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Azione revocatoria fallimento: chi prova il danno?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito importanti aspetti dell’azione revocatoria in caso di fallimento. Quando il curatore subentra in un’azione iniziata da un singolo creditore, gli effetti si estendono a tutta la massa creditoria. Il pregiudizio (eventus damni) sussiste anche come mero pericolo di danno e la presenza di un’ipoteca sul bene venduto non lo esclude automaticamente. L’onere di provare la sufficienza del patrimonio residuo del debitore ricade sul convenuto che ha acquistato il bene, non sul curatore.

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Azione Revocatoria e Fallimento: la Cassazione definisce i confini

L’intersezione tra l’azione revocatoria fallimento e i diritti dei singoli creditori è un campo complesso, spesso oggetto di dibattito giurisprudenziale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su cosa accade quando un curatore fallimentare prosegue un’azione revocatoria ordinaria avviata da un creditore prima della dichiarazione di fallimento, specialmente quando l’atto di disposizione riguarda un bene già ipotecato. La decisione delinea con precisione i concetti di pregiudizio per i creditori (eventus damni) e la ripartizione dell’onere della prova.

I Fatti di Causa

Una società edile vendeva un immobile di sua proprietà. Successivamente, una banca creditrice, ritenendo che tale vendita pregiudicasse le proprie ragioni, avviava un’azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per far dichiarare l’atto inefficace nei suoi confronti. Durante il corso della causa, la società venditrice veniva dichiarata fallita. Il curatore fallimentare, agendo nell’interesse di tutti i creditori, decideva di proseguire l’azione legale già pendente.

I giudici di primo e secondo grado accoglievano la domanda, dichiarando l’inefficacia dell’atto di vendita. La società acquirente proponeva quindi ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali: primo, sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato i principi dell’azione revocatoria fallimentare (art. 66 L. Fall.) a un’azione nata come ordinaria; secondo, che non fosse stato adeguatamente provato il pregiudizio (eventus damni), dato che l’immobile era gravato da un’ipoteca di primo grado a favore di un altro creditore; terzo, che l’onere di dimostrare l’insufficienza del patrimonio residuo del debitore fosse stato ingiustamente posto a suo carico.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’analisi dettagliata di tutti i motivi di doglianza. Gli Ermellini hanno ribadito principi consolidati e ne hanno chiarito l’applicazione pratica nel contesto specifico.

Le Motivazioni: Il Subentro del Curatore e l’Azione Revocatoria nel Fallimento

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che il subentro del curatore in un’azione revocatoria ordinaria già iniziata non ne modifica la natura. L’azione rimane quella disciplinata dall’art. 2901 c.c. Tuttavia, l’intervento del curatore ne amplia gli effetti. La domanda, originariamente proposta a vantaggio del singolo creditore, viene estesa a beneficio dell’intera massa dei creditori concorrenti. Di conseguenza, il presupposto del pregiudizio (eventus damni) deve essere valutato non più con riferimento al solo creditore originario, ma all’intera platea dei creditori del fallimento. Non vi è, quindi, una mutazione della domanda, ma un legittimo ampliamento dei suoi effetti soggettivi.

Le Motivazioni: La Valutazione dell’Eventus Damni su Bene Ipotecato

La Cassazione ha affrontato il secondo motivo, cruciale per la difesa dell’acquirente. La Corte ha spiegato che, ai fini della revocatoria, il pregiudizio non consiste solo in un danno attuale e concreto, ma anche nel mero pericolo che il soddisfacimento del credito diventi più incerto o difficile. L’esistenza di un’ipoteca, anche se di valore pari o superiore a quello del bene, non esclude a priori questo pericolo. La valutazione deve essere prognostica, proiettata al futuro, poiché non è dato sapere se e come la garanzia ipotecaria verrà effettivamente escussa.
Un atto dispositivo che modifica la situazione patrimoniale del debitore, rendendo l’esecuzione coattiva più incerta, integra di per sé il presupposto dell’ eventus damni. Solo nel caso in cui un’azione esecutiva da parte del creditore ipotecario fosse già in corso, sarebbe necessaria una valutazione più concreta del pregiudizio per i creditori chirografari.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova del Pregiudizio

Infine, riguardo all’onere della prova, la Corte ha ribadito un principio fondamentale. In tema di azione revocatoria, spetta al creditore (in questo caso, al curatore) provare l’esistenza dell’atto dispositivo e il pregiudizio che ne deriva, inteso come maggiore difficoltà o incertezza nel recupero del credito. Una volta fornita questa prova, l’onere di dimostrare l’insussistenza di tale rischio, provando che il patrimonio residuo del debitore è ampiamente sufficiente a soddisfare le ragioni creditorie, incombe sul convenuto, ovvero sulla parte che ha beneficiato dell’atto dispositivo. La Corte d’Appello, quindi, non aveva errato nell’affermare che l’acquirente non aveva fornito alcuna prova della capienza del patrimonio residuo della società fallita.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida importanti principi in materia di azione revocatoria fallimento. In primo luogo, il subentro del curatore estende i benefici dell’azione a tutti i creditori, senza snaturare l’azione stessa. In secondo luogo, il concetto di pregiudizio è ampio e include il periculum damni, non escluso dalla mera presenza di un’ipoteca. Infine, viene confermato che l’onere di provare la sufficienza del patrimonio del debitore per escludere il pregiudizio grava sul convenuto in revocatoria. Si tratta di una decisione che rafforza la tutela del ceto creditorio nel contesto delle procedure concorsuali, garantendo che atti dispositivi potenzialmente lesivi possano essere resi inefficaci a beneficio della massa.

Quando il curatore fallimentare prosegue un’azione revocatoria iniziata da un singolo creditore, l’azione cambia natura?
No, l’azione resta la stessa (revocatoria ordinaria), ma i suoi effetti si estendono a beneficio dell’intera massa dei creditori. Non si tratta di un’azione diversa, ma di un ampliamento degli effetti di quella originaria.

La presenza di un’ipoteca su un immobile venduto esclude automaticamente il pregiudizio (eventus damni) per gli altri creditori?
No. La Corte ha chiarito che il pregiudizio non è solo il danno effettivo, ma anche il semplice pericolo di danno. La valutazione va fatta con un giudizio prognostico proiettato al futuro, considerando che la garanzia ipotecaria potrebbe non essere fatta valere o potrebbe venir meno. Pertanto, un atto che rende più incerta o difficile la soddisfazione dei creditori costituisce pregiudizio.

In un’azione revocatoria, chi deve provare che il patrimonio residuo del debitore è sufficiente a pagare i debiti?
L’onere di provare che, nonostante l’atto di vendita, il patrimonio del debitore era sufficiente a soddisfare i creditori spetta al convenuto, ovvero a colui che ha acquistato il bene. Non è il creditore (o il curatore che agisce per la massa) a dover dimostrare l’insufficienza del patrimonio residuo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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