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Azione revocatoria e fallimento: chi agisce?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30140/2024, chiarisce le sorti dell’azione revocatoria quando il debitore fallisce. Se il curatore fallimentare subentra nel processo, il creditore individuale che aveva iniziato l’azione perde la legittimazione ad agire. La sua posizione viene assorbita nell’interesse della massa dei creditori, e l’azione prosegue a beneficio di tutti. Di conseguenza, il creditore originario deve essere estromesso dal giudizio e non ha diritto al rimborso delle spese legali per le fasi successive al subentro del curatore.

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Azione Revocatoria e Fallimento: la Sorte del Creditore Originario

Quando un’azienda debitrice cede i propri beni in modo sospetto, un creditore può avviare un’azione revocatoria per rendere inefficace tale operazione. Ma cosa succede se, nel corso della causa, l’azienda fallisce? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza qui analizzata, fornisce un chiarimento decisivo sul ruolo del creditore originario e del curatore fallimentare, delineando i confini procedurali e sostanziali di questa complessa situazione.

I Fatti di Causa: una Cessione Sospetta

Un Ente Comunale, creditore di una società (chiamiamola Società A) per un debito tributario significativo, avviava un’azione legale per ottenere la dichiarazione di inefficacia della cessione di un ramo d’azienda. La Società A aveva infatti venduto il suo principale asset a un’altra società (Società B). Durante il giudizio di primo grado, la Società A veniva dichiarata fallita. Il curatore del fallimento, rappresentante della massa dei creditori, interveniva nel processo, proseguendo l’azione iniziata dal Comune. Il Tribunale accoglieva la domanda, dichiarando inefficace la cessione. La Società B impugnava la decisione in Appello, ma la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado, condannando la Società B anche al pagamento delle spese legali a favore del Comune.

L’Intervento del Curatore e la Competenza Giudiziale

Una delle questioni sollevate dalla Società B riguardava la competenza del tribunale. Si sosteneva che, a seguito del fallimento e dell’intervento del curatore, la causa avrebbe dovuto essere trasferita al Tribunale fallimentare per effetto della cosiddetta vis attractiva.

La Cassazione ha respinto questa tesi. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, ha chiarito che il subentro del curatore in un’azione revocatoria già pendente non costituisce l’esercizio di una nuova azione. Il curatore, infatti, accetta la causa nello stato in cui si trova, proseguendo quella già iniziata dal singolo creditore. L’oggetto del contendere non muta in modo sostanziale, sebbene gli effetti della sentenza si estendano a beneficio di tutta la massa dei creditori. Pertanto, l’intervento non è sufficiente a determinare uno spostamento di competenza dal tribunale ordinario a quello fallimentare.

Azione revocatoria e la Perdita di Legittimazione del Creditore

Il punto cruciale della decisione riguarda la posizione del creditore originario, in questo caso l’Ente Comunale. La Società B lamentava di essere stata ingiustamente condannata a pagare le spese legali d’appello al Comune, sostenendo che quest’ultimo avrebbe dovuto essere estromesso dal giudizio dopo l’intervento del curatore.

La Corte di Cassazione ha accolto questo motivo. Ha ribadito il principio secondo cui, una volta che il curatore subentra nel processo, la legittimazione e l’interesse ad agire del singolo creditore vengono meno. La tutela del suo interesse individuale viene assorbita da quella, più ampia, della massa dei creditori. La domanda individuale diventa improcedibile e il creditore originario non ha più titolo per partecipare al giudizio. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva errato nel non ordinare l’estromissione del Comune e, soprattutto, nel condannare la parte soccombente a rimborsargli le spese legali sostenute in quella fase del processo.

L’Analisi dei Requisiti della Revocatoria

Infine, la Corte ha esaminato e respinto le censure relative alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria, ovvero l’eventus damni e il consilium fraudis.

I giudici hanno confermato che l’eventus damni (il danno per i creditori) era evidente. La cessione aveva privato la Società A del suo principale asset patrimoniale e dell’unico bene immobile, rendendo molto più difficile il recupero dei crediti, specialmente in un momento di già conclamata difficoltà economico-finanziaria. È stato sottolineato che la revocatoria non richiede una totale compromissione del patrimonio, ma è sufficiente un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito. Anche la sostituzione di un bene immobile con denaro (peraltro in gran parte costituito da un accollo di debiti) costituisce una modifica qualitativa peggiorativa della garanzia patrimoniale.

Anche il consilium fraudis (l’intento fraudolento) è stato ritenuto provato dalla circostanza che la stessa persona ricopriva il ruolo di amministratore in entrambe le società, venditrice e acquirente, e dalle particolari modalità di pagamento del prezzo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati. Il subentro del curatore fallimentare nell’azione revocatoria ordinaria, ai sensi dell’art. 66 della Legge Fallimentare, non è una novazione dell’azione, ma una successione nel processo. Questo subentro, però, ha un effetto privativo per il creditore originario. La sua legittimazione ad agire, inizialmente fondata sul suo specifico credito, viene assorbita dalla legittimazione sostitutiva del curatore, che agisce per l’intera massa. Il creditore individuale diventa, di fatto, un estraneo al processo, che prosegue per un fine collettivo. La sua permanenza in giudizio è ingiustificata, e di conseguenza non può essergli riconosciuto il diritto al rimborso delle spese per l’attività processuale svolta dopo aver perso tale legittimazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha cassato la sentenza d’appello nella parte relativa alla posizione del Comune, dichiarando improcedibile ogni pretesa da e verso di esso a seguito del subentro del fallimento, e compensando le spese tra le parti. La decisione riafferma un principio fondamentale: nel conflitto tra l’interesse del singolo creditore e quello della collettività dei creditori rappresentata dal curatore, è quest’ultimo a prevalere. Il creditore che diligentemente avvia un’azione revocatoria deve essere consapevole che, in caso di fallimento del debitore, il suo ruolo si esaurisce con l’intervento del curatore, e la sua iniziativa andrà a beneficio dell’intera procedura concorsuale.

Cosa succede a un’azione revocatoria se il debitore fallisce nel corso del giudizio?
Se il curatore fallimentare decide di subentrare nel processo, l’azione prosegue. Tuttavia, l’obiettivo non è più tutelare il singolo creditore che l’ha iniziata, ma l’intera massa dei creditori. Gli effetti di un’eventuale sentenza favorevole andranno a beneficio di tutti i creditori ammessi al passivo.

Il creditore che aveva iniziato la causa può continuare a partecipare al processo dopo l’intervento del curatore?
No. Secondo la Cassazione, con il subentro del curatore, la legittimazione e l’interesse ad agire del creditore individuale vengono meno. La sua domanda diventa improcedibile e dovrebbe essere estromesso dal giudizio, in quanto non ha più titolo per parteciparvi.

Il subentro del curatore trasferisce automaticamente la causa al tribunale fallimentare?
No. La Corte ha chiarito che il subentro del curatore in un’azione revocatoria già pendente non determina uno spostamento di competenza. Il curatore prosegue la stessa azione nello stato in cui si trova, e il processo continua davanti al giudice ordinario originariamente adito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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