Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30140 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30140 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8866/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato NOMECOGNOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
contro
ricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
avverso sentenza di Corte d’Appello Napoli n. 4194/2020 depositata il 03/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 Il RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (successivamente divenuta RAGIONE_SOCIALE) chiedendo che fosse dichiara inefficace nei confronti dell’ente comunale, creditore nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di € 222.175 per omesso versato dell’I.C.I, l’atto , per AVV_NOTAIO del 21/10/2007, in forza del quale RAGIONE_SOCIALE cedette a RAGIONE_SOCIALE il ramo d’azienda .
1.1 Nelle more del giudizio di primo grado la causa venne dichiarata interrotta per il fallimento della soc. RAGIONE_SOCIALE per poi essere riassunta dalla Curatela ; il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE rimase in giudizio senza essere estromesso.
Il Tribunale di Napoli, con sentenza nr. 9028/2014, accolse la domanda e dichiarò l’inefficacia della cessione del ramo d’azienda.
2 Sul gravame della RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Napoli rigettava l’appello principale e quello incidentale proposto dal RAGIONE_SOCIALE compensando le spese nella misura della metà dei rapporti fra appellante principale e incidentale, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della residua metà.
2.1 La Corte, in via preliminare, rigettava l’eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale ordinario di Napoli in quanto la causa, secondo l’appellante, per effetto dell’intervento del fallimento, era divenuta di competenza del Tribunale fallimentare di RAGIONE_SOCIALE.
2.2 Rilevavano i giudici di secondo grado che sussistevano tutti i requisiti della revocatoria ex art. 2901 c.c. ed in particolare: a) l’ eventus damni, costituito dalla fuoriuscita dall’attivo della società, per effetto della cessione avvenuto per un corrispettivo di gran lunga inferiore al valore di bilancio, del principale asset, costituito dall’azienda, e dell’unico cespite immobiliare della società successivamente fallita; b) il consilium fraudis ovvero la consapevolezza da parte della società cessionaria del pregiudizio economico subito dai creditori della società venditrice desumibile dalla circostanza che lo stesso soggetto, NOME COGNOME rivestiva la carica di amministratore sia della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE, e dalle modalità di versamento del prezzo della cessione (€ 42.471 versati ed € 2.200.000 corrispondenti ai debiti accollati dal cessionario).
Ribadiva la Corte di merito la tardività dell’eccezione, da considerarsi in senso stretto, di esenzione di revocatoria, prevista dall’art. 2901, comma 3 c.c., per il pagamento di un debito scaduto.
La Corte, infine, disattendeva l’appello incidentale che lamentava la mancata pronuncia del Tribunale sulla domanda, articolata in tre ipotesi gradate, di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento per equivalente, resasi necessaria a seguito della demolizione del fabbricato industriale, in quanto la restituzione del terreno sul quale l’opificio era stato realizzato appariva funzionale ad un diverso sfruttamento della proprietà.
3 Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un unico motivo, il RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso, RAGIONE_SOCIALE ha anche proposto ricorso incidentale sulla base di otto motivi. Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Esigenze di economicità e logicità impongono prioritariamente lo scrutinio del ricorso incidentale i cui motivi investono la sussistenza dei requisiti dell’azione revocatoria promossa dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e proseguita dal RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
2 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 66 l.fall. e 5 e 20 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 3, c.p.c., per non avere la Corte accolto l’eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale ordinario di Napoli essendo competente, in virtù della vis actractiva , il Tribunale fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, luogo di apertura della procedura concorsuale della RAGIONE_SOCIALE.
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 E’ necessario muovere dai principi espressi da questa Corte (cfr. Cass. S.U. nr. 29420/2008), secondo cui «qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per fare dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore e, in pendenza del relativo giudizio, a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dalla L.Fall., art. 66, accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio».
Si è, inoltre, precisato, che benché tale subentro comporti anche una qualche modifica oggettiva riflessa dei termini della causa, in quanto la domanda d’inopponibilità dell’atto di disposizione compiuto dal debitore, inizialmente proposta a vantaggio soltanto del singolo creditore che ha proposto l’azione, viene ad essere estesa a beneficio della più vasta platea costituita dalla massa di tutti i creditori concorrenti, «ciò non basta a far ritenere che il curatore debba necessariamente intraprendere l’azione ex novo (come peraltro egli potrebbe pur sempre scegliere di fare), perché le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale, che ha giustificato all’origine la proposizione della domanda, non scompare, ma è naturalmente assorbita in quella della massa che la ricomprende»; pertanto, laddove all’indicato ampliamento degli effetti della domanda e della conseguente revoca dell’atto non si accompagni alcun sostanziale mutamento della materia del contendere (né sotto il profilo del thema probandum , né sotto quello del thema decidendum ), deve ritenersi che l’iniziativa del curatore non dia luogo all’esercizio di una nuova azione e, conseguentemente, all’instaurazione di un nuovo giudizio, atteso che le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale è naturalmente assorbita in quella della massa che la ricomprende, ma si inserisce nell’ambito del giudizio già introdotto dal singolo creditore, che prosegue nel suo svolgimento, e il curatore accetta la causa nello stato in cui si trova (cfr. 17544/2018, 614/2016, 17544/2018 e 5815/2023 ).
2.3 L’intervento del curatore non è quindi idoneo a determinare l’invocato spostamento di competenza dal Tribunale ‘ ordinario ‘ di Napoli, originariamente adito, a quello ‘ fallimentare ‘ di RAGIONE_SOCIALE.
3 Il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli artt.110 e 111 c.p.c., 360, comma 1 nr. 3, c.p.c.: si sostiene che la curatela, essendo subentrata nel giudizio di revocatoria ordinaria
promosso da un creditore, non poteva mutare il thema decidendum e il thema probandum , con la conseguente inammissibilità delle domande avanzate dalla curatela in estensione dell’originario petitum .
3.1 Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 167 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 3, c.p.c. per non aver la Corte rilevato l’inammissibilità delle nuove domande proposte dalla curatela, costituitasi dopo la precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado.
4 I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono entrambi inammissibili, in quanto difettano di specificità.
4.1 Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale «qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio» (Cass. 17041/ 2013, 20694/2018, 15430/2018 e 20712/ 2018).
4.2 Orbene, delle lamentate domande nuove o delle modifiche del thema decidendum e del petitutm non vi è menzione alcuna nella impugnata sentenza e il ricorrente non indica in quale specifico atto difensivo o verbale di udienza tali questioni siano state introdotte.
5 Il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 43 e 66 l.fall, 2907 c.c. 24 Cost. 81 c.p.c. in relazione all’art.360, comma 1 nr. 3, c.p.c., per non essere stata pronunciata la carenza di legittimazione attiva del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, originario
attore o, in subordine, della sua titolarità quanto all’azione esperita.
5.1 L’ottavo motivo ipotizza violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 nr . 3 c.p.c., per avere il giudice a quo condannato la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che sarebbe dovuto essere estromesso dal processo a seguito dell’intervento del RAGIONE_SOCIALE in prosecuzione dell’azione revocatoria nell’interesse del ceto creditorio.
6 I due motivi, da scrutinarsi unitariamente in quanto sottendono la medesima questione, sono fondati per quanto di ragione.
6.1 Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte effettuato il subentro nella lite del curatore, che avvenuto nella fattispecie sin dal giudizio di primo grado, «la legittimazione e l’interesse ad agire del creditore individuale vengono meno (restando l’esigenza di tutela della sua posizione assorbita in quella della massa dei creditori) e la domanda da lui proposta diviene improcedibile: perché non si è in presenza di due azioni, ma sempre dell’unica azione originaria, nella quale il curatore è subentrato avvalendosi di una speciale legittimazione sostitutiva rispetto a quella del singolo creditore» (cfr. Cass. S.U. 29420/2008, 12513/2009, 21810/2015, 13862/2020 e 27382/2022).
6.2 L’esercizio da parte del curatore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione della facoltà di subentrare ex art. 66 l.fall. nell’azione revocatoria ordinaria promossa dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di primo grado, privava quest’ultimo, che nel corso del giudizio di secondo grado ha svolto attività processuale in difesa della sentenza di primo grado e, quindi, a sostegno della ragioni della curatela, della legittimazione ad essere parte nel giudizio di appello; la Corte avrebbe dovuto ordinare l’estromissione dell’ente comunale.
6.3 Non corretta appare la conseguente statuizione della liquidazione delle spese in favore dell’ente comunale e a carico dell’appellante , dal momento l’ attività processuale in difesa della sentenza di primo grado e, quindi, a sostegno della ragioni della curatela è stata profusa da un soggetto che non aveva la legittimazione a partecipare al giudizio d’Appello.
7 Il quinto motivo oppone violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2560 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 3 c.p.c.: si sostiene che la Corte, nel valutare la sussistenza del requisito dell’ eventus damni, non abbia tenuto conto del fatto che l’atto per il quale veniva chiesta la dichiarazione di inefficacia era costituito dalla cessione di azienda per la quale valeva la disposizione di cui all’art. 2560 c.c. comma 2 c.c . in forza del quale anche l’acquirente dell’azienda risponde dei debiti dell’alienante anteriori all’atto dispositivo ove gli stessi risultano dai libri contabili obbligatori.
7.1 Il settimo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 116 c.p.c. e dell’art . 2901 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. nr. 5 -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»: si sostiene che la Corte abbia malamente valutato il pregiudizio per i creditori discendente dalla cessione di azienda omettendo ‘ogni valutazione sulla reale consistenza dell’attivo patrimoniale’ e non considerando i motivi della cessione individuabili nella necessità della RAGIONE_SOCIALE di reperire liquidità necessaria all’adempimento dei propri debiti: si censura, inoltre, il passaggio motivazionale che fa riferimento all’inclusione dell’operazione di cessione d’azienda nel capo di imputazione in quanto tale atto sarebbe stato tardivamente depositato.
8 I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
8.1 Secondo l’orientamento di questa Corte, il curatore fallimentare, ove promuova l’azione revocatoria ordinaria della L.
Fall., ex art. 66 e art. 2901 c.c., deve dimostrare, sotto il profilo dell’ eventus damni , la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito, la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell’ atto pregiudizievole e lo svantaggioso mutamento, qualitativo o quantitativo, del patrimonio del debitore per effetto di tale atto; all’esito dell’assolvimento di questo onere probatorio l’ eventus damni potrà ritenersi sussistente ove risulti che, per effetto dell’atto pregiudizievole, sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l’esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori (cfr. Cass. 26331/2008, 4728/2018).
In particolare, questa Corte ha pure affermato il principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso; a questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita – come nella specie – comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro (Cass. 1896/2012 e 16221/2019).
8.2 Nel caso di specie, la Corte a tali principi si è uniformata ed ha ritenuto che l’atto dispositivo dell’azienda pregiudicasse le ragioni dei creditori in quanto determinava la fuoriuscita dal patrimonio della società del principale asset e dell’unico bene immobile proprio nel momento in cui la società stava attraversando un periodo di difficoltà economico-finanziaria.
8.3 E’ stato, inoltre, valorizzato, ai fini della ritenuta sussistenza dell’ eventus damni, anche il valore attribuito al ramo di azienda
ceduto (€ 2.120.000 a fronte di quello reale di € 4.145.750, indicato dalla perizia disposta nel procedimento penale per i delitti di bancarotta fraudolenta, riferiti propria alla operazione di cessione del ramo di azienda, contestati ad amministratori e componenti del Collegio sindacale della società fallita).
8.4 Al riguardo, va rilevato che la Corte ha spiegato le ragioni per le quali ha ammesso la produzione della documentazione prodotta in appello dalla curatela e tale capo della sentenza non è stato attinto da specifica censura.
8.5 Infine, i giudici di seconde cure hanno tratto utili elementi di decisione, oltre che dalla circostanza che lo stesso soggetto, NOME COGNOME, rivestiva la carica di amministratore sia della RAGIONE_SOCIALE che della RAGIONE_SOCIALE, anche dalle modalità della corresponsione del prezzo della cessione, fissato in complessive € 2.120.000: versamento di € 42.471 e, per il resto, accollo dei debiti della cedente. Il corrispettivo era, quindi, costituito, in massima parte, da beni non identificabili ed insuscettibili di esecuzione forzata.
8.6 Si è al cospetto di accertamenti in fatto riservati al giudice di merito e sindacabili in sede di legittimità esclusivamente per vizio di motivazione, e la censura dedotta, lungi dal prospettare un error in iudicando , si risolve, nella sostanza, in una critica investente l’accertamento e l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla quaestio facti , per di più deviando dal paradigma di cui al vigente art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass., 13 marzo 2018, n. 6035).
9 Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c. e 2901 comma 3, c.c., in relazione all’art 360, comma 1 nr. 3 c.p.c., per avere la Corte di Appello erroneamente dichiarato inammissibile l’eccezione di esenzione dalla revocatoria prevista per il debito scaduto.
9.1 Il motivo è infondato.
9.2 La decisione è conforme a diritto, in quanto la Corte d’appello ha, del tutto correttamente, ritenuto preclusa l’eccezione fatta valere dagli appellanti nel corso del giudizio quando già erano venuti a spirare i termini previsti dall’art. 167 c.p.c .,allineandosi all’orientamento di legittimità secondo cui l’esenzione dalla revocatoria ordinaria, prevista per l’adempimento di un debito scaduto, integra un’eccezione in senso stretto, presupponendo l’allegazione in giudizio di fatti impeditivi non rilevabili d’ufficio; sicché non incorre nel vizio di omessa pronuncia il giudice di merito che ometta l’esame di documenti prodotti ai sensi dell’art. 345, c.p.c., a sostegno dell’eccezione di cui all’art. 2901, comma 3, c.c., sollevata per la prima volta in grado di appello (cfr. Cass. 16793/2015, richiamata in sentenza, e 5806/2019 e 19963/2023). 10 L’unico mezzo di impugnazione del ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 c.c. e 66 l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 3, c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1 nr. 5, c.p.c.: la ricorrente lamenta che la Corte ha errato nel non aver condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’equivalente pecuniario a seguito della demolizione del fabbricato che ha reso impossibile la sua assoggettabilità ad esecuzione forzata conseguente all’esito vittorioso della domanda di revocatoria.
La Corte inoltre, a dire della ricorrente, nel denegare la domanda di pagamento della convenuta al tandundem , avrebbe compiuto una non consentita e contraddittoria valutazione di più proficuo utilizzo e sfruttamento del terreno per effetto dell’abbattimento dell’opificio.
10 Il motivo è inammissibile.
10.1 La Corte, infatti, non ha affatto disatteso il principio, invocato dalla ricorrente e più volte affermato in sede di legittimità, secondo il quale la finalità dell’azione revocatoria è quella di conseguire l’effetto restitutorio o recuperatorio al solo scopo di consentire al
creditore l’aggressione del bene in sede esecutiva con la conseguenza che, ove l’assoggettabilità del bene all’esecuzione diviene impossibile, i creditori possono agire chiedendo la reintegra del patrimonio per equivalente pecuniario.
10.2 I giudici napoletani hanno, infatti, affermato che l’esecuzione forzata, a seguito del vittorioso esito della revocatoria, ben poteva essere promossa sul terreno precisando che ‘ l’abbattimento di quanto insisteva sullo stesso , da anni in stato di abbandono, come emerge chiaramente, non solo da quanto riferito dalle parti ma anche dalle fotografie allegate dalla stessa curatela, appare funzionale ad un diverso sfruttamento della proprietà ‘.
10.3 Si tratta di un accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito e non sindacabile in Cassazione se non sotto il profilo della congruità del relativo apprezzamento; la seconda parte della censura si limita genericamente a contestare le conclusioni cui è pervenuta l’impugnata sentenza.
11 In accoglimento del terzo e dell’ottavo motivo del ricorso incidentale, l’impugnata sentenza va cassata dichiarando improcedibile ogni azione e pretesa fatta valere da e nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a seguito del subentro del RAGIONE_SOCIALE.
12 Le spese del giudizio di appello nel rapporto processuale tra il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE vanno compensate.
Le spese del presente giudizio, avuto riguardo all’esito della lite , vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
la Corte, in accoglimento del terzo e dell’ottavo motivo del ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, rigettati il primo e sesto motivo e dichiarati inammissibili il secondo, quarto, quinto e settimo motivo, cassa l’impugnata sentenza, in relazione ai motivi
accolti, e dichiara improcedibile ogni azione e pretesa fatta valere da e nei confronti del RAGIONE_SOCIALE; dichiara inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio; dispone compensarsi le spese relative al giudizio di appello nel rapporto processuale tra il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 15 ottobre 2024.