Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14851 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14851 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 13185/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, il primo difensore di sé stesso e la seconda rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, entrambi elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
–
ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), – quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE – con sede in Verona, al INDIRIZZO , in persona del procuratore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine de l controricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimate – avverso la sentenza n. 430/2020 della CORTE DI APPELLO DI ANCONA, pubblicata il giorno 11/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 22 gennaio 2013, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE citò NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Ancona onde sentire dichiarare l’inefficacia, nei confronti di essa attrice, dell’ipoteca volontaria concessa dai COGNOME in favore della società da ultimo indicata, con atto a rogito AVV_NOTAIO di Osimo, rep. n. 29354/14211, per il complessivo importo di € 650.000,00. Dedusse di essere credit rice di NOME COGNOME, per la somma di € 562.500,00, in forza di una fideiussione omnibus da lui rilasciatale per l’adempimento delle obbligazioni assunte dalla società RAGIONE_SOCIALE e che l’ipoteca volontaria predetta pregiudicava considerevolmente le proprie ragioni creditorie.
1.1. Costituitisi tutti i convenuti, che contestarono l’avversa pretesa, l’adito tribunale con sentenza del 24 aprile 2015, n. 703, accolse la domanda dell’attrice e dichiarò inefficace, nei suoi confronti, il menzionato atto di concessione di ipoteca volontaria sui beni immobili di proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME limitatamente alla quota spettante al primo.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, da NOME e NOME e dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’adita Corte di appello di Ancona ne accolse parzialmente il primo e ne respinse il secondo.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte: i ) osservò, innanzitutto, che, « sebbene per mero errore il Giudice di prime cure ha fatto riferimento ad un fondo patrimoniale, la disciplina applicata al caso di specie appare corretta in ogni suo aspetto e la sentenza motivata al punto da sfuggire ad ogni censura di illogicità che le viene mossa con il presente appello. Correttamente, difatti, il Giudice di prime cure ha ritenuto che l’atto dispositivo potesse essere revocato, con conseguente inefficacia dello stesso nei confronti del solo istituto di credito attore in primo grado, ricorrendone tutti i presupposti di legge »; ii ) rimarcò, quanto all’ eventus damni , e dunque al presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria, che « esso ricorre anche quando l’atto dispositivo determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito e non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore. Grava, dunque, sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore. Il giudice di prime cure, con motivazione logica e priva di vizi, ha escluso che il debitore abbia fornito una simile prova liberatoria e ha per converso ritenuto raggiunta la prova del pregiudizio che la costituzione dell’ipoteca ha arrecato alle ragioni dell’istituto di credito attore »; iii ) evidenziò, quanto alla scientia damni , che « ai fini della prova di tale requisito soggettivo è sufficiente la mera consapevolezza nel debitore ( rectius , nella fattispecie, nel garante) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore, la quale può trarsi in via presuntiva dalla conoscenza, all’epoca del compimento dell’atto dispositivo, della posizione debitoria della società garantita. Del tutto inconferenti appaiono dunque le censure mosse all’impugnata sentenza che ha correttamente ricostruito in via presuntiva l’esistenza del requisito soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. ai fini della revocabilità dell’atto disposit ivo »; iv ) negò la lamentata erronea qualificazione dell’atto dispositivo come atto a titolo gratuito, precisando che, « in fattispecie di concessione di ipoteca a
