Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27812 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27812 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18794/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in calce al ricorso -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t . rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale a margine del controricorso
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE n. 438/2019 depositato il 10/05/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
-In data 11.7.2018 la RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) propose domanda ultratardiva di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), dichiarato il 10.5.2012, del credito di € 207.781,15 , preteso a titolo di ripetizione di indebito. Espose a sostegno della domanda che, a seguito della notifica nel dicembre 2015 di un decreto ingiuntivo, aveva corrisposto complessivi € 4 52.806,79, di cui era in origine debitrice verso la società poi fallita, alla cessionaria dell ‘ azienda di questa, RAGIONE_SOCIALE, che però non aveva diritto al pagamento dell’intero, in quanto tenuta a rispondere anche dei debiti della cedente verso i dipendenti, ammontanti al l’importo insinuato, che essa aveva i n precedenza soddisfatto all’esito della procedura esecutiva presso terzi dagli stessi intentata nei suoi confronti.
-Il giudice delegato rigettò la domanda in quanto «formulata ben oltre il termine di cui all’art 101 l.fall., stante la avvenuta approvazione dello stato passivo tempestivo in data 8.1.2013», in assenza di prova della non imputabilità del ritardo, rilevandone anche l’infondatezza, poiché la dedotta «duplicazione dei pagamenti» era stata effettuata «a soggetti diversi dalla fallita» e per «evidente negligenza della ricorrente».
-L’RAGIONE_SOCIALE propose opposizione ex art. 98 l.fall. contro il provvedimento del G.D., facendo valere, a giustificazione del ritardo, le difficoltà riscontrate nella corretta ricostruzione della propria posizione creditoria nei confronti della società fallita, provocate dalla pendenza del giudizio promosso dal RAGIONE_SOCIALE per la revocatoria dell’atto di cessione d’azienda . Dedusse, in particolare, che solo a seguito dell’a ccoglimento di detta domanda con sentenza del 25.9.2017 (poi passata in giudicato), che aveva anche condannato la cessionaria a restitu ire l’ azienda alla procedura, essa aveva potuto individuare il debitore contro cui azionare il credito ex art. 2033 c.c.: la declaratoria di inefficacia della cessione aveva infatti definitivamente ritrasferito al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’intero patrimonio aziendale, compresa la somma insinuata, indebitamente versata a RAGIONE_SOCIALE.
-Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con decreto del 10.5.2019, ha rigettato l’opposizione osservando che : i) l’accoglimento della domanda revocatoria non aveva determinato alcuna “retrocessione” dell ‘ azienda ma solo l’inefficacia relativa dell’atto di cessione, con conseguente concorso dei creditori sul compendio aziendale; ii) i debiti contratti dalla cessionaria successivamente all’atto di cessione restavano in capo alla stessa, che continuava ad esistere anche dopo la declaratoria di inefficacia dell’atto medesimo; iii) RAGIONE_SOCIALE era l’ unico soggetto passivamente legittimato rispetto alla richiesta di ripetizione di indebito della RAGIONE_SOCIALE.
-La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in due motivi per la cassazione del decreto. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
-Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ‘ per il combinato disposto dell’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 ‘ , per avere il tribunale erroneamente inquadrato il credito azionato tra i « debiti contratti dalla cessionaria (RAGIONE_SOCIALE) successivamente alla sottoscrizione dell’atto di cessione », quando invece il pagamento indebito si riferiva al credito in origine vantato dalla cedente poi fallita nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, ed aver altresì omesso di considerare che si trattava di un credito sorto nel corso della procedura, in quanto compiutamente determinatosi nel mese di dicembre 2015, ma divenuto nuovamente esigibile nei confronti del RAGIONE_SOCIALE solo in seguito alla sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 25.9.2017 che aveva disposto la restituzione dell’azienda , e perciò non soggetto al termine decadenziale di cui all’art. 101 l.fall. , oltre che domandato in un tempo « assolutamente ‘ragionevole’ , con ricorso presentato prima ancora del passaggio in giudicato della sentenza.
Secondo la ricorrente, la decisione risulterebbe viziata, oltre che da ll’omesso esame di un fatto decisivo, anche da extrapetizione, perché caratterizzata da un sostanziale mutamento del petitum o della causa petendi .
6.1. -Il motivo, in parte infondato e in parte inammissibile, deve essere respinto.
6.2. -Inammissibile, perché del tutto fuori centro, è la censura formulata ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per difetto sia di un ‘fa tto ‘ controverso decisivo -la cui nozione per consolidata giurisprudenza di questa Corte va riferita solo al ‘fatto storico’, ossia a ci rcostanze storico-naturalistiche, e non anche ad argomentazioni o deduzioni difensive ( ex multis , Cass. Sez. U, 16303/2018; Cass. 10525/2022) -sia d i un ‘omesso esame’ da parte dei giudici di merito, i quali hanno in realtà esaminato tutte le allegazioni di parte, però attribuendo loro, come ad essi compete, una valenza giuridica diversa da quella auspicata dal ricorrente.
6.3. -Nel decreto impugnato non si riviene poi alcun vizio di extrapetizione, che ricorre solo quando il giudice pronunci oltre i limiti delle domande ed eccezioni fatte valere dalle parti, attribuendo ad una di esse un bene della vita non richiesto (o diverso da quello domandato), mentre spetta pacificamente al giudice di merito il potere/dovere di definire l’esatta natura del rapporto dedotto in giudizio, onde precisarne il contenuto e gli effetti in relazione alle norme applicabili, con il solo vincolo di decidere iuxta alligata et probata (Cass. 14802/2017, 15734/2022, 8547/2024).
Difatti, il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda, e di non pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, si rapporta agli elementi essenziali rappresentati dalla causa petendi e dal petitum , ma non investe le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione, né tantomeno comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti (quand’anche convergente) in ordine a fatti, atti e negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, la cui valutazione, necessaria ai fini della decisione, è devoluta al giudice a prescindere dalle opinioni espresse in proposito dai contendenti; in definitiva, non è configurabile un vizio di ultra o extra petizione al di fuori del caso -che qui palesemente non ricorre -di attribuzione alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto (Cass. 702/1968, 1616/2021, 16608/2021, 15734/2022, 6533/2024).
6.4. -Da ciò consegue che l a prospettazione dell’opponente circa l’epoca di insorgenza e di esigibilità del credito insinuato al
passivo non vincolava di certo il tribunale, il quale, al contrario, era libero non solo di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva della pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge (Cass. 20932/2019).
7. -Il secondo mezzo denuncia violazione degli artt. 2909 c.c. e 115, co. 1, c.p.c. nonché dell’art. 104 -bis ult.co. l.fall., in quanto il tribunale, nel negare l’effetto di ‘retrocessione’ dell’azienda a seguito dell ‘esercizio vittorioso dell’azione revocatoria, per un verso non avrebbe rispettato l’autorità di giudicato ex art. 2909 c.c. sulla restituzione dell’azienda ordinata dal giudice , omettendo di porre a fondamento della decisione, ex art. 115, co. 1, c.p.c. la prova costituita dalla relativa sentenza n. 9517 del 25/09/2017 di cui l’A SL, terzo, invocava l’efficacia riflessa ; per altro verso, avrebbe finito per applicare erroneamente alla fattispecie in esame -pur non richiamandolo espressamente il disposto di cui all’art. 104 bis, ult.co., l. fall. (per cui «la retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione»), estendendo al caso di specie la deroga ivi prevista per la diversa ipotesi dell’affitto di ramo d’azienda .
7.1. -Le censure sono infondate.
7.2. -Prescindendo dal difetto di autosufficienza del motivo in ordine al contenuto della menzionata sentenza n. 9517/2017, che ha accolto la domanda revocatoria proposta dal curatore fallimentare con riguardo all’atto di cessione di azienda, la decisione impugnata è conforme al principio in base al quale l’ esperimento vittorioso dell’azione revocatoria comporta l’inefficacia relativa dell’atto revocato, poiché oggetto della domanda, sia essa ordinaria che fallimentare, non è il bene trasferito in sé -nel caso in esame l’azienda -bensì la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori, mediante il suo assoggettamento ad esecuzione forzata o concorsuale (Cass. Sez. U, 12476/2020), non potendosi perciò ravvisare alcun effetto di ‘ retrocessione ‘ dell’azienda medesima .
Questa, e non la contestata applicazione dell’art. 104 -bis ult.co. l.fall., è la ratio decidendi , sul punto, del decreto impugnato.
7.3. -Risulta comunque dirimente il rilievo che il credito azionato dalla RAGIONE_SOCIALE in sede fallimentare è sorto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e non certo del RAGIONE_SOCIALE, essendo il diritto alla ripetizione derivato da ll’avvenuto pagamento alla cessionaria, e non all’originaria creditrice, dell’intera somma portata dal decreto ingiuntivo dalla stessa notificato all ‘odierna ricorrente, nonostante quest ‘ultima avesse già parzialmente estinto il debito.
7.4. -Correttamente, pertanto, il tribunale ha respinto l’opposizione limitandosi ad accertare l’insussistenza del credito insinuato, senza neppure statuire in ordine alla, invero evidente, ultratardività della domanda, proposta solo l’11.7.2018 a fronte di un credito sorto sin dal 2015, al momento del pagamento eseguito in favore della cessionaria.
-Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’ 11/04/2024.