Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34594 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30939/2021 R.G. proposto da :
FALLIMENTO N. 758/2012 ‘RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME NOME EMAIL che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso. -ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, ex lege domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (EMAIL che la rappresenta e difende ope legis .
–
ricorrente incidentale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME EMAIL, giusta procura speciale allegata al controricorso.
-controricorrenti- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 2872/2021 depositata il 06/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle Entrate conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., chiedendo declaratoria di inefficacia di due atti di compravendita relativi ai medesimi beni facenti parte di un complesso immobiliare sito nel Comune di Goito, e precisamente: 1) atto di compravendita del 12 febbraio 2002 tra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la sua controllante RAGIONE_SOCIALE (di seguito, anche ‘RAGIONE_SOCIALE‘); 2) atto di compravendita del 12 dicembre 2005 tra la COGNOME (la cui ragione sociale era stata modificata in RAGIONE_SOCIALE e che poi diventerà RAGIONE_SOCIALE) e la sua controllata RAGIONE_SOCIALE
Deduceva: 1) che la RAGIONE_SOCIALE era società controllata da RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE e successivamente RAGIONE_SOCIALE), la quale, con riferimento all’anno 1999, aveva presentato una dichiarazione IVA compensando un debito di L. 8.081.692.000 con un credito IVA, pari a L. 10.600.000.000,
trasferitole dalla società controllata RAGIONE_SOCIALE, unica altra società del gruppo, sul presupposto della ricorrenza dei requisiti della c.d. Iva di Gruppo; 2) che, ritenuta illegittima tale operazione, aveva notificato a Ronalsday – in data 11.11.2002 – avviso di accertamento per il recupero dell’IVA, pari a L. 10.600.000.000, ‘indebitamente riportata a credito nella dichiarazione annuale della RAGIONE_SOCIALE, successivamente trasferita alla controllata RAGIONE_SOCIALE, provvedendo poi alla parziale iscrizione a ruolo nei confronti di NOME dei tributi accertati per € 3.076.942,18.
Deduceva, altresì, che con la richiamata cessione di beni fatta a favore della RAGIONE_SOCIALE, di cui la stessa COGNOME era l’unico socio, quest’ultima aveva continuato, seppur per interposto soggetto, a mantenere la completa e totale disponibilità dei beni. Da ciò, assumeva l’Agenzia delle Entrate, era logico desumere che la compravendita de qua fosse finalizzata a rendere vana o, comunque, più gravosa l’aggressione di tali beni per il soddisfacimento dei crediti erariali; ragion per cui, concludeva, nella fattispecie concreta sussistevano i presupposti legittimanti l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria di entrambi gli atti dispositivi sopra richiamati.
Si costituivano in giudizio sia RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la domanda attorea ed eccepiva l’intervenuta prescrizione del diritto azionato, sia RAGIONE_SOCIALE che eccepiva anch’essa la prescrizione e spiegava domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, sul presupposto dell’illegittimità della trascrizione della domanda giudiziale, nonché domanda, sempre in via riconvenzionale, di risoluzione del contratto per inadempimento dell’alienante. Sia RAGIONE_SOCIALE sia RAGIONE_SOCIALE eccepivano altresì la mancanza di certezza del diritto posto alla base dell’azione spiegata.
Rimaneva contumace la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE LDA.
Con sentenza n. 13383/2010 il Tribunale di Milano accoglieva la domanda attorea e dichiarava l’inefficacia di entrambi gli atti di compravendita, rigettando le eccezioni preliminari sollevate dalle convenute, tra cui, in particolare, l’eccezione di intervenuta prescrizione.
Avverso tale sentenza proponeva appello RAGIONE_SOCIALE (già COGNOME RAGIONE_SOCIALE) chiedendone l’integrale riforma, reiterando le eccezioni preliminari sollevate in primo grado; rappresentava, inoltre, che nelle more dell’appello e precisamente in data 26.11.2012 RAGIONE_SOCIALE era stata cancellata dal registro delle imprese.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE spiegando appello incidentale avverso la medesima sentenza, con cui riproponeva le medesime domande ed eccezioni svolte in primo grado.
Si costituiva l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto dell’appello, con conferma della sentenza impugnata.
3.1. Nelle more del giudizio il Tribunale di Roma, con sentenza n. 769/2012, dichiarava il Fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ed il processo veniva interrotto all’udienza del 23.1.2014, fissata per la precisazione delle conclusioni, udienza in cui interveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE la quale, assumendo di essere successore a titolo particolare, a seguito dell’avvenuto conferimento in suo favore da parte della RAGIONE_SOCIALE -di un’azienda ricomprendente il compendio immobiliare oggetto dell’azione revocatoria, insisteva per l’accoglimento delle conclusioni svolte dall’appellante principale.
3.2. A seguito della riassunzione del giudizio da parte della RAGIONE_SOCIALE, si costituiva il Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito, il Fallimento) nell’interesse della massa creditoria al fine di ottenere, sulla scorta della domanda dell’Agenzia delle Entrate, il rigetto degli appelli proposti e la conferma della sentenza del Tribunale, nella parte in cui aveva dichiarato l’inefficacia del
secondo atto di compravendita (quello stipulato il 12 dicembre 2005 tra RAGIONE_SOCIALE).
La Corte di Appello di Milano accoglieva l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto: -dichiarava prescritta l’azione revocatoria proposta dall’Agenzia delle Entrate e relativa al primo atto dispositivo del 12 febbraio 2002 tra Ronalsday e RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE; – dichiarava, quanto al secondo atto di compravendita intercorso in data 12 dicembre 2005 tra RAGIONE_SOCIALE e la sua controllata RAGIONE_SOCIALE, che lo stesso era astrattamente revocabile ex art. 2901, ultimo comma, cod. civ., ma in concreto ne era venuta meno ogni ragione di revocabilità, dato che questo secondo atto era legato al primo, che era divenuto ormai irrevocabile; -dichiarava che la domanda della curatela fallimentare, avente ad oggetto il secondo atto dispositivo del 12 dicembre 2005, non poteva essere accolta, in quanto non poteva affermarsi che il Fallimento fosse subentrato ex art. 66 l.f. nell’azione individuale proposta dall’Agenzia delle Entrate in veste di creditore di Z RAGIONE_SOCIALE, perché dall’atto introduttivo del giudizio risultava debitore dell’Erario solamente Ronalsday, società controllata da RAGIONE_SOCIALE (poi fallita) ma distinta da questa, la quale non risultava essere debitore dell’Erario; -affermava, per l’effetto, che la domanda proposta della curatela era da considerarsi domanda nuova e come tale inammissibile ex art. 345 cod. proc. civ., in quanto diversa sia dalla domanda proposta in primo grado dalla Agenzia delle Entrate, sia dalla domanda svolta in appello da RAGIONE_SOCIALE
Avverso la suddetta decisione proponevano ricorso per cassazione sia il RAGIONE_SOCIALE deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2903 e 2943 cod. civ., nonché degli artt. 137 e 149 cod. proc. civ., il tutto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e la violazione e
falsa applicazione dell’art. 2901, ultimo comma, cod. civ. e dell’art. 66 l .f. e 100 cod. proc. civ., sia l’Agenzia delle Entrate, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 c.p.c., 2901 e 2945 cod. civ., 66 l.f., 100 e 102 cod. proc. civ. e la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2903 e 2943 cod. civ. e 140, 142, 149 comma 3 cod. proc. civ.
6. Riuniti i ricorsi, nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la Corte di cassazione, con sentenza n. 4519/2019 del 14 gennaio2019, accoglieva, cassando con rinvio, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, sul rilievo della assenza di intervenuta prescrizione del credito; rigettava invece il ricorso presentato dal Fallimento, sul rilievo che lo stesso non fosse subentrato ex art. 66 l. f. nell’azione individuale promossa dall’Agenzia delle Entrate, dato che la dichiarazione di fallimento aveva interessato non il soggetto indicato quale debitore dell’attore (Ronalsday) nell’atto introduttivo del giudizio, bensì il terzo acquirente (RAGIONE_SOCIALE.
Il giudizio veniva riassunto dall’Agenzia delle Entrate, che chiedeva la conferma della sentenza di primo grado con riferimento ad entrambi gli atti di compravendita.
7.1. Si costituiva nel giudizio di rinvio il Fallimento, chiedendo che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di inefficacia del (primo) atto di compravendita ed insistendo per la conferma della sentenza di primo grado con riferimento alla declaratoria di inefficacia del (secondo) atto di compravendita, intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e Tibre Point; sui distinti rilievi per cui, in relazione al primo atto dispositivo, la società Ronalsday era soggetto ormai estinto, per cui il cespite oggetto dell’originaria azione revocatoria era presumibilmente rientrato nel patrimonio del socio unico COGNOME (massa attiva del Fallimento Z), mentre, in relazione al secondo atto, il credito dell’Agenzia delle Entrate era stato ammesso al
passivo fallimentare, per cui permaneva l’interesse che l’immobile rientrasse nella disponibilità del Fallimento.
Si costituivano anche RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE chiedendo la riforma della sentenza del Tribunale di Milano.
7.2. In sede di conclusioni, l’Agenzia delle Entrate aderiva alla prospettazione del Fallimento e chiedeva in via principale dichiararsi cessata la materia del contendere con riferimento al primo atto di compravendita del 12 febbraio 2002, stipulato tra la ormai estinta Ronalsday e RAGIONE_SOCIALE; insisteva, invece, per la declaratoria di inefficacia del secondo atto di compravendita e, in via subordinata (così dedotta: ‘ove cioè non venga ritenuta verificata la suddetta cessazione della materia del contendere’), chiedeva revocarsi entrambi gli atti di compravendita.
Con sentenza n. 2872/2021 del 22 settembre 2021, la Corte d’Appello di Milano, quale giudice del rinvio, così motivava: ‹‹ Esaminando le conclusioni formulate in via definitiva dalle parti all’udienza di precisazione delle conclusioni, quanto all’Agenzia delle Entrate, la stessa ha reiterato unicamente la domanda di revoca del secondo atto traslativo, avendo invece chiesto la cessazione della materia del contendere quanto alla prima domanda, attesa l’asserita cessazione dell’interesse ad agire. In particolare, sostiene l’Agenzia di avere azionato il credito cui si riferisce l’azione revocatoria nei confronti del fallimento RAGIONE_SOCIALE, credito ammesso al passivo. Aggiunge, inoltre, che, a seguito dell’estinzione della Ronaldsay il bene di cui si discute dovrebbe essere pervenuto nel patrimonio del socio unico RAGIONE_SOCIALE, con conseguente cessazione della materia del contendere. Quindi il creditore Agenzia delle entrate e RAGIONE_SOCIALE fallita hanno regolato le loro posizioni nell’ambito della procedura fallimentare (con giudicato endo fallimentare tra le stesse parti) con conseguente cessazione della materia del contendere tra le stesse. Analizzando, dunque, la domanda di revoca del solo
secondo atti, ritiene la Corte che la stessa sia inammissibile. Infatti il tenore dell’atto introduttivo del giudizio in primo grado spiegava che l’erario era creditore solo del primo cedente NOME e non della società poi fallita così cristallizzando il thema decidendum . E sul punto, come si è detto, è chiarissima la Cassazione che ha disposto la cassazione con rinvio statuendo: ‘… il fallimento ha riguardato… non il soggetto indicato quale debitore dell’attore (NOME) nell’atto introduttivo del giudizio ma il terzo acquirente RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) di modo che la norma invocata non può trovare applicazione, perché il pregiudizio posto a base dell’originaria azione revocatoria riguarda il solo attore ‘. E ancora: ‘… la causa petendi dedotta nell’atto introduttivo del giudizio riguardava soltanto un credito vantato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della sola NOME ›› .
In conclusione, dunque, il giudice di rinvio, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettata ogni altra domanda, dichiarava cessata la materia del contendere tra Agenzia delle Entrate ed il RAGIONE_SOCIALE quanto al primo atto dispositivo del 12 febbraio 2002, mentre dichiarava inammissibile la domanda revocatoria del secondo atto dispositivo del 12 dicembre 2005 al n. 3945 del reg. part. ed al n. 6854 dei reg. gen.
Avverso tale sentenza propongono ora ricorso per cassazione il Fallimento RAGIONE_SOCIALE con ricorso affidato a tre motivi, e la Agenzia delle Entrate, con ricorso affidato a due motivi.
Resistono con unico controricorso le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Le ricorrenti e le controricorrenti hanno depositato rispettive memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Rileva il Collegio in via preliminare che il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate è stato notificato in data successiva rispetto alla notifica del ricorso da parte del Fallimento; pertanto, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate deve essere qualificato in termini di ricorso incidentale (v., tra le tante, Cass., 23/11/2021, n. 36057, secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo).
Sempre in via preliminare va rilevato che le controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE deducono che successivamente alla pronuncia della sentenza della Corte di Appello qui impugnata è intervenuto, a definizione di una procedura esecutiva, decreto di trasferimento relativo, tra l’altro, agli stessi beni immobili che furono oggetto della domanda revocatoria.
Ritiene il Collegio che tale evenienza sia irrilevante, dato che l’esame diretto del citato decreto di trasferimento ha consentito di appurare che esso contiene espressa riserva, proprio in relazione ai beni oggetto dell’azione revocatoria per cui è causa.
Passando all’esame del merito, con il primo motivo il Fallimento, ricorrente principale, denuncia ‘Violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui all’art. 6, comma 2, D.M. 11065/1979 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Violazione dell’art. 132, 2 ° comma, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’
Censura l’impugnata della sentenza, là dove ha statuito: ‘Esaminando le conclusioni formulate in via definitiva dalle parti
all’udienza di precisazione delle conclusioni, quanto all’Agenzia delle Entrate, la stessa ha reiterato unicamente la domanda di revoca del secondo atto traslativo, avendo invece chiesto la cessazione della materia del contendere quanto alla prima domanda, attesa l’asserita cessazione dell’interesse ad agire. In particolare, sostiene l’Agenzia di aver azionato il credito cui si riferisce l’azione revocatoria nei confronti del fallimento RAGIONE_SOCIALE, credito ammesso al passivo. Quindi il creditore Agenzia delle Entrate e RAGIONE_SOCIALE hanno regolato le loro posizioni nell’ambito della procedura fallimentare (con giudicato endo fallimentare tra le stesse parti) con conseguente cessazione della materia del contendere. Analizzando, dunque, la domanda di revoca del solo secondo atto, ritiene la Corte che la stessa sia inammissibile. Infatti, il tenore dell’atto introduttivo del giudizio in primo grado spiegava che l’erario era creditore solo del primo cedente Ronalsday e non della società poi fallita così cristallizzando il Thema decidendum’.
Sostiene che la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto che il credito dell’Agenzia delle entrate, presupposto della domanda revocatoria ex art. 2901 cod. civ., era stato ammesso al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, aveva erroneamente ritenuto che l’Erario fosse creditore solo del primo cedente, NOMECOGNOME e non anche della fallita RAGIONE_SOCIALE e, di conseguenza, aveva, altrettanto erroneamente, affermato che l’Agenzia delle entrate non potesse domandare la revocatoria del secondo atto di compravendita intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Assume che la sentenza è viziata perché il credito azionato dall’Agenzia delle entrate nei confronti di NOME era lo stesso vantato nei confronti di Z immobiliare, stante la responsabilità solidale tra la controllata e la controllante, in forza di quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del d.m. n. 11065 del 13 dicembre 1979, recante ‘norme in materia di imposta sul valore aggiunto
relative ai versamenti e alle dichiarazioni delle società controllate’.
L’insinuazione al passivo del fallimento dello stesso credito, ad avviso della ricorrente, avrebbe dovuto condurre il giudice d’appello a ritenere fondata la domanda revocatoria del secondo atto di trasferimento (tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE): l’Agenzia delle entrate aveva interesse a far revocare tale atto perché in tal modo il bene sarebbe rientrato nel patrimonio del fallimento, il quale avrebbe poi soddisfatto il credito tributario.
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia ‘Violazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione al disposto di cui all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. – Erronea declaratoria della cessazione della materia del contendere tra l’Agenzia delle Entrate e RAGIONE_SOCIALE fallita’.
Censura la sentenza impugnata là dove afferma che ‘… il creditore Agenzia delle entrate e RAGIONE_SOCIALE fallita hanno regolato le loro posizioni nell’ambito della procedura fallimentare (con giudicato endo fallimentare tra le stesse parti) con conseguente cessazione della materia del contendere tra le stesse’.
Lamenta, come già nel motivo precedente, che la corte di merito, quale Giudice del rinvio, è incorsa in una errata interpretazione del contenuto delle domande, poiché ‘la cessazione della materia del contendere si poteva leggere unicamente in collegamento con la revocatoria del secondo atto traslativo, in quanto solo a seguito della dichiarazione di inefficacia di tale atto dispositivo, il Fallimento avrebbe potuto acquisire alla massa l’immobile oggetto di cessione e soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum l’Agenzia delle Entrate e gli altri creditori concorsuali’.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2495, comma 2, c.c. in relazione al
disposto di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.’.
Svolge la seguente censura: Premesso innanzi tutto che la Suprema Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate ha ritenuto espressamente che spettava al giudice del rinvio ‘procedere a nuovo esame della causa’ nonché pronunciarsi in merito a ‘tutte le questioni non esaminate nella pronuncia impugnata perché ritenute assorbite’ (v. pag. 11 dell’ordinanza), rileviamo come l’impugnata sentenza si rende censurabile là dove la Corte territoriale limita il raggio delle proprie considerazioni alla sola presa d’atto della sopravvenuta estinzione, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, della RAGIONE_SOCIALE, senza tuttavia trarne le debite conseguenze ai sensi dell’art. 2495, 2 comma, c.c.’; ‘nel caso di specie, essendo pacifico che al momento della cancellazione della RAGIONE_SOCIALE (avvenuta il 26.11.2012) la società RAGIONE_SOCIALE ne era l’unico socio (al 100%), e perciò ‘erede’, giusta l’insegnamento della Suprema Corte, nella sua composizione più autorevole (v. SS. UU. n. 6070/2013), la medesima è subentrata in tutti i debiti sociali facenti capo alla dissolta NOME e non definiti, a mente dell’art. 2495, 2 comma, c.c.’.
I tre motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono inammissibili.
6.1. Con la sentenza n. 4519/2019, questa Suprema Corte, cassando con rinvio, ha accertato, in modo definitivo, che : a) la causa petendi dedotta con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado aveva ad oggetto esclusivamente un credito tributario vantato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE; b) il Fallimento interveniente, in persona del suo curatore fallimentare, non era subentrato nell’azione spiegata dalla Agenzia, ai sensi dell’art. 66 della legge fallimentare, dato che la sua domanda integrava domanda nuova, come tale
inammissibile, perché fondata su causa petendi diversa da quella dedotta dall’Agenzia delle Entrate.
6.2. Rispetto a queste statuizioni, ormai non più contestabili, i motivi formulati dalla curatela, per un verso, non si confrontano con la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che, in ossequio ai limiti definiti nella sentenza di cassazione con rinvio, si fonda sul rilievo che la ormai fallita società RAGIONE_SOCIALE non ha la qualità di creditore, e, per altro verso, prospettano la questione -della affermata solidarietà sostanziale -che fonderebbe la persistenza dell’interesse ad agire per la revocatoria della seconda compravendita – tra controllata e controllante in riferimento all’art. 6, comma 2, del d.m. n. 11065 del 13.12.1979, recante ‘norme in materia di imposta sul valore aggiunto relative ai versamenti e alle dichiarazioni delle società controllate’ -di cui l’impugnata sentenza non fa menzione alcuna e di cui l’odierno ricorrente non dice se, dove e quando, sia stata allegata e dedotta nei precedenti gradi di merito.
6.3. Questa Suprema Corte ha già avuto più volte modo di affermare che il motivo di ricorso deve essere correlato alla motivazione della sentenza impugnata, dato che con il motivo di impugnazione occorre enunciare le ragioni per cui la sentenza impugnata è erronea, con la conseguenza che, poiché per denunciare un errore bisogna identificarlo, il motivo deve specificatamente enunciare le ragioni per cui la sentenza impugnata viene censurata come errata (v. Cass., 22/04/2022, n. 8036; Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19989).
6.4. Il Fallimento ricorrente non muove specifiche censure al percorso argomentativo seguito dal giudice di merito, che è scevro da quei soli gravi vizi ormai rilevabili in questa sede di legittimità dopo la novella del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo di legittimità sulla motivazione (Cass., Sez. Un., 17/04/2014, n. 8053 e n.
8054), e prospetta una questione giuridica -la solidarietà tra società controllata e società controllante -che incorre nella sanzione dell’inammissibilità perché del tutto nuova (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988).
6.5. A tanto deve aggiungersi che è del tutto inconferente il richiamo agli artt. 100 cod. proc. civ. e 2495 cod. civ., invocati con il secondo ed il terzo motivo, posto che il Fallimento, odierno ricorrente, non è legittimato a chiedere che sia dichiarata l’inefficacia del secondo atto di vendita, né può fondatamente opporre di avere un interesse al recupero del bene alla massa fallimentare, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda ex art. 2901 cod. civ. -lungi dal consentire di acquisire l’immobile all’attivo fallimentare -comporta una mera declaratoria di inefficacia dell’atto stesso, che consente al solo creditore di aggredire, in sede esecutiva, l’oggetto dell’atto revocato (v. Cass., n. 22153/2021); ciò perché, come già precisato da Cass. n. 4519/2019, il fallimento ha riguardato non il soggetto indicato quale debitore dell’attore (NOMECOGNOME nell’atto introduttivo del giudizio, ma il terzo acquirente (RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE), sicché il pregiudizio posto a base dell’originaria azione revocatoria riguardava il solo attore.
Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate, ricorrente incidentale, denuncia ‘Violazione artt. 2901 c.c., 2495 co. 3 c.c., 394 c.p.c. e 2 D.M. n. 11065/79 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
Lamenta che erroneamente la corte di merito ha ritenuto che essa Agenzia non avesse titolo, né dunque legittimazione, per agire in revocatoria.
Con il secondo motivo, proposto in via gradata, la ricorrente incidentale denunzia ‘Violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.’.
Deduce che sarebbe errata la pronuncia di cessazione della materia del contendere, data la ‘non acquisizione del compendio immobiliare al passivo fallimentare’ e che dovrebbe essere confermata la statuizione del Tribunale in primo grado, che aveva dichiarato inefficace la prima vendita immobiliare.
9. Il primo motivo è inammissibile.
Come già sopra rilevato, con la sentenza n. 4519/2019, alla quale si è uniformata la sentenza d’appello in sede di rinvio, questa Suprema Corte ha definitivamente negato che l’Agenzia delle Entrate abbia dedotto di vantare un credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ed ha definitivamente chiarito che la pretesa fatta valere da Agenzia delle Entrate era finalizzata a tutelare un credito nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e non nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Per altro verso, nei precedenti gradi di giudizio non è stata presa in esame la questione della successione ex art. 2945 cod. civ., né quella della solidarietà dei debiti sotto il profilo fiscale.
L’estinzione della società debitrice ha sicuramente determinato un fenomeno successorio sui generis , connesso al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali, con la conseguenza che i soci succeduti rispondono dei debiti sociali (ed anche di quelli tributari), ma nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione in ossequio all’art. 2495 cod. civ. (v. Cass., n. 23341 del 29/08/2024; Cass., n. 11411/2024); ma sotto tale profilo, la doglianza non rispetta il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., perché omette di specificare in quali termini fosse stata dedotta la relativa questione dinanzi al giudice del merito.
10. Il secondo motivo è inammissibile.
Come risulta dalla lettura dell’impugnata sentenza, la stessa Agenzia delle entrate, assumendo conclusioni conformi a quelle del Fallimento (v. Cass., 09/06/2016, n. 11813: ‘La cessazione
della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conformi conclusioni in tal senso’), ha chiesto in via principale che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione al primo atto di vendita; il giudice di appello si è pronunciato in tal senso, cosicché la sentenza impugnata va esente dalle censure ad essa rivolte, essendosi pronunciata in conformità alla domanda congiuntamente formulata dalle parti.
In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale sono inammissibili.
Le spese del giudizio di legittimità, che vanno compensate tra il Fallimento, ricorrente principale, e la ricorrente incidentale, stante la reciproca soccombenza, vanno liquidate, secondo il criterio della soccombenza, in favore delle parti controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
Infine, va rilevato che con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno chiesto anche la liquidazione delle spese sostenute nel procedimento incidentale di sospensione ex art. 373 cod. proc. civ.
L’istanza – ammissibile, perché le parti hanno depositato, nei termini di cui all’art. 372, secondo comma, cod. proc. civ., una specifica e documentata istanza, comprensiva dei relativi atti, in modo da offrire alle controparti la possibilità di interloquire sul punto (Cass., 14/03/2024, n. 6792) – va accolta e va liquidata, come da nota spese depositata telematicamente, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale ed il ricorso incidentale.
Condanna il ricorrente principale e la ricorrente incidentale al
pagamento in solido, in favore delle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Compensa interamente le spese di lite tra il ricorrente principale e la ricorrente incidentale.
Condanna il ricorrente principale e la ricorrente incidentale al pagamento in solido, in favore delle controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, delle spese sostenute nel procedimento incidentale di sospensione ex art. 373 cod. proc. civ., che si liquidano in euro 10.476,00, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte del ricorrente principale sia da parte della ricorrente incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza