Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21043 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21043 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 638/2024 R.G. proposto da :
COGNOME domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1222/2023 depositata il 05/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., Banco delle Tre Venezie S.p.A. (oggi Cherry Bank RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALE) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Padova, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, deducendo di essere creditrice in forza di fideiussioni omnibus sottoscritte il 25 luglio 2011 a garanzia delle obbligazioni della RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME e NOME COGNOME erano soci accomandatari, e NOME COGNOME socia accomandante.
La Banca deduceva di aver iscritto ipoteca sui beni dei fideiussori e della società, e che i convenuti avevano costituito, prima della scadenza dell’affidamento, un vincolo di destinazione ex art. 2645 -ter c.c. su immobili di loro proprietà, a favore di vari istituti di credito (inclusa la stessa attrice), per la durata di tre anni, nell’ambito di un piano di ristrutturazione del debito.
Anche RAGIONE_SOCIALE, obbligata principale, aveva costituito un vincolo analogo.
In seguito al fallimento di NOME e NOME COGNOME il giudizio veniva interrotto e poi riassunto. Successivamente, Banco delle Tre Venezie, la cessionaria intervenuta e il Fallimento rinunciavano agli atti nei reciproci rapporti.
Con sentenza n. 554/2021, il Tribunale di Padova dichiarava l’estinzione del giudizio limitatamente ai rapporti tra Banco delle Tre Venezie, il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; accoglieva l’eccezione sollevata da NOME COGNOME circa il difetto di prova della cessione del credito da parte dell’intervenuta; accertava infine l’inefficacia, nei confronti dell’attrice, dell’atto di destinazione del 2 maggio 2012 e della relativa proroga, ritenendo la nullità del
vincolo per difetto di causa meritevole di tutela, come già affermato con sentenza n. 544/2017 del medesimo Tribunale e confermato dalla Corte d’appello di Venezia con decisione del 26 luglio 2019. La domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. veniva dichiarata assorbita.
Con sentenza n. 1222 del 5 giugno 2023, la Corte d’appello di Venezia riformava integralmente la decisione di primo grado e accoglieva la domanda revocatoria proposta dalla Banca, ritenendo sussistenti tutti i presupposti previsti dall’art. 2901 c.c.
In particolare, la Corte accertava l’esistenza del credito vantato dall’istituto di credito sulla base di un decreto ingiuntivo che risultava confermato in sede di opposizione. Quanto all’e ventus damni , la Corte riteneva che l’atto di destinazione, comportando una segregazione patrimoniale, fosse idoneo a pregiudicare la garanzia generica del creditore.
Anche l’elemento soggettivo risultava, secondo i giudici d’appello, pienamente integrato: la scientia damni della disponente NOME COGNOME si desumeva infatti sia dal carattere gratuito dell’atto, sia dalla sua qualità di socia accomandante, nonché dalla consapevolezza della situazione debitoria della società garantita.
Quindi la Corte dichiarava l’inefficacia dell’atto di destinazione del 2 maggio 2012 e della relativa proroga del 23 febbraio 2015 nei confronti della Banca, e confermava la validità e l’opponibilità delle ipoteche da essa iscritte a garanzia del proprio credito.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Ha depositato anche atto che non può qualificarsi memoria, difettandone i requisiti di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo parte ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per avere la Corte d’appello omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità della riproposizione della domanda revocatoria per difetto di legittimazione di Cherry RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. p. 7, ricorso).
4.2. Con il secondo motivo, la COGNOME denunzia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di pronunciarsi sull’eccezione di carenza di interesse ad agire di Cherry Bank in revocatoria del vincolo di destinazione, in ragione del rinnovo del vincolo di destinazione nel 2018, con atto non ‘aggredito’ ex adverso.
4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia l’omesso esame di fatto decisivo nella valutazione del requisito dell’ eventus damni , in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’appello affidato il riscontro di tale requisito a considerazioni puramente astratte obliterando le peculiarità della fattispecie concreta reiteratamente evidenziate dalla convenuta Sig.ra COGNOME (cfr. p. 9, ricorso). Segnatamente, non avrebbe considerato che: ‘i beneficiari del vincolo sono tutti gli istituti di credito verso cui i fideiussori garantivano RAGIONE_SOCIALE compresa l’attrice’ e poi che non vi sarebbe stato alcun pregiudizio per i creditori, non essendo intervenuta alcuna variazione qualitativa del patrimonio del debitore. Ragion per cui questo non avrebbe dovuto dimostrare alcunché (cfr. pp. 10-11, ricorso).
4.4. Con il quarto motivo di ricorso, la COGNOME denunzia l’omesso esame di fatto decisivo nella valutazione del requisito della scientia damni , in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., per avere la Corte d’appello affidato il riscontro di tale requisito a considerazioni puramente astratte obliterando le peculiarità della fattispecie concreta reiteratamente evidenziate dalla convenuta Sig.ra
COGNOME Il giudice del gravame avrebbe omesso di considerare l’assenza di prova sulla volontà del debitore di arrecare un pregiudizio al creditore, con l’atto dispositivo de quo, a suo dire, invece compiuto per garantire tutti i creditori.
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Occorre premettere che il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. ricorre esclusivamente in presenza della mancata decisione su una questione di merito, e non quando il giudice abbia omesso di pronunciarsi su un’eccezione pregiudiziale di rito, quale è, pacificamente, il difetto di legittimazione attiva (tra le tante: Cass. civ., Sez. III, 16 ottobre 2024, n. 26913; Cass. civ.,Sez. II, 14 marzo 2018, n. 6174; Cass. civ., Sez. II, 12 gennaio 2016). Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte o del motivo di impugnazione in appello (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 15255 del 04/06/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 20718 del 13/08/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 29191 del 06/12/2017; Sez. 1, Sentenza n. 5351 del 08/03/2007), sicché ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità, pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. ex plurimis , Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2953 del 06/02/2025; Cass. civ., Sez. II, 13 maggio 2025, n. 12674; Sez. 3, Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023; Sez. 3, Sentenza n. 2151 del 29/01/2021). Con riferimento alla sentenza d’appello, la stessa giurisprudenza ha precisato che non può parlarsi di omessa pronuncia se, pur mancando l’espressa statuizione su un motivo di impugnazione: (i)
‘la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale
motivo’ (cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 aprile 2025, n. 11128; Cass. civ., Sez. I, Ord., 21 marzo 2025, n. 7565; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16 marzo 2025, n. 6964; Cass. civ., Sez. V, Ord., 27 febbraio 2025, n. 5226); (ii) e la stessa decisione ‘sia giustificata da argomentazioni logicamente e giuridicamente incompatibili con detto motivo, sì da comportarne l’implicita reiezione’ (v. tra le tante: Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 aprile 2025, n. 11128; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10 marzo 2025, n. 6384; Cass. civ., Sez. V, 27 maggio 2024, n. 14811; Cass. civ., Sez. V, 26 giugno 2023, n. 18153; Cass., Sez. V, 16 giugno 2022, n. 19502; Cass. civ., Sez. V, 29 novembre 2022, n. 35137).
Alla stregua di tali principi, è evidente che, nel caso in esame, la Corte d’appello non ha omesso di pronunciarsi su alcuna eccezione di parte, dal momento che, come risulta dalla costruzione logicogiuridica della sentenza, decidendo nel merito le questioni prospettate dalle parti, ha implicitamente, ma univocamente, rigettato l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla signora COGNOME avendo accolto una tesi incompatibile con la sua ricorrenza, ossia la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di revocatoria (ritualmente riproposta in appello da RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 346 c.p.c., essendo stata dichiarata assorbita nella decisione di primo grado).
Tale statuizione ha comportato un implicito rigetto dell’eccezione pregiudiziale di difetto di legittimazione ad agire sollevata da parte della COGNOME, con conseguente insussistenza dell’asserito error in procedendo .
5.1. Il secondo, articolato, motivo di ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
In primis, per inidoneità al raggiungimento dello scopo, risolvendosi in un ‘non motivo’, stante la sua carenza di forma, espressamente sanzionata dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
L’esercizio del diritto impugnatorio di una parte può dirsi compiuto in modo idoneo ‘soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere’ (cfr. più di recente, in motivazione, Cass. civ., Sez. III, Ord., 16 gennaio 2025, n. 1033, Cass. civ., Sez. V, Ord., 7 gennaio 2025, n. 161; Cass. civ., Sez. I, Ord., 30 dicembre 2024, n. 35012).
Nel caso di specie, la ricorrente non ha rispettato i suddetti obblighi, avendo formulato censure, sempre attinenti a una prospettata nullità della sentenza, ma in pochissime righe, senza confrontarsi con la ratio della decisione stessa e riproponendo le doglianze già svolte in secondo grado (pp. 8-9 ricorso).
Ma anche a voler superare -sebbene, come ipotesi astratta, la carenza formale del motivo -in ogni caso, le censure prospettate non possono trovare accoglimento per le medesime ragioni illustrate per il primo motivo, stante la non configurabilità di un vizio di omessa pronunzia quando essa ha ad oggetto eccezioni processuali.
Anche nel presente motivo, infatti, la ricorrente solleva un’eccezione pregiudiziale, questa volta relativa alla carenza di interesse ad agire, che notoriamente, insieme alla legittimazione ad agire, costituisce condizione dell’azione processuale, in assenza della quale il giudice non può ‘accedere’ all’esame del merito.
D’altra parte, pure sotto tale profilo, la Corte veneziana, decidendo nel merito, ha implicitamente rigettato l’eccezione della signora COGNOME adottando una sentenza con essa incompatibile.
Quanto all’infondatezza, va osservato che, secondo la tesi della ricorrente, l’asserita carenza di interesse ad agire in revocatoria da parte di Cherry Bank deriverebbe dalla circostanza che quest’ultima
avrebbe chiesto la revoca dei soli atti del 2012 e del 2015, omettendo di impugnare anche quello del 2018.
Tuttavia, in materia di trascrizione della domanda giudiziale, l’ordinamento riconosce a quest’ultima un effetto prenotativo, volto a tutelare il diritto del creditore anche rispetto a eventuali atti traslativi o dispositivi successivamente posti in essere, e potenzialmente lesivi, così da preservarli dagli effetti pregiudizievoli di tali vicende.
In particolare, l’art. 2652, comma 1, n. 5, c.c. dispone che la sentenza che accoglie la domanda ‘non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto anteriormente alla trascrizione della domanda’, confermando il principio secondo cui la trascrizione dell’azione revocatoria produce un effetto prenotativo.
Al riguardo, rileva la pronuncia di questa Corte n. 16293 del 4 agosto 2016, che, pur riferita a una fattispecie diversa (revocatoria di atti traslativi di proprietà a favore di terzi), ha ribadito la funzione tipica della trascrizione della domanda giudiziale, quale strumento di tutela anticipata della pretesa del creditore, opponibile anche rispetto ad atti successivi eventualmente lesivi.
Segnatamente, è stato affermato che, nell’ipotesi di due atti dispositivi consecutivi aventi ad oggetto il medesimo bene, l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta in relazione al primo atto è opponibile al secondo acquirente qualora la domanda sia stata trascritta in data anteriore rispetto alla trascrizione del secondo atto, a prescindere dalla buona o mala fede di quest’ultimo. Al contrario, se la trascrizione della domanda di revoca è successiva, il secondo acquirente non può essere pregiudicato, purché abbia acquisito il diritto a titolo oneroso e in buona fede (Cass. civ., Sez. III, 4 agosto 2016, n. 16293).
I principi elaborati da questa Corte evidenziano che l’interesse ad agire in revocatoria non può essere valutato in astratto, ma deve
essere verificato alla luce della situazione concreta e attuale del creditore, avuto riguardo alla funzionalità dell’azione rispetto alla possibilità di soddisfacimento del credito.
Nella fattispecie, la Corte d’appello di Venezia, pur essendo stata investita di una questione diversa -ossia l’azione revocatoria proposta avverso atti di destinazione patrimoniale -ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati, rilevando che, nelle more del giudizio di primo grado, la signora COGNOME ha stipulato, in data 19 febbraio 2018, un atto di proroga del vincolo. Tale atto è pacificamente successivo alla trascrizione della domanda giudiziale promossa dalla Banca, avvenuta il 12 gennaio 2017, circostanza che ne conferma l’irrilevanza rispetto alla posizione del creditore istante.
5.2. Il terzo e quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro connessione logico-giuridica, sono anch’essi inammissibili.
Invero, nella denuncia in questa sede del vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., la ricorrente non deduce quale sarebbe il fatto storico decisivo di cui la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame.
Quando invece il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., nella formilazione ratione temporis vigente, si riferisce al mancato esame di un fatto, che deve essere inteso come un vero e proprio fatto storico, un accadimento naturalistico (cfr. Cass. civ., SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8053; nelle successive pronunce, da ultimo, Cass. civ., Sez. V, Ord., 11 maggio 2025, n. 12455; Cass. civ., Sez. V, Ord., 7 maggio 2025, n. 12087; Cass. civ., Sez. lav., 30 aprile 2025, n. 11343).
Restano, quindi, esclusi dal novero di tale norma, questioni e/o punti controversi, mentre permane il verificarsi di un vero e proprio evento o un dato materiale ovvero un episodio fenomenico rilevante (cfr. Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 26 gennaio 2022, n.
2268; v. anche Cass. civ., Sez. II, Ord., 26 agosto 2022, n. 13024). Allo stesso modo, si è precisato che non integrano fatti le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (cfr. Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 26 gennaio 2022, n. 2268), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, o le mere ipotesi alternative (v. da ultimo, Cass. civ., Sez. II, Ord., 13 maggio 2025, n. 12847; principio affermato Cass. civ., Sez. II, Ord., 29 ottobre 2018, n. 27415).
Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o di eccezioni, ovvero dei motivi di appello (cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 13 ottobre 2022, n. 29952).
Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a prospettare mere argomentazioni difensive, senza individuare alcun fatto storico decisivo che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare. Ha, invece, reiterato eccezioni e deduzioni già svolte nei precedenti gradi di giudizio, nel tentativo di trasformarle surrettiziamente in fatti decisivi, al fine di sollecitare una rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità.
Del resto, in relazione alla valutazione dell’ eventus damni , la sentenza impugnata è esplicita nel rilevare che: ‘Nella specie, mentre la creditrice ha provato la variazione del patrimonio lesiva della garanzia patrimoniale, la debitrice non ha assolto l’onere da cui era gravata di provare la capienza del suo patrimonio, avendo concentrato le proprie difese sull’efficacia e validità dell’atto di destinazione. Può ritenersi presuntivamente provato, infine, l’elemento soggettivo’ (cfr. p. 11 della sentenza n. 1222/2023).
Da ultimo, si rileva che la decisione impugnata risulta, nel suo complesso, congruamente motivata, logica e non fondata su argomentazioni astratte, essendo chiaramente intellegibile il percorso argomentativo seguito dalla Corte d’appello che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha riconosciuto la
sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta da Cherry Bank S.p.A. (cfr. pp. 10-12 della sentenza n. 1222/2023). In tal modo, la motivazione della sentenza si colloca al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’, soddisfacendo i requisiti di logicità, coerenza e completezza richiesti dall’art. 132, n. 4, c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza consolidata di legittimità (sul punto v. Cass. civ., SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8053; nelle successive pronunce, più di recente, Cass. civ., Sez. III, Ord., 28 marzo 2025, n. 8192; Cass. civ. Sez. V, Ord., 9 ottobre 2024, n. 26349; Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 settembre 2024, n. 25319; Cass. civ. Sez. III, Ord., 16 settembre 2024, n. 24760).
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 10.200,00 di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza