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Azione revocatoria: la Cassazione sui termini

Una società fornitrice ha ricevuto pagamenti da un’azienda poi dichiarata insolvente. L’amministratore straordinario ha agito con un’azione revocatoria per recuperare le somme. La questione centrale riguardava la data di inizio del termine di tre anni per l’azione. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale termine decorre dalla data della dichiarazione di insolvenza, non da una precedente domanda di concordato preventivo, rigettando il ricorso della società fornitrice.

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Azione Revocatoria: La Cassazione Chiarisce la Decorrenza dei Termini

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale nel diritto fallimentare, ma la sua applicazione può generare complesse questioni giuridiche, specialmente riguardo ai termini per il suo esercizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo sulla decorrenza del termine triennale in caso di consecuzione tra diverse procedure concorsuali, ribadendo un principio cardine del nostro ordinamento: un diritto può essere esercitato solo dal momento in cui sorge.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore degli impianti industriali, posta in amministrazione straordinaria e dichiarata insolvente, avviava un’azione revocatoria contro una sua società fornitrice. L’obiettivo era recuperare tre pagamenti, per un totale di circa 50.000 euro, effettuati nel cosiddetto “periodo sospetto”, ovvero poco prima dell’apertura della procedura concorsuale. Secondo l’amministrazione, la società fornitrice era consapevole dello stato di insolvenza del debitore e i pagamenti avevano violato la par condicio creditorum.

In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo l’azione prescritta. Il giudice aveva calcolato il termine di tre anni a partire dalla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo, che aveva preceduto la dichiarazione di insolvenza. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione, accogliendo la domanda della procedura e condannando la società fornitrice alla restituzione delle somme. Secondo la Corte territoriale, il termine decorreva dalla dichiarazione di insolvenza, rendendo l’azione tempestiva. La fornitrice ricorreva quindi in Cassazione.

L’Analisi della Corte e i Motivi della Decisione

La Corte di Cassazione ha esaminato i quattro motivi di ricorso, rigettandoli tutti e confermando la sentenza d’appello.

Il Termine per l’Esercizio dell’Azione Revocatoria

Il punto centrale della controversia era stabilire il dies a quo, ossia il momento iniziale, del termine di tre anni per l’esercizio dell’azione revocatoria. La ricorrente sosteneva che, in base al principio di continuità tra le procedure concorsuali, il termine dovesse partire dalla domanda di concordato.

La Cassazione ha respinto questa tesi in modo netto. Ha chiarito che la norma invocata (art. 69-bis, comma 2, legge fallimentare) si applica solo al calcolo a ritroso del “periodo sospetto” per individuare gli atti revocabili, ma non al termine per promuovere l’azione. Per quest’ultimo, vale la regola del primo comma dello stesso articolo: la decorrenza parte “dalla dichiarazione di fallimento” (o di insolvenza). La Corte ha rafforzato questo punto richiamando il principio generale sancito dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere solo dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. L’azione revocatoria fallimentare è un diritto che sorge con la dichiarazione di insolvenza e può essere esercitata solo dal curatore o commissario. Far decorrere il termine da un momento anteriore sarebbe illogico e contrario ai principi generali.

Altri Motivi di Ricorso: Prova e Pagamenti Esenti

Gli altri motivi sono stati ritenuti inammissibili o infondati. La censura sulla mancata prova della scientia decoctionis (conoscenza dello stato di insolvenza) è stata giudicata un tentativo inammissibile di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti operato dal giudice di merito.

Anche l’argomento secondo cui i pagamenti sarebbero stati esenti da revocatoria perché effettuati “nei termini d’uso” è stato respinto. La Corte d’Appello aveva infatti accertato che i pagamenti erano anomali: i primi due coprivano solo parzialmente una fattura vecchia di mesi, mentre il terzo era stato eseguito da un soggetto terzo (la committente principale dei lavori), modalità del tutto estranea a un normale rapporto commerciale e indicativa delle difficoltà finanziarie del debitore.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione logica e sistematica delle norme. Il principio fondamentale è che un termine di decadenza o prescrizione per l’esercizio di un’azione non può iniziare a decorrere prima che l’azione stessa sia esperibile. L’azione revocatoria fallimentare è uno strumento a disposizione degli organi della procedura, i quali vengono nominati solo con la sentenza che dichiara l’insolvenza. È da quel momento, e non prima, che il diritto di agire sorge e può essere esercitato. Pertanto, il termine triennale non può che decorrere da tale data.

La Corte ha inoltre precisato che il principio di consecuzione tra procedure non ha una portata tale da derogare a questa regola fondamentale. La sua funzione è quella di assicurare una continuità nella gestione della crisi, ma non può anticipare la nascita di diritti che sono intrinsecamente legati all’apertura della procedura liquidatoria principale. Infine, la Corte ha ribadito che l’esenzione per i pagamenti “nei termini d’uso” richiede una regolarità e tempestività che, nel caso di specie, era palesemente assente, data la tardività, la parzialità e le modalità anomale delle transazioni.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la certezza del diritto nelle procedure concorsuali. Per gli operatori del settore, come curatori e commissari, viene confermato che il tempo a disposizione per recuperare attivi distratti prima dell’insolvenza inizia solo con la loro nomina, garantendo un periodo adeguato per le necessarie indagini. Per le imprese, la decisione funge da importante monito: ricevere pagamenti con modalità anomale da un partner commerciale in difficoltà finanziarie comporta un elevato rischio che tali somme debbano essere restituite in caso di successiva insolvenza. La regolarità e la trasparenza nei rapporti commerciali si confermano, ancora una volta, la migliore tutela contro future azioni legali.

Da quando decorre il termine di tre anni per esercitare l’azione revocatoria fallimentare?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di tre anni per l’esercizio dell’azione revocatoria decorre dalla data della sentenza che dichiara l’insolvenza (o il fallimento), e non da una precedente data in cui sia stata presentata una domanda di concordato preventivo.

Un pagamento ricevuto in ritardo o da un soggetto terzo può essere esentato dalla revocatoria?
No. La Corte ha chiarito che i pagamenti effettuati con modalità anomale, come un notevole ritardo, una copertura solo parziale di un debito scaduto o l’esecuzione da parte di un soggetto terzo, non rientrano nella categoria dei pagamenti “nei termini d’uso” e, pertanto, non beneficiano dell’esenzione dalla revocatoria.

Il principio di continuità tra procedure concorsuali modifica il termine per l’azione revocatoria?
No. La Corte ha stabilito che il principio di continuità (o consecuzione) tra procedure non può derogare al principio generale secondo cui un termine di prescrizione o decadenza può iniziare a decorrere solo dal momento in cui il relativo diritto può essere effettivamente esercitato. Per l’azione revocatoria, questo momento coincide con la dichiarazione di insolvenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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