Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10672 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10672 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3178/2023 R.G. proposto da :
NOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4764/2022 depositata in data 8/7/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Roma i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME Salvatore per ottenere ex articolo 2901 c.c. la dichiarazione di inefficacia dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale compiuto il 26 marzo 2013, in relazione ad un credito di euro 480.000 oggetto di lodo arbitrale irrituale e conseguente decreto ingiuntivo; i convenuti si costituivano, resistendo.
Il Tribunale accoglieva la domanda con sentenza n. 874/2018.
I suddetti coniugi proponevano appello, per il quale controparte rimaneva contumace, e che veniva rigettato dalla Corte d’appello di Roma con sentenza n. 4764/2022.
COGNOME e NOME propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, da cui non si è difesa controparte.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 81 c.p.c., 168 c.c. e 346 c.p.c. nonché, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo.
1.1 La Corte d’appello avrebbe errato nel riconoscere la legittimazione passiva a NOME COGNOME violando l’articolo 168 c.c. e richiamando ‘immotivatamente ed erroneamente’ Cass. 5678/2022, che riconosce la legittimazione passiva dei coniugi in giudizio suscitato per azione pauliana su fondo patrimoniale ‘anche se l’atto costitutivo sia stato stipulato da uno solo di essi’, spettando a entrambi ex articolo 168 c.c. la proprietà dei beni oggetto della convenzione, salvo ‘sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo’.
Come eccepito in primo grado, in appello si sarebbe evidenziato che nell’atto di costituzione i beni di proprietà di NOME COGNOMEsono distinti rispetto a quelli del marito’, e il giudice d’appello ciò
non avrebbe considerato. Nell’atto costitutivo del fondo si prevede infatti che determinati beni ‘sono e restano di piena ed esclusiva proprietà’ di NOME COGNOME; e l’articolo 168 c.c. stabilisce che la proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta a entrambi i coniugi, salvo sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione. Pertanto sarebbero stati violati gli articoli 81 c.p.c. e 168 c.c.: vi sarebbe difetto di legittimazione passiva di NOME COGNOME ai sensi dell’articolo 168 c.c., e per tali immobili il fondo ‘non può essere soggetto ad azione revocatoria’.
Vi sarebbe pure violazione e falsa applicazione dell’articolo 346 c.p.c. per la riproposizione di questioni della controparte rimasta contumace.
L’inerzia della parte contumace presuppone implicitamente la carenza di interesse a proseguire il giudizio, per cui appunto il giudice d’appello avrebbe violato l’articolo 346 c.p.c. considerando come riproposte in appello le questioni dell’appellato contumace.
1.2 La questione sottoposta al giudice d’appello era la legittimazione passiva del coniuge non proprietario. Su questo è nitido l’insegnamento di Cass. sez. 3, ord. 5768/2022, per cui la legittimazione passiva comunque sussiste, essendo tale coniuge beneficiario dei relativi frutti; conforme è stata Cass. sez. 3, ord. 8447/2023 (e cfr. pure Cass. sez. 3, ord. 19319/2023). Ciò porta al rigetto del motivo, assorbendo anche il profilo di cui all’articolo 346 c.p.c.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione dell’articolo 132 n. 4 c.p.c.
2.1 La Corte d’appello, a pagina 3 della sentenza, afferma doversi dichiarare inammissibile ‘la contestazione concernente il capo della sentenza che ha ritenuto il credito insorto prima della costituzione del fondo: gli appellanti si limitano a riproporre la propria tesi (secondo cui il credito sarebbe insorto solo con l’emissione del
decreto ingiuntivo) senza rivolgere alcuna specifica critica alla motivazione contraria adottata dal tribunale’.
Qui il giudice d’appello avrebbe violato gli articoli 132 n.4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. perché i ricorrenti avrebbero svolto ‘specifiche critiche’: ‘si ribadisce’ come nei due gradi di merito che controparte ha notificato il 24 settembre 2013 il decreto ingiuntivo che intimava di pagare euro 480.000 – circostanza incontestata -; e il fondo è stato effettivamente costituito nel marzo del 2013.
L’arbitrato irrituale, poi, genera ‘un lodo avente soltanto effetti negoziali’, e non può quindi basare l’azione revocatoria del fondo. Eppure su questo il giudice d’appello non avrebbe ‘esposto le ragioni giuridiche’. Si rammenta inoltre che Cass. sez. 3, ord. 28011/2019 insegna che l’arbitrato irrituale è ‘strumento che esclude la tutela giurisdizionale e con essa qualsiasi analogica applicazione delle norme processuali dettate per l’arbitrato rituale’.
2.2 A tacer d’altro, gli stessi ricorrenti, nella ‘Esposizione dei fatti di causa’ (ricorso, pagina 2), affermano che la presente causa fu avviata in primo grado con citazione notificata il 4 luglio 2014; poiché il decreto ingiuntivo fu notificato, come sempre i suddetti ammettono in questo motivo, quasi un anno prima (il 24 settembre 2013), è evidente che vi è stata ragione giuridica per l’azione pauliana: il decreto ingiuntivo, che gli stessi ricorrenti, a pagina 3 del ricorso, ancora nell’esposizione dei fatti, definiscono ‘decreto ingiuntivo dichiarato successivamente provvisoriamente esecutivo’.
Il motivo va dunque disatteso.
Con il terzo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2901 e 2697 c.c.
3.1 La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’ultimo motivo del gravame attinente all’elemento soggettivo di NOME COGNOME
I ricorrenti oppongono l’inesistenza dei requisiti dell’azione pauliana: l’atto di costituzione del fondo patrimoniale sarebbe ‘stato sottoscritto nell’assoluta inconsapevolezza’ dei coniugi di danneggiare controparte che, peraltro contumace in appello, non avrebbe provato il contrario; il fondo sarebbe stato costituito quando anche NOME COGNOMEè divenuta imprenditrice’. Pertanto sarebbe ‘apodittico, errato e privo di concreta motivazione l’assunto dei giudici di primo e secondo grado della sussistenza di scientia damni.
Sarebbe stato legittimo creare il fondo patrimoniale, perché ‘costituito nell’interesse di una famiglia e in ossequio all’obbligo previsto dall’art. 143 c.p.c. di assicurare il sostentamento della famiglia, con insussistenza della consapevolezza del danno alle ragioni dei creditori’. La prova al riguardo può fornirsi anche a mezzo di presunzioni semplici; si cita giurisprudenza in tema. Questa Suprema Corte avrebbe affermato che il diritto di credito sulla cui base si chiede la revocatoria del fondo dovrebbe concernere un credito contratto per i bisogni della famiglia; e nel caso in esame controparte non avrebbe provato su questo, e sarebbe poi rimasta contumace nel giudizio d’appello. Conseguentemente sarebbe stato violato l’articolo 2697 c.c.
3.2 La prima parte del motivo risulta direttamente fattuale e quindi inammissibile. In seguito, dove si assume che l’azione pauliana non può investire il fondo patrimoniale se non in relazione a credito contratto per i bisogni di famiglia, si introduce un novum, peraltro non evincibile dal generale dettato dell’articolo 2901 c.c. Questa seconda parte risulta pertanto infondata.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese poiché l’intimato non si è difeso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma l’11 aprile 2025