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Azione revocatoria fondo patrimoniale: la prova

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8644/2024, ha rigettato il ricorso di un debitore che aveva costituito un fondo patrimoniale poco prima di avviare una causa, il cui esito sfavorevole ha poi generato il debito. La Corte ha confermato la decisione d’appello che aveva accolto l’azione revocatoria dei creditori, ritenendo che l’intento fraudolento (consilium fraudis) potesse essere legittimamente presunto dalla stretta vicinanza temporale tra la costituzione del fondo e l’inizio del contenzioso. L’onere di dimostrare la sufficienza del patrimonio residuo spettava al debitore, prova che non è stata fornita.

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Azione Revocatoria e Fondo Patrimoniale: Quando l’Intento Fraudolento si Presume

L’azione revocatoria è uno degli strumenti più efficaci a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando un debitore cerca di proteggere i propri beni costituendo un fondo patrimoniale? La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 8644 del 2 aprile 2024 offre un’importante lezione sulla prova dell’intento fraudolento, soprattutto quando l’atto dispositivo precede la nascita formale del debito. La Suprema Corte chiarisce come la vicinanza temporale tra la creazione del fondo e l’inizio di una causa possa essere un indizio decisivo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento per spese legali da parte di alcuni creditori nei confronti di un debitore. Quest’ultimo, insieme alla coniuge, aveva costituito un fondo patrimoniale nel novembre 2003, conferendovi terreni agricoli e un fabbricato. Successivamente, nel gennaio 2006, il fondo era stato integrato con arredi e attrezzature. Il punto cruciale è che la costituzione del fondo avvenne solo dieci giorni prima che il debitore desse mandato a un legale per iniziare una causa, il cui esito sfavorevole avrebbe poi generato il debito per le spese legali.

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato la domanda di revocatoria dei creditori, ritenendo non provata né l’incapienza del patrimonio residuo del debitore né la sua dolosa preordinazione a danneggiare i futuri creditori.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Bologna ha ribaltato completamente la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado hanno dichiarato inefficaci gli atti di costituzione del fondo patrimoniale, accogliendo l’azione revocatoria. La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri:
1. Eventus Damni: Ha ritenuto presente il pregiudizio per i creditori, applicando il principio secondo cui spetta al debitore convenuto dimostrare che il suo patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare le ragioni creditorie. Prova che, nel caso di specie, il debitore non aveva fornito.
2. Consilium Fraudis: Ha considerato provato per presunzioni l’intento fraudolento. La costituzione del fondo, avvenuta appena dieci giorni prima dell’inizio del giudizio che ha poi generato il debito, è stata interpretata come un atto dolosamente preordinato a sottrarre i beni a possibili azioni esecutive future.

L’Azione Revocatoria e il Giudizio in Cassazione

Il debitore ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione dell’art. 2901 c.c. e un vizio di motivazione. A suo dire, non esistevano elementi “gravi, precisi e concordanti” per presumere il suo intento fraudolento.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i limiti del proprio sindacato. Ha chiarito che il ricorso, pur formalmente denunciando una violazione di legge, mirava in realtà a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è essere un “terzo grado di merito”, ma verificare la corretta applicazione del diritto e la coerenza logica della motivazione, senza entrare nel merito delle prove.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella validità del ragionamento presuntivo operato dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha confermato che l’intento fraudolento, specialmente per atti anteriori al sorgere del credito (dove si richiede la “dolosa preordinazione”), può essere provato attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

La stretta consequenzialità temporale tra la costituzione del fondo e l’avvio di un contenzioso dall’esito incerto è stata ritenuta un indizio sufficientemente forte per desumere la volontà del debitore di mettersi al riparo da una potenziale condanna. La motivazione della Corte d’Appello non è stata giudicata né “apparente” né “incomprensibile”, ma al contrario, logica, coerente e fondata su elementi fattuali e principi giurisprudenziali consolidati.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti insegnamenti pratici:
1. L’onere della prova nell’azione revocatoria: Il creditore deve provare l’atto dispositivo e il pregiudizio, ma è il debitore a dover dimostrare di possedere altri beni sufficienti a garantire il credito. Il silenzio o l’inerzia del debitore su questo punto giocano a suo sfavore.
2. La presunzione di frode: La costituzione di un fondo patrimoniale o altri atti di disposizione non sono uno scudo invalicabile. Se compiuti in un momento “sospetto”, come nell’imminenza di un contenzioso legale, possono essere revocati. La tempistica è un fattore cruciale che i giudici valutano per inferire la consapevolezza del debitore di poter arrecare un danno a futuri creditori.

Chi deve provare cosa in un’azione revocatoria contro un fondo patrimoniale?
Secondo la sentenza, il creditore ha l’onere di provare l’esistenza dell’atto dispositivo (la creazione del fondo) che pregiudica le sue ragioni. Spetta invece al debitore convenuto dimostrare che il suo patrimonio residuo è sufficientemente capiente da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.

L’intento di frodare i creditori (consilium fraudis) può essere provato per presunzioni?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del ragionamento presuntivo. Nel caso di specie, la stretta vicinanza temporale tra la costituzione del fondo patrimoniale (dieci giorni prima di iniziare una causa) è stata ritenuta un elemento sufficiente a presumere che l’atto fosse dolosamente preordinato a ostacolare future azioni esecutive derivanti dall’esito sfavorevole di quel giudizio.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No. La Corte ha ribadito che il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma solo verificare la corretta interpretazione e applicazione delle norme di legge e controllare che la motivazione della sentenza impugnata non sia mancante, apparente, contraddittoria o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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