fronte di dilazione di pagamento, che è quanto si è verificato nel caso di specie alla luce della stessa ricostruzione fattuale operata dall’appellante, il negozio, quand’anche apparentemente oneroso quanto al motivo, è da considerare gratuito quanto alla causa, unico aspetto rilevante ai fini dello stato soggettivo del terzo. . In ragione di quanto sopra, correttamente il Giudice ha escluso che ai fini della revocabilità dell’atto nei confronti del sig. COGNOME NOME fosse necessaria anche la prova della conoscenza, da parte della RAGIONE_SOCIALE, del pregiudizio che l’atto dispositivo avrebbe recato alle ragioni dell’istituto di credito attore »; v ) precisò, quanto all’applicazione dell’ultimo comma dell’art. 2901 cod. civ. al caso di specie, che « se è vero che l’adempimento di un debito scaduto, pur comportando una diminuzione della garanzia patrimoniale generale, non è soggetto a revoca, ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c., perché, una volta che si siano verificati gli effetti della mora, costituisce atto dovuto, è altrettanto vero che tale ultima disposizione non si applica, né in via di interpretazione estensiva né per analogia, nel caso di concessione di ipoteca per debito già scaduto, atteso che si tratta di un negozio di disposizione patrimoniale che, essendo fondato sulla libera determinazione del debitore, è aggredibile con azione revocatoria ex artt. 2901 (in questo senso si veda tra le altre Cass. Civ., n. 1414/2020) »; vi ) considerò fondato, infine, « il settimo motivo di gravame con il quale l’appellante censura l’impugnata sentenza nella parte in cui, pur facendo corretta applicazione dei principi di diritto e riconoscendo l’estraneità della sig.ra COGNOME NOME rispetto al rapporto con la RAGIONE_SOCIALE originaria attrice, aveva condannato anche la stessa al pagamento in solido con gli altri convenuti delle spese del grado del giudizio ». Pertanto, pose le spese del primo grado del giudizio esclusivamente a « carico di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, convenuti nel primo grado di giudizio, con conseguente riforma della sentenza sul punto in cui ha condannato anche la sig.ra COGNOME NOME alla refusione delle spese di lite ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandosi a cinque motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso,
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, mentre non hanno svolto difese in questa sede RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è rubricato: « Violazione artt. 360, n. 4, e 161, comma 1, c.p.c.. Nullità della sentenza per errore sostanziale sul presupposto. Illogicità ». Si chiede dichiararsi « la nullità della sentenza impugnata per errore sostanziale del presupposto, avendo il Collegio d’Appello applicato all’oggetto del giudizio le previsioni normative e giurisprudenziali che regolano l’istituto e la natura del non pertinente ed inesistente fondo patrimoniale ».
1.1. Questa doglianza risulta inammissibile.
1.2. Invero, giova ricordare che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. n. 9807 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata l’11 maggio 2020, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 6127 del 2024; Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del RAGIONE_SOCIALE) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie assolutamente inconfigurabili nella motivazione della sentenza della corte distrettuale impugnata in questa sede -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della
motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023; Cass. n. 6127 del 2024) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr. Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddit torietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
1.3. Nel caso di specie, l’argomentazione già riportata nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘ -con cui la corte dorica ha ricondotto ad un mero refuso il riferimento all’istituto del fondo patrimoniale rinvenibile nella sentenza di primo grado e, soprattutto, la successiva motivazione della sua decisione nella parte in cui ha ritenuto sussistent i i presupposti di cui all’art. 2901 cod. civ., oltre ad essere ampiamente in linea con il ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014, sono del tutto idonee a rivelare le ragioni di quest’ultima consentendone agevolmente l’individuazione dell’ iter logico seguito per giungervi, così da permettere di comprendere la ratio decidendi utilizzata dal giudice.
Il secondo il terzo ed il quarto motivo di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
II) « Carenza di motivazione sull’ eventus damni di cui all’art. 2901c.c. e sulla scientia damni di cui all’art. 2901, n. 2), c.c.. Violazione dell’art. 2697 c.c.». Si assume che nessuna motivazione è stata resa dalla corte distrettuale sulle circostanze di cui all’art. 2901, comma 1, n. 1 (consapevolezza del debitore del pregiudizio che l’atto potesse arrecare alla ragione del creditore) e n. 2 (consapevolezza del terzo del pregiudizio nei confronti della banca), cod. civ.. Si domanda l’annullamento della se ntenza impugnata « per omessa ed erronea motivazione circa la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. e dell’art. 2697 c.c., in punto di prova della scientia damni in capo al debitore (in presenza della prova offerta sul
patrimonio del debitore), e sull’assenza di prova del pregiudizio della banca, in violazione dell’art. 2697 c.c. ».
III) « Sulla gratuità del negozio. Illogicità -illegittimità – violazione dell’art. 2901 c.c. ». Si ascrive alla corte dorica di avere erroneamente ritenuto gratuito l’atto di cui si discute, da ritenersi, invece, oneroso.
IV) « Sul debito scaduto. Illegittimità -contraddittorietà – violazione art. 2901 c.c. ». Si assume che se è vero che l’adempimento di un debito scaduto non è soggetto a revoca a norma dell’art. 2901 c.c., perché costituisce atto dovuto in applicazione dell’art. 2901, co. 3 c.c., tuttavia la corte territoriale « contraddice sé stessa e con motivazione illogica equipara la prestazione di garanzia con obbligazione reciproca in capo al creditore di congelare qualsiasi azione, alla dilazione di pagamento con applicazione del principio di cui alla sentenza n. 1414/2020 ».
2.1. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connesse, tutte investendo la ritenuta sussistenza, da parte della corte di appello, dei requisiti di cui all’art. 2901 cod. civ. al fine di confermare la inefficacia dell’atto costitutiv o di ipoteca volontaria oggetto della domanda della banca originaria attrice già dichiarata dal tribunale, si rivelano complessivamente inammissibili.
2.2. Lo sono, innanzitutto, laddove lamentano, rispettivamente, la « Carenza di motivazione sull’ eventus damni e sulla scientia damni di cui all’art. 2901, n. 2), c.c. », la « illogicità » della motivazione sulla natura gratuita dell’atto di cui si discute e la « contraddittorietà » della stessa per avere equiparato « la prestazione di garanzia con obbligazione reciproca in capo al creditore di congelare qualsiasi azione, alla dilazione di pagamento con applicazione del principio di cui alla sentenza n. 1414/2020 ».
2.2.1. In proposito, è sufficiente, da un lato, osservare che, -come chiaramente può desumersi dai corrispondenti passaggi motivazionali della sua decisione già riprodotti al § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘ -la corte territoriale, diversamente da quanto oggi sostenuto dai ricorrenti, ha esaustivamente motivato le ragioni per cui ha ritenuto configurabili, nella specie, entrambi i suddetti requisiti dell’ eventus damni e della scientia damni , dovendosi qui
solo ricordare che, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate ( cfr. , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 9807 e 2607 del 2024; Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073 del 2023; Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999); dall’altro, richiamare quanto si è già detto precedentemente circa le sole ipotesi -manifestamente insussistenti nella sentenza oggi all’esame di questa Corte – in relazione alle quali Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha sancito la possibilità di considerare nulla una decisione per ‘ contraddittorietà ‘ o ‘ illogicità ‘ della sua motivazione.
2.3. Parimenti inammissibili, alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso, sono anche le violazioni degli artt. 2901 e 2697 cod. civ. così come concretamente denunciate.
2.3.1. Invero, è noto che l’azione revocatoria ordinaria investe l’atto dispositivo compiuto dal debitore al fine di conseguirne la declaratoria d’inefficacia nei confronti del creditore istante. L’ eventus damni ivi richiesto è pacificamente ravvisabile non soltanto quando si determini la perdita, in tutto o in parte, della garanzia patrimoniale offerta dal debitore, ma anche quando si verifichi una maggiore difficoltà, incertezza o dispendio nell’esazione coattiva di un credito ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3462 del 2024; Cass. n. 20232 del 2023; Cass. n. 5269 del RAGIONE_SOCIALE; Cass. n. 16986 del 2007;).
2.3.2. Questa constatazione induce a riconoscere l’esperibilità dell’azione anche e proprio nei confronti della prestazione in sé di una
garanzia (nella specie reale, quale, appunto, l’ipoteca volontaria). Ciò sul rilievo -implicito ma assolutamente evidente -che anche la prestazione di una garanzia è ‘ atto dispositivo ‘ perché integra l’assunzione di un’obbligazione. Il requisito non resta escluso dalla circostanza che l’obbligato principale non si sia ancora reso inadempiente e altresì prescinde da ogni valutazione circa la consistenza della situazione patrimoniale del garantito e la sua eventuale solvibilità ( cfr . Cass. n. 2400 del 1990, ribadita, in motivazione, dalla più recente Cass. n. 3462 del 2024).
2.3.3. Il fondamento di simile (condivisibile) indirizzo è individuabile nella funzione stessa della revocatoria, che tutela l’interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale generica contro qualunque atto che determini o semplicemente aggravi il pericolo della sua insufficienza. Tale è ‘ l’atto dispositivo ‘ al quale allude l’art. 2901, perché oggetto di revocatoria possono essere non solo gli atti di alienazione (che di per sé ovviamente importano una diminuzione attuale del patrimonio del debitore), ma anche quelli che possono in ogni modo comprometterne la consistenza nel futuro. E quindi anche le assunzioni di debiti e la concessione di garanzie (personali o reali), del resto esplicitamente considerate nella cpv. della norma.
2.3.4. L’interpretazione più o meno lata del concetto di atto dispositivo è quindi congiunta alla specifica funzione della norma di legge, che ha l’obiettivo di tutelare il creditore da ogni atto del proprio debitore che sia suscettibile di alterare, menomandolo anche indirettamente, il patrimonio ch e esprime la garanzia patrimoniale generica. Sicché l’azione revocatoria è sempre ammissibile nei riguardi della prestazione di una garanzia (reale o personale) per un debito altrui, tanto esponendo il patrimonio del garante all’escussione da parte del cre ditore, precisandosi, per quanto di specifico interesse in questa sede, che la revocatoria dell’atto di costituzione di ipoteca assicura la ” fruttuosità ” dell’azione eventualmente esperibile verso la controparte contrattuale della banca originaria attrice, una volta rimossa la ragione di preferenza del terzo garantito.
2.3.5. In questa prospettiva, l’onere probatorio del creditore che agisce in revocatoria si restringe alla dimostrazione della variazione quantitativa o qualitativa del patrimonio del debitore senza estendersi a quella dell’entità e natura del patrimonio stesso dopo l’atto di disposizione, non trovandosi il creditore nelle condizioni di valutarne compiutamente le caratteristiche. La prova è libera nel senso che può essere fornita con ogni mezzo, non escluse le presunzioni.
2.3.6. È invece, onere del debitore che voglia sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria provare che, nonostante l’atto di disposizione, il suo patrimonio ha conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore senza difficoltà ( cfr . Cass. 6.5.1998, n. 4578).
2.4. Va altresì osservato che, in tema di azione revocatoria, gli atti con i quali il debitore dispone del suo patrimonio, arrecando pregiudizio alle ragioni creditorie, si distinguono a seconda che siano anteriori o posteriori alla nascita del credito e che siano a titolo gratuito od oneroso.
2.4.1. In questa sede interessano, in particolare, gli atti di disposizione posteriori al sorgere del credito compiuti dal debitore a titolo gratuito, avendo questa Corte già ripetutamente chiarito che, « In tema di azione revocatoria ordinaria, la costituzione di ipoteca successiva al sorgere del credito garantito ha natura di atto a titolo gratuito, con conseguente indifferenza dello stato soggettivo del terzo, senza che abbia rilievo la contestuale pattuizione di una dilazione di pagamento del debito, da ritenersi inerente non alla causa dell’accordo di garanzia, ma ad un motivo di esso » ( cfr . Cass. n. 28802 del RAGIONE_SOCIALE. In senso sostanzialmente conforme, vedasi anche Cass. n. 1414 del 2020). In sostanza, in fattispecie di concessione di ipoteca a fronte di dilazione di pagamento, il negozio, quand’anche apparentemente oneroso quanto al motivo, è da considerare gratuito quanto alla causa, unico aspetto rilevante ai fini dello stato soggettivo del terzo.
2.4.2. Con specifico riferimento agli atti dispositivi del fideiussore (tale qualità rivestendo, pacificamente, NOME COGNOME rispetto alla banca attrice originaria), infine, la Suprema Corte, premettendo che gli stessi sono
assoggettati, al pari di quelli del debitore principale, al rimedio dell’azione revocatoria ricorrendone le condizioni ( cfr . Cass. n. 2115 del 1991; Cass. n. 591 del 1999; Cass. n. 22465 del 2006; Cass. n. 10522 del 2020), ha chiarito che: a ) l’acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale all’atto della nascita stessa del credito, cosicché è a tale momento che occorre fare riferimento al fine di stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito ( cfr . Cass. n. 591 del 1999), con la conseguente affermazione che, laddove l’atto dispositivo sia stato posto in essere in epoca successiva alla sussistenza del credito in relazione al quale è stata prestata la garanzia fideiussoria, ai fini dell’accoglimento dell’azione è necessario soltanto il requisito della scientia damni da parte dello stesso fideiussore, ossia la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori; b ) che le argomentazioni tendenti a prospettare una situazione economica del debitore principale soddisfacente all’epoca dell’atto dispositivo del fideiussore sono irrilevanti, posto che ai fini della sussistenza dell’ eventus damni conseguente a tale atto si deve prescindere da ogni valutazione circa la consistenza patrimoniale del soggetto garantito e la sua eventuale solvibilità ( cfr . Cass. n. 22465 del 2006; Cass. n. 2400 del 1990) occorrendo invece orientare tale indagine soltanto nei confronti del fideiussore stesso.
2.5. Tali essendo allora i principi applicabili per la decisione dell’odierna controversia, rileva il Collegio che la corte distrettuale -come chiaramente può desumersi dai corrispondenti passaggi motivazionali della sua decisione già riprodotti al § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi, per brevità, qui riprodotti -ne ha fatto corretta applicazione, non trascurando affatto l’indagine circa la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2901 cod. civ. in relazione ad un atto dispositivo compiuto da un fideiussore successivamente al sorgere del credito per il quale quest’ultimo aveva prestato garanzia nei confronti della banca istante
2.6. Non resta, dunque, che prendere atto dei relativi accertamenti di merito effettuati dalla corte predetta, rispetto ai quale le argomentazioni delle censure, sul punto, appaiono sostanzialmente volte ad ottenerne un
riesame, così dimenticando che: i ) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 13408, 10033 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022; Cass. nn. 28462 e 25343 del 2021; Cass. n. 16700 del 2020. Si veda pure Cass., SU, n. 23745 del 2020, a tenore della quale, « in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) un’autonoma questione di malgoverno del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si pone esclusivamente ove il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di un’eventuale incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. ( cfr ., anche nelle rispettive
motivazioni, Cass. n. 10798 del 2024; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 11963 del 2022; Cass. n. 17313 del 2020; Cass nn 19064 e 2935 del 2006), nella specie nemmeno prospettato (e comunque da rapportarsi -se del caso -al già richiamato testo novellato di cui alla citata norma, qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa l’11 maggio 2020); iii ) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10712 del 2024).
3. Il quinto motivo di ricorso, infine, è rubricato: « Sulle spese. Violazione art. 91 c.p.c.. Illogicità ». Muovendo dal rilievo che, con la sentenza impugnata, è stata riconosciuta l’estraneità di NOME COGNOME alla vertenza promossa dalla BCC di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE ed è stata annullata la condanna alle spese inflittale dal giudice di prime cure, si contesta alla corte territoriale di avere trasferito detta condanna « alle altre parti processuali » e di non avere liquidato nulla in favore della menzionata appellante per le spese da lei sostenute in primo ed in secondo grado, « in spregio all’evidente ed acclarata soccombenza della RAGIONE_SOCIALE sul punto, nonostante il riconoscimento che non avesse assunto alcuna obbligazione. Anzi, illogicamente, le spese legali alla stessa addebitate in primo grado, che, stante la soccombenza della RAGIONE_SOCIALE, non dovevano essere a lei attribuite, ma dovevano costituire oggetto di condanna della RAGIONE_SOCIALE, sono state addossate alle altre parti del giudizio ».
3.1. Questa doglianza si rivela parzialmente fondata nei soli limiti di cui appresso.
3.2. Giova premettere che la corte distrettuale, dopo aver considerato fondato il settimo motivo di gravame con cui la parte appellante aveva censurato l’impugnata sentenza laddove, pur facendo corretta applicazione dei principi di diritto e riconoscendo l’estraneità di NOME COGNOME rispetto al rapporto con la RAGIONE_SOCIALE originaria attrice, aveva condannato, tuttavia, anche la prima al pagamento, in solido con gli altri convenuti, delle spese processuali, ha posto le spese del primo grado del giudizio esclusivamente a carico di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE ed ha compensato « tra le parti le spese del presente grado di giudizio » ( cfr . dispositivo della sentenza oggi impugnata).
3.3. Orbene, nella misura in cui l’odierna censura è volta a contestare la disposta compensazione « tra le parti » delle spese concernenti il giudizio di appello, la stessa si rivela inammissibile, atteso che, come ripetutamente sancito dalla qui condivisa giurisprudenza di legittimità, in materia di compensazione delle spese, « il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa » ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 9014 e 3308 del 2023; Cass. n. 37825 del 2022; Cass. n. 10685 del 2019).
3.4. Laddove, invece, la corte dorica, pur provvedendo nuovamente sulla ripartizione delle spese di primo grado (ponendole a carico soltanto di NOME COGNOME e di RAGIONE_SOCIALE, « secondo la quantificazione operata dal giudice di primo grado »), nulla ha stabilito con riferimento a quelle riguardanti il rapporto processuale intercorso, innanzi al tribunale, tra la banca attrice e NOME, la stessa ha evidentemente violato l’art. 91 cod. proc. civ., che impone al giudice, allorquando definisce un procedimento contenzioso con sentenza o altro provvedimento decisorio, di regolamentare le spese di lite.
3.4.1. Né a tale conclusione osta il fatto che NOME COGNOME, comunque vittoriosa all’esito del gravame, avesse scelto di difendersi, pure
in primo grado, congiuntamente all’altro convenuto /appellante principale, NOME COGNOME, invece rimasto soccombente fin dal primo grado.
3.4.1.1. Invero, l’art. 4 del d.m. n. 55 del 2014 (utilizzabile sia per la liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente, ove ne sia mancata la determinazione consensuale, sia per la liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente. Cfr. Cass. n. 10438 del 2023), ai commi 2 e 4, disciplinando le ipotesi, rispettivamente, di aumento o riduzione del compenso unico spettante al difensore che ‘ assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale ‘ , fa esplicito riferimento ai ” soggetti ” e non alle ” parti “, sicché non assume rilievo la circostanza che taluni di essi rappresentino una sola parte in senso proprio ( cfr ., amplius , in motivazione, Cass. n. 18047 del 2022).
3.4.1.2. Non sussiste, inoltre, univoca corrispondenza tra l’ipotesi contemplata dal comma 2, di ” più soggetti aventi la stessa posizione processuale “, e quella prevista dal comma 4 del medesimo art. 4 del d.m. suddetto, che ritaglia dalla prima categoria il caso in cui non occorra affrontare ” specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto “.
3.4.1.3. Pertanto, se la possibilità di aumento o riduzione dell’unico compenso spettante al difensore che assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale postula l’insussistenza del dover esaminare, per ciascuno di essi, specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto, diversamente, la necessità di dover affrontare tali questioni di fatto e di diritto specifiche e distinte per ciascun soggetto necessariamente comporta la duplicità del compenso dovuto in rapporto alle difese svolte per ciascuno di loro.
3.5. Calando, allora, questi assunti nella odierna fattispecie, concernente la liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, ne consegue che, ferma l’identità di posizione processuale di NOME COGNOME e NOME COGNOME (entrambi convenuti, poi appellanti principali), ed in assenza di una situazione, tra gli stessi, di interessi incompatibili, la prestazione professionale svolta dal comune difensore per loro conto ha
evidentemente comportato l’esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto riguardanti la prima, risultata vincitrice diversamente dal secondo, rimasto soccombente. La stessa, pertanto, ha indubbiamente diritto a vedersi riconoscere le spese processuali di primo grado dalla banca ivi soccombente nei suoi confronti , malgrado quest’ultima abbia ottenuto analoga pronuncia in danno di NOME COGNOME, a sua volta soccombente nei suoi confronti.
3.6. Nessuna rilevanza, infine, può attribuirsi all’affermazione della odierna controricorrente di non aver formulato alcuna domanda verso NOME COGNOME benché evocata in giudizio.
3.6.1. In proposito, infatti, è sufficiente ricordare che, come sancito dalla qui condivisa Cass. n. 36182 del 2022, « In tema di disciplina delle spese processuali, l’ingiustificata o comunque non necessaria evocazione in giudizio di un soggetto, anche se non destinatario di alcuna domanda, impone alla parte che l’abbia effettuata, ove sia risultata soccombente, di rimborsare al chiamato le spese processuali sostenute in funzione della costituzione e difesa nel giudizio medesimo, atteso che, ove questi non scelga di restare contumace (assumendo il rischio di provvedimenti pregiudizievoli nei suoi confronti), la sua costituzione in giudizio a mezzo di un difensore (con i consequenziali oneri economici) trova il proprio presupposto nel fatto stesso di essere stato evocato in giudizio, e non già in quello di essersi vista indirizzare una specifica domanda ».
3.7. La sentenza impugnata, dunque, va cassata limitatamente al profilo fin qui esaminato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ., alla luce del principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., che impone di non trasferire una causa dall’uno all’altro giudice quando quello rinviante potrebbe da sé svolgere le attività richieste al giudice cui la causa è rinviata, liquidando le spese non solo del giudizio di legittimità, ma anche dei gradi di merito, in quanto sarebbe del tutto illogico ordinare il giudizio di rinvio al solo fine di provvedere ad una liquidazione
che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità ( cfr . Cass. n. 14199 del 2021).
3.7.1. Ferma rimanendo, quindi, la condanna di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali di primo grado sostenute dalla banca ivi attrice così come quantificate dal tribunale, quest’ultima va condannata, invece, al pagamento delle spese processuali di quello stesso grado sostenute da NOME COGNOME, che si stima congruo liquidare in € 4.500,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Le spese di questo giudizio di legittimità possono essere interamente compensate quanto al rapporto tra NOME COGNOME e la odierna controricorrente, stante la reciproca soccombenza tra esse configurabile, mentre restano a carico di NOME COGNOME quelle sostenute dalla medesima controricorrente.
4.1. Il tenore della presenta decisione, che è di cassazione con definizione del merito e non di rigetto o inammissibilità o improponibilità, esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quinto motivo del ricorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME, dichiarandone inammissibili gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ferma rimanendo la condanna di NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali di primo grado sostenute dalla banca attrice, come quantificate dal tribunale, condanna la medesima banca al pagamento delle spese processuali di quello stesso grado sostenute da NOME COGNOME, liquidate in € 4.500,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.
Compensa interamente le spese di questo giudizio di legittimità relative al rapporto processuale intercorso tra NOME COGNOME e la costituitasi controricorrente.
Condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla stessa controricorrente , liquidate in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile