Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5673/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende EMAIL
-controricorrente-
nonchè
sul controricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente incidentale- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 1786/2021 depositata il 13/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2013, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (di seguito anche ‘MPS’) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Avezzano, il sig. NOME COGNOMEin qualità di venditore), il sig. NOME COGNOMEin qualità di acquirente) e la sig.ra NOME COGNOME (moglie di COGNOME, in regime di comunione legale dei beni), chiedendo: in via principale, l’accertamento e la declaratoria di nullità e/o inesistenza per simulazione assoluta dell’atto di compravendita stipulato il 4 agosto 2010, con cui COGNOME aveva trasferito a Sorge e alla moglie la proprietà superficiaria di alcune unità immobiliari site nel Comune di Avezzano; in via subordinata, l’accertamento dei presupposti di cui agli artt. 2901 e ss. c.c. e la conseguente dichiarazione di inefficacia dell’atto nei confronti della Banca.
A fondamento della domanda, la Banca deduceva: a) di essere creditrice della società RAGIONE_SOCIALE nonché del suo
fideiussore NOME COGNOME per rapporti bancari intercorsi presso la filiale di Avezzano; b) che la società RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita con sentenza n. 27/2004 del 27 ottobre 2004; c) che, alla data del fallimento, la banca era creditrice per un importo complessivo pari a circa € 196.993.
Con sentenza n. 1133/2016, il Tribunale di Avezzano accoglieva la domanda in via principale, dichiarando simulato e, pertanto, inefficace nei confronti della Banca MPS il contratto di compravendita del 4 agosto 2010, stipulato tra COGNOME e i coniugi COGNOMECOGNOME.
Con sentenza n. 1786/2021 del 13 dicembre 2021, la Corte d’Appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello proposto dalla COGNOME e dal Sorge, ha rigettato la domanda di simulazione accolta dal giudice di prime cure.
Ha peraltro accolto la domanda di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto pubblico di vendita del 4 agosto 2010 (rogito Notaio NOME COGNOME di Avezzano, rep. n. 31876, racc. n. 21916) nei confronti della Banca MPS, condannando NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al rimborso delle spese di entrambi i gradi di giudizio in favore dell’istituto di credito.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la COGNOME e il COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi illustrati da memoria.
3.1. Resiste con controricorso il COGNOME che spiega altresì ricorso incidentale, affidato a nove motivi, illustrati da memoria.
3.2. Resiste ad entrambi i ricorsi la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo i ricorrenti in via principale denunziano, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 116 c.p.c. e 78 e 2697 c.c., in relazione agli artt. 2729 e 2901 c.c.
Sostengono l’erroneità della sentenza della Corte d’appello per aver dedotto l’esistenza del rapporto obbligatorio e del credito in capo a MPS nei confronti del signor COGNOME (venditore) e la di lui moglie, sulla base dei contratti di fideiussione e della sottoscrizione, quali garanti, del mutuo di consolidamento del 19.11.2002. In particolare, affermano che la Banca avrebbe agito in malafede, dal momento che il consolidamento era volto ad aiutare il debitore principale, RAGIONE_SOCIALE, in difficoltà finanziaria, ma avrebbe determinato un aggravamento della posizione dei garanti, i quali non sarebbero stati preventivamente informati dal creditore del peggioramento della situazione societaria né avrebbero autorizzato la continua erogazione del credito. Ciò, secondo i ricorrenti, integrerebbe la violazione dell’art. 2607 c.c. da parte della Banca, nonché dell’art. 1956 c.c., con conseguente immediata liberazione dei due garanti, per aver prestato, con l’atto del 24.08.2000, una garanzia illegittima ed inidonea e, al contempo, venir meno dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria (cfr. pp. 18 e 19, ricorso).
4.2. Con il secondo motivo denunziano la violazione dell’art. 78, in relazione agli artt. 2727, 2729 e 2901 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
La Corte aquilana, ai fini della prova del consilium e della partecipatio fraudis , avrebbe erroneamente dato rilievo fondamentale al vincolo di affinità esistente tra le parti del contratto 4.8.2010. Detto vincolo non consentirebbe di ‘risalire dal fatto noto (i.e.: l’atto di compravendita) al fatto ignoto (il carattere fraudolento dell’atto di disposizione)’.
4.3. Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, comma 3, c.c., in relazione agli artt. 1362, 1367, 1371 2697, 2729, 2740 e 2741 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si dolgono che la corte territoriale abbia erroneamente individuato l’ulteriore elemento dell’azione revocatoria, costituito dall’ eventus damni , nella vendita compiuta dal signor COGNOME del proprio unico bene, non avendo fornito la prova, su di lui incombente, di avere altri beni in grado di soddisfare il credito della Banca. Quando invece il corrispettivo della vendita, oggetto di revocatoria, e pagato mediante assegno circolare -come risulterebbe dal relativo atto pubblico -sarebbe stato ‘destinato all’adempimento di un debito scaduto assistito da causa legittima di prelazione ex art. 2741 c.c. che, come tale già incideva in maniera assorbente sul patrimonio generico responsabile, ex art. 2740 c.c., del debitore COGNOME per cui, ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c., non poteva essere assoggettato a revocatoria (cfr. p. 23, ricorso).
Detto corrispettivo, precisa parte ricorrente, sarebbe stato ‘interamente utilizzato per pagare il debito scaduto verso la Banca Popolare di Lanciano e Sulmona’, ossia una banca terza rispetto al Monte Paschi di Siena (cfr. p. 23, ricorso), come risulterebbe comprovato dalla dichiarazione riportata all’art. 3 del medesimo atto di vendita, che dovrebbe essere ritenuta pacifica e non contestata ai sensi dell’art. 2700 c.c.
Osserva, infine, che l’ eventus damni deve ritenersi escluso anche perché la Banca MPS, quale creditrice ipotecaria dell’alienante COGNOME, non nessun caso avrebbe subito un effetto pregiudizievole dall’atto di disposizione de quo .
4.4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano, in relazione: (i) al n. 3, dell’art. 360, comma 1, c.p.c., la violazione e falsa applicazione, degli artt. 1273 e 2901, 3 comma, c.c., nonché degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c, in ordine alla prova del credito, al pagamento del prezzo e alla sua irrisorietà; (ii) al n. 5, dell’art. 360, comma 1, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ‘con riguardo alla prova documentale atta a smentire la presunta mancata prova
dell’utilizzo del corrispettivo del contratto di compravendita revocando’ (cfr. p. 27, ricorso).
La c orte d’appello, quanto all’ error in iudicando , sarebbe derivato dal non aver riconosciuto carattere fidefaciente alla dichiarazione contenuta nell’atto pubblico di vendita, oggetto di revocatoria, per cui il prezzo sarebbe stato pagato mediante assegno circolare, avendo, ancora una volta erroneamente dato rilievo ad altri elementi elencati a pag. 13, § 31, sentenza impugnata n. 1786/2021), non condivisi dai ricorrenti per essere ‘inidonei a dimostrare il nesso di causalità tra l’atto di disposizione e il pregiudizio o il danno, il cui onere -ovviamente posto in capo alla banca ai sensi dell’art. 2697 c.c. non è stato minimamente assolto’ (cfr. p. 28, ricorso).
Quanto al vizio di cui al n. 5, l’errore del giudice del gravame si sarebbe ‘concretizzato nel mancato riconoscimento della ridetta tesi -già avanzata in prime cure e costantemente ribadita in appello, nonché contestata dalla banca -circa la natura di dichiarazione confessoria stragiudiziale ‘non simulabile’, propria della quietanza dell’avvenuto pagamento del prezzo, contenuta nel ripetuto atto pubblico del 4/8/2010′ (cfr. pp. 31 e 32, ricorso). Infine, contesta la decisione della Corte territoriale per aver ritenuto irrisorio il prezzo di compravendita, quando invece era congruo, tenuto conto che il trasferimento riguardava il solo diritto di superficie e la sussistenza di vincoli gravanti sullo stesso a favore del Comune di Avezzano, in forza di una convenzione che sarebbe stata stipulata tra detto Ente e il Consorzio RAGIONE_SOCIALE in data 16.6.1981, menzionato nel cotato art. 3 dell’atto di vendita per cui è causa (cfr. p. 32, ricorso).
4.5. Con il quinto motivo i ricorrenti denunziano <> degli artt. 116 e 228 c.p.c., in relazione all’art. 2733 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente valutato risultanze istruttorie, non avendo considerato, nemmeno a livello indiziario, gli esiti dell’interrogatorio formale dei signori COGNOME e COGNOME.
4.6. Con il sesto motivo di ricorso denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla condanna alle spese del secondo grado di giudizio (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
La relativa statuizione, infatti, sarebbe frutto di un’erronea applicazione del principio della soccombenza, stante la riforma integrale della sentenza da parte del giudice del gravame. Inoltre, non vi sarebbe sul punto una congrua motivazione e, comunque, il relativo importo sarebbe abnorme, perché nella sua determinazione la Corte non avrebbe assunto come parametro il corrispettivo dell’atto di disposizione impugnato.
I primi quattro motivi del ricorso principale, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
A fronte della denunciata violazione di norme di diritto, e quindi di errores in iudicando -con la notazione che ciò vale pure per il primo motivo che seppur formalmente prospetta un vizio di nullità della sentenza, in realtà le mosse censure si sostanziano in denunzia di violazioni di legge (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 dicembre 2024, n. 34064; Cass. civ., Sez. I, Ord., 4 ottobre 2024, n. 26043; Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 settembre 2024, n. 25027; principio ribadito da Cass. civ. Sez. V, Ord., 23 maggio 2018, n. 12690) -v’è il tentativo di ottenere una rivalutazione del merito della causa, sulla base di una diversa e più favorevole interpretazione delle risultanze istruttorie, invero inammissibile in sede di legittimità.
Risponde a principio consolidato che ‘nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., giusta il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 4),
c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, 26 luglio 2024, n. 20870; nello stesso senso, Cass. civ., Sez. V, Ord., 3 settembre 2024, n. 23540; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 4979). In tale contesto, è onere dello stesso ricorrente prospettare il vizio di legge confrontandosi con la ratio decidendi e, quindi, esplicitando la critica alla pronuncia giudiziale, indicando le ragioni per cui si assume errata, non potendo prescindere dalla comparazione con quelle che, invece, sono poste a suo fondamento.
Invece, come detto, quel che emerge dalla formulazione dei motivi in esame, è la volontà dei ricorrenti di spingersi oltre i limiti consentiti dal n. 3 dell’art. 360 c.p.c., compiendo così ‘una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito’ (fra tutte, Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 18 febbraio 2025, n. 4166; Cass. civ., Sez. V, 4 febbraio 2025, n. 2713; Cass. civ., Sez. V, 24 gennaio 2025, n. 1779; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 13 dicembre 2024, n. 32420; Cass. civ. Sez. V, Ord., 27 giugno 2024, n. 17752; Cass. civ., Sez. lav., 7 agosto 2024, n. 22358). E ciò, perché le loro doglianze si sostanziano in una riprensione alla valutazione delle prove compiuta dal giudice di merito, quando invece si tratta di compito a costui riservato, al punto da renderla insindacabile in cassazione, quando, come nel caso in esame, è logico e coerente il valore
preminente attribuito, da detto giudice, agli elementi utilizzati e posti a fondamento della sua decisione, avuto riguardo al complessivo quadro probatorio in atti, al cui interno ha individuato le fonti del proprio convincimento, controllandone l’attendibilità e scegliendo, tra di esse, quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2025, n. 976; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21 dicembre 2024, n. 33820; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21 dicembre 2024, n. 33759; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 dicembre 2024, n. 33412).
Fonti di convincimento della sussistenza dei presupposti per la revocatoria che, precisamente, sono state individuate dalla Corte aquilana nel decreto ingiuntivo non opposto, pignoramento del quinto dello stipendio, contratti di fideiussioni collegate ai due mutui, atto pubblico concessione finanziamento del 19.11.2002, atto vendita del 4.08.2010, avente ad oggetto il diritto di superficie, rapporti affinità, mancata prova della corresponsione del prezzo di vendita non essendo a tal fine sufficiente l’indicazione nell’atto del numero dell’assegno circolare (cfr. pp. 12 -15, sentenza impugnata n. 1786/2021).
