Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12303 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12303 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26018/2020 R.G. proposto da: COGNOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, controricorrenti-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 631/2020 depositata il 29/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di Ancona con sentenza del 29/6/2020 rigettava il gravame proposto da Maggi Caris avverso la sentenza del Tribunale di Fermo che aveva dichiarato improcedibili le domande di revocatoria ordinaria, avente ad oggetto l’atto di compravendita di tre appartamenti e due garage siti in Fermo stipulato tra COGNOME NOME, che aveva in precedenza promesso in vendita il compendio immobiliare alla ricorrente, e COGNOME NOME e COGNOME NOME e di risarcimento dei danni, pari alle somme versate da RAGIONE_SOCIALE in esecuzione del contratto preliminare inadempiuto dal fallito COGNOME NOME.
1.1 La Corte di merito ribadiva la carenza di legittimazione attiva a proporre l’ azione revocatoria da parte della ricorrente, spettando tale rimedio, in caso di fallimento del debitore, esclusivamente al curatore fallimentare. L’esercizio dell’azione revocatoria da parte del singolo creditore secondo la Corte, sarebbe stato possibile solo nel caso di inerzia del curatore, ma nel caso di specie ciò non si era verificato in quanto l’organo della procedura aveva manifestato la volontà di esperire azione revocatoria ex art. 66 l.fall., addivenendo ad una transazione con gli acquirenti.
1.2 I giudici di seconde cure, poiché la statuizione del Tribunale di Fermo che aveva disatteso la domanda di risarcimento dei danni in quanto conseguenza dell’azione revocatoria non era stat a fatta oggetto di specifico motivo di appello, affermavano che l’improcedibilità dell’azione revocatoria precludeva l’esame della domanda risarcitoria.
2 NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a quattro motivi, illustrati con memoria; NOME NOME e COGNOME NOME hanno svolto difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per non avere la Corte tenuto conto che l’accordo transattivo sulla revocatoria fallimentare concluso tra il curatore e gli acquirenti aveva liberato e legittimato il creditore ad esperire l’azione revocatoria direttamente.
Il motivo è infondato.
2 Questa Corte, a sezioni unite, ha enunciato il principio secondo il quale «qualora sia stata proposta un’azione revocatoria ordinaria per far dichiarare inopponibile ad un singolo creditore un atto di disposizione patrimoniale compiuto dal debitore ed, in pendenza del relativo giudizio, a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore, il curatore subentri nell’azione in forza della legittimazione accordatagli dalla L. Fall., art. 66, accettando la causa nello stato in cui si trova, la legittimazione e l’interesse ad agire dell’attore originario vengono meno, onde la domanda da lui individualmente proposta diviene improcedibile ed egli non ha altro titolo per partecipare ulteriormente al giudizio» (cfr. Cass. 29420/2008).
2.1 L’art 66 l.fall., attribuisce al curatore, nell’interesse della massa, la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, in aggiunta all’azione revocatoria fallimentare; la regola della concorsualità non tollera, infatti, che l’atto pregiudizievole venga dichiarato inefficace solo nei confronti del creditore che abbia agito in via revocatoria, anziché a beneficio dell’intero ceto creditorio, consentendo così al primo di soddisfarsi esecutivamente su un bene non acquisito alla massa, a meno che il curatore non si disinteressi dell’azione.
2.2 Ma nel caso di specie il curatore non è rimasto inerte, avendo, al contrario, intrapreso il giudizio per la pronunzia di inefficacia
dell’atto, definendolo in via transattiva, al fine di agevolare tutti i creditori.
2.3 Al riguardo questa Corte, in un caso sovrapponibile a quello in esame ha avuto modo di affermare quanto segue :« Pertanto quella somma (ricevuta a seguito di transazione) si è sostituita alla pronunzia di inefficacia dell’atto di disposizione, sempre nell’interesse di tutti i creditori. Affermare che taluno di questi creditori, originariamente non legittimati all’azione revocatoria, in virtù della sostituzione soggettiva degli stessi con il curatore, potrebbe ottenere un ulteriore vantaggio da quella medesima azione revocatoria, comunque definita (con transazione) significherebbe, da un lato, penalizzare il soggetto che ha definito la lite con il versamento della somma di Euro 155.000 con il curatore che agiva, come ha osservato la Corte territoriale, “come sostituto processuale della massa dei creditori ” e, dall’altro, allontanarsi dalla ratio della norma che è quella di consentire che il bene venga acquisito alla soddisfazione di tutti i creditori, e non solo di colui che aveva iniziato la revocazione» (cfr. Cass. 13862/2020).
3 Il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: la ricorrente afferma di aver subito un danno sia dall’atto transattivo concluso dal curatore che prevedeva il pagamento da parte degli acquirenti della somma di € 65.000 a fronte del valore del compendio immobiliare di € 353.000 che dalla vendita a terzi di un bene sulla base di un trascritto di bene immobile che già aveva formato oggetto di precedente alienazione.
4 Il terzo motivo oppone violazione dell’art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c. per non aver ammesso la prova per testi che avrebbe consentito di dimostrare l’ambiguità venutasi a creare e la dolosa preordinazione della terzo, volta a frodare le ragioni della precedente acquirente.
5 Il quarto motivo prospetta violazione dell’art. 360, comma n. 5, c.p.c., per non avere la Corte indagato sul comportamento del curatore che accettando una transazione che prevedeva la corresponsione da parte dell’acquirente di una somma notevolmente inferiore al valore dei beni aveva arrecato un pregiudizio alla massa dei creditori.
6 Tutti e tre i motivi che investono la domanda di risarcimento danni sono inammissibili in quanto non si confrontano con il decisum.
6.1 Il Giudice d’Appello, infatti, dopo aver dato atto che il Tribunale di Fermo aveva disatteso la domanda di risarcimento danni in conseguenza della improcedibilità dell’azione revocatoria ha affermato che tale statuizione non era stata oggetto di appello.
5.2 In sostanza secondo la Corte distrettuale, una volta confermata l’improcedibilità dell’azione revocatoria, era impedito ogni esame dell’azione risarcitoria dal momento che si era formato il giudicato in punto di inquadramento della domanda di danni della COGNOME nell’alveo della domanda revocatoria.
Le censure non attingono tale ragione fondante la decisione.
Il ricorso è, quindi, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese presente giudizio che liquida in € 6.000, per compensi, oltre € 200 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il
ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 26 marzo