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Azione revocatoria e fallimento: chi agisce?

Un creditore ha avviato un’azione revocatoria contro la vendita di un immobile effettuata dal proprio debitore. Successivamente, il debitore è stato dichiarato fallito e il curatore ha raggiunto un accordo transattivo con gli acquirenti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, con l’intervento del curatore, il singolo creditore perde il diritto di proseguire l’azione revocatoria, che diventa improcedibile. Questo perché l’azione deve andare a beneficio di tutti i creditori collettivamente e non solo di chi l’ha iniziata.

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Azione Revocatoria e Fallimento: La Posizione del Singolo Creditore

Quando un debitore vende un bene per sottrarlo ai suoi creditori, questi ultimi possono tutelarsi con un’azione legale specifica. Ma cosa succede se, nel corso di questa causa, il debitore viene dichiarato fallito? L’ordinanza in esame chiarisce un punto fondamentale: il sopravvenuto fallimento del debitore paralizza l’azione revocatoria del singolo creditore, trasferendo la legittimazione ad agire esclusivamente al curatore fallimentare, nell’interesse di tutti i creditori.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Contesa

La vicenda trae origine da un contratto preliminare di compravendita immobiliare non rispettato. Una promissaria acquirente, dopo aver versato delle somme, si vedeva scavalcare dal promittente venditore, che alienava gli stessi immobili (tre appartamenti e due garage) a una coppia di terzi acquirenti. La creditrice delusa decideva quindi di agire in giudizio con una duplice domanda: una azione revocatoria per rendere inefficace la vendita e una richiesta di risarcimento danni.

Durante il giudizio, un evento cambiava radicalmente le carte in tavola: il debitore veniva dichiarato fallito. A questo punto, il curatore fallimentare interveniva e, invece di proseguire la causa, raggiungeva un accordo transattivo con i nuovi acquirenti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello dichiaravano improcedibile la domanda della creditrice originaria, sostenendo che, con il fallimento, avesse perso la legittimazione ad agire individualmente.

La Decisione della Cassazione sull’Azione Revocatoria

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso della creditrice. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato, enunciato dalle Sezioni Unite: quando un’azione revocatoria ordinaria è già in corso e sopravviene il fallimento del debitore, il curatore subentra nell’azione. Di conseguenza, la legittimazione e l’interesse ad agire del creditore originario vengono meno.

La domanda individuale diventa quindi improcedibile. Il singolo creditore non ha più alcun titolo per partecipare al giudizio, poiché la tutela del patrimonio del fallito diventa una prerogativa della procedura concorsuale, gestita dal curatore a beneficio dell’intera massa dei creditori.

Le Motivazioni: Il Principio della Tutela Collettiva dei Creditori

La decisione si fonda sul principio cardine della par condicio creditorum, ovvero la parità di trattamento di tutti i creditori. L’articolo 66 della Legge Fallimentare attribuisce al curatore la legittimazione ad esercitare l’azione revocatoria ordinaria proprio per garantire che i beni recuperati non vadano a vantaggio di un solo creditore, ma rientrino nel patrimonio fallimentare per essere poi ripartiti equamente tra tutti.

Consentire al singolo creditore di proseguire la sua azione significherebbe creare una preferenza ingiustificata a suo favore, permettendogli di soddisfarsi su un bene che, per effetto del fallimento, dovrebbe essere destinato alla massa. L’unica eccezione a questa regola si verifica in caso di totale inerzia del curatore, circostanza che non si è verificata nel caso di specie. Anzi, il curatore ha agito attivamente, anche se attraverso una transazione.

La Corte ha specificato che la transazione conclusa dal curatore, seppur per un importo inferiore al valore degli immobili, sostituisce a tutti gli effetti la pronuncia di inefficacia dell’atto. Quella somma entra a far parte dell’attivo fallimentare e sarà distribuita tra tutti i creditori. Di conseguenza, anche la domanda di risarcimento danni, strettamente collegata all’esito della revocatoria, è stata dichiarata inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Creditori

L’ordinanza della Cassazione offre un’indicazione chiara per i creditori che intendono agire contro atti fraudolenti dei loro debitori. Se il debitore viene dichiarato fallito, l’iniziativa individuale deve cedere il passo all’azione collettiva gestita dal curatore. Il creditore che ha iniziato un’azione revocatoria non può continuarla, ma dovrà insinuarsi al passivo del fallimento per far valere le proprie pretese al pari degli altri. Questa regola garantisce l’ordine e l’equità nella gestione delle crisi d’impresa, evitando che la tempestività di un singolo creditore possa pregiudicare i diritti di tutti gli altri.

Un creditore può continuare un’azione revocatoria se il debitore fallisce?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la domanda individuale diventa improcedibile perché la legittimazione ad agire passa in via esclusiva al curatore fallimentare, che agisce nell’interesse di tutti i creditori.

Cosa succede se il curatore fallimentare rimane inerte e non agisce?
La sentenza chiarisce che il creditore singolo potrebbe agire solo in caso di comprovata inerzia del curatore. Nel caso specifico, il curatore non è stato inerte, poiché ha intrapreso un’azione e l’ha definita con una transazione.

Una transazione del curatore per un valore inferiore a quello del bene impedisce l’azione del singolo creditore?
Sì. La transazione, anche se per una somma inferiore al valore del bene, costituisce un’azione del curatore nell’interesse della massa dei creditori. Essa sostituisce la pronuncia giudiziale di inefficacia e, di conseguenza, preclude qualsiasi ulteriore azione da parte del singolo creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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