Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14417 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14417 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31631/2021 R.G. proposto da:
COGNOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria speciale di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
e nei confronti di
CURATELA DEL FALLIMENTO DI NOME E COGNOME RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE e dei soci illimitatamente responsabili COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza del la Corte d’appello di Catanzaro n. 1202/2021, pubblicata in data 2 settembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Lamezia Terme, con sentenza n. 855/2018, accogliendo la domanda originariamente proposta da Banca Popolare del Mezzogiorno s.p.a., ora RAGIONE_SOCIALE Banca s.p.a., nei confronti di COGNOME e NOME COGNOME, in esito all’intervento, a seguito di RAGIONE_SOCIALE della convenuta, della RAGIONE_SOCIALE del Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE liquidazione e dei soci illimitatamente responsabili NOME e COGNOME , dichiarava l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., del fondo patrimoniale costituito dai coniugi convenuti, nel quale erano confluiti tutti i beni immobili di loro proprietà.
La Corte d’appello di Catanzaro, pronunciando sul gravame proposto dai coniugi soccombenti, ha confermato la sentenza impugnata.
In sintesi, disattesa l’eccezione di prescrizione dell’azione, sollevata dagli appellanti, e collocato l’atto di costituzione del fondo patrimoniale in un momento successivo al sorgere del credito, la Corte territoriale ha ritenuto dimostrato il presupposto oggettivo, rilevando che NOME aveva rilasciato fideiussione a garanzia di un contratto di apertura di credito, ed integrato il requisito soggettivo del consilium fraudis in capo a NOME COGNOME sia in quanto socia illimitatamente responsabile della società RAGIONE_SOCIALE, sia per l’impegno assunto con la fideiussione prestata in favore della società debitrice principale, escludendo al contempo la rilevanza dello stato soggettivo del terzo in ragione della natura di atto a titolo gratuito dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale.
COGNOME NOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, sulla base di tre motivi.
Resistono con autonomi controricorsi RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di NOME e RAGIONE_SOCIALE e dei soci illimitatamente responsabili NOME e COGNOME.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
le parti controricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo -rubricato: ‹‹violazione articolo 360 comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. sub specie violazione dell’art. 2901 c.c. insussistenza dei presupposti -omessa prova della scientia damni ed erronea ed illegittima conclusione e statuizione sul punto del giudice di secondo grado ›› -i ricorrenti lamentano che i giudici d’appello abbiano erroneamente ritenuto sussistente la consapevolezza del pregiudizio che la costituzione del fondo patrimoniale arrecava alle ragioni dei creditori ed evidenziano, sul punto, che il curatore fallimentare non abbia dimostrato, come era suo onere, la
sussistenza dell’ eventus damni , provando che l’atto dispositivo, modificando la situazione patrimoniale del debitore, avesse reso insufficiente il patrimonio del debitore a soddisfare i creditori, avendo riguardo al momento in cui era stato posto in essere l’atto di disposizione.
Sostengono, quindi, che l’azione spiegata è carente di tutti i presupposti sia sotto il profilo oggettivo che di quello soggettivo.
1.1. La censura è inammissibile.
1.2. La gravata sentenza si pone in linea con le norme regolatrici della fattispecie e con la loro interpretazione, come stabilito da consolidato orientamento di questa Corte, e la censura svolta non si confronta con la ratio decidendi della decisione impugnata.
Difatti, per la revocatoria ordinaria è necessario – ma anche sufficiente – che l’atto, che viene fatto appunto oggetto di revoca, comporti un pregiudizio alle ragioni del creditore: che lo stesso sia cioè idoneo ad «alterare in senso peggiorativo» la garanzia patrimoniale che nel concreto risulta posta ad assistenza del credito (cfr. Cass., sez. 1, 04/05/1996, n. 4143), così rendendo più «incerta» o comunque maggiormente «difficoltosa» la realizzazione del diritto medesimo (Cass., sez. 3, 07/07/2007, n. 15310). Il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria ricorre, dunque, non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito (Cass., sez. 3, 14/07/2023, n. 20232; Cass., sez. 6 – 3, 18/06/ 2019, n. 16221; Cass., sez. 3, 09/03/2006, n. 5105).
La scientia damni , che la norma dell’art. 2901, primo comma, cod. civ. pone in capo al debitore che l’atto compie, si atteggia
propriamente come semplice, «mera conoscenza» delle conseguenze negative che – in punto di concreto soddisfacimento del diritto del credito -l’atto medesimo è in grado di produrre (Cass., n. 17418/2007; Cass., sez. 1, 07/03/2005, n. 4933; Cass., sez. 3, 03/03/2009, n. 5072; Cass., sez. 2, 17/05/2010, n. 12045); si atteggia, dunque, come la semplice «previsione del danno» che ragionevolmente potrà derivare ai creditori dall’atto che nei fatti il debitore viene a porre in essere (così, la già citata pronuncia di Cass., n. 15310/2007).
1.3. La Corte territoriale, chiarito che il fondo patrimoniale è atto a titolo gratuito, come ripetutamente affermato da questa Corte (Cass., sez. 6 -1, 06/12/2017, n. 29298), e che l’atto dispositivo è intervenuto in data successiva al sorgere del credito, atteso che il credito de quo trae origine dalla fideiussione prestata in data 17 luglio 2006 da RAGIONE_SOCIALE a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di apertura di credito in favore della debitrice principale, NOME e RAGIONE_SOCIALE, ha, del tutto correttamente, ritenuto sussistente l’elemento soggettivo, avendo rilevato non solo che nel fondo patrimoniale sono confluiti tutti i beni di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, ma anche che quest’ultima, rivestendo la qualifica di socio illimitatamente responsabile della società debitrice principale e potendo in tal veste ottenere il rendiconto degli affari compiuti dalla medesima società, non poteva non essere a conoscenza del pregiudizio concreto che l’atto dispositivo poteva arrecare alle ragioni del creditore, tenuto conto, peraltro, che la stessa ricorrente, avendo anche prestato fideiussione, era tenuta ad informarsi delle condizioni patrimoniali della debitrice, ed in particolare dello stato dei rapporti da quest’ultima intrattenuti con la banca.
L’apprezzamento operato dai giudici d’appello non è stato idoneamente censurato dagli odierni ricorrenti, che hanno
genericamente ribadito l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 2901 cod. civ., senza tuttavia spiegare le ragioni per le quali le conclusioni della Corte d’appello si pongano in contrasto con le dedotte violazioni di legge, cosicché la censura, per come formulata, si risolve, nella sostanza, in una richiesta di riesame delle risultanze probatorie e, comunque, del merito della causa, precluso in questa sede, pur denunciando la violazione e la falsa applicazione di legge (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8053).
1.4. Pure inammissibile è il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, invocato dai ricorrenti, in quanto non prospettato nei termini in cui tale vizio è deducibile (Cass., sez. U, n. 8053 e 8054 de 2014, cit.; Cass., sez. 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Con il secondo motivo i ricorrenti denunziano ‹‹ violazione articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c. sub specie violazione dell’art. 66 l.f. e della disciplina della prescrizione dell’azione revocatoria›› ed assumono che la RAGIONE_SOCIALE fallimentare non poteva proseguire l’azione revocatoria con l’intervento nel giudizio introdotto dalla RAGIONE_SOCIALE , perché quest’ultima non risultava ammessa al passivo , e che, in ogni caso, la prescrizione doveva intendersi maturata.
Con il terzo motivo i ricorrenti, censurando la decisione gravata per ‹‹violazione articolo 360 comma 1, n. 3, c.p.c. sub specie violazione dell’art. 66 l.f. improcedibilità della domanda per difetto di legittimazione››, contestano ai giudici di appello di non avere dichiarato l’improcedibilità dell’azione proposta dall’originario creditore.
Il secondo ed il terzo motivo, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili per difetto di specificità.
Questa Suprema Corte ha già affermato che, quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della violazione o della falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. 3, n. 15177 del 28/10/2002; (Cass., Sez. 2, n. 1317 del 26/01/2004; Cass., Sez. 6 – 5, n. 635 del 15/01/2015).
Sul punto, le Sezioni Unite (Cass., sez. U, n. 2020/23745) hanno precisato che l’onere di specificità dei motivi, di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., impone al ricorrente, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa.
I motivi in esame non rispettano le suddette prescrizioni e si risolvono in contestazioni generiche che non si confrontano con le affermazioni in diritto della sentenza impugnata.
Il ricorso va, per le ragioni sopra esposte, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione