Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7027 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7027 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6273/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Messina INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1788/2023 depositata il 08/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha proposto azione revocatoria fallimentare ex art. 67, secondo comma, l. fall. nei confronti di Banca Monte dei Paschi di Siena relativamente al pagamento della somma di €. 99.244,21 incassata dalla banca in forza della escussione di pegno costituito a garanzia di crediti vantati dalla banca su polizza stipulata dalla società debitrice con Axa MPS Assicurazioni Vita; in virtù del l’escussione della polizza, la banca avrebbe compensato l’esposizione debitoria derivante da un affidamento in conto corrente, violando la par condicio con la consapevolezza dello stato di insolvenza.
Il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda, ritenendo la revocabilità in forza della natura regolare del pegno e ritenendo provata la scientia decoctionis.
La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’a ppello della banca. Per quanto qui ancora rileva, il giudice di appello ha ritenuto che la questione dell’operatività della disciplina di cui all’art. 4 d. lgs. n. 170/2004 è inammissibile in quanto nuova. Con una seconda concorrente ragione della decisione, il giudice di appello ha ritenuto che, in ogni caso, tale disciplina è irrilevante ai fini dell’azione revocatoria proposta, non essendovi prova che la garanzia sulla polizza fosse di natura finanziaria.
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il fallimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. , nella parte in cui la sentenza impugnata
ha ritenuto che la censura relativa all’applicazione del d. lgs. n. 170/2004 fosse nuovo motivo di appello. Osserva parte ricorrente che la questione dell’applicazione dell a disciplina delle garanzie finanziarie attiene alla qualificazione giuridica (art. 113 cod. proc. civ.) e non al principio della domanda, per cui il giudice avrebbe dovuto esaminare nel merito la questione alla luce dell’interpretazione dei contratti di pegno.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4 d. lgs. n. 170/2004, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che il contratto stipulato dalla società debitrice con RAGIONE_SOCIALE, oggetto del contratto di pegno, fosse ascrivibile ad attività finanziarie. Osserva parte ricorrente che il contratto stipulato costituisce contratto di capitalizzazione e di pegno, per il quale è assente qualsiasi alea propria del contratto assicurativo o previdenziale e che ha come oggetto una prestazione finanziaria avente ad oggetto un rendimento alla scadenza, al pari degli altri prodotti di investimento assicurativi. Vi sarebbe dunque difetto di motivazione « circa la ritenuta mancata applicazione alla fattispecie concreta la normativa sulle cosiddette garanzie finanziarie », riproponendosi sotto altro profilo la doglianza esposta al superiore motivo.
Con il terzo motivo si deduce « errata statuizione sulle spese », nel caso in cui l’accoglimento dell’appello « avrebbe dovuto determinare la condanna del Fallimento » alle spese.
Il primo motivo è infondato. Vero è che il giudice può riqualificare la domanda in modo diverso da come prospettato dalla parte a condizione dell’invariabilità di petitum e causa petendi (Cass., n. 10402/2024; Cass., n. 6292/2023; Cass. n. 19186/2020), così come in appello il principio della corrispondenza tra il chiesto e
il pronunciato non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado (Cass., n. 6533/2024; conf. Cass., n. 6533/2024).
Tuttavia, il giudice di legittimità può decidere la causa nel merito anche in caso di violazione o falsa applicazione di norme processuali (Cass., n. 2313/2010; Cass., n. 24866/2017), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., n. 16171/2015; Cass., n. 9693/2018). Orientamento, questo, conforme al principio di economia processuale, che giustifica il potere della Corte di cassazione di correggere, ex art. 384, quarto comma, cod. proc. civ. la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento all’ error in procedendo , indipendentemente dalla circostanza che la falsa applicazione dipenda dall’erronea soluzione di una quaestio iuris o di una quaestio facti , trattandosi di fatto processuale rispetto al quale la Corte ha potere d’indagine autonoma sul fascicolo (Cass., n. 1669/2023; Cass., Sez. U., n. 2731/2017).
Nel caso di specie, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 4 d. lgs. 170/2004 non ha rilevanza ai fini dell’esenzione dall’azione revocatoria, non essendo la natura di garanzia finanziaria del pegno in grado di comportare alcuna esclusione dall’azione revocatoria proposta (Cass., n. 29998/2023).
Ne consegue che il ricorrente non ha interesse a dolersi dell’omesso esame della diversa prospettazione in appello della garanzia oggetto di azione revocatoria, non sortendo la stessa effetti ai fini dell’azione proposta dalla curatela del fallimento , con conseguente inammissibilità del motivo. Così come deve ritenersi formato un giudicato interno in relazione alla natura regolare del pegno per omesso trasferimento al creditore della titolarità del pegno, nonché in relazione alla scientia decoctionis.
Il secondo motivo, relativo alla effettiva strutturazione del pegno in termini di garanzia finanziaria, è inammissibile per difetto di interesse, essendo la decisione impugnata stabilizzata in forza del consolidamento della prima concorrente ragione della decisione, così come per le stesse ragioni è inammissibile l’esame del terzo motivo. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 6.000,00 , oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025.