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Azione revocatoria: il trust e la prova del danno

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di azione revocatoria intentata da un creditore per annullare la vendita di un immobile tra coniugi e il successivo conferimento dello stesso in un trust. La Corte ha rigettato il ricorso dei coniugi, confermando la decisione dei giudici di merito. L’ordinanza chiarisce che spetta al debitore dimostrare di possedere un patrimonio residuo sufficiente a garantire il creditore. Inoltre, la consapevolezza del coniuge acquirente del pregiudizio arrecato al creditore può essere presunta sulla base del rapporto coniugale e di altre circostanze, rendendo inefficace l’atto di disposizione.

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Azione Revocatoria: Inefficace la Vendita tra Coniugi e il Conferimento in Trust

L’azione revocatoria è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dei creditori per tutelare le proprie ragioni contro gli atti con cui i debitori cercano di spogliarsi dei loro beni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su come questo strumento si applichi a complesse operazioni che coinvolgono vendite immobiliari tra coniugi e la successiva istituzione di un trust. Analizziamo la decisione per comprendere i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce dall’iniziativa di un istituto di credito che agisce in giudizio per ottenere la revoca di due atti distinti:
1. La vendita di un immobile da un marito alla moglie, avvenuta nel marzo 2009.
2. Il successivo conferimento dello stesso immobile in un trust da parte della moglie, effettuato nel 2012.

Il marito era debitore della banca in qualità di fideiussore per una società, un debito sorto nel 2006 e formalizzato con un decreto ingiuntivo nel dicembre 2009. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto la domanda di revoca della vendita immobiliare, ritenendola pregiudizievole per le ragioni del creditore, mentre hanno rigettato quella relativa al conferimento nel trust. I coniugi hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, basandosi su quattro motivi principali.

L’Azione Revocatoria e la Prova del Patrimonio Residuo

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la presunta erronea valutazione, da parte dei giudici di merito, del patrimonio residuo del debitore. I ricorrenti sostenevano che la Corte d’Appello avesse ignorato la documentazione prodotta, attestante la titolarità di partecipazioni societarie che, a loro dire, sarebbero state sufficienti a garantire il creditore.

La Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile. I giudici hanno sottolineato che spetta al debitore, convenuto in azione revocatoria, l’onere di provare che il suo patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare le pretese del creditore. Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano fornito una prova concreta del valore effettivo di tali partecipazioni, una delle quali era pignorata e l’altra oggetto di contenzioso. La semplice titolarità non era dunque sufficiente a dimostrare una residua capacità patrimoniale idonea. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, se non per vizi di motivazione qui non presenti.

La questione del Trust e del Litisconsorzio Necessario

I ricorrenti lamentavano la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei beneficiari del trust. Secondo la loro tesi, anche questi ultimi avrebbero dovuto partecipare al giudizio. La Cassazione ha ritenuto il motivo infondato. La domanda di revoca dell’atto di conferimento nel trust era già stata respinta in primo grado e tale decisione non era stata impugnata, rendendo la questione irrilevante. Ad ogni modo, la Corte ha colto l’occasione per ribadire che, nell’azione revocatoria avente ad oggetto beni conferiti in un trust, la legittimazione passiva spetta al debitore e al trustee, non necessariamente ai beneficiari, i cui diritti spesso non sono ancora attuali e concreti.

La Validità della Fideiussione e la Scientia Fraudis

Altri due motivi di ricorso vertevano sulla presunta nullità della fideiussione originaria e sulla mancanza di prova della scientia fraudis (consapevolezza del danno) in capo alla moglie acquirente.

Sulla fideiussione, i ricorrenti sostenevano che fosse nulla perché riproduceva clausole di un modello ABI giudicato restrittivo della concorrenza. La Corte ha respinto la doglianza come assertiva, poiché i ricorrenti non avevano dimostrato l’essenzialità di tali clausole, senza le quali il contratto non sarebbe stato concluso. La nullità, in questi casi, è solo parziale e non travolge l’intero contratto di garanzia.

Per quanto riguarda la scientia fraudis, la Cassazione ha confermato l’impostazione della Corte d’Appello. La consapevolezza della moglie del pregiudizio arrecato al creditore è stata presunta sulla base di una serie di elementi:
– Lo stretto rapporto coniugale, che fa presumere la circolazione di informazioni patrimoniali rilevanti.
– La separazione tra i coniugi, intervenuta solo nel 2014, molti anni dopo gli atti contestati.
– L’anomalo metodo di pagamento dell’immobile, con ratei risalenti a due anni prima dell’acquisto effettivo.

Questi elementi, complessivamente considerati, hanno costituito una base sufficiente per ritenere provata la consapevolezza della moglie, requisito necessario per l’azione revocatoria di un atto a titolo oneroso.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basando la propria decisione su principi consolidati in materia di onere della prova e valutazione dei fatti. Le motivazioni principali si possono riassumere nei seguenti punti:
1. Onere della Prova: Nell’azione revocatoria, il creditore deve provare l’esistenza del credito e il pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo. Spetta invece al debitore dimostrare di possedere un patrimonio residuo sufficiente a garantire il creditore. Una prova generica, come la mera titolarità di quote societarie di valore incerto, non è sufficiente.
2. Valutazione delle Prove: La valutazione del materiale probatorio è di competenza esclusiva del giudice di merito. In sede di Cassazione non è possibile richiedere una nuova e diversa lettura dei fatti, a meno che non si configuri un vizio di motivazione o una violazione di legge, ipotesi escluse nel caso in esame.
3. Presunzioni: La prova della scientia fraudis del terzo acquirente può essere fornita anche tramite presunzioni. Il rapporto di coniugio, unito ad altre circostanze anomale, costituisce un valido elemento presuntivo per ritenere che il coniuge fosse a conoscenza della situazione debitoria dell’altro e del potenziale danno per i creditori.
4. Inammissibilità dei Motivi: I motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili perché, nella sostanza, chiedevano alla Corte una rivalutazione del merito della vicenda, mascherando tale richiesta sotto la forma di violazione di legge. La Corte ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di terzo grado di merito.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma la solidità dello strumento dell’azione revocatoria come presidio a tutela del credito. Le conclusioni pratiche che se ne possono trarre sono molteplici. In primo luogo, gli atti di disposizione patrimoniale, specialmente se compiuti tra familiari stretti in presenza di debiti significativi, sono esposti a un elevato rischio di revoca. In secondo luogo, il debitore che voglia resistere a un’azione revocatoria deve preparare una difesa solida, fornendo prove concrete e documentate della propria capienza patrimoniale residua. Infine, l’istituzione di un trust non rappresenta uno scudo invalicabile: sebbene l’azione revocatoria contro il conferimento presenti delle peculiarità, l’atto dispositivo a monte (in questo caso, la vendita tra coniugi) può essere comunque reso inefficace, vanificando di fatto l’intera operazione di protezione patrimoniale.

Quando un trasferimento immobiliare tra coniugi può essere revocato?
Un trasferimento immobiliare tra coniugi può essere revocato se pregiudica la capacità del coniuge debitore di soddisfare i suoi creditori. Se l’atto di vendita è successivo al sorgere del debito, è necessario anche dimostrare che il coniuge acquirente era consapevole del danno che l’atto avrebbe arrecato al creditore, consapevolezza che può essere provata anche tramite presunzioni basate sul rapporto familiare.

In un’azione revocatoria contro un bene conferito in trust, chi deve essere necessariamente citato in giudizio?
Secondo l’orientamento della Corte, nell’azione revocatoria contro l’atto di dotazione di un bene in trust, le parti necessarie del processo (litisconsorti necessari) sono il debitore disponente e il trustee. I beneficiari non sono considerati litisconsorti necessari, a meno che non siano titolari di diritti soggettivi attuali e reali sui beni e l’atto di dotazione sia stato a titolo oneroso.

Come può essere provata la consapevolezza del danno (scientia fraudis) del coniuge acquirente?
La consapevolezza del danno da parte del coniuge acquirente può essere provata attraverso presunzioni semplici. La Corte ha ritenuto che lo stretto rapporto coniugale, unito ad altre circostanze come modalità di pagamento anomale, è sufficiente a far presumere che il coniuge fosse a conoscenza della situazione debitoria dell’altro e del conseguente pregiudizio per i creditori derivante dalla vendita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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