Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22186 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore:
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19803/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesio dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
-ricorrenti- contro COGNOME RAGIONE_SOCIALE -intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO n. 73/2023 depositata il 23/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 22/9/2023 COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME impugnano la sentenza della Corte d’appello di Campobasso, pubblicata il 23 febbraio 2023, con cui è stato rigettato l’appello dei ricorrenti avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l’azione revocatoria ordinaria avviata dall’Agenzia delle Entrate per un debito erariale per complessivi 26.034.452,27 euro nei confronti di NOME COGNOME traente titolo da debiti tributari relativi agli anni 2002 – 2006. L’ente intimato non ha svolto difese.
Per quanto d’ interesse in questa sede, la Corte d’appello, a conferma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’appello avverso la sentenza che aveva dichiarato l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dell’atto del 20/12/2010 – rep. 75424, racc. 22055 – Notaio rogante dr. NOME COGNOME concernente la vendita da parte di NOME COGNOME della quota pari a 8/16 di un locale commerciale, di un’abitazione e di un’unità immobiliare su tre livelli siti in Isernia, per il prezzo complessivo di 324.188,34 euro, a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, già comproprietari delle altre quote. Su tali immobili gravava per l’intero un’ipoteca di primo grado iscritta fino alla concorrenza di 645.000,00 euro a garanzia di un mutuo di 430.000,00 euro concesso ad NOME COGNOME il 22/12/2005 dalla Banca Intesa s.p.a., ora Banca dell’Adriatico s.p.a.
Gli appellanti avevano dedotto, sin dalla costituzione in giudizio, che il valore dei beni, al netto del debito ipotecario, non superava il limite di legge di 120.000,00 euro e affermavano la propria inconsapevolezza, al momento dell’atto di compravendita, dell’esistenza dei debiti tributari gravanti sulla
società RAGIONE_SOCIALE, avendo avuto valore decisivo il fatto che gli acquirenti (in qualità di terzi datori) avessero concesso già in precedenza ipoteca sulle rispettive quote di proprietà immobiliare a garanzia del mutuo contratto da NOME COGNOME e che l’acquisto con accollo della residua quota del mutuo rispondeva esclusivamente ad un loro specifico interesse, con ciò escludendo qualsiasi consapevolezza di nuocere alle presunte ragioni creditorie della società attrice.
La Corte di merito respingeva l’appello sull’assunto che la relazione parentale e il fatto che si trattasse di una vendita contestuale di una pluralità di quote di beni tra proprietari di beni immobili pro quota indivisa, costituissero tutte circostanze gravi e precise ai fini della ricorrenza della scientia damni dei terzi acquirenti.
Il ricorso è affidato a un motivo.
La trattazione del ricorso veniva fissata nell’odierna adunanza camerale.
In data 13 giugno 2025 il Presidente designato del Collegio dichiarava di volersi astenere dalla trattazione e, con provvedimento in pari data la Prima Presidente della Corte di cassazione autorizzava l’astensione e designava il Presidente Titolare della Terza Sezione in sostituzione.
Motivi della decisione
Con un unico motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. per avere la Corte di appello attribuito rilevanza probatoria a elementi indiziari privi dei caratteri della gravità, precisione e concordanza in ordine alla conoscenza e/o conoscibilità in capo ai ricorrenti del potenziale pregiudizio alla garanzia patrimoniale generica dei creditori.
Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. perché non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi , non adducendo
argomentazioni idonee a evidenziare una errata interpretazione della norma citata.
La sentenza impugnata ha ritenuto che le circostanze addotte dagli appellanti a motivo della prova della loro inconsapevolezza di ledere le altrui ragioni di credito, più che addurre elementi a sostegno della tesi della non conoscenza o non conoscibilità della potenziale lesività della vendita per la garanzia generica dei creditori, confortano la ricostruzione del primo giudice attese le molteplici ragioni di conoscibilità delle condizioni patrimoniali del debitore per gli acquirenti, quali familiari del medesimo e comproprietari pro indiviso dei beni in questione, nonché già terzi datori di ipoteca a garanzia del mutuo acceso dallo stesso il 23/12/2005.
A fronte di tali plurimi elementi indiziari, unitariamente valutati, ciascuno dei quali ritenuto idoneo ad assumere valore di indizio grave e preciso, i ricorrenti oppongono la sola circostanza che i sigg.ri COGNOME COGNOME fossero già da prima (dall’anno 2015) terzi datori di ipoteca sulle rispettive quote di comproprietà indivisa dei beni de quibus a garanzia del mutuo unicamente da questi contratto con la Banca dell’Adriatico, il che escluderebbe che essi potessero avere cognizione del pregiudizio dell’atto alle presunte ragioni di credito vantate da parte attrice e dimostrerebbe, invece, la sussistenza di un interesse diretto e personale degli stessi all’accollo del mutuo al fine di evitare le conseguenze pregiudizievoli della insolvenza di esso Bianchi NOME.
Mette conto di riferire il tenore della motivazione della corte molisana, che è stato il seguente: <>.
Va innanzitutto rilevato che la censura di un ragionamento presuntivo in sede di legittimità non può limitarsi a prospettare l’ipotesi di un convincimento diverso da quello espresso dal giudice del merito, ma deve far emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, non essendo sufficiente dedurre una pretesa violazione di legge sull’assunto che sarebbero state trascurate o erroneamente valutate determinate circostanze fattuali.
Quanto alla valutazione svolta attraverso presunzioni, le Sezioni Unite della Corte di cassazione sono tornate sul problema funditus e si sono espresse nella sentenza n. 1785 del 2018 ( v. par. 1. 1 motivazione) «, indicando che la denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 2729 cod. civ. si può prospettare (come altrove venne sostenuto: Cass. n. 17457 del 2007; successivamente. Cass. n. 17535 del 2008; di recente: Cass. n. 19485 del 2017) sotto i seguenti aspetti: aa) il giudice di merito (ma è caso scolastico) contraddice il disposto dell’art. 2729 cod. civ., primo comma, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo è un errore di diretta violazione della norma; bb) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 cod. civ. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacché dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioè sotto la specie della
gravità, precisione e concordanza (cfr. anche SU n. 1785 del 2018, punto 4.1 della motivazione)>>.
Il giudice di merito è , pertanto, tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi .
Ne consegue -hanno osservato le Sezioni Unite – che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti, come nel caso di specie, nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (vedi anche: Cass.
Sez. 2 -, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022; Sez. L – , Sentenza n. 18611 del 30/06/2021; Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003).
Il ragionamento presuntivo deve, pertanto, essere condotto come un procedere in avanti verso un’ipotesi da verificare, ovvero verso la dimostrazione di un fatto che è prefigurato come possibile conclusione dell’inferenza, esaminando tutti gli indizi disponibili non isolatamente ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro (Cass. 22/06/2020, n. 1218). Gli indizi, pur se singolarmente privi di valenza probatoria, possono infatti acquisire efficacia dimostrativa se valutati nella loro convergenza globale secondo un giudizio di probabilità basato sull’id quod plerumque accidit (Cass. Sez. III ordinanza n. 10543 del 22 aprile 2025; Cass. Sez. III ordinanza n. 9348 del 9 aprile 2025; Cass. 12/03/2024, n. 6625).
Il che è stato compiutamente fatto dalla Corte d’appello nel caso di specie, ove unitariamente alla contestata circostanza, ritenuta in ogni caso correttamente grave e precisa, sono stati valutati ulteriori elementi indiziari generalmente riconosciuti come tali secondo l’ id quod plerumque accidit , secondo un giudizio di causalità adeguata, quali la parentela e il fatto che i terzi acquirenti fossero già comproprietari pro indiviso dei beni in questione e già a conoscenza della situazione di pregresso indebitamento del germano NOME COGNOME per un rilevante importo verso una banca, garantito dall’ipoteca concessa dai medesimi acquirenti sui beni successivamente acquistati, con relativo accollo del mutuo.
Il motivo, per criticare la motivazione per la pretesa violazione e falsa applicazione della norma dell’art. 2729 c.c., al di là della denuncia dell’una e dell’altra in contemporanea e dell’assenza di espresse e percepibili argomentazioni nell’uno o nell’altro senso, avrebbe dovuto spiegare come e perché quelli
che la corte di merito ha ritenuto elementi presuntivi sarebbero stati privi dei requisiti indicati da detta norma. Senonché, l’illustrazione del motivo, dopo avere riferito la motivazione della sentenza impugnata ed asserito che con essa la corte molisana avrebbe posto a fondamento della sua decisione elementi presuntivi privi dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, nel prosieguo e particolarmente dalla pagina 12 sino alla chiusura dell’illustrazione, si astiene dallo spiegare perché mancherebbero quei caratteri e si limita ad enunciazioni meramente assertorie o basate sull’evocazione di circostanze fattuali ‘altre’, così dimostrando la sua vera natura che è quella di sollecitare un dissenso rispetto alle valutazioni compiute dalla corte molisana. In tal modo, il motivo è del tutto inidoneo ad evidenziare sia una violazione sia una falsa applicazione della norma evocata, ma si risolve in una mera manifestazione di dissenso dalla valutazione della vicenda in fatto, preclusa dal vigente n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Tanto è particolarmente evidente in quanto si argomenta nelle pagine 14-15. Pertanto, il motivo non adduce argomenti idonei a mettere in crisi la motivazione per la pretesa violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c.
Non si deve provvedere sulle spese stante la mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 16/06/2025 nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME