Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17082 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22328/2023 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliata in COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 332/2023 depositata il 27/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Come si evince dalla sentenza della Corte d’appello la sig.ra NOME COGNOME con ricorso proposto nel 2018 innanzi al Tribunale di Taranto, chiedeva la revoca e la declaratoria di inefficacia, nei propri confronti, dell’atto di compravendita stipulato intercorso tra i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME quali alienanti, e la sig.ra NOME COGNOME quale acquirente, avente ad oggetto un immobile sito in agro di Martina Franca, per il prezzo di € 372.139,75.
A fondamento della propria pretesa, l’attrice deduceva: (i) di essere creditrice nei confronti dei coniugi COGNOMECOGNOME per la somma di € 104.251,27, oltre interessi e spese, a titolo di canoni di locazione e indennità di occupazione maturati in relazione a un immobile condotto in locazione dalla società RAGIONE_SOCIALE di cui i coniugi erano soci, per il quale era stato convalidato sfratto per morosità in data 1° febbraio 2011; (ii) che i debitori, in sede di verbale di conciliazione del 28 giugno 2011, avevano promesso il saldo della debitoria, dichiarando che avrebbero destinato a tal fine i proventi della vendita dell’unico cespite di loro proprietà, successivamente alienato con l’atto impugnato; (iii) che il suddetto
immobile era stato costituito in fondo patrimoniale con atto del 29 luglio 1999.
Con sentenza n. 1014/2021, il Tribunale di Taranto accoglieva la domanda revocatoria, dichiarando l’inefficacia della compravendita nei confronti della COGNOME, evidenziando l’insussistenza della condizione di procedibilità eccepita dai convenuti e, nel merito, ritenendo: (i) l’inopponibilità del vincolo di destinazione derivante dal fondo patrimoniale, atteso che il credito della COGNOME era stato contratto per la soddisfazione, anche solo mediata, dei bisogni della famiglia; (ii) la sussistenza di tutti i presupposti dell’azione revocatoria, con particolare riferimento all’ eventus damni in danno della creditrice e alla consapevolezza di tale pregiudizio anche in capo all’acquirente COGNOME.
2. Con sentenza n. 332/2023 del 28 luglio 2023, la Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la decisione impugnata. Ha ritenuto che, sebbene il debito fosse formalmente riconducibile a obbligazioni contrattuali della società RAGIONE_SOCIALE, l’istruttoria avesse dimostrato che i proventi dell’attività sociale di cui gli appellanti erano unici soci e fideiussori -costituivano l’unica fonte di reddito per il sostentamento della famiglia COGNOME. Il primo giudice aveva correttamente accertato che i coniugi traevano i mezzi di sussistenza dall’attività commerciale esercitata nell’immobile locato dalla creditrice COGNOME e che, al fine di differire il rilascio dell’immobile, si erano impegnati a corrispondere il debito nel verbale di conciliazione.
La Corte territoriale ha rilevato che il credito azionato dalla COGNOME era strettamente collegato all’immobile sede dell’attività commerciale -bene principale dell’azienda RAGIONE_SOCIALE e non riferibile a un generico credito aziendale. La presenza di un’ipoteca sull’immobile non è stata ritenuta ostativa al riconoscimento del pregiudizio per il creditore chirografario, atteso che i debiti gravanti sugli alienanti non avevano assorbito l’intero prezzo di vendita,
mentre l’esposizione debitoria verso la banca si era ridotta dopo il subentro dell’acquirente.
L’eventuale sfratto per morosità relativo all’immobile adibito a casa coniugale è stato ritenuto irrilevante, non essendo stato né dedotto né provato nei termini di legge. La Corte ha inoltre sottolineato che l’atto di compravendita, corredato dall’autorizzazione del Tribunale, comprovava la piena consapevolezza dell’acquirente COGNOME in ordine all’esistenza delle passività gravanti sugli alienanti e alla finalità della vendita, volta a soddisfare tali debiti.
Infine, la destinazione dei proventi dell’attività della RAGIONE_SOCIALE al mantenimento della famiglia è stata confermata dalla confessione giudiziale resa dai convenuti in primo grado, con conseguente conferma dell’esistenza di tutti i presupposti per l’accoglimento dell’azione.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi. Resiste con controricorso la COGNOME.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
È stata formulata proposta di definizione accelerata del ricorso, avverso la quale è stata proposta opposizione dall’odierna ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Deve pregiudizialmente rilevarsi la fondatezza dell’eccezione di tardività del controricorso sollevata dalla parte ricorrente.
Il controricorso risulta, infatti, depositato in data 13 dicembre 2023, oltre il termine di quaranta giorni decorrente dalla notificazione del ricorso, perfezionatasi il 30 ottobre 2023, e scaduto l’11 dicembre 2023.
4.1. Con il primo motivo, articolato in due profili di censura, la ricorrente denuncia il Mancato esame di fatti decisivi, ritualmente acquisiti, oggetto di discussione fra le parti. Art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. e la violazione o falsa applicazione degli artt. 1363, 2901 e
170 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c., nella valutazione della buona fede dell’acquirente. Art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.
In sede di appello ha contestato l’erronea interpretazione da parte del Tribunale dell’istanza di autorizzazione alla vendita, nella quale si faceva riferimento a un atto di sfratto per morosità senza specificarne l’oggetto. Il Tribunale ha ritenuto, in modo apodittico e senza un esame integrale del documento, che tale sfratto fosse quello intimato dalla sig.ra COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, senza considerare i chiari riferimenti temporali e soggettivi contenuti nell’istanza, dai quali emergeva che lo sfratto più recente riguardava l’immobile adibito a casa coniugale dei coniugi COGNOME -Palazzo.
In sede d’appello, la sig.ra COGNOME ha prodotto integralmente l’atto di sfratto del 18 ottobre 2014 relativo all’immobile di INDIRIZZO a conferma della propria interpretazione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile tale produzione ritenendola tardiva e ha confermato la lettura del Tribunale, sostenendo che nel giudizio di primo grado non era stata formulata alcuna specifica contestazione sulla corretta individuazione dello sfratto richiamato nell’istanza di autorizzazione alla vendita.
4.2. Con il secondo motivo, anch’esso articolato in due censure la ricorrente denuncia omesso esame di altra circostanza decisiva, chiaramente risultante dagli atti di causa e oggetto di contraddittorio. Art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. e la Violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. Art.360, 1° comma, n. 3 c.p.c. Lamenta che la COGNOME era stata informata dai debitori della futura vendita dell’immobile e aveva acconsentito ad attendere la cessione per ottenere il pagamento del proprio credito. Pur essendo già munita di titolo esecutivo, non aveva intrapreso azioni cautelari come l’iscrizione di ipoteca o il pignoramento del bene.
Avendo accettato la vendita in vista di un futuro pagamento, non poteva poi opporvisi giudizialmente sostenendo di averne subito pregiudizio. L’azione revocatoria presuppone un atto dispositivo compiuto fraudolentemente dal debitore, non un atto a cui il creditore abbia prestato consenso, anche se poi l’impegno di pagamento non è stato rispettato.
La Corte ha ritenuto che la sig.ra COGNOME avendo implicitamente rinunciato alla tutela recuperatoria acconsentendo alla vendita, non potesse successivamente invocare la revocatoria. Tuttavia, questi elementi, pur rilevanti, non sono stati adeguatamente considerati nel giudizio.
4.3. Con il terzo motivo denuncia Violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. Art. 360 n. 3 c.p.c.
La sentenza impugnata ha erroneamente valutato l’ eventus damni , travisando i principi giuridici in materia di azione revocatoria.
Sostiene che la giurisprudenza (Cass. n. 5815/2023) afferma che l’esistenza di un’ipoteca sul bene oggetto di alienazione non esclude di per sé il pregiudizio per il creditore chirografario, poiché la valutazione dell’effettivo danno deve basarsi su un giudizio prognostico proiettato nel futuro. Tuttavia, tale valutazione deve riguardare la capacità del debitore di soddisfare i propri obblighi, non quella dell’acquirente.
L’atto di disposizione è dannoso solo se sottrae un bene che il creditore avrebbe potuto aggredire, garantendo così la conservazione della garanzia patrimoniale. Non può invece tradursi in un mezzo di incremento della stessa in danno di un terzo.
Nel caso di specie, i debitori avevano dichiarato al Tribunale la loro impossibilità di continuare a pagare i ratei del mutuo e di far fronte agli altri debiti, inclusi quelli tributari. Ciò conferma che, anche in assenza della vendita, la situazione patrimoniale dei debitori non avrebbe consentito il soddisfacimento del credito della sig.ra COGNOME
4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia sia la Violazione o falsa applicazione degli artt. 170, 2247, 2462 c.c. Art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c. sia il Mancato esame di fatti decisivi, oggetto di contraddittorio. Art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.
La Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale ritenendo che l’obbligazione fideiussoria assunta dai coniugi COGNOMECOGNOME in favore della sig.ra COGNOME rientrasse tra i debiti familiari ex art. 170 c.c., sulla base della loro ammissione in sede di interrogatorio formale circa l’impiego, in passato, degli utili della società RAGIONE_SOCIALE anche per esigenze familiari.
Tuttavia sostiene che, per consolidata dottrina e giurisprudenza, i debiti di una società a responsabilità limitata gravano esclusivamente sulla società stessa, non sui soci (art. 2462 c.c.), indipendentemente dall’eventuale distribuzione di utili. Nel caso di specie, il debito personale dei coniugi COGNOME è sorto unicamente con la fideiussione prestata in sede di conciliazione giudiziale, a fronte della dilazione nell’esecuzione dello sfratto della RAGIONE_SOCIALE, e non per il soddisfacimento diretto dei bisogni familiari.
L’argomentazione della Corte d’Appello appare inconferente, in quanto la destinazione pregressa di utili societari al mantenimento familiare non può giustificare l’assunzione, in epoca successiva, di una fideiussione a favore di una società insolvente, né può rimuovere ex post i vincoli derivanti dal fondo patrimoniale. Inoltre, la percezione di utili societari da parte dei soci costituisce una dinamica fisiologica delle società commerciali ex art. 2247 c.c., senza che ciò comporti una commistione tra il patrimonio della società e quello personale dei soci.
Pertanto, la motivazione della Corte d’Appello si fonda su un’erronea assimilazione tra i debiti sociali della RAGIONE_SOCIALE e le obbligazioni personali dei coniugi COGNOME, con
un’inammissibile estensione della disciplina del fondo patrimoniale a passività non riconducibili direttamente ai bisogni familiari.
4.5. Con il quinto motivo, denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c.. Art. 360, 1° comma, c.p.c. e la Violazione degli artt. 102 e 354, 2° comma c.p.c.. Nullità della sentenza. Art. 360, 1° comma, n. 4 c.p.c.
La Corte d’Appello ha erroneamente confermato la qualificazione dell’obbligazione fideiussoria dei coniugi COGNOME come debito familiare ex art. 170 c.c., basandosi sulla destinazione passata di utili societari al mantenimento della famiglia. Tuttavia, i debiti della RAGIONE_SOCIALE restano estranei al patrimonio personale dei soci, gravando esclusivamente sulla società (art. 2462 c.c.), e la fideiussione prestata dai coniugi non può retroattivamente ricondurre tali debiti alla sfera familiare. Infine, per una decisione integrale sul punto sarebbe stata necessaria la presenza in giudizio del marito dell’attrice, in qualità di comunista del bene. In alternativa, la tutela avrebbe potuto riguardare esclusivamente la quota di credito della sig.ra COGNOME senza estendersi ad altri creditori, nel rispetto del principio della personalità dell’azione revocatoria.
Tutti i motivi, possano essere trattati congiuntamente, in quanto attengono la medesima questione giuridica, sebbene sotto profili diversi, ma connessi logicamente e giuridicamente, riguardando la sussistenza, rispetto all’atto pubblico di compravendita, dei presupposti richiesti dall’art. 2901 c.c. per la revocatoria (sussistenza del rapporto creditorio, consilium fraudis , eventus damni ).
Ebbene, tali motivi sono tutti inammissibili dal momento che dietro la denunciata violazione di norme di diritto e, quindi, di errores in iudicando -con la notazione che ciò vale pure per il primo motivo che seppur formalmente prospetta un vizio di nullità della sentenza, in realtà le sue censure ineriscono vizi di legge (v. Cass.
civ., Sez. III, Ord., 23 dicembre 2024, n. 34064; Cass. civ., Sez. I, Ord., 4 ottobre 2024, n. 26043; Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 settembre 2024, n. 25027; principio ribadito da Cass. civ. Sez. V, Ord., 23 maggio 2018, n. 12690) -v’è il tentativo, nemmeno tanto celato, di ottenere una rivalutazione del merito della causa, sulla base di una diversa, e a loro più favorevole, interpretazione delle risultanze istruttorie, inammissibile però in sede di legittimità.
Secondo, infatti, la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, pienamente condivisa da questo collegio, ‘nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, 26 luglio 2024, n. 20870; nello stesso senso, Cass. civ., Sez. V, Ord., 3 settembre 2024, n. 23540; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 4979). In tale contesto, è onere dello stesso ricorrente prospettare il vizio di legge confrontandosi con la ratio decidendi e, quindi, esplicitando la critica alla pronuncia giudiziale, indicando le ragioni per cui si assume errata, non potendo prescindere dalla comparazione con quelle che, invece, sono poste a suo fondamento.
Invece, come detto, quel che emerge dalla lettura dei motivi in esame, è la volontà della ricorrente di spingersi oltre i limiti consentiti dal n. 3 dell’art. 360 c.p.c., compiendo così ‘una
surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito’ (fra tutte, Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 18 febbraio 2025, n. 4166; Cass. civ., Sez. V, 4 febbraio 2025, n. 2713; Cass. civ., Sez. V, 24 gennaio 2025, n. 1779; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 13 dicembre 2024, n. 32420; Cass. civ. Sez. V, Ord., 27 giugno 2024, n. 17752; Cass. civ., Sez. lav., 7 agosto 2024, n. 22358). E ciò, perché le loro doglianze si sostanziano in una riprensione alla valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito, quando invece si tratta di compito a costui riservato, al punto da renderla insindacabile in cassazione, quando, come nel caso in esame, è logico e coerente il valore preminente attribuito, da detto giudice, agli elementi utilizzati e posti a fondamento della sua decisione, avuto riguardo al complessivo quadro probatorio in atti, al cui interno ha individuato le fonti del proprio convincimento, controllandone l’attendibilità e scegliendo, tra di esse, quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2025, n. 976; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21 dicembre 2024, n. 33820; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21 dicembre 2024, n. 33759; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 dicembre 2024, n. 33412).
Del resto, le argomentazioni svolte dalla ricorrente non valgono a superare il valore attribuito alle medesime dalla corte territoriale (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20254; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20079; Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 ottobre 2023, n. 28120; Cass., Sez. lav., 20 luglio 2023, n. 21681; Cass., Sez. lav., Ord., 9 luglio 2023, n. 21343).
Sono inammissibili le censure ai sensi dell’art. 360 n. 5 ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c. perché trattasi di doppia conforme.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, stante la rilevata tardività del controricorso.
Va disposta la condanna della ricorrente al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, in favore della Cassa delle
Ammende ex art. 96, 4° co., c.p.c., sussistendone i presupposti di legge.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza