioni dei creditori della controparte contrattuale), risultano inammissibili.
8.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza con cui si lamenti che questi, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 20867/2020).
La doglianza concernente la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile, invece, solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola
di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U., 20867/2020).
Non è dunque possibile, come fa il primo dei mezzi in esame, proporre una censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. denunciando un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito.
8.2 La motivazione della decisione assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda però percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (cfr., per tutte, Cass., Sez. U., 22232/2016).
Ambedue le doglianze, nell’assumere l’esistenza di una motivazione apparente e in contrasto con la realtà dei fatti, non adducono che le spiegazioni offerte dalla Corte di merito non fossero idonee a rappresentare l’iter logico -intellettivo seguito dai giudici distrettuali per arrivare alla decisione, ma intendono confutare la fondatezza e la plausibilità degli argomenti da loro illustrati.
Una simile doglianza non evidenzia, quindi, alcuna criticità dell’apparato argomentativo presente all’interno della decisione impugnata nei limiti attualmente ammissibili, ma è espressione di un mero dissenso rispetto a un apprezzamento di fatto che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte.
9. L’ottavo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697, 2901 e 2729 cod. civ.: la Corte distrettuale ha ritenuto dimostrate le asserzioni del fallimento a supporto dell’azione revocatoria malgrado non vi fosse prova del ricorrere dell’ eventus damni e del consilium fraudis necessari per l’esperimento di una simile azione; inoltre, le presunzioni a cui la Corte distrettuale ha fatto ricorso erano soggettive, non avevano i caratteri di gravità, precisione e concordanza ed erano il frutto di mere unilaterali congetture non oggettivamente argomentate.
10. Il motivo è inammissibile.
Esso, infatti, non evidenzia alcuna criticità in punto di diritto in capo alla decisione impugnata, ma è espressione di un mero dissenso rispetto ad apprezzamenti di fatto in ordine al ricorrere dei presupposti dell’azione esperita che, essendo frutto di u na determinazione discrezionale del giudice di merito, non sono sindacabili in questa sede di legittimità.
È sufficiente, allora, far richiamo al costante orientamento di questa Corte secondo cui risulta inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, a una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (v. Cass. 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).
Del pari, risulta inammissibile in questa sede una censura che proponga una diversa lettura degli elementi presi in esame dal giudice del merito al fine di valutarne la pregnanza in termini di prova presuntiva, in quanto l’individuazione degli elementi rilevanti a t al fine e l’apprezzamento della loro gravità, precisione e concordanza sono rimessi alla valutazione del giudice di merito, a cui il disposto dell’art. 116 cod. proc. civ. attribuisce il compito di vagliare le prove
proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, non rivedibile in questa sede (v. Cass., 8023/2009, Cass. 10847/2007, Cass. 1404/2001).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza, si liquidano come da dispositivo e rimangono a carico, in via solidale, tanto della ricorrente principale, quanto della controricorrente RAGIONE_SOCIALE che ha spiegato una impugnazione incidentale tardiva nelle forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale (Cass., Sez. U., 8486/2024).
Infatti, il regime delle spese processuali del giudizio davanti alla Suprema Corte è ispirato al principio della soccombenza, collegato a quello della causalità (Cass., Sez. U., 23143/2018), cosicché la disciplina delle spese di lite segue la condivisione degli interessi anche laddove la singola parte non abbia assunto l’iniziativa processuale che ha dato avvio al giudizio.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente principale e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE in via solidale, al rimborso delle spese del giudizio di cassazione in favore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE che liquida in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 10 luglio 2025.