Del resto, le argomentazioni svolte dai ricorrenti non sono adeguate né tantomeno sufficienti a superare il valore attribuito alle suddette fonti dalla corte territoriale (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20254; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20079; Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 ottobre 2023, n. 28120; Cass., Sez. lav., 20 luglio 2023, n. 21681; Cass., Sez. lav., Ord., 9 luglio 2023, n. 21343).
E, d’altra parte, compete pure al giudice di merito valutare anche in ordine alla possibilità di far ricorso alle prove presuntive, scegliendo ‘i fatti noti da porre a base del ragionamento inferenziale e le regole d’esperienza tramite le quali dedurre il fatto ignoto, valutare la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge: apprezzamenti di fatto, ontologicamente
discrezionali, sottratti, ove adeguatamente motivati, al sindacato di legittimità’ (per gli illustrati principi in tema di prova presuntiva, cfr., tra le tante, Cass. civ., Sez. III, Ord., 11 novembre 2024, n. 29039; Cass. civ., Sez. III, Ord., 29 dicembre 2023, n. 36548; Cass. civ., Sez. III, Ord., 31 ottobre 2023, n. 30203; Cass. civ., Sez. V, 27 ottobre 2023, n. 29936).
Del pari inammissibile è la denunziata violazione dell’art. 2729 c.c., atteso che i ricorrenti si limitano invero a dedurre inferenze probabilistiche diverse da quelle valutate dal giudice del gravame, sostanziantesi invero nella richiesta rivolta a questa Corte di legittimità di compiere un controllo sulla motivazione rispetto alla ricostruzione della quaestio facti e al ragionamento presuntivo alla sua base.
Inoltre, la mossa censura di inosservanza dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. è non pertinente rispetto al contenuto dei motivi di ricorso in esame.
Per consolidato orientamento di questa Corte, infatti, può denunciarsi in sede di legittimità: (i) la violazione dell’art. 116 c.p.c., nel caso in cui si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero abbia valutato, sempre secondo prudente apprezzamento. una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 dicembre 2024, n. 34033; Cass. civ., Sez. III, Ord., 20 dicembre 2024, n. 33635; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 maggio 2024, n. 13000; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 maggio 2024, n. 12988); (ii) la violazione dell’art. 2697 c.c. soltanto nell’ipotesi in cui lo stesso giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella su cui gravava, secondo le normali regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 30 gennaio 2025, n. 2149; Cass. civ., Sez. V, 12 gennaio 2025, n.
800; Cass. civ., Sez. II, Ord., 31 ottobre 2024, n. 28115; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 5 giugno 2024, n. 15733).
Trattasi, in tutta evidenza, di fattispecie eccentriche rispetto alle censure articolate da parte ricorrente e qui esaminate, atteso l’impianto motivazionale che regge la sentenza impugnata, dal momento che è congruo dal punto di vista logico, immune da errori di diritto, rispettosa dei principi che regolano la prova per presunzioni e il riparto dell’onere probatorio, e, in quanto tale, insindacabile in sede di legittimità, con conseguente rigetto dei primi quattro motivi di ricorso.
5.1. Parimenti inammissibile è il quinto motivo di ricorso principale, le cui censure sono infatti interamente assorbite da quanto sopra illustrato in termini di inammissibilità della richiesta di rivalutazione delle prove in sede di legittimità, tra cui, nello specifico, le risultanze dell’interrogatorio formale dei signori COGNOME e COGNOME. La pronuncia impugnata, infatti, contiene l’obiettiva indicazione del criterio logico che ha condotto la Corte d’appello aquilana alla formazione del proprio convincimento, avendo anche esplicitato su quali prove lo ha fondato, attraverso una disamina logico-giuridica che lascia trasparire il percorso argomentativo seguito, integrando in tal modo il requisito del c.d. minimo costituzionale (v. Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 10 dicembre 2024, n. 31793).
5.2. Infine, il sesto motivo, relativo a un’asserita errata applicazione, da parte della Corte territoriale, del criterio della soccombenza, è infondato.
Come correttamente da essa ritenuto ed esplicitato in motivazione, ‘ai fini della liquidazione degli onorari a carico della parte soccombente nei giudizi relativi ad azione revocatoria, il valore della causa si determina sulla base non già dell’atto impugnato, bensì del credito per il quale si agisce, anche se il valore dei beni alienati, o comunque sottratti al creditore, risulti superiore o
inferiore, e ciò in considerazione del carattere conservativo del rimedio, volto a paralizzare l’efficacia degli atti aggrediti per assicurare al creditore l’assoggettabilità ad esecuzione dei beni resi indisponibili dal debitore’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 settembre 2023, n. 25913; Cass. civ., Sez. II, Ord., 4 febbraio 2021, n. 2632; Cass. civ. Sez. VI-3, Ord., 9 maggio 2014, n. 10089).
D’altro canto, il ricorso non offre spunti diversi per determinare un mutamento del suddetto consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, così rilevandone anche un profilo di inammissibilità ex art. 360bis c.p.c.
Con il primo motivo il ricorrente incidentale denunzia violazione dell’art. 174 c.p.c. e degli artt. 62 -72 del d.l. n. 69/2013, convertito in l. n. 98/2013 (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.).
Lamenta che la sentenza è nulla essendo l’estensore un giudice ausiliario, che non avrebbe potuto far parte in maniera stabile e duratura del collegio della corte d’appello, non rientrando, quale magistrato onorario, nella moratoria prevista dal suddetto decretolegge fino al 31 ottobre 2025.
6.2. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denunzia la violazione degli artt. 102, 115, 166, 167, comma 2, 293 e 294, comma 3, c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), per avere la c orte d’appello dichiarato inammissibili, per tardività, non solo le contestazioni e le eccezioni da lui sollevate al momento della costituzione, ma anche l’appello incidentale e le eccezioni formulate in primo grado e riproposte in appello.
6.3. Con il terzo motivo denunzia la violazione degli artt. 96 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 1956, 1988 e 2697 c.c., in relazione agli artt. 2729, 2901 e 1371 c.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4), per aver il giudice del gravame invertito l’onere probatorio del nesso di causalità tra l’atto di disposizione e l’ eventus damni , nonché reso un’errata motivazione sull’asserito pregiudizio del creditore
derivante dall’atto di disposizione de quo e sulla individuazione del contenuto dell’onere probatorio dell’esistenza di altri beni in capo al debitore.
6.4. Con il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 1418, 1938, 1956 e 1957 c.c., nonché dell’art. 2, comma 2, lett. a, legge n. 287/1990 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Si duole che la c orte d’appello abbia omesso di valutare la nullità delle fideiussioni, pur trattandosi di eccezioni rilevabili d’ufficio e malgrado il finanziamento de quo avesse notevolmente aggravato la situazione di loro garanti, non avendoli la Banca informati del peggioramento della situazione finanziaria della società né avendo gli stessi autorizzato un’ulteriore e continua erogazione del credito, con conseguente violazione dell’art. 1956 c.c., oltre che dell’art. 2697 c.c. da parte della Banca.
Inoltre, contestano la motivazione della Corte d’appello secondo cui non vi sarebbero i presupposti per accogliere l’eccezione di nullità delle fideiussioni per loro conformità agli schemi contrattuali dell’ABI, ora vietati, perché detti moduli ‘non possono essere limitati nella loro applicabilità al mero dato temporale della loro sottoscrizione, atteso che esse sono state attivate ed escusse in sede giudiziale il 12.5.2004, quando era stato già emanato e reso noto alle banche il parere dell’A.G.C.M.’ (cfr. p. 25, ricorso).
6.5. Con il quinto motivo denunzia violazione degli artt. 78, 2729 e 2901 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360, comma 1, c.p.c., per avere la Corte aquilana statuito sulla ricorrenza del presupposto del consilium fraudis conferendo eccessiva rilevanza al vincolo di affinità esistente tra le parti, risultando peraltro di particolare tenuità. Sotto tale profilo, non avrebbe considerato gli esiti dell’interrogatorio formale degli acquirenti, che hanno invece confermato la loro assoluta ignoranza delle condizioni economiche del venditore.
6.6. Con il sesto motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1273 e 2901, 3 comma, c.c., in relazione all’art. 2697 c.c., dal momento che l’atto di disposizione de quo non era assoggettabile a revocatoria, ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c., perché il relativo prezzo sarebbe stato impiegato per saldare un debito scaduto.
La Corte territoriale, ancora sotto questo profilo, sarebbe incorsa in un error in iudicando , avendo erroneamente interpretato la clausola di pagamento del prezzo, anche in violazione dei criteri di conservazione dell’atto e di equo contemperamento degli interessi delle parti, di cui, rispettivamente, agli artt. 1367 e 1371 c.c.
La stessa Corte non avrebbe adeguatamente valutato la destinazione del ricavato della vendita del bene compravenduto, limitandosi a lamentare un presunto mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del venditore, non tenendo conto né della natura di atto pubblico della vendita stessa né delle sue oggettive risultanze (cfr. p. 27, ricorso).
6.7. Con il settimo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 82 e ss. del r.d. n. 1736/1942, in merito alla non condivisibile motivazione sul non avvenuto pagamento del prezzo di vendita, malgrado dovesse essere considerato corrisposto con assegno circolare risultando la corresponsione dalle dichiarazioni rese nel relativo atto pubblico.
6.8. Con l’ottavo motivo denunzia l’errata valutazione, da parte della Corte d’appello, della congruità del prezzo di vendita atteso il valore catastale dell’immobile e la violazione dell’art. 1, comma 309, legge n. 296/2006, essendo stato oggetto di trasferimento il diritto superficiario dell’immobile gravato peraltro da più vincoli esistenti a favore del Comune di Avezzano (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
6.9. Con il nono motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in quanto vi sarebbe un asserito contrasto tra
parte emotiva e dispositivo in ordine alla condanna delle spese di secondo grado. La relativa statuizione sarebbe frutto di un’erronea applicazione del criterio di soccombenza e della violazione dell’art. 4, d.m. n. 55/2014 stante, sotto il profilo del quantum, l’abnorme condanna alle spese di giudizio.
Tuttavia, il ricorso incidentale proposto dal sig. COGNOME contenuto nel controricorso, non supera il necessario vaglio preliminare di ammissibilità.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza la n. 26154 del 12 dicembre 2014, invero, hanno sancito il principio per cui, in via generale, l’impugnazione incidentale tardiva può essere ritenuta ammissibile se proposta in stretta correlazione con l’impugnazione principale, per effetto della quale è sorto lo specifico interesse a salvaguardare o modificare a proprio vantaggio i rapporti giuridici che insorgono dal giudicato.
Diversamente, come pure chiarito anche nella successiva giurisprudenza di legittimità, detta impugnazione, da qualunque parte provenga, va considerata inammissibile se l’interesse alla sua proposizione non è insorto per effetto dell’impugnazione principale (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 giugno 2023, n. 16899; Cass. civ., Sez. III, 16 giugno 2016, n. 12387; Cass. civ. Sez. V, 7 ottobre 2015, n. 20040; Cass. civ., Sez. III, 21 gennaio 2014, n. 1120).
Orbene, dagli atti di causa risulta che la sentenza n. 1786/2021, resa dalla Corte d’appello de L’Aquila, in questa sede impugnata, è stata pubblicata il 13 dicembre 2021 e notificata, ad istanza di MPS, al difensore del signor COGNOME il successivo 17 dicembre 2021. I signori COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione con atto notificato il 14 febbraio 2022; mentre, il controricorso con ricorso incidentale del signor COGNOME è stato notificato il 23 marzo 2022, quindi, ben oltre il termine di sessanta giorni di cui all’art. 326 c.p.c. Ferma tale scansione temporale, va
detto che, nel caso, non sussistono i presupposti per l’operatività dell’art. 334 c.p.c., avendo il COGNOME, soccombente nel giudizio di merito, con il suo ricorso incidentale, articolato motivi di impugnazione autonomi volti ad attaccare la negativa valutazione, da parte dei giudici di seconde cure, della fondatezza delle domande da lui formulate in appello.
E ciò perché, l’interesse del COGNOME all’impugnazione non è sorto per effetto del ricorso COGNOME–COGNOME (del resto, non diretto contro di lui), ma in conseguenza dell’em issione della sentenza per cui, sulla base dei suddetti principi giurisprudenziali, avrebbe dovuto proporre la propria impugnazione autonoma nei termini ordinari, non potendo giovarsi, come detto, di quanto previsto dall’art. 334 c.p.c.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti, principale e incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa tra i ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti, principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrenti,
principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza