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Azione revocatoria e fondo patrimoniale: la decisione

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di azione revocatoria intentata da un creditore contro un fondo patrimoniale costituito da due coniugi. I debitori sostenevano che il fondo, creato per le necessità familiari, non potesse essere attaccato e che uno dei coniugi non fosse legittimato passivo. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando che l’azione revocatoria è esperibile. Ha chiarito che anche il coniuge non proprietario dei beni è parte necessaria del giudizio e che il fondo non può essere usato come scudo per pregiudicare i diritti dei creditori, essendo sufficiente la consapevolezza del danno e non necessario il dolo specifico.

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Azione Revocatoria e Fondo Patrimoniale: Quando la Tutela della Famiglia Cede il Passo al Creditore

L’istituto del fondo patrimoniale è spesso percepito come uno scudo per proteggere i beni familiari. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questa protezione di fronte a un’azione revocatoria. Il caso analizzato dimostra come la costituzione di un fondo patrimoniale non possa essere utilizzata per pregiudicare le ragioni dei creditori, soprattutto quando l’atto di disposizione avviene con la consapevolezza di ridurre la garanzia patrimoniale del debitore.

I Fatti del Caso: un Debito e un Fondo Patrimoniale Sospetto

La vicenda trae origine da un credito di 480.000 euro, sorto da un lodo arbitrale e consolidato da un decreto ingiuntivo. Un creditore agiva in giudizio contro una coppia di coniugi per ottenere la dichiarazione di inefficacia, tramite azione revocatoria, dell’atto con cui avevano costituito un fondo patrimoniale. Il fondo era stato creato nel marzo 2013, mentre il decreto ingiuntivo era stato notificato nel settembre dello stesso anno. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda del creditore, ritenendo l’atto lesivo della garanzia patrimoniale. I coniugi, non soddisfatti, proponevano ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali.

L’analisi della Cassazione e l’azione revocatoria

La Suprema Corte ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione dell’azione revocatoria al fondo patrimoniale.

La Legittimazione Passiva del Coniuge Non Proprietario

Il primo motivo di ricorso sosteneva il difetto di legittimazione passiva della moglie, in quanto i beni da lei conferiti nel fondo erano rimasti di sua esclusiva proprietà, come previsto dall’atto costitutivo. Secondo i ricorrenti, ciò avrebbe dovuto escluderla dal giudizio.

La Corte ha respinto questa tesi, richiamando un orientamento consolidato (Cass. n. 5768/2022 e n. 8447/2023). Anche se un coniuge non è proprietario dei beni, la sua partecipazione al giudizio di revocatoria è necessaria. Il motivo risiede nel fatto che egli è comunque beneficiario dei frutti derivanti dai beni del fondo, destinati a soddisfare i bisogni familiari. Pertanto, entrambi i coniugi sono litisconsorti necessari nell’azione revocatoria che mira a rendere inefficace il vincolo di destinazione impresso con il fondo.

Anteriorità del Credito e Motivazione della Sentenza

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentavano una violazione di legge per presunta carenza di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo all’anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo. Sostenevano che il credito fosse sorto solo con l’emissione del decreto ingiuntivo, quindi successivamente alla creazione del fondo.

Anche questo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha osservato che la stessa esposizione dei fatti da parte dei ricorrenti dimostrava l’esistenza di una ragione di credito (il lodo arbitrale) preesistente. Il decreto ingiuntivo, notificato quasi un anno prima dell’avvio della causa di revocatoria, costituiva una solida ragione giuridica per l’azione. L’anteriorità del credito, dunque, non era in discussione.

L’Elemento Soggettivo e la Finalità del Fondo Patrimoniale

L’ultimo motivo di ricorso si concentrava sull’assenza dell’elemento soggettivo, la cosiddetta scientia damni. I coniugi affermavano di aver agito in “assoluta inconsapevolezza” di danneggiare il creditore e che il fondo era stato legittimamente costituito per l’interesse della famiglia. Inoltre, introducevano la tesi secondo cui l’azione revocatoria non potesse applicarsi a un fondo patrimoniale se il credito non fosse stato contratto per i bisogni familiari.

La Corte ha dichiarato questa argomentazione in parte inammissibile, perché fattuale, e in parte infondata. Ha ribadito che per l’azione revocatoria di un atto a titolo gratuito compiuto dopo il sorgere del credito, è sufficiente la mera consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore (scientia damni), senza che sia necessario un intento doloso specifico. Inoltre, ha qualificato come novum (questione nuova) e infondata la tesi che limita la revocatoria ai soli crediti contratti per bisogni familiari, un’eccezione non prevista dall’art. 2901 c.c.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso basandosi su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha confermato che nell’azione revocatoria contro un fondo patrimoniale, entrambi i coniugi sono litisconsorti necessari, indipendentemente dalla proprietà dei beni conferiti, poiché entrambi beneficiano del vincolo di destinazione. In secondo luogo, ha chiarito che il presupposto per l’azione non è la data di emissione di un titolo esecutivo, ma l’esistenza di una ragione di credito, anche se non ancora accertata giudizialmente, anteriore all’atto dispositivo. Infine, ha ribadito che la finalità di tutela dei bisogni familiari del fondo patrimoniale non può prevalere sulla tutela del ceto creditorio, quando sussistono i presupposti dell’art. 2901 c.c., ovvero il pregiudizio per il creditore (eventus damni) e la consapevolezza di tale pregiudizio da parte del debitore (scientia damni).

le conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: il fondo patrimoniale non è uno strumento intoccabile per eludere le proprie obbligazioni. L’azione revocatoria si conferma un rimedio efficace per i creditori che vedono diminuita la garanzia patrimoniale del debitore a seguito della costituzione di tale fondo. La decisione sottolinea che la tutela della famiglia non può tradursi in un abuso del diritto a danno di terzi. Per i debitori, ciò significa che la costituzione di un fondo patrimoniale in presenza di debiti preesistenti espone a un rischio concreto di inefficacia dell’atto, essendo sufficiente la consapevolezza del potenziale danno ai creditori.

Il coniuge che non è proprietario dei beni messi nel fondo patrimoniale può essere comunque citato in giudizio in un’azione revocatoria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che entrambi i coniugi sono litisconsorti necessari, e quindi devono partecipare al giudizio, perché anche il coniuge non proprietario è beneficiario dei frutti dei beni destinati a soddisfare i bisogni della famiglia.

È possibile attaccare con un’azione revocatoria un fondo patrimoniale costituito prima della notifica di un decreto ingiuntivo?
Sì. Ciò che rileva ai fini dell’azione revocatoria è che la ragione del credito sia sorta prima dell’atto di costituzione del fondo. Il decreto ingiuntivo serve a formalizzare il credito, ma la sua esistenza può precedere tale atto, come nel caso di un lodo arbitrale.

Il fatto che un fondo patrimoniale sia stato creato per i bisogni della famiglia lo protegge dall’azione revocatoria?
No. La finalità di tutela dei bisogni familiari non rende il fondo patrimoniale immune dall’azione revocatoria. Se l’atto di costituzione del fondo pregiudica le ragioni di un creditore e il debitore ne era consapevole (scientia damni), il fondo può essere dichiarato inefficace nei confronti di quel creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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