Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19388/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
nonché
BANCA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 76/2022 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI TRENTO, depositata il 18/5/2022; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 10/7/2025; letta la memoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica NOME
POSTIGLIONE;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 13/2/2014, con atto di citazione del 18/4/2016, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Trento, la RAGIONE_SOCIALE, NOME RAGIONE_SOCIALE e la Banca Popolare di Sondrio, chiedendo che fosse dichiarata l ‘ inefficacia, ai sensi dell ‘ art. 2901 c.c., degli atti con i quali, in data 12.14/4/2011, la società poi fallita aveva venduto alla RAGIONE_SOCIALE immobili di sua proprietà in Modena, Laives e Dodiciville, nonché dell ‘ ipoteca volontaria costituita dalla Banca sull ‘ immobile di Modena, a mezzo della quale RAGIONE_SOCIALE si era procurata la somma di €. 4.260.000.00 utilizzata per gli acquisti
1.2. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, con successivo atto di citazione del 13/3/2017, ha convenuto in giudizio, innanzi allo stesso tribunale, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, proponendo domanda revocatoria anche con riferimento al contratto di acquisto dell ‘ immobile di Laives da parte di RAGIONE_SOCIALE e ad altro, in data 29/3/2016, con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva rivenduto lo stesso immobile alla RAGIONE_SOCIALE
1.3. Il tribunale, con sentenze del 4/3/2021 e del 21/3/2021, ha accolto le domande proposte dal Fallimento.
1.4. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto: -la sussistenza del pregiudizio alle ragioni creditorie a seguito degli atti di disposizione, in considerazione dell ‘ ammontare dello stato
passivo (circa €. 2.500.000,00), dell’ esistenza di crediti erariali per €. 1.160.324,16 anteriori alle cessioni e del trascurabile valore dell ‘ attivo fallimentare; – la consapevolezza da parte dell ‘ acquirente RAGIONE_SOCIALE e della subacquirente RAGIONE_SOCIALE del pregiudizio in capo ai creditori di RAGIONE_SOCIALE, sia per essere stato alienato l ‘ intero compendio immobiliare, sia per quanto emerso nel procedimento penale, che aveva considerato NOME COGNOME, amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, come l ‘ amministratore di fatto della società fallita; -la Banca Popolare di Sondrio, infine, aveva piena consapevolezza della situazione di difficoltà economica della fallita ed aveva così trasformato il proprio credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, prevalentemente chirografario, in un credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE totalmente garantito da ipoteche.
1.5. Le due sentenze sono state impugnate: – la prima, dalla Banca Popolare di Sondrio, da NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE; – la seconda, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE
1.6. Il Fallimento ha resistito ai gravami, chiedendone il rigetto.
1.7. La corte d ‘ appello, riuniti gli appelli, li ha, con la sentenza in epigrafe, accolti, e, per l ‘ effetto, in riforma delle sentenze impugnate, ha rigettato le domande proposte dal Fallimento.
1.8. La corte, in particolare, ha ritenuto che erano fondati i motivi d ‘ appello concernenti l ‘ assenza del presupposto dell ‘ eventus damni e, quindi, del pregiudizio arrecato dall ‘ atto di disposizione alla garanzia patrimoniale del credito.
1.9. La corte, al riguardo, dopo aver rilevato che: – il Fallimento che intenda promuovere l ‘ azione revocatoria ordinaria ha l ‘ onere di provare la consistenza dei crediti vantati dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito, la
preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell ‘ atto pregiudizievole ed il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; -la sussistenza dell’ eventus damni può, dunque, ritenersi provata solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi emerga che per effetto dell ‘ atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l ‘ esazione del credito in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori; -nel caso in esame, il Fallimento, per dimostrare la ‘ preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell ‘ atto pregiudizievole ‘, ha prodotto ‘ l ‘ insinuazione al passivo di Equitalia Nord per Euro 1.159.974,26 ‘; ha ritenuto, contrariamente a quanto affermato dal tribunale (secondo il quale tali crediti erano ‘ risalenti ad epoca anteriore all ‘ aprile 2011, allorquando sono stati posti in essere gli atti ‘ ), che: -‘ esaminando l ‘ insinuazione al passivo, si nota … che Euro 1.100.777,74 sono riferiti all ‘ I.V.A. non versata su una delle cessioni immobiliari di cui si tratta ‘; -‘ per questa parte, il credito erariale non era certo anteriore agli atti di disposizione, e, essendo sorto con loro, da loro non può avere ricevuto pregiudizio alcuno ‘; -gli altri tributi, pari ad €. 25.656,37 per l ‘ anno 2007 e ad €. 33.527,05 per l ‘ anno 2008, sono, invece, documentati da avvisi di accertamento che, però, sono stati annullati, per ragioni di merito, dalla commissione tributaria di primo grado di Bolzano con la sentenza 57/2/2014 del 13/1/2014, a nulla, per contro, rilevando il decreto di esecutività dello stato passivo pronunciato dal giudice delegato, le cui statuizioni ‘ producono effetto soltanto ai fini del concorso ‘ ; – la nozione di ‘ credito ‘ accolta dall ‘ art. 2901 c.c., infatti, per quanto comprensiva della ragione o aspettativa, ‘ non può spingersi fino
a ricomprendere un credito la cui inesistenza sia stata addirittura giudizialmente accertata ‘ .
1.10. La corte d ‘ appello ha, quindi, escluso la preesistenza di ragioni creditorie rispetto all ‘ atto pregiudizievole.
1.11. La corte, inoltre, ha ritenuto che un ‘ altra insuperabile ragione imponeva di escludere la presenza dell ‘ eventus damni , rilevando che: – il pregiudizio arrecato dall ‘ atto di disposizione alla garanzia patrimoniale che assiste il credito può consistere anche solo in un pericolo di danno, inteso come maggiore difficoltà, incertezza e dispendiosità dell ‘ esazione coattiva del credito; – basta, quindi, anche solo un mutamento qualitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto di disposizione, essendo il denaro bene facilmente distraibile o occultabile; -nel caso in esame, tuttavia, l ‘ operazione posta in essere attraverso le cessioni immobiliari non si è però esaurita in esse, poiché il denaro così ottenuto è stato utilizzato per abbattere completamente il debito bancario della fallita; – la relazione ex art. 33 l.fall. ha, infatti, evidenziato che ‘ il debito bancario ammontava in totale ad Euro 4.327.079,00 ‘ e che ‘ la liquidità ottenuta dalla vendita, pari complessivamente ad Euro 4.360.000,00 (comprensivi di Euro 660.000,00 per I.V.A.), lo ha totalmente azzerato ‘.
1.12. Né, ha aggiunto la corte, rilevano le circostanze evidenziate dal tribunale, e cioè la ‘ finalità fraudolenta ‘ dell ‘ operazione posta in essere da NOME COGNOME il cui scopo era quello di trasferire il patrimonio immobiliare di RAGIONE_SOCIALE, evidentemente in difficoltà, alla neocostituita RAGIONE_SOCIALE per metterlo in salvo dalle pretese dei creditori, e la partecipazione a tale operazione della Banca, che ha fornito all ‘ acquirente RAGIONE_SOCIALE mediante un mutuo ipotecario di €. 4.250.000,00 la provvista necessaria, poi impiegata per estinguere la posizione
debitoria del venditore verso il medesimo istituto di credito, che aveva, nel contempo, costituito sull ‘ immobile sito in Modena (e su altro immobile personale di NOME COGNOME) ipoteca a garanzia della restituzione dell ‘ importo mutuato.
1.13. Secondo la corte, infatti: – l ‘ azione revocatoria ex art. 2901 c.c. non è posta a tutela della par condicio creditorum e non è intesa a rendere inefficaci eventuali pagamenti preferenziali, come risulta ben chiaro dal terzo comma della disposizione, per cui ‘ non è soggetto a revoca l ‘ adempimento di un debito scaduto ‘ ; – la sua funzione è quella di rimediare al pregiudizio che l ‘ attività dispositiva del debitore arreca alle ragioni del creditore, intesa come possibilità di trovare soddisfazione sul patrimonio del debitore stesso; – un atto posto in essere in adempimento di un obbligo del debitore non può essere considerato atto dispositivo, essendo invece un atto dovuto, tant ‘ è che non è assoggettabile ad azione revocatoria ex art. 2901 c.c. l ‘ alienazione di un bene immobile da parte del debitore, quando il relativo prezzo sia stato destinato, anche solo in parte, al pagamento di suoi debiti scaduti, non applicandosi alla predetta azione il principio della par condicio , sancito a tutela di tutti i creditori nell ‘ esecuzione concorsuale, e salva la revocabilità degli ulteriori atti con i quali il debitore abbia disposto della somma residua.
1.14. La relazione ex art. 33 l.fall., infine, evidenzia che, stanti le perdite di esercizio, l ‘ assenza di altre risorse e l ‘ esistenza di un ‘ esposizione bancaria per €. 4.327.079,00, la cessione del patrimonio immobiliare era risultato l ‘ unico mezzo per reperire la liquidità al fine dell ‘ estinzione del debito, ponendosi così in rapporto di strumentalità necessaria con l ‘ atto dovuto.
1.15. La corte d ‘ appello, quindi, ha ritenuto che le sentenze impugnate dovevano essere interamente riformate, con integrale rigetto delle domande proposte dal Fallimento sia nei confronti dei vari atti di compravendita immobiliare sia per quanto concerne l ‘ ipoteca iscritta a favore della banca convenuta.
1.16. Il Fallimento, con ricorso notificato in data 18/7/2022, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.17. La RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
1.18. Lo stesso ha fatto la Banca Popolare di Sondrio.
1.19. La Liquidazione giudiziale RAGIONE_SOCIALE con memoria del 20/6/2025, si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
1.20. Il pubblico ministero, con memoria depositata il 14/6/2025, ha chiesto il rigetto del ricorso.
1.21. Il Fallimento e la banca hanno depositato memorie.
1.22. La RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e la Liquidazione giudiziale RAGIONE_SOCIALE hanno parimenti depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il Fallimento ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell ‘ art. 2901 c.c., degli artt. 43 e 96, comma 2°, n. 3 l.fall. nonché dell ‘ art. 37 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso la sussistenza dell ‘ eventus damni sul rilievo che, al momento degli atti in questione, non preesistevano ragioni creditorie nei confronti della società poi fallita, omettendo, tuttavia, di considerare che: – la sentenza n. 57/02/14 della Commissione Tributaria di primo grado di
Bolzano, che ha annullato gli avvisi d ‘ accertamento tributari relativi agli anni 2007 e 2008, è stata pubblicata solo in data 14/4/2014; – tale sentenza, essendo venuta ad esistenza solo con la sua pubblicazione e non al momento della deliberazione, come ha ritenuto la corte di merito, che ha indicato il giorno 13/1/2014, quando invece s ‘ è tenuta la camera di consiglio, è, pertanto, successiva all ‘ apertura della procedura concorsuale, essendo stata resa pubblica due mesi dopo l ‘apertura in data 13/2/2014 del fallimento; – tale sentenza, essendo stata pronunciata alla sentenza dichiarativa, non è, dunque, opponibile al Fallimento; – il credito relativo ai tributi maturati negli anni 2007 e 2008 è stato, per contro, ammesso allo stato passivo del Fallimento, che non è stato opposto ed è, quindi, definitivo, sicché, nei confronti della massa dei creditori, quel credito, anteriore all ‘ apertura della procedura, esiste; – tale credito, in quanto definitivamente ammesso allo stato passivo fallimentare, era, dunque, preesistente rispetto al compimento dell ‘ atto pregiudizievole.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 167, comma 2°, 112 e 345, comma 2°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 oppure all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso la revocabilità degli atti impugnati sul rilievo che sono esenti da revocatoria gli atti di alienazione di beni immobili da parte del debitore quando il relativo prezzo sia stato destinato, anche solo in parte, al pagamento di suoi debiti scaduti, omettendo, però, di considerare che: -l ‘ esenzione dalla revocatoria ordinaria, prevista per l ‘ adempimento di un debito scaduto, integra un ‘ eccezione in senso stretto, presupponendo l ‘ allegazione in giudizio di fatti impeditivi non rilevabili d ‘ ufficio; – i convenuti,
per contrastare l ‘ azione revocatoria del curatore, avrebbero dovuto sollevare l ‘ eccezione nelle loro comparse di risposta tempestivamente depositate ai sensi dell ‘ art. 167, comma 2°, c.p.c.; – in nessuno di tali atti, tuttavia, è stato invocato l ‘ art. 2901, comma 3°, c.c., né si è affermato che i trasferimenti impugnati costituivano atti dovuti trattandosi dell ‘ unico modo mediante il quale era possibile estinguere ‘ debiti scaduti ‘ ; – l ‘ art. 112 c.p.c. vieta al g iudice di ‘ pronunciare d ‘ ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti ‘, nello stesso modo in cui l ‘ art. 345, comma 2°, c.p.c. esclude che nel giudizio d’appello siano proponibili ‘ eccezioni … non … rilevabili anche d ‘ ufficio ‘.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2901, comma 3°, c.c. e 1219 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso la sussistenza dell ‘ eventus damni sul rilievo che il corrispettivo ottenuto dai trasferimenti in questione sarebbe stato impiegato ‘ per abbattere completamente il debito bancario della fallita ‘ e che l ‘ actio pauliana proposta dal curatore del fallimento ‘ non è intesa a rendere inefficaci eventuali pagamenti preferenziali ‘ , come si ricava dall ‘ art. 2901, comma 3°, c.c., che esclude da revocatoria ‘ l ‘ adempimento di un debito scaduto ‘ , senza, tuttavia, considerare che: – l ‘ art. 2901, comma 3°, cit., traendo giustificazione dalla natura di atto dovuto della prestazione del debitore una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex art. 1219 c.c., ricomprende anche l ‘ alienazione di un bene eseguita per reperire la liquidità occorrente all ‘ adempimento di un proprio debito, a condizione che la stessa rappresenti il solo mezzo per tale scopo, ponendosi, in siffatta ipotesi, la vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un
atto dovuto, sì da poterne escludere il carattere di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca; – non basta, dunque, che l ‘ atto costituisca adempimento di un debito purchessia ma è, invece, indispensabile che la prestazione soddisfi un debito rispetto al quale vi sia stata (previa) messa in mora ai sensi dell ‘ art. 1219 c.c.; – il giudice, pertanto, a differenza di quanto ha fatto la sentenza impugnata, deve procedere all ‘ indispensabile accertamento che i debiti ripianati con il prezzo ricavato dalle alienazioni fossero debiti già ‘ scaduti ‘, e cioè debiti rispetto ai quali vi fosse stata preventiva messa in mora della Jade in bonis da parte della banca creditrice.
2.4. Il primo motivo è inammissibile, con assorbimento degli altri.
2.5. L ‘art. 66 l.fall., rubricato ‘ azione revocatoria ordinaria ‘, dispone, invero, che il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci ‘ gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori ‘ secondo le norme del codice civile.
2.6. La disposizione, lì dove compie un rinvio alle norme civilistiche in materia di azione revocatoria, attesta la natura derivata dell ‘ azione proposta dal curatore ai sensi della richiamata norma, la quale, pur nella peculiarità del suo esercizio nell ‘ ambito di una procedura concorsuale, rimane comunque retta dai requisiti sostanziali previsti dal disposto dell ‘ art. 2901 c.c..
2.7. L ‘ esercizio dell ‘ azione pauliana ad opera del curatore del fallimento comporta, dunque, una deviazione dallo schema comune unicamente quanto a effetti, legittimazione e competenza, in ragione del contesto concorsuale da cui trae origine, ma non modifica i presupposti a cui è correlato l ‘ accoglimento dell ‘ azione e la sua natura di mezzo di
conservazione della garanzia patrimoniale (Cass. n. 36033 del 2021).
2.8. Il curatore che domandi, a norma dell ‘ art. 66 l.fall., la revoca di un atto (a titolo oneroso) compiuto dal debitore poi fallito deve, pertanto, dimostrare in giudizio, a norma dell ‘ art. 2901, comma 1°, c.c., (tra l ‘ altro) il pregiudizio alle ‘ ragioni ‘ dei creditori, vale a dire alle pretese vantate da uno o più creditori nei confronti dell ‘ autore, poi fallito, dell ‘ atto dispositivo.
2.9. Tale pregiudizio, in particolare, si verifica tutte le volte in cui, a seguito del compimento dell ‘ atto dispositivo da parte del debitore (e salvo il caso della dolosa preordinazione dell ‘ atto a danneggiare i crediti non ancora sorti nei confronti del suo autore), il patrimonio di quest ‘ ultimo sia diventato, sul piano quantitativo o qualitativo, tale da rendere impossibile (ovvero più incerta o difficile) l ‘ integrale soddisfazione dei diritti di credito, in quel momento già esistenti, vantati nei confronti dello stesso (anche se si tratta, come precisa l ‘ art. 2901, comma 1°, c.c., di crediti non esigibili perché sottoposti a termine non ancora scaduto ovvero a condizione non ancora verificatasi) e che, come tali, in quanto insoddisfatti, sono stati poi ammessi al passivo del fallimento del debitore che ne è stato l ‘ autore (cfr. Cass. n. 26331 del 2008; Cass. n. 19515 del 2019; Cass. n. 524 del 2023, in motiv.; Cass. n. 7201 del 2024).
2.10. Nel caso in esame, come detto, la corte d ‘ appello ha ritenuto che non sussistevano crediti nei confronti della società poi fallita anteriori agli atti dispositivi compiuti dalla stessa sul rilievo che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, i tributi di €. 25.656,37 per l’ anno 2007 e di €. 33.527,05 per l ‘ anno 2008, risultavano da avvisi di accertamento che erano stati annullati, per ragioni di merito, dalla commissione tributaria di primo grado di Bolzano con sentenza del 13/1/2014, e che,
per tale ragione, tali pretese creditorie, pur se definitivamente ammesse allo stato passivo del fallimento, non risultavano, ai fini dell ‘ eventus damni , giuridicamente esistenti.
2.11. Tale statuizione è giuridicamente corretta.
2.12. Non v’è dubbio, invero, che, come questa Corte ha ripetutamente affermato, l ‘ accertamento dell ‘ esistenza (o dell ‘ inesistenza) del diritto di credito verso il fallito, sia pure ai soli fini della procedura concorsuale nella quale è reso il decreto del giudice delegato previsto dall ‘ art. 96 l.fall., impedisce, ove non impugnato (al pari dei decreti pronunciati dal tribunale a seguito dei giudizi previsti dall ‘ art. 99 l.fall., una volta che siano definitivi), tanto la successiva deduzione, quanto (e soprattutto) la differente soluzione, in successivi giudizi tra le medesime parti (e cioè, nel corso della procedura, il creditore istante ed il curatore del fallimento): a) di tutte le questioni che riguardino l ‘ esistenza e l ‘ entità del credito, la validità e l ‘ opponibilità del titolo dal quale il diritto deriva e l ‘ esistenza delle cause di prelazione che eventualmente lo assistono (cfr. Cass. n. 4632 del 2023, in motiv.); b) di tutte le questioni (esplicitamente o implicitamente definite) che costituiscono l ‘ antecedente logicogiuridico necessario della decisione in precedenza assunta, ivi comprese quelle che, pur non essendo state espressamente dedotte, risultano necessariamente collegate all ‘ area del thema decidendum (cfr. Cass. n. 15040 del 2024, in motiv.).
2.13. Resta, nondimeno, il principio secondo cui nessuna efficacia preclusiva ha l’ accertamento svolto in sede di verificazione quando si tratti, come nel caso in esame, di un giudizio (qual è quello conseguente all’azione di revoca proposta ai sensi dell’art. 66 l.fall. ) vertente tra il Fallimento e i terzi (acquirenti), pur quando tale giudizio abbia avuto ad oggetto l’accertamento , ancorché in via incidentale, del medesimo
diritto, come si è ritenuto nei casi del giudizio di opposizione al fallimento (Cass. n. 9622 del 1993; Cass. n. 12823 del 2003; Cass. n. 18832 del 2008, in motiv.), del giudizio di responsabilità a norma dell ‘ art. 146, comma 2°, l.fall. (Cass. n. 2671 del 1977) ovvero del giudizio promosso dal creditore nei confronti del fideiussore (Cass. n. 2545 del 1990).
2.14. Il decreto di esecutività dello stato passivo, dunque, pur avendo accertato la sussistenza dei crediti nei confronti della società fallita per i tributi di €. 25.656,37 per l’anno 2007 e di €. 33.527,05 per l’anno 2008, non impedisce, pur se definitivo, che la sussistenza di questi stessi crediti sia, appunto, esclusa (come ha fatto, peraltro in via incidentale, la corte d’appello, in ragione delle risultanze, non contestate, della sentenza pronunciata dalla commissione tributaria) in altro giudizio intercorrente tra il Fallimento ed uno o più terzi.
Il ricorso è, dunque, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio, che liquida, per ciascuno di essi, in €. 8.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima