Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8644 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8644 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1082/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1500/2020 depositata il 03/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 390/2012, il Tribunale di Forlì, sez. distaccata di Cesena, rigettava la domanda proposta da NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME e da NOME nei confronti dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME -debitori della somma di euro 7.823,76 in forza della sentenza di condanna al rimborso delle spese legali emessa dal Tribunale di Pesaro -avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale del 19/11/2003 e dell’atto di integrazione del 26/01/2006, tramite i quali NOME COGNOME aveva conferito i terreni agricoli con sovrastante fabbricato adibito ad azienda agrituristica e successivamente anche gli arredi e le attrezzature, per la mancata prova della incapienza del patrimonio del debitore e per l’omessa dimostrazione della dolosa preordinazione.
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza n. 1500/2020, ha dichiarato, invece, inefficaci nei confronti degli appellanti gli atti dispositivi per cui è causa.
In particolare, ha ritenuto: a) ricorrente l’ eventus damni , in ragione del fatto che, secondo l’orientamento univoco della giurisprudenza, il creditore che agisce in revocatoria ha l’onere di provare l’atto dispositivo, mentre spetta al convenuto dimostrare che il suo patrimonio residuo è tale da soddisfare ampiamente le ragioni creditorie; il che non era avvenuto, atteso che NOME COGNOME non aveva mai contestato di avere conferito tutti i suoi beni immobili nel fondo patrimoniale, limitandosi ad addurre l’inconferenza temporale dei protesti elevati a suo danno nel 2005; b) provato per presunzioni che l’atto di conferimento del 2003, risalente ad appena dieci giorni prima del conferimento del mandato alle liti per promuovere l’attuale giudizio, fosse stato dolosamente preordinato ad ostacolare eventuali azioni esecutive su beni che ne costituivano oggetto per crediti originati dal possibile esito sfavorevole del giudizio azionato allo scopo di ottenere l’annullamento della compra-
vendita intercorsa con gli appellanti e, quindi, di far ritornare gli immobili nella titolarità dei precedenti proprietari e ottenere la restituzione del prezzo pagato per essi.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo.
Resistono con controricorso NOME, NOME, NOME, NOME COGNOME e NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2901 cod.civ. e l’omessa e contraddittoria motivazione.
Sostiene che non vi era nessun elemento -grave, preciso e concordante- che potesse giustificare il ragionamento presuntivo atto a far presumere la sussistenza del consilium fraudis , atteso che i beni immobili erano stati conferiti nel fondo patrimoniale ben prima della condanna alle spese legali risalente al 2007.
Il motivo è complessivamente infondato.
Va innanzitutto chiarito che, al di là dell’etichetta con cui il ricorrente indica le ragioni d’impugnazione , complessivamente ed in ultima analisi ciò che ne sta alla base è la sollecitazione a una diversa valutazione di accertamenti che inequivocabilmente attengono a circostanze di fatto sottratte allo scrutinio di legittimità.
Infatti, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di
motivazione (Cass. 30/12/2015, n. 26110; Cass. 11/01/2016, n. 195; Cass. 13/10/2017, n. 24155).
Occorre, poi, ricordare che quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, 1° co. n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente a questa Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 05/05/2006, n. 10313 e successiva giurisprudenza conforme).
Con riferimento ai dedotti vizi motivazionali, va ribadito che la riformulazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod. proc. civ. deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass., Sez. un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Va aggiunto che l’assenza di motivazione può essere riscontrata anche quando la decisione in questione contiene taluni elementi di motivazione. Pertanto, una motivazione contraddittoria o incomprensibile equivale a un difetto di motivazione. Lo stesso vale quando gli elementi di motivazione contenuti nella decisione di cui trattasi sono così lacunosi da non consentire in alcun modo al suo destinatario, nel contesto della sua adozione, di comprendere il ragionamento del suo autore (Corte Giustizia UE sez. I, 11/06/2020, n.114).
L’applicazione di tali principi alla fattispecie per cui è causa induce ad escludere la sussistenza dei vizi motivazionali denunciati dal ricorrente, perché la motivazione c’è, è perfettamente intellegibile ed è supportata da precisi riferimenti anche fattuali oltre che giurisprudenziali.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione, atteso il contrastante esito delle due fasi di merito del giudizio che può avere giustificato il ricorso a questa Corte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile