Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26858 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3597/2023 R.G. proposto da : NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , domiciliazione telematica legale
-ricorrenti- contro
FINO RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2353/2022 depositata il 22/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE, e per essa RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME per ottenere la revoca pauliana di un trasferimento immobiliare del primo alla seconda rogato il 30 marzo 2009, nonché dell’atto di conferimento dello stesso immobile, da parte di COGNOME, in un trust , avvenuto nel 2012;
allegava l’attrice di essere creditrice nei confronti dell’alienante, come da decreto ingiuntivo ottenuto nel dicembre 2009, quale fideiussore, dal giugno 2006, di una società poi fallita e originaria debitrice principale della banca;
il Tribunale accoglieva la domanda di revocatoria dell’alienazione immobiliare e rigettava quella di conferimento del cespite nel trust , con pronuncia confermata dalla Corte di appello che, disattendendo i gravami di NOME e COGNOME, osservava, in particolare, che:
-il fideiussore non aveva provato una capacità residua utile del proprio patrimonio, poiché lo stesso aveva solo addotto la titolarità di partecipazioni societarie, di cui la prima soggetta a pignoramento e la seconda oggetto di contenzioso giudiziale, senza che da alcun documento ne emergesse il valore, e senza dunque che a tale lacuna istruttoria della parte potesse sopperirsi con la richiesta d’indagine peritale officiosa;
-quanto alla dedotta nullità della fideiussione, rilasciata nel 2006, perché riproduttiva di clausole corrispondenti a modelli RAGIONE_SOCIALE e giudicate dalla Banca d’Italia, nel 2005, oggetto d’intese bancarie restrittive della concorrenza, non
era stato provato che il cartello fosse ancora in essere dopo l’accertamento in parola né che ne facesse parte la banca coinvolta, fermo, comunque, che la nullità negoziale era solo parziale e non era stata data dimostrazione che, senza quei patti, il garante avrebbe del tutto rifiutato d’impegnarsi come tale;
-per il resto, il rilascio della garanzia e la compravendita erano di molto precedenti la separazione intervenuta tra NOME e NOME, omologata nel 2014, ed era presumibile che le informazioni patrimoniali rilevanti circolassero tra i coniugi, sicché, tenuto conto altresì dell’anomalo metodo di pagamento con ratei di due anni precedenti l’acquisito, doveva ritenersi sussistente in capo alla moglie la scientia fraudis ;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, articolando quattro motivi;
resiste con controricorso FINO 1 RAGIONE_SOCIALE, e per essa RAGIONE_SOCIALE, quale titolare del credito tutelato;
le parti hanno depositato memoria.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 107, 331, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di disporre l’integrazione del necessario contraddittorio nei confronti di tutti beneficiari del trust come fatto dal Tribunale;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, cod. civ., 115, 116, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato obliterando la prodotta documentazione attestante il valore delle partecipazioni societarie dell’alienante che, se ritenuto necessario, poteva essere verificato con consulenza tecnica giudiziale come tale non esplorativa ma basata su oneri istruttori assolti;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1419, cod. civ., 2, legge n. 287 del 1990, poiché la fideiussione era nulla posto che la riproduzione delle clausole giudicate illegittime dalla Banca d’Italia, e il loro reiterato utilizzo, confermava che la predisponente era parte delle accertate intese restrittive della concorrenza, laddove l’istituto di credito medesimo, pretendendone l’inserimento, palesava che non avrebbe altrimenti stipulato quella fideiussione sicché, presuntivamente, i contraenti non l’avrebbero conclusa;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli art. 2901, 2729, cod. civ., poché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i deducenti vivevano in luoghi di residenza separati, e la separazione aveva solo dato atto di un fatto già in essere, e COGNOME, se avesse assunto informazioni patrimoniali sul coniuge, null’altro avrebbe quindi potuto venire a sapere se non la conferma della sua nota solvibilità, fermo rimanendo che il pagamento della compravendita era iniziato prima che il marito divenisse garante per la società debitrice principale del creditore istante.
Considerato che
il primo motivo è infondato;
la decisione di prime cure ha respinto la domanda pauliana relativa all’atto di conferimento del cespite nel trust , e questo capo di decisione, specificato in ricorso (pag. 5) e riportato nella sentenza gravata (pag. 4), non risulta impugnato, con conseguente definizione di tale domanda (riguardo alla quale il Tribunale, nella decisione prodotta da parte ricorrente, pur senza che ciò sia specificato nell’odierno gravame, ha ritenuto di rimarcare, pag. 6, che il rigetto non pregiudicava «la possibilità per la creditrice di espropriare l’immobile nei confronti della stessa, quale terza acquirente in forza di acquisto revocato per frode, giusta il rimedio di cui all’art. 602 cod. proc. civ.»);
non viene quindi più in rilievo il tema del litisconsorzio necessario dei beneficiari rispetto alla domanda di revocatoria, correttamente ritenuto per implicito irrilevante dalla Corte di seconde cure;
solo per completezza si osserva secondo la giurisprudenza di questa Corte l’interesse alla corretta amministrazione del patrimonio in trust non integra una posizione di diritto soggettivo attuale in favore dei beneficiari, ai quali siano come tali attribuite dall’atto istitutivo soltanto facoltà, non connotate da realità, assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee , sicché deve escludersi che i beneficiari non titolari di diritti attuali sui beni siano legittimati passivi e litisconsorti necessari nell’azione revocatoria avente ad oggetto i beni in trust , spettando invece la legittimazione, oltre al debitore, al trustee , in quanto unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi (Cass. 3 agosto 2017, n. 19376, in ipotesi di trust di famiglia, come appare quello in esame da quanto riportato in ricorso, a pag. 8), con l’ulteriore precisazione secondo cui poiché l’estensione del litisconsorzio necessario è proiezione degli elementi costitutivi della fattispecie, nell’azione revocatoria ordinaria avente ad oggetto l’atto di dotazione di un bene in trust il beneficiario può essere litisconsorte necessario soltanto nel caso in cui tale atto sia stato posto in essere a titolo oneroso, il che non viene in gioco -né è stato allegato nell’ipotesi di cui alla presente lite nel caso dello scopo di famiglia, dal momento che, solo in questa ipotesi, lo stato soggettivo del terzo rileva quale elemento costitutivo della fattispecie (Cass., 29/05/2018, n. 13388, specie pag. 11, e Cass., 26/05/2020, n. 9648, Cass., 26/06/2020, n. 12887, pag. 4);
il secondo motivo è inammissibile;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. la nomofilachia esemplificabile con Cass., 10/09/2019, n. 22525, Cass., 07/11/2019, n. 28619, Cass., 18/02/2021, n. 4304, Cass.,
22/09/2023, n. 27100), in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli invocati artt. 115 e 116, cod. proc. civ., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, censurabile attraverso il paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nel quadro dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., 12/10/2017, n. 23940), precluso, come nel caso, dalla doppia conforme (art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ., e poi 360, quarto comma, cod. proc. civ.), e che, comunque, non si traduce nella valorizzazione di un documento o diverso elemento di prova piuttosto che di un altro nel senso voluto dalla parte nella chiave di una differente ricostruzione fattuale;
ciò posto, la violazione dell’art. 116, cod. proc. civ., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio (della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; mentre la violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., può essere dedotta come analogo vizio denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, in ipotesi disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e dunque, logicamente, non anche che il medesimo, come nella fattispecie, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito per attribuire un significato logico e fattuale, tra quelli plausibilmente possibili, diverso da quello atteso
dalla litigante, o maggior forza di convincimento ad alcuni elementi di prova piuttosto che ad altri (Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33);
la violazione dell’art. 2697, cod. civ., poi, si configura solamente se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, attribuendo l’onere in parola a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 35);
i ricorrenti si limitano a chiedere esplicitamente una diversa valutazione dei fatti ed elementi di prova acquisiti, negli stessi termini proposti davanti alla Corte distrettuale, senza misurarsi compiutamente con la ragione decisoria secondo cui non vi erano elementi di sorta per desumere il valore delle invocate partecipazioni azionarie, senza quindi che potesse sopperirsi a tale lacuna di parte con un mezzo istruttorio officioso;
il terzo motivo è inammissibile;
la censura afferma in modo meramente assertivo e apodittico che dovrebbe ritenersi, in fatto, diversamente da quanto valutato dalla Corte di appello, che l’istituto di credito non avrebbe accettato il rilascio della fideiussione senza le clausole colpite da nullità parziale (Cass., Sez. U., 30/12/2021, n. 41994), e dunque che i contraenti non sarebbero addivenuti alla stipula, senza nulla spiegare e circostanziare in ordine alla pretesa essenzialità di quei patti nello specifico caso;
il quarto motivo è inammissibile;
la censura si rivolve in una chiara richiesta di rilettura istruttoria, estranea alla presente sede di legittimità, a fronte dell’accertamento fattuale del Collegio di seconde cure secondo cui la separazione del 2014 nulla poteva spostare rispetto agli atti negoziali di anni prima, e la circolazione in ambito familiare delle
informazioni patrimoniali rilevanti per la famiglia rifletteva una nozione di comune esperienza, peraltro coerente con il conferimento nel trust del 2012 i cui i coniugi di specificavano come in regime di comunione legale dei beni;
parte ricorrente pretende semplicemente un diverso apprezzamento dei fatti emersi o genericamente prospettati (come l’asserita ‘nota solvibilità’ di NOME), compresa l’anomalia del metodo di pagamento, ovvero l’attribuzione di un diverso peso probatorio alle risultanze, che, si rimarca, costituisce attività riservata esclusivamente al giudice di merito (v. in particolare Cass., 8/8/2019, n. 21187 a Cass., 23/4/2024, n. 10956)
spese secondo soccombenza secondo lo scaglione evinto dal valore del credito tutelato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 14.200,00 ( di cui euro 14.000,00 per onorari ), oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti in solido, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 4/7/2025
Il Presidente NOME COGNOME