Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20901 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1132/2022 R.G. proposto da : medesimo, pec:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso il domicilio digitale del
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo, pec:
-controricorrente-
nonché
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20901 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2788/2021 depositata il 04/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con atto di citazione del 15/3/2018 NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Verona, NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE per sentir pronunciare la revocatoria dell’atto di compravendita con cui il COGNOME aveva trasferito alla società un bene immobile. La COGNOME allegò di aver chiesto ed ottenuto nei confronti del COGNOME e della moglie NOME COGNOME un decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di € 66.197,10, confermato nel giudizio di opposizione definito con il rigetto della medesima. A seguito di procedura esecutiva immobiliare sul bene riferì di essere tuttora creditrice per la somma di € 67.658,05 e che, nelle more di una nuova procedura esecutiva nei confronti del COGNOME, aveva appreso che questi aveva alienato l’immobile, già di proprietà della moglie NOME COGNOME, alla società RAGIONE_SOCIALE così pregiudicando le ragioni del credito.
La RAGIONE_SOCIALE, nel costituirsi in giudizio, evidenziò che l’atto era stato posto in essere in adempimento di un contratto preliminare di compravendita di cosa altrui, il quale era condizionato all’emissione, in favore del COGNOME, promittente venditore, di un decreto giudiziale di aggiudicazione dell’immobile: tale atto, in quanto atto dovuto perché posto in essere in adempimento di un contratto preliminare, non era pertanto revocabile ai sensi dell’art. 2901, terzo comma c.c. L’acquirente negò l’esistenza dei p resupposti soggettivi ed oggettivi dell’azione revocatoria ed in particolare del consilium fraudis da valutarsi alla data di stipula del preliminare.
Il Tribunale, istruita la causa, accolse la domanda dichiarando l’inefficacia dell’atto di compravendita, ritenendo che esso fosse pregiudizievole per le ragioni creditorie, che il credito fosse antecedente l’atto impugnato, che la consapevolezza in capo a l debitore e al terzo acquirente fosse in re ipsa, che il contratto definitivo non era stato concluso entro la scadenza prescritta dal preliminare, nonostante la consistente somma pagata dalla promissaria acquirente. Avverso la sentenza il Tosato propose appello per sentir affermare che, erroneamente, il Tribunale avesse ritenuto che la trascrizione del preliminare da parte sua costituisse indice della dolosa preordinazione, in quanto i costi sostenuti per il preliminare sarebbero stati defalcati da quanto dovuto in sede di stipula del definitivo. Inoltre l’appellante affermò di non aver mai acquistato l’immobile de quo poiché il prezzo dell’aggiudicazione era stato corrisposto dalla SIVER direttamente nelle mani del notaio rogante, sicché né il bene immobile né la somma versata per il relativo acquisto erano mai entrati nella sua disponibilità e nel suo patrimonio.
La Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame dando atto che tra il COGNOME e la SI.VER era stato stipulato un contratto preliminare di compravendita di cosa altrui nel quale si rappresentava che il COGNOME si era reso assegnatario dell’immobile in f orza di un verbale di aggiudicazione; che le modalità del corrispettivo della vendita confermavano la consapevolezza da parte dell’acquirente della operazione preordinata tra le parti; che il decreto di trasferimento del bene era stato emesso, sicché il promittente venditore era divenuto proprietario del bene al momento della stipula dell’atto in favore della società RAGIONE_SOCIALE Ha confermato la presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi dell’azione revocatoria ed ha conseguentemente rigettato l’appello.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso la COGNOME.
L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione dell’art. 1478 c.c. in relazione all’art. 2901 c.c. -il ricorrente lamenta che la corte del merito ha errato nell’interpretare l’atto preliminare di vendita senza considerare che l’immobile è stato venduto dal COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE quale bene altrui, mentre al momento di stipula del preliminare il bene era di proprietà esclusiva di NOME COGNOME. La corte territoriale non ha affatto considerato che l’immobile aveva costituito oggetto di un atto di trasferimento regolato dall’art . 1478 c.c. sicché il patrimonio del COGNOME non aveva subìto un reale depauperamento, essendo stato emesso il decreto di aggiudicazione al COGNOME solo a seguito del pagamento del prezzo da parte della società nelle mani del notaio. Se il giudice del merito avesse correttamente ricostruito la fattispecie, ne avrebbe dedotto sia l’interesse della SI.VER a trascrivere il contratto preliminare, sia la insussistenza sul profilo oggettivo, e come si dirà anche su quello soggettivo, dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. Non essendo mai il bene entrato nella sfera giuridica del COGNOME, la corte del merito avrebbe dovuto concludere per la mancata violazione dell’art. 2901 c.c., essendo errata l’affermazione che il pregiudizio si fosse verificato solo al momento della stipula del contratto definitivo. Oltre a difettare, quindi l’eventus damni, mancava anche la preordinazione tra la COGNOME, il COGNOME e la SI.VER in merito alla compravendita dell’immobile quale bene altrui, essendo ancora il medesimo di proprietà della COGNOME.
Con il secondo motivo di ricorso -il bene de quo non è mai entrato nella sfera giuridica del Tosato, mancata violazione dell’art. 2901 c.c. -il ricorrente insiste sugli stessi argomenti di cui al primo motivo.
Con il terzo motivo -relazione tra l’art. 1478 c.c. e l’art. 2643 n. 1 c.c. -il ricorrente afferma che, nell’ampia e comprensiva espressione dell’art. 2643 n. 1 c.c., devono ritenersi inclusi non solo i contratti ad effetti reali immediati ma anche quelli ad effetto differito.
Con il quarto motivo -ingiusta condanna ex art. 96, co. 3 c.p.c. – il ricorrente lamenta l’ingiusta condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c. Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto osservato che, a fronte dell’operato accertamento in fatto e delle conclusioni dal giudice dell’appello conseguentemente raggiunte nell’impugnata sentenza, l’odierno ricorrente si limita invero a riproporre inammissibilmente in termini di mera contrapposizione la propria non accolta tesi difensiva, ribadendo censure già svolte in sede di merito a base delle quali pone invero atti ed emergenze del giudizio di merito senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti ( pure ) in sede di giudizio di legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass.,
6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso.
Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso- apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione ( v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 ). E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo, rilevando ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane al giudice imprescindibilmente precluso ( cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221 ).
Va sotto altro profilo sottolineato, con particolare riferimento al 1° motivo e alla lamentata <>, che non risultano dal ricorrente nemmeno dedotti i criteri legali d’interpretazione del contratto ex artt. 1362 ss. c.c. asseritamente violati, in violazione del principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione ( v. Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 21/4/2005, n. 8296 ), il sindacato di
legittimità potendo avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto ( v. Cass., 25/11/2021, n. 36650; Cass., 10/6/2020, n. 11092; Cass., 22/10/2014, n. 22343; Cass., 29/7/2004, n. 14495).
Emerge dunque evidente, a tale stregua, come l’odierno ricorrente inammissibilmente prospetti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze processuali e probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi ( cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 ).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente COGNOME, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell ‘altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’eventuale ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, 14/2/2025