Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17689 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17689 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1387/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in PESARO INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1371/2022 depositata il 27/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso per cassazione notificato in data 29.12.2022, illustrato da successiva memoria, la società RAGIONE_SOCIALE invoca la cassazione della sentenza n. 1371/2022, pronunciata dalla Corte d’Appello di Ancona in data 20.07.2022, pubblicata in data 27.07.2022, notificata in data 7 novembre 2022 . RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE Banca Popolare di Puglia e Basilicata Soc.Coop.p.ARAGIONE_SOCIALE, oggi BANCA FINANZIARIA INTERNAZIONALE S.p.A. ha notificato controricorso. NOME COGNOME contumace sin dal primo grado, non ha svolto difese.
Il Tribunale di Pesaro, in accoglimento della domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. proposta da Banca Popolare di Puglia e Basilicata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (quale terzo acquirente) e di NOME COGNOME (quale debitore -venditore, rimasto contumace), con sentenza emessa ex art. 281 sexies c.p.c. ha dichiarato l’inefficacia, nei confronti di questi ultimi, dell’atto di conferimento d’azienda stipulato tra il sig. NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, condannando altresì gli stessi al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi €.10.000,00, così decidendo sull’azione di simulazione assoluta e revocatoria ordinaria, ex art. 2901 c.c., proposta da Banca Popolare di Puglia e Basilicata nei confronti del
fideiussore/debitore sig. NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, volta a far dichiarare la nullità per simulazione o, in subordine, l’inefficacia, ex art. 2901 c.c. dell’atto di conferimento di azienda commerciale del 06.09.2012,trascritto in data 11.09.2012, mediante il quale NOME COGNOME titolare della omonima impresa individuale, aveva conferito alla società RAGIONE_SOCIALE, amministrata dallo stesso NOME COGNOME, la proprietà dei suoi beni immobili facenti parte di un complesso aziendale a sé riferibile.
Proposta da RAGIONE_SOCIALE impugnazione innanzi alla Corte d’appello di Ancona, nel giudizio si è ritualmente costituita in giudizio RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria del credito vantato dall’allora Banca Popolare di Puglia e Basilicata, dando atto dell’intervenuta cessione, contestando l’ammissibilità e/o la fondatezza dell’impugnazione spiegata da RAGIONE_SOCIALE e chiedendone, dunque, l’integrale rigetto. La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello proposto e, per l’effetto, confermato integralmente la sentenza di primo grado.
Il ricorso è affidato a otto motivi, illustrati da memoria.
Motivi della decisione
Con il 1° motivo la ricorrente denuncia il difetto di titolarità del diritto sostanziale dedotto in giudizio in capo alla cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE (costituitasi nel giudizio di secondo grado attraverso la procuratrice e mandataria RAGIONE_SOCIALE in luogo della cedente Banca Popolare di Puglia e Basilicata scpa), in tesi non costituendo l’avviso di cessione dei crediti in blocco ai sensi dell’art. 58 t.u.b. pubblicato sulla gazzetta ufficiale, dato idoneo a fornire gli specifici e precisi termini dei crediti inclusi o, alternativamente, esclusi, in detta cessione e, quindi, a comprovarne la titolarità in capo alla cessionaria, violazione rilevata ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.
Con il 2° motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 281 sexies c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. (violazione del diritto di difesa della odierna ricorrente nullita’ della sentenza impugnata) là dove il giudice di primo grado avrebbe omesso l’ invito alla precisazione delle conclusioni precludendo alla qui ricorrente di illustrare le ragioni sottese alle eccezioni sollevate.
Con il 3° motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 128 bis d. l.vo 385/1993 o 179/2007 ovvero 28/2010 in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. -necessità della preventiva devoluzione della controversia all’organismo di mediazione -improcedibilità del giudizio per il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.
Con il 4° motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 comma 2, lett. a) del d. lgs. 168/2003 in relazione all’art. 360 n. 1 c.p.c. -incompetenza per materia del giudice adito -competenza della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale di Ancona, anziché l’adito tribunale di Pesaro. Assume la ricorrente che l’oggetto della declaratoria di inefficacia sia l’intero atto pubblico costituito dal verbale di assemblea con il quale veniva approvato l’aumento del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE in relazione al conferimento dei beni del COGNOME e che l’azione svolta in riferimento a tale atto andasse a incidere sul contratto sociale, sulla struttura e sul funzionamento del sodalizio societario, tanto da dover essere la relativa controversia devoluta alla Sezione Specializzata, rilevando tale elemento ai fini dell’ applicazione dell’ art. 3, n. 2, lett. a), D. Lgs. N. 168/2003, se non altro in relazione alle problematiche relative al trasferimento di partecipazioni sociali o di ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali e i diritti inerenti . Perché la controversia potesse rimanere di competenza del Tribunale
ordinario, la domanda di inefficacia avrebbe dovuto essere svolta nei soli confronti del negozio di conferimento con il quale si era compiuta la traslazione di beni della società.
Con il 5° motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE – mancata integrazione del contraddittorio. Collegandosi al quarto motivo la ricorrente deduce di avere eccepito in limine , sia pure in via del tutto subordinata al rigetto dell’ eccezione di incompetenza per materia del Tribunale erroneamente adìto dall’attrice, il proprio difetto di legittimazione passiva sostenendo, al riguardo, che, poiché ciò di cui si chiedeva che fosse dichiarata l’inefficacia era un verbale di assemblea di una Società – e, dunque, un atto al quale avevano partecipato, oltre al conferente, anche tutti gli altri soci della società conferitaria – la legittimazione passiva avrebbe dovuto estendersi ai soci.
Con il 6° motivo la società ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -difetto di motivazione dell’ordinanza istruttoria del 28.02.18 -violazione del principio del contraddittorio e di disponibilità dei mezzi di prova, nonché’ del diritto di difesa della parte per l’ingiustificato diniego di ammissione di tutte nessuna esclusa – le prove orali da parte del giudice di primo grado. ndersi anche a costoro.
Con il 7° motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1414 c.c., 2901 c.c. in relazione all’art. 360 co. 3 c.p.c. – inammissibilità dell’azione revocatoria e/o di simulazione avversaria per come strutturata, e/o in ogni caso infondatezza dell’azione revocatoria accolta dai giudici di merito, per mancanza dei presupposti ad essa sottesi e richiesti, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. anche in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.;
Con l’8° motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. – omessa motivazione in tema di condanna solidale alle spese di lite di primo grado della parte rimasta contumace.
Le censure di cui ai motivi quarto e quinto vanno trattate per prime, avendo natura pregiudiziale, nonché congiuntamente, per evidenti ragioni di connessione con la questione societaria sollevata dalla ricorrente in termini sia di competenza del giudice ordinario che di impatto sugli atti societari di riferimento.
13.1. Quanto quarto motivo, relativo all’eccepita incompetenza per materia del giudice , la Corte di Appello, conformemente a quanto ritenuto dal Tribunale, ha fondato la propria decisione sul rilievo che la domanda di inefficacia ex art. 2901 c.c. non avrebbe potuto incidere ‘sulla validità dell’atto dispositivo’ (id est: il verbale deliberativo di aumento del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE mediante il conferimento di beni del Carnaroli), ciò determinando l’esclusione della competenza del Tribunale delle Imprese di Ancona, a favore della competenza del Tribunale ordinario di Pesaro. Quanto alla carenza di legittimazione della società, a conferma della sentenza del Giudice di prime cure, la Corte di merito ha sancito che, nella fattispecie, ‘ unico legittimo contraddittore, oltre al debitore, della domanda introduttiva l’azione revocatoria, sia la società acquirente ‘ sul presupposto che <>.
13.2. La questione di competenza rileva nel caso di specie in cui è stato adito il Tribunale di Pesaro anziché quello di Ancona, sede della sezione specializzate in materia di imprese poiché, ove una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle
imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non potrebbe essere che di incompetenza perché si è adito l’ufficio giudiziario terrìtorialmente errato (sulla legittimità delle sezioni solo in alcuni distretti, v. Corte Cost. 14 dicembre 2004, n. 386; Sez. 6 -2, Ordinanza n. 20365 del 16/07/2021; Cass. Sez. U, Sentenza n. 19882 del 23/07/2019; Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 31134 del 03/12/2018; Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 25059 del 23/10/2017). Diversamente, se in ipotesi entrambe le sezioni fossero state parte del medesimo ufficio giudiziario, la questione non sarebbe stata attinente alla competenza, rientrando nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario (cfr. per tutte, Cass. Sez. U, Sentenza n. 19882 del 23/07/2019).
13.3. La censura è infondata.
13.4. Più precisamente, la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado con la quale, in accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., aveva dichiarato inefficace, nei confronti della Banca attrice, l’atto di conferimento di azienda commerciale per Notaio Dott. NOME COGNOME in data 06.09.2012, Rep. n. 28829/3904, trascritto in data 11.09.2012 al n. 9345 rep. gen. e n. 6117 reg. part. presso l’Agenzia delle Entrate Ufficio Provinciale di Pesaro Servizio Pubblicità Immobiliare, mediante il quale il sig. NOME COGNOME titolare della omonima ditta aveva conferito alla neocostituita società RAGIONE_SOCIALE la proprietà dei suoi beni immobili e aveva ordinato al Conservatore del competente Ufficio del Territorio ed al Conservatore del Competente Registro delle Imprese l’annotazione della sentenza a margine dei registri immobiliari con esonero di responsabilità, limitando quindi a tale disposizione l’inefficacia dell’atto.
13.5. In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, nelle controversie relative alle partecipazioni sociali o ai “diritti inerenti” a queste ultime, di cui all’art. 3, commi 2, lett. b), e 3, del d.lgs. n. 168 del 2003, come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. d), del d.l. n. 1 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 27 del 2012, detta competenza si determina in relazione all’oggetto della controversia, dovendo sussistere un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del ” petitum ” sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della ” causa petendi “, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 22149 del 14/10/2020; Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 21363 del 06/10/2020; Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 8661 del 08/05/2020; Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 28537 del 08/11/2018).
13.6. L’azione revocatoria ordinaria esercitata dalla banca creditrice nei confronti della società acquirente ha avuto chiaramente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia di un atto di disposizione di beni immobili, dal debitore conferiti nel patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE di cui era socio, cui è susseguita un’operazione di aumento del capitale sociale da parte dell’assemblea dei soci. Alla tipizzazione legale dell’azione revocatoria è concettualmente estranea alcuna attitudine a porre in discussione l’assetto societario determinato da negozi traslativi: è stata, del resto, detta tipizzazione legale a persuadere la Corte di giustizia della compatibilità dell’azione stessa col diritto dell’UE, segnatamente con l’art. 19 della dir. 2007/63/CE: come è stato nell’occasione osservato, l’azione revocatoria «ha per oggetto soltanto la tutela dei creditori i cui diritti siano stati lesi dalla scissione», rende inopponibile nei loro confronti la scissione in questione e, in tal senso, «non
produce effetti nei confronti di tutti» (Corte giust. UE 30 gennaio 2020, C -394/18, RAGIONE_SOCIALE, punti 85 e 86).
13.7. Tuttavia, in tema di scissione societaria, le Sezioni Unite di questa Corte, rivedendo un proprio orientamento, hanno di recente ritenuto che l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., diretta alla declaratoria di inopponibilità al creditore dei relativi atti di assegnazione, è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, poiché, pur non introducendo una controversia relativa a rapporti tra società, soci e organi sociali, e pur non risultando diretta ad incidere, come l’opposizione ex artt. artt. 2506 -ter, 2503 e 2503 -bis c.c., sulla scissione, privandola di efficacia erga omnes , investe un tipico atto dell’organizzazione societaria, che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore ed ove posto in essere in presenza delle condizioni soggettive previste alternativamente dal comma 1, nn. 1 e 2, del cit. art. 2901 c.c., entra a far parte della causa petendi dell’azione proposta, qualificando il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 5089 del 26/02/2025). La scissione societaria, si è ritenuto, non esaurisce i suoi effetti sul piano traslativo, dovendo essa considerarsi, soprattutto, quale atto di riorganizzazione societaria in grado di incidere sul sistema di tutele specificamente approntato dalla disciplina societaria a presidio dei creditori potenzialmente pregiudicati dalla scissione stessa, come già evidenziato dalle Sezioni Unite in una precedente pronuncia (Cass. Sez. U. 15 novembre 2016, n. 23225).
13.8. Tale considerazione, valsa a determinare la competenza del Tribunale delle imprese in caso di revocatoria dell’atto di scissione, non è però estensibile all’ipotesi di trasferimento di quote sociali, né di conferimento di beni da parte del socio in
conto capitale, ove l’effetto endosocietario della revocatoria esercitata dal creditore del socio che trasferisce le quote o conferisce i suoi beni in conto capitale, a titolo gratuito o oneroso, ottenendo nell’ultimo caso in contropartita -in eventum -il riconoscimento di un credito sociale quale socio finanziatore o l’attribuzione di quote sociali, determina effetti neutri a livello di organizzazione sociale non equiparabili a quelli del negozio di scissione, ove il pregiudizio, trattandosi di operazione societaria, è in capo ai creditori della società scissa, e non propriamente del creditore del singolo socio (Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 8661 del 08/05/2020). Effetto della revoca è, infatti, la declaratoria di inefficacia dell’atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene all’azione esecutiva del creditore (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10879 del 11/05/2007).
Ugualmente infondato è il quinto motivo di doglianza. Correttamente i giudici di merito hanno rigettato l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in capo alla convenuta RAGIONE_SOCIALE, citata quale terza acquirente, come pure quella relativa alla necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti dei restanti soci della RAGIONE_SOCIALE, come risultanti dal verbale deliberativo di aumento del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE mediante conferimento, tra le altre, delle proprietà immobiliari del socio NOME COGNOME ritenuti invece da parte ricorrente quali unici litisconsorti necessari. La giurisprudenza di legittimità è, infatti, costantemente orientata a ritenere che in casi, quale quello di specie, in cui l’atto traslativo oggetto di revocatoria è costituito dal conferimento di beni da parte di un socio a favore della società, sia essa di capitali che di persone, unico legittimo contraddittore, oltre al socio debitore, della domanda introduttiva dell’azione revocatoria è la società acquirente. Per meglio dire, poiché i conferimenti di beni in natura da parte dei soci integrano
negozi traslativi in favore della società, sia essa personale o di capitali, quest’ultima, nella veste di parte acquirente, è anche l’unico necessario e legittimo contraddittore della domanda volta a renderli inopponibili al creditore pregiudicato dall’atto traslativo, salvo l’interesse dei primi all’intervento adesivo in ragione dell’affidamento riposto nel conferimento in natura, soprattutto se riguardi un bene essenziale all’attività sociale la cui eventuale perdita, per effetto dell’azione esecutiva del creditore particolare, ponga a rischio la stessa esistenza della società (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2536 del 09/02/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23891 del 22/10/2013).
Quanto al primo motivo, attinente alla carenza di legittimazione attiva della cessionaria del credito, subentrata nell’azione revocatoria in luogo della creditrice cedente, esso va dichiarato inammissibile ex art. 366 n. 3, 4 e 6 cod. proc. civ.: manca, per la parte che rileva, ogni riferimento alla pronuncia della Corte di appello che in proposito ha svolto ampia argomentazione riferendosi a giurisprudenza sedimentata sul punto. Manca, altresì, ogni riferimento alla censura proposta in sede di appello comprovante l’eccezione di carenza di legittimazione processuale e/o ad agire per mancata prova della cessione del credito.
Uguale considerazione di inammissibilità vale per il secondo motivo: manca, per la parte che rileva, ogni riferimento al motivo d’appello e alla motivazione con cui la Corte d’appello, funditus , ha ritenuto essere stata rispettata la norma processuale di cui all’art. 281 sexies c.p.c. attraverso la concessione di un termine per produrre note difensive prima della discussione ed emissione della sentenza in pubblica udienza.
Con il terzo motivo si assume che l’azione revocatoria avversaria tragga origine da un contratto bancario e/o
finanziario, comunque riconducibile, quanto meno, al disposto dell’art. 5 c. 1 D. Lgs 28/2010 e dunque richieda il preventivo esperimento del procedimento di mediazione a pena di improcedibilità. Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 3, 4 e 6 cod. proc. civ: manca ogni riferimento alla motivazione con cui la Corte di merito ha correttamente ritenuto che l’azione revocatoria fuoriesce dall’ambito per cui è prevista la mediazione obbligatoria bancaria, riportando ampia menzione della giurisprudenza al riguardo (cfr. Cass. Civ. 25855/2021; Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 9204 del 20/05/2020).
Inammissibile è anche il sesto motivo perché intende esporre – del tutto tardivamente e fuori dalla giusta sede processuale di merito -le ragioni per cui le prove orali avrebbero dovuto essere ammesse, senza però mettere in questione la statuizione di inammissibilità del motivo di appello rilevato dalla Corte d’appello ‘ per difetto di specifica impugnazione ‘, essendosi astenuta, la RAGIONE_SOCIALE dal ‘ motivare le ragioni per le quali si ritiene di ravvisare nell’esclusione (della ammissione delle prove richieste) un ‘error in procedendo’ del primo giudice ‘.
Con il settimo motivo la ricorrente deduce che, nel caso di specie, apparirebbero del tutto carenti i presupposti della spiegata revocatoria (che, invece, i Giudici di merito hanno ritenuto sussistenti) non potendosi in alcun modo ritenere revocabile l’atto di conferimento effettuato dal Sig. COGNOME e dei suoi familiari – nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e che avrebbero dovuto, altresì, essere ritenuti del tutto assenti anche i requisiti necessari per la proposizione dell’azione di simulazione, della quale, però, il Tribunale di Pesaro si è totalmente disinteressato, al pari del Giudice di secondo grado che sul punto non si sarebbe pronunciato.
19.1. Il motivo è inammissibile perché non tiene conto della ratio decidendi in tema di esperibilità dell’azione revocatoria nei
confronti di un atto di conferimento di beni in conto del capitale sociale, non potendosi riflettere detta azione sulle quote sociali del debitore conferente, avendo ad esclusivo oggetto i beni oggetto di cessione a favore della società e non i riflessi endosocietari di tali atti dispositivi, per quanto sopra rilevato.
19.2. La censura, inoltre, non coglie che l’azione revocatoria accolta dai giudici di merito è stata formulata in via alternativa all’azione di simulazione e che, pertanto, su tale azione non sussiste alcun obbligo di motivazione da parte del giudice, ricorrendo gli estremi di una sua reiezione implicita o di un suo assorbimento per effetto della decisione sull’altra domanda proposta in via alternativa (l’azione revocatoria) (cfr. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 35382 del 01/12/2022; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11356 del 16/05/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8381 del 27/07/1993).
19.3. Per quanto riguarda i presupposti dell’azione, le censure, senza tener conto della decisione impugnata, offrono una inammissibile rilettura dei fatti di causa considerati dai giudici rilevanti ai fini dell’accoglimento della revocatoria,
19.4. La Corte di merito, sotto il profilo dell’ eventus damni ha infatti correttamente considerato che ‘ la sostituzione dei beni immobili ceduti con un titolo di partecipazione a ‘capitale di rischio’, con conseguente quanto meno maggiore difficoltà ed incertezza nel soddisfacimento coattivo del credito, tenuto conto non soltanto della più agevole trasferibilità ed occultabilità dei titoli di partecipazione societaria, ma anche della loro maggiore aleatorietà, in quanto il loro valore è soggetto all’andamento economico della società, ben più imprevedibile e fluttuante rispetto all’andamento del mercato immobiliare ( in tal senso Cass Civ. n. 1804/2000, Cass.Civ. n. 23891/2013)’.
19.5. Quanto alla scientia damni in capo al terzo acquirente che sia persona giuridica la Corte di merito ha correttamente considerato che occorre avere ‘riguardo all’atteggiamento psichico della persona fisica che la rappresenta (in tal senso Cass. Civ.n. 15265/2006), da identificarsi proprio nel NOME COGNOME che all’epoca del compimento dell’atto impugnato ne era l’amministratore unico, il che implica, alla stregua delle ragioni dianzi esposte circa la sicura conoscenza da parte del predetto del pregiudizio che con l’atto in questione arrecava alle ragioni della banca creditrice, l’indubbia sussistenza anche in capo alla società acquirente (RAGIONE_SOCIALE della consapevolezza dell’idoneità dell’atto dispositivo, a mezzo del quale si conferivano i beni immobili del COGNOME alla società a titolo di aumento di capitale, a ledere la garanzia del creditore’ . Nello stesso senso si veda, da ultimo, anche Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 34275 del 24/12/2024.
19.6. Quanto alla posteriorità dell’atto di cessione dei beni rispetto al credito da tutelare con l’azione revocatoria la Corte di merito ha correttamente considerato la stipula in data 19.07.2010 con la RAGIONE_SOCIALE tramite la Filiale di Pesaro di contratto di finanziamento chirografario di originali euro 30.000,e il prestito di altra garanzia fideiussoria in data 11.05.2010 (fino alla concorrenza di € 307.500,00) a garanzia dell’adempimento in favore di Banca Popolare di Puglia e Basilicata Soc. Coop. P.a. delle obbligazioni già assunte o da assumere dalla RAGIONE_SOCIALE e di chi vi fosse subentrato, nonché la sussistenza di un credito sancito nel decreto ingiuntivo del Tribunale di Pesaro n. 157/2018 del 21.02.2018 per € 224.644,15, emesso nei confronti del fideiussore NOME COGNOME.
L’ottavo motivo è del pari inammissibile perché non è in grado di attingere la ratio decidendi , là dove la Corte di appello ha ritenuto che la società manca di interesse e legittimazione
alla proposizione di una impugnativa cui è legittimato unicamente il convenuto NOME COGNOME il quale, già contumace in primo grado, ha ritenuto di non proporre appello avverso l’intervenuta condanna, in via solidale con la odierna appellante, alle spese del primo grado di giudizio determinando, così, il passaggio in giudicato sul punto della sentenza.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 4/4/2025