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Azione revocatoria e simulazione: i limiti del cumulo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28867/2025, interviene su un caso complesso riguardante la tutela di un creditore di fronte a una catena di vendite immobiliari. La Corte ha stabilito un importante principio: l’azione revocatoria non può essere esercitata “a cascata” contro un atto di disposizione del subacquirente (cioè, chi ha comprato da chi ha comprato dal debitore). Tale azione è esperibile solo contro gli atti del debitore originario. Tuttavia, la Corte ha chiarito che l’azione di simulazione è completamente autonoma e può essere proposta indipendentemente dall’esito della revocatoria, cassando la decisione della Corte d’Appello che le aveva erroneamente collegate.

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Azione Revocatoria e Simulazione: la Cassazione traccia i confini

L’ordinanza in commento affronta un tema cruciale per la tutela del credito: la distinzione e i rapporti tra azione revocatoria e simulazione. La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sull’impossibilità di esperire una cosiddetta ‘revocatoria a cascata’ e ha riaffermato la piena autonomia dell’azione di simulazione, anche quando proposta nello stesso contesto processuale.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla pretesa di una creditrice nei confronti del suo debitore. Quest’ultimo aveva venduto un immobile a una società, la quale, a sua volta, lo aveva trasferito a un terzo soggetto. La creditrice, ritenendo che questa seconda vendita fosse stata posta in essere per danneggiare le sue ragioni, aveva agito in giudizio.

Inizialmente, il Tribunale aveva accolto parzialmente le sue domande, dichiarando inefficace nei suoi confronti il secondo atto di compravendita tramite azione revocatoria. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, dichiarando inammissibile sia la domanda revocatoria contro il secondo acquirente, sia la domanda di simulazione dello stesso atto.

La Decisione della Cassazione sull’Azione Revocatoria e Simulazione

La Suprema Corte, investita del ricorso della creditrice, ha esaminato i diversi motivi di doglianza, arrivando a una decisione che distingue nettamente gli ambiti applicativi dei due rimedi giuridici.

No all’Azione Revocatoria “a Cascata”

Il punto centrale del primo motivo di ricorso era se l’azione revocatoria potesse colpire atti di disposizione non del debitore originario, ma di un suo avente causa (in questo caso, la società che aveva acquistato dal debitore e poi rivenduto). La risposta della Corte è stata un netto no.

Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’azione revocatoria, prevista dall’art. 2901 c.c., è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale che opera esclusivamente nel rapporto tra creditore e debitore. Il suo scopo è rendere inefficaci gli atti con cui il debitore pregiudica le ragioni del creditore. Non può, quindi, essere estesa per colpire atti di terzi, anche se questi ultimi aggravano la posizione del creditore. Per tali condotte, il rimedio appropriato è l’azione di risarcimento del danno per fatto illecito, ai sensi dell’art. 2043 c.c., qualora il terzo abbia agito con dolo o colpa.

L’Autonomia dell’Azione di Simulazione

Il cuore della decisione, che ha portato alla cassazione della sentenza d’appello, riguarda il terzo motivo, incentrato sulla domanda di simulazione. La Corte d’Appello aveva rigettato tale domanda ritenendola subordinata all’esito positivo di un’azione revocatoria contro il primo atto di vendita (quello tra il debitore e la società).

La Cassazione ha giudicato questa motivazione errata in diritto. Ha sottolineato che l’azione revocatoria e simulazione sono strumenti profondamente diversi per presupposti, finalità e natura:

* L’azione di simulazione è un’azione di accertamento negativo. Mira a far dichiarare dal giudice che un contratto è meramente apparente e non ha mai prodotto effetti tra le parti (simulazione assoluta) o ha prodotto effetti diversi (simulazione relativa).
* L’azione revocatoria, invece, è un’azione costitutiva. Presuppone un atto valido ed efficace, ma ne chiede una declaratoria di inefficacia relativa, cioè solo nei confronti del creditore che agisce, per permettergli di aggredire il bene.

Data questa diversità, le due azioni sono del tutto autonome e possono essere proposte nello stesso giudizio, anche in via alternativa o subordinata, senza che l’ammissibilità dell’una dipenda dall’esito dell’altra.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla netta distinzione tra i due istituti. L’errore della Corte d’Appello è stato quello di creare un legame di pregiudizialità inesistente tra la revocatoria e la simulazione. Affermare che la creditrice non fosse ‘legittimata’ a far valere la simulazione del secondo atto finché non avesse ottenuto la revoca del primo, è contrario alla logica e alla funzione dei due rimedi. La simulazione attiene alla volontà originaria delle parti di un negozio e può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, senza che ciò dipenda dall’inefficacia di altri atti giuridici. La Corte ha quindi enunciato il principio secondo cui, pur essendo diverse, le due azioni possono essere proposte anche in giudizi differenti, senza che l’esercizio dell’una precluda la proposizione dell’altra.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha rigettato i primi due motivi, accolto il terzo (assorbendo il quarto sulle spese) e cassato la sentenza con rinvio alla Corte d’Appello di Catania. Quest’ultima dovrà riesaminare la domanda di simulazione applicando il corretto principio di diritto, ovvero valutandola nel merito in modo del tutto autonomo dalla vicenda revocatoria. Questa pronuncia è di grande importanza pratica: riafferma la flessibilità degli strumenti a tutela del credito, consentendo ai creditori di perseguire contemporaneamente strade diverse (inefficacia di un atto e nullità per simulazione di un altro) per recuperare quanto loro dovuto, senza vincoli di pregiudizialità che la legge non prevede.

È possibile agire con un’azione revocatoria contro l’acquirente di un bene che lo ha a sua volta acquistato dal debitore (cosiddetta revocatoria ‘a cascata’)?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione revocatoria ordinaria non può essere esperita nei confronti di atti posti in essere da terzi aventi causa del debitore. Essa opera solo nel rapporto tra creditore e debitore per rendere inefficaci gli atti dispositivi di quest’ultimo.

L’azione di simulazione e l’azione revocatoria dipendono l’una dall’altra?
No, sono azioni del tutto autonome e distinte per contenuto, presupposti e finalità. L’azione di simulazione mira a far accertare l’apparenza di un negozio, mentre la revocatoria mira a rendere inefficace un negozio valido. Possono essere proposte nello stesso giudizio, anche in via alternativa, e l’esito di una non pregiudica l’ammissibilità dell’altra.

Qual è il rimedio per un creditore se il primo acquirente di un bene dal debitore lo rivende a sua volta, rendendo impossibile il recupero del credito?
Il rimedio non è l’azione revocatoria ‘a cascata’, ma l’azione di responsabilità extracontrattuale per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 del codice civile. Il creditore dovrà dimostrare che il terzo subacquirente, con il suo comportamento illecito, ha reso irrealizzabile il ripristino della garanzia patrimoniale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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