Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16377 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16377 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9961/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso , elettivamente domiciliato presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO e come da domicilio digitale indicato;
– ricorrente-
contro
SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE già Società
Oggetto: Revocatoria ordinaria
-PDA -Opposizione
–
Inammissibile.
CC 28.02.2025
Ric. n. 9961/2023
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso ed elettivamente domicialiata presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO e come da domicilio digitale indicato;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 401/2023 della Corte d’appello di Venezia, pubblicata in data 22 febbraio 2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 febbraio
2025 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME.
Ritenuto che
il Tribunale di Verona, con sentenza n.351/2020, rigettava la domanda di simulazione e accoglieva quella di revocatoria, proposta in via subordinata, dalla Società cattolica di assicurazione s.p.a. nei confronti di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE al fine di impugnare l’atto del 20 /02/2018 con cui il primo aveva trasferito alla seconda, al prezzo di € 10.500,00 , beni immobili aventi ad oggetto diversi appezzamenti di terreni agricoli con fabbricati rurali siti in Montepulciano (Siena) al fine di ottenerne la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c.;
l a Corte d’ Appello di Venezia, con sentenza n. 401/2023, ha respinto l’impugnazione proposta da NOME COGNOME e confermato la sentenza di primo grado;
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione, NOME COGNOME sorretto da tre motivi di ricorso; ha resistito con controricorso la Società cattolica di assicurazione s.p.a.;
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022;
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4.1. parte ricorrente ha formulato istanza di richiesta di decisione depositata in data 1/07/2024;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
Entrambe le parti hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 CC illegittimo rigetto richiesta di entrambe le parti di ammissione di CTU (art. 360, comma 1, n. 3), per essersi pronunciata la Corte in ordine alla richiesta di C.T.U. con motivazione erronea -nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) ‘; in particolare, contesta il fatto che, erroneamente applicando la normativa in tema di revocatoria e motivando in modo irrazionale, la Corte d’appello ha ritenuto superflua la richiesta consulenza tecnica d’ufficio , richiesta da entrambe le parti, che avrebbe dimostrato che il valore dei beni oggetto di revocatoria fosse sostanzialmente inesistente e che, per tali ragioni, non sussistesse l’eventus damni ; osserva altresì che la decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio, pur costituendo un potere discrezionale del giudice, questi deve motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, che non può mai ritenersi tardiva, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza limitarsi a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare;
2.1. il motivo è inammissibile rispetto sia al preteso error in iudicando sia a quello in procedendo prospettati;
2.1.1. in primo luogo, la censura non censura ( quantomeno idoneamente ) la ratio decidendi della sentenza impugnata là
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dove, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la corte di merito ha ritenuto infondato lo speculare motivo d’appello affermando che « L’accertamento dell’Agenzia delle Entrate dimesso dallo stesso appellante dimostra come i beni trasferiti avrebbero un valore di € 2.220.455,00, a fronte di un prezzo dichiarato di € 10,500,00. Il dato non è stato ignorato dal giudice di prime cure, il qua le ha evidenziato come la verifica dell’ eventus damni , in presenza di creditori ipotecari, non possa esaurirsi nel confronto tra l’ammontare del credito garantito da ipoteca ed il valore dei beni, essendo il giudice della revocatoria chiamato ad effettuare una valutazione prognostica sulla possibilità che, in futuro, nell’eventualità della cessazione o de l ridimensionamento dell’ipoteca, il creditore chirografario possa valersi della garanzia patrimoniale in riferimento ai beni in questione» (pag. 7 della sentenza impugnata);
a fronte di tali emergenze, la c orte d’appello ha ritenuto superfluo accertare, mediante perizia, se il valore dei beni di cui ha disposto il debitore sia maggiore di quello (comunque enormemente superiore al prezzo indicato nel contratto) che lo stesso appellante indica come veritiero e ha affermato la correttezza della decisione del Tribunale di Verona di non procedere ad una CTU estimativa (pag. 8 della sentenza impugnata);
2.1.2. in secondo luogo, come questa Corte -anche a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, nn. 8053 e 8054/2014)- ha avuto più volte modo di affermare, « la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
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violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione»;
che quindi il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5 né in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione del n. 4 dell’art. 132 c.p.c. nei termini ora indicati), non trova di per sé alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione;
nella specie, è quindi inammissibile l’evocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c. n. 4, tenuto conto che la corte di merito, con apprezzamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha pianamente e adeguatamente spiegato le ragioni per le quali non ha ritenuto di ammettere la CTU, non basandosi affatto sul mero presupposto che il valore dei beni trasferiti a RAGIONE_SOCIALE fosse superiore a quello sopra indicato, ma considerando il mancato assolvimento da parte del disponente dell’onere di provare alcun i degli elementi necessari per fondare il giudizio prognostico sulla possibilità che, in futuro, nell’eventualità della cessazione o del ridimensionamento dell’ipoteca, il creditore chirografario potesse valersi della garanzia patrimoniale in riferimento ai beni in questione.
3. con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. inammissibilità azione revocatoria per mancanza della scientia damni- (art. 360, comma
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1, n. 3) ‘; a parere del ricorrente, la c orte d’appello , erroneamente applicando la normativa in tema di revocatoria e motivando in modo irrazionale, non avrebbe tenuto conto della ordinanza n. 26485/2020 della Suprema Corte che ha individuato la ragione del trasferimento nella necessità di riunire giuridicamente tutta la proprietà fondiaria agraria, di fatto, già unica anche prima, in quanto la Società acquirente è di proprietà del medesimo venditore;
3.1. il motivo è inammissibile;
con esso, nonostante la formale intestazione, il ricorrente tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento -ad esso funzionale -delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass. 23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
nella specie la c orte d’appello, con dividendo quanto ritenuto dal Tribunale in prime cure, ha affermato la sussistenza del presupposto della scientia damni mediante una presunzione logica, tenuto conto che il debitore, con l’atto oggetto di revocazione successivo al sorgere del credito, aveva disposto degli unici beni immobili che componevano il suo patrimonio, senza tra l’altro che fosse stato proposto alcun specifico motivo di impugnazione sull’accertamento della consapevolezza del pregiudizio in capo all’acquirente, compiutamente ritenuto dal Tribunale (pag. 9 della sentenza impugnata ;
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ha quindi ritenuto sufficiente la mera previsione da parte del debitore del pregiudizio dei creditori in conformità con l’indirizzo di questa Corte (Cass. 15/10/2010 n. 21338);
non giova al ricorrente il richiamo alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Siena del 9.10.2014, (confermata da questa Corte con ordinanza n. 26485/2020 allegata sub n. 14 doc. prime cure), che dimostrerebbe, a suo avviso la ragione del trasferimento immobiliare volto alla riunione giuridica di tutta la proprietà fondiaria agraria in capo allo stesso soggetto, in quanto, di fatto, detta proprietà era già unica, in quanto la società acquirente era amministrata dal venditore stesso;
alla luce dei richiamati principi, il vizio di violazione di legge prospettato si rivela insussistente e la motivazione non si rivela punto irrazionale;
con il terzo motivo il ricorrente denuncia ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. e dell’art. 2697 c.c. inammissibilità azione revocatoria per mancanza dell’eventus damni – (art. 360, comma 1, n. 3) -erroneità, illogicità, irrazionalità della motivazione -nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) ‘; a parere del ricorrente, la sentenza impugnata, erroneamente applicando la normativa in tema di revocatoria, avrebbe illogicamente motivato sulla base di una distorta applicazione della sussistenza dell’ eventus damni , quale presupposto necessario per l’azione revocatoria ;
4.1. il motivo è inammissibile;
il ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, ove a differenza di quanto dal medesimo sostenuto risulta ravvisata l’ infondatezza dello speculare motivo d’appello e affermato che, come già rilevato dal primo giudice, il doc. 7 cui faceva riferimento l’appellante, pur essendo indicato nell’elenco degli atti dimessi con la comparsa di risposta, non fosse
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tra i documenti effettivamente allegati (mancata produzione dei contratti di mutuo ed i piani di ammortamento), che anche la missiva del 17.1.2019 di SGA s.p.a. ( valorizzata dall’appellante al fine di dare riscontro a quanto dedotto circa il valore residuo dei mutui ipotecari) non fosse effettivamente inidonea allo scopo, non essendo possibile ricollegarla con certezza ai rapporti di mutuo in questione e che infine alcun accenno aveva formulato sulla sorte esecutiva dei mutui in questione, né circa la sussistenza di ulteriori garanzie a presidio dei crediti dei mutuanti (pag. 9 della sentenza impugnata);
4.1.2 . per un altro verso, la c orte d’appello ripercorre l ‘iter decisorio del giudice di prime cure, spiegando adeguatamente le ragioni di condivisione ed esprimendo, con autonoma motivazione, quelle per le quali ha ritenuto sussistente l’ eventus damni ;
le spese del giudizio di cassazione, liquidato come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Il ricorrente va altresì condannato al pagamento di somme, liquidate come in dispositivo, ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i rispettivi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui euro 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 9.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ex art. 96, 4° co., c.p.c.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali
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per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione