Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3304 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3304 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 23350/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-controricorrente-
COGNOME NOME;
-intimato-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1543/2021 depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto in fatto che
con ricorso ex art. 702 bis cod.proc.civ., NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Forlì l’ ex marito, NOME COGNOME, e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Portico RAGIONE_SOCIALE Benedetto, affinché fosse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 cod.civ., della rinuncia da parte di NOME COGNOME alla indennità di carica quale sindaco del RAGIONE_SOCIALE;
la ricorrente assumeva di essere creditrice delle somme che l’ex marito era stato condannato, dal Tribunale di Forlì, a versarle all’esito del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio, a titolo di contributo al mantenimento del figlio NOME;
i convenuti eccepivano entrambi, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, atteso che la rinuncia all’indennità di carica era stata recepita con la delibera della giunta comunale n. 45/2014; nel merito, l’ente comunale sosteneva che con la rinuncia si era estinta la sua obbligazione nei confronti del sindaco e che le somme destinate all’indennità di carica erano state legittimamente acquisite al patrimonio del comune e altrimenti destinate con atti amministrativi ormai definitivi; NOME COGNOME, invece, deduceva l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’azione revocatoria;
nonché contro
il Tribunale di Forlì, con ordinanza emessa in data 24 febbraio 2017, dichiarava in via preliminare la giurisdizione del giudice ordinario e nel merito accoglieva la domanda dell’attrice;
la Corte d’appello di Bologna, investita dell’appello dal RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 1543/2021, resa pubblica in data 15 giugno 2021 e notificata tramite pec il 17 giugno 2021, rigettava l’impugnazione;
avvalendosi di tre motivi, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Portico RAGIONE_SOCIALE Benedetto ricorre per la cassazione di detta pronuncia;
resiste con controricorso NOME COGNOME;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
Considerato che
1) con il primo motivo è dedotto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione all’art. 37 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 1, cod.proc.civ.;
secondo l’ente comunale l’azione spiegata dall’odierna controricorrente andava ad incidere sulla sua attività istituzionale e sul bilancio pubblico, dato che i fondi ricavati dalla rinuncia all’indennità dell’ormai ex sindaco, erano stati imputati a specifici capitoli del bilancio comunale per finanziare altre attività istituzionali e sociali;
la Corte d’appello, negando la giurisdizione del giudice amministrativo, perché l’azione revocatoria aveva ad oggetto l’atto civilistico di rinuncia al credito all’indennità di funzione e perché non erano in discussione né la validità né l’efficacia della delibera comunale che aveva preso atto di tale rinuncia, non avrebbe tenuto conto: i) che la rinuncia era espressione di una precisa linea politica del sindaco e della giunta e quindi di un atto di governo del RAGIONE_SOCIALE; ii) che l’accoglimento dell’ actio NOME determinava un’ingerenza sulla gestione delle risorse economiche da parte del comune; iii) che l’indennità non ha natura di retribuzione, ma di
ristoro per il tempo che il primo cittadino occupa a fini pubblici; iv) che la somma destinata a detta attività è vincolata all’uso pubblico che non può essere modificato né dalla volontà dell’ente né da quella del sindaco; v) che il destinatario vi può rinunciare, ma che gli effetti di tale rinuncia restano circoscritti alla sfera patrimoniale del rinunciante e non possono incidere sulla destinazione delle somme;
aggiunge il RAGIONE_SOCIALE che, comunque, stante la natura dichiarativa e l’efficacia retroattiva della sentenza che accoglie la domanda ex art. 2901 cod.civ., la controricorrente potrebbe pretendere le somme di cui il sindaco era creditore e il RAGIONE_SOCIALE potrebbe eccepire che, non essendoci mai stato un vincolo dipendente dalla sentenza dichiarativa sull’impiego di dette somme, esse erano state legittimamente impiegate sulla base di atti legittimi, mai contestati, mai opposti e/o impugnati, e quindi consolidati; di conseguenza, la sentenza di accoglimento dovrebbe considerarsi inutiliter data ;
se, invece, si ipotizzasse l’esecuzione ex tunc della sentenza di revocazione, essa andrebbe ad incidere sulla legittimità degli atti amministrativi e di governo con cui aveva disposto delle somme destinate all’indennità che verrebbero disapplicati retroattivamente, in contrasto con l’affermazione contenuta in sentenza che l’azione esercitata non aveva ad oggetto l’accertamento della validità e dell’efficacia degli atti amministrativi;
avrebbe, in aggiunta, errato la Corte d’appello anche nel ritenere che vi sarebbero due atti, l’uno, privatistico, la rinuncia, l’altro, la delibera comunale, non impugnato, autonomi l’uno rispetto all’altro -peraltro, senza fornire motivazioni a supporto di detta statuizione – perché la delibera comunale n. 45/2014, per un verso, prendeva atto della rinuncia e, per l’altro, disponeva delle somme rinunciate, perché, anche ad ipotizzare, che la delibera comunale sia un unico atto con doppia natura, a seconda dalla parte considerata, dette parte erano inscindibili l’una dall’altra;
infine, la Corte d’Appello si sarebbe posta in insanabile contrasto con il Tribunale; quest’ultimo aveva dichiarato inefficace l’atto di rinuncia formalizzato con la delibera comunale, la Corte d’Appello ha confermato la declaratoria di inefficacia della delibera comunale, giustificando il rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione, dicendo che la domanda dell’appellata non aveva ad oggetto l’inefficacia della delibera della Giunta regionale;
con il secondo motivo il comune si duole della violazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
secondo la prospettazione del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe trattato l’atto di rinuncia all’indennità come una donazione, nonostante abbia ammesso la finalità politica della rinuncia all’indennità di funzione, attribuendo prevalenza alla consapevolezza del danno che ne derivava per le ragioni creditorie di NOME COGNOME, senza considerare la quaestio facti nel suo complesso, limitandosi ad una parziale e sommaria sussunzione del caso all’art. 2901 cod.civ., ignorando le specificità del caso concreto o comunque non spiegando le ragioni per cui tale specificità non è stata considerata rilevante o recessiva;
con il terzo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 cod.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
stando al fatto che nel dicembre 2015 il debitore aveva versato all’appellata la somma di euro 25.000,00 saldando il debito che aveva nei suoi confronti, secondo il ricorrente non si spiegherebbe come mai il giudice a quo abbia ritenuto sussistente nell’agosto del 2014 la scientia damni in capo all’ ex sindaco;
il primo motivo di ricorso solleva una questione di giurisdizione; il ricorso va rimesso alle Sezioni Unite, a norma dell’art. 374, 1° primo periodo, cod.proc.civ., non rinvenendosi precedenti specifici al riguardo, sicché non sussistono le condizioni,
previste dallo stesso art. 374, 1° comma, cod.proc.civ., affinché la proposta questione di giurisdizione sia decisa da questa Sezione.
PQM
La Corte rimette la causa alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di