Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30124 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30124 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4472-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 788/2021 della CORTE D ‘ APPELLO DI TORINO, depositata l’ 8/7/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 16/10/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a mezzo di scrittura privata autenticata del 20/4/2012, ha ceduto alla RAGIONE_SOCIALE l ‘ azienda costituita dai beni materiali e immateriali e dai rapporti indicati nei relativi allegati.
1.2. La società cessionaria, tuttavia, non ha adempiuto all ‘ obbligo di pagamento del prezzo convenuto.
1.3. Il RAGIONE_SOCIALE, pertanto, ha dapprima diffidato la RAGIONE_SOCIALE, con raccomandata dell ‘ 8/8/2013, al pagamento del debito scaduto di €. 2.250.000,00 entro il termine di quindici giorni, invocando la risoluzione del contratto di cessione d ‘ azienda ex art. 1454 c.c. per il caso di vano decorso del termine stesso, e poi, con raccomandata del 10/9/2013, a fronte del l’effettivo vano decorso del termine intimato per l ‘ adempimento e l ‘ avvenuta risoluzione del contratto di cessione d ‘ azienda, ha diffidato la RAGIONE_SOCIALE all ‘ immediata restituzione dei beni aziendali.
1.4. Il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, infine, con scrittura privata autenticata del 19/9/2013, ‘ a seguito della risoluzione del contratto di cessione d ‘ azienda ‘, hanno dato atto della formale riconsegna da parte della cessionaria al RAGIONE_SOCIALE di tutti i beni, materiali e immateriali, e dei rapporti a suo tempo ceduti con il contratto risolto così come ‘ analiticamente individuati nell ‘ allegato A ‘ e ‘ nell ‘ allegato B ‘ dello stesso.
1.5. La RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 26/9/2013, è stata, a sua volta, dichiarata fallita.
1.6. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quindi, con atto di citazione del 9/9/2016, ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, il RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse dichiarata l ‘ inefficacia, a norma dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 1 e n. 2, l.fall., o, in subordine, a norma dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall., della risoluzione unilaterale del contratto di cessione d ‘ azienda conseguente alla diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. e della successiva retrocessione del compendio
aziendale formalizzata dalle parti con scrittura privata autenticata del 19/9/2013.
1.7. Il RAGIONE_SOCIALE, dal suo canto, ha contestato le domande, deducendo l’ insussistenza delle pretese revocatori e azionate dall’attore a norma dell’ art. 67, comma 1°, n. 1 e n. 2, l.fall. , e dell’ art. 67, comma 2°, l.fall., sia con riferimento alla risoluzione unilaterale ex art. 1454 c.c., sia con riguardo alla retrocessione aziendale.
1.8. Il Tribunale, con sentenza del 15/11/2018, ha rigettato le domande.
1.9. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza che la Corte distrettuale, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato.
1.10. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 7/2/2022, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
1.11. Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.12. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha escluso la revocabilità, in forza della norma invocata, della sequenza di atti ad effetti funzionalmente unitari (e cioè la diffida ad adempiere, l ‘ ulteriore inadempimento, la risoluzione del contratto di cessione di azienda, l ‘ atto di riconsegna/trasmissione delle componenti attive dell ‘ azienda e la corrispondente immissione nel possesso) senza, tuttavia, considerare che: – tali atti, nel loro insieme, hanno condotto alla
risoluzione del contratto di cessione d ‘ azienda e alla conseguente restituzione dei beni aziendali, con l ‘ effetto di sottrarre al concorso dei creditori di RAGIONE_SOCIALE un rilevante elemento attivo del patrimonio.
2.2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il RAGIONE_SOCIALE ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 1 e n. 2, l.fall. e dell ‘ art. 104bis l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d ‘ appello ha escluso la revocabilità, in forza delle norme invocate, della scrittura privata con la quale le parti in data 19/9/2013 hanno provveduto alla restituzione dell ‘ azienda in favore del RAGIONE_SOCIALE cedente, senza, tuttavia, considerare che l ‘ atto con cui RAGIONE_SOCIALE ha restituito al fallimento i soli elementi attivi dell ‘ azienda, assumendosi la responsabilità esclusiva per quelli passivi, risulta caratterizzato, agli effetti dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 1, l. fall., da un significativo squilibrio e che tale regolamento negoziale ha assunto i caratteri dell ‘ estinzione di debito pecuniario con mezzi non normali, esponendosi così alla revoca ex art. 67, comma 1°, n. 2, l.fall..
2.3. Il ricorso, nella misura in cui è volto ad ottenere la cassazione con rinvio di una sentenza che ha respinto le domande di revoca proposte dal RAGIONE_SOCIALE istante nei confronti del RAGIONE_SOCIALE convenuto a norma dell’art. 67 l.fall., è inammissibile.
2.4. La domanda di revoca proposta, come nel caso in esame, successivamente all’apertura della procedura concorsuale nei confronti del convenuto, non è, infatti, proponibile.
2.5. In tale ipotesi, infatti, l’azione di revoca, ove accolta, finirebbe per recuperare il bene che ne costituisce oggetto alla
garanzia patrimoniale del creditore (o della massa dei creditori) dell’alienante, determinando, specularmente, la sottrazione del bene medesimo alla garanzia collettiva dei creditori dell’acquirente sulla base di un titolo giudiziale formato dopo la sentenza dichiarativa del fallimento di quest’ultimo e con efficacia postuma rispetto alla stessa, in violazione delle norme desumibili dagli artt. 42, 44, 45, 51 e 52 l.fall..
2.6. La domanda di revocatoria (ordinaria o fallimentare) non ha, tuttavia, ad oggetto il bene in sé ma solo la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilità del bene a esecuzione : il bene dismesso con l’atto revocando viene , infatti, in considerazione, rispetto all’interesse di quei creditori, soltanto per il suo valore , con la conseguenza che il fallimento del terzo acquirente, dichiarato dopo l’atto di alienazione che ha determinato la lesione della garanzia patrimoniale, se, come detto, impedisce l’esercizio dell’azione costitutiva , non preclude, però, l’esercizio , nelle forme esclusive del giudizio di verificazione, di un ‘azione restitutoria per equivalente parametrata al valore del bene sottratto alla garanzia patrimoniale.
2.7. Il fallimento del terzo acquirente preclude, quindi, la proponibilità dell’ azione di revoca, non essendo consentito, a fronte della cristallizzazione del patrimonio del menzionato fallimento al momento della dichiarazione, incidere sull’integrità dello stesso con il recupero del bene alla sola garanzia patrimoniale del creditore (o della massa dei creditori) dell’alienante : e tuttavia, se impedisce di recuperare il bene onde esercitare su questo l’azione esecutiva, non esclude, però, che il creditore (o, in caso di fallimento dell’alienante, il relativo curatore) possa(no) insinuarsi al passivo del (primo) fallimento per il corrispondente controvalore.
2.8. L ‘ azione di revoca, pertanto, dopo il fallimento dell’acquirente del bene che ne costituisce oggetto, stante l’intangibilità dell’asse fallimentare in base a titoli formati dopo il fallimento (cd. cristallizzazione), non può essere esperita con la finalità di recuperare il bene alienato alla propria esclusiva garanzia patrimoniale, poiché si tratta di un’azione costitutiva che modifica ex post una situazione giuridica preesistente.
2.9. In questo caso, però, i creditori dell’alienante (e per essi, ove l’alienante sia fallito , il curatore del relativo fallimento) restano tutelati, secondo le regole del concorso (art. 52 l.fall.), dalla garanzia patrimoniale generica dell’acquirente fallito , nel senso che possono insinuarsi al passivo del relativo fallimento per il valore del bene oggetto dell’atto di disposizione astrattamente revocabile (cfr. Cass. SU n. 12476 del 2020; Cass. n. 40745 del 2021; Cass. n. 34391 del 2022).
2.10. Si tratta, dunque, di un credito il cui accertamento (previa delibazione della pregiudiziale costitutiva) è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato (del fallimento dell’acquirente), con la conseguenza che, ove la relativa azione (com’è accaduto nel caso in esame) s ia stata proposta nei confronti di quest’ultimo (ma) nel contesto di un ordinario giudizio di cognizione, la sua inammissibilità dev’essere dichiarata d’ufficio, in ogni stato e grado, compreso il giudizio di cassazione (cfr. Cass. n. 11021 del 2023, in motiv.).
Il ricorso è, dunque, inammissibile : e come tale dev’essere dichiarato.
Il mancato rilievo dell’inammissibilità dell’azione tanto da parte del RAGIONE_SOCIALE convenuto, quanto da parte del tribunale e della Corte d’appello, impone la compensazione delle spese del presente giudizio.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del
d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima