Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26850 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26850 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
Oggetto: Revocatoria ordinaria -Atto di donazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13024/2023 R.G. COGNOME da
NOME COGNOME, che si difende in proprio ed è inoltre rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliata come da domicilio digitale indicato;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tutte rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliate presso il suo studio in ROMA, INDIRIZZO e come da domicilio digitale indicato;
-controricorrenti-
C.C. 29.04.2025
r.g.n. 13024/2023
Pres. L.NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 5070/2022 pubblicata in data 30 novembre 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda avanzata da NOME COGNOME, dichiarava con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. in data 26 settembre 2014 « l’inefficacia nei confronti di NOME COGNOME » della donazione conclusa per AVV_NOTAIO il 16 luglio 2009, n. rep. 362, tra COGNOME NOME (madre) e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (NOME), avente ad oggetto: « ‘appartamento sito in Napoli, in INDIRIZZO, posto al quarto piano della scala E, interno 8, con pertinenziale piccolo locale cantina di circa metri qua drati nove (…)’ » e condannava le predette convenute «in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali» come liquidate in dispositivo.
2. Avverso il provvedimento di prime cure, proponeva appello principale NOME COGNOME dinanzi la C orte d’appello di Napoli; con separato atto di appello d’appello proponevano gravame anche le NOME della NOME, appellante principale, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Si costituiva NOME COGNOME nel gravame principale per contestare la fondatezza dell’appello di cui chiedeva il rigetto e proponeva, a sua volta, appello incidentale con il quale chiedeva il riconoscimento di tutti i crediti indicati nel ricorso introduttivo ed asseritamente pregiudicati dalla donazione de qua .
Riuniti i giudizi, con la sentenza n. 5070/2022, qui impugnata, la Corte d’appello di Napoli, in riforma dell’ordinanza del Tribunale, in accoglimento dell’appello principale COGNOME da NOME COGNOME e di quello successivo (incidentale) COGNOME dalle germane NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha rigettato la domanda di revocatoria proposta da NOME COGNOME e l’appello incidentale dalla stessa COGNOME, con condanna al pagamento in favore delle appellanti delle spese del doppio grado giudizio, come liquidate in dispositivo.
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3. Avverso la sentenza della Corte d ‘a ppello, NOME COGNOME COGNOME COGNOME ricorso per cassazione articolato in cinque motivi. Hanno resistito con unico atto di controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, in via principale, la ‘ omessa pronuncia violazione dell’art. 291 e 350 c.p.c. -violazione dell’art. 327 c.p.c. e dell’art. 2909 c . c. in relazione all’art. 360 c.p.c. nn.3), 4) e 5) ‘ per avere la Corte d ‘a ppello di Napoli, a fronte della specifica eccezione, tempestivamente sollevata dalla appellata NOME COGNOME di inammissibilità dell’appello principale COGNOME da NOME COGNOME, autorizzato la rinnovazione della notifica, dopo che l ‘ appellante aveva già provveduto ad effettuare una prima notifica non andata a buon fine per causa a sé imputabile e spontaneamente aveva rinnovato la notifica, ancora una volta non andata a buon fine per causa a sé imputabile. Assume che l’ eccezione, se accolta, avrebbe determinato l ‘inammissibilità dell’appello e la produzione degli effetti di cui all’art. 2909 c.c. sulla ordinanza del Tribunale impugnata, stante la nullità del procedimento e della sentenza emessa.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Pur soprassedendo in ordine alla confezione della censura con cui la ricorrente cumulativamente paventa la violazione dei nn.3), 4) e 5) dell’art. 360 c.p.c. in relazione alle norme sostanziali e processuali evocate, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, va evidenziato come il motivo COGNOME sia del tutto generico non emergendo dal tenore del medesimo né il rispetto del principio di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c. per non aver la ricorrente, che assume di aver formulato la relativa eccezione, assolto l’onere di specificare, al di là di riferimenti invero troppo vaghi e aspecifici (pag. 12 del ricorso), gli esatti termini con cui tale eccezione era
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AVV_NOTAIO stata formulata, né l’oggetto della doglianza per come riferita al triplice profilo di censura evocato e neppure le ragioni per cui il decisum della sentenza sarebbe viziato in relazione a ciascuno di essi.
2. Con il secondo motivo di ricorso, denuncia in via subordinata la ‘ violazione art. 702 quater c.p.c . in relazione all’art. 2901 c.c. ed all’art. 360 c.p.c. n. 3′ ; nello specifico, parte ricorrente lamenta che la Corte d’ appello ha ritenuto che la visura catastale risalente a decenni prima della instaurazione del giudizio (1976), priva di stima di valutazione e non prodotta in primo grado nel giudizio a cognizione sommaria di cui all’art. 702 c.p.c. ma allegata solo con l ‘appello incidentale dalle germane COGNOME, costituisse piena prova sia della proprietà in capo alla madre, debitrice, di altro immobile sia della commerciabilità del bene nonchè del valore dichiarato, superiore ai crediti vantati dalla ricorrente COGNOME e che, pertanto, costituisse documento indispensabile, tale da poter essere prodotto in sede di gravame ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. ai fini della prova della insussistenza del requisito del depauperamento patrimoniale in capo alla debitrice COGNOME richiesto dall’art. 2901 c.c.. Contesta che tale produzione documentale avesse il requisito della indispensabilità e che, se non fosse stata ammessa, ne sarebbe conseguito il rigetto dell’appello incidentale.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, il motivo mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
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Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto con accertamento di fatto chiaro e adeguato che dalla visura catastale in atti risultava un patrimonio immobiliare residuo idoneo a garantire il credito controverso oggetto del presente giudizio, aggiungendo che, al riguardo, non vi fosse stata una specifica contestazione da parte della appellata COGNOME.
3. Con il terzo motivo di ricorso , formulato anch’esso in via subordinata , la ricorrente COGNOME lamenta la ‘ violazione art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 ‘ ; in particolare, denuncia che la Corte d’appello si è ingiustificatamente posta in contrasto con le indicazioni dell’art. 2901 , comma 2, c.c., in base al quale soltanto per gli atti a titolo oneroso è necessario il requisito della consapevolezza in capo al terzo (nella fattispecie, trattandosi di una donazione e quindi un atto a titolo gratuito) e, comunque si è posta in contrasto con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che anche recentemente ha confermato come la sussistenza di un vincolo parentale rende inverosimile credere che il terzo non conosca la esposizione del debitore; ed infatti, secondo quanto esposto in sentenza, non sarebbe stata certa la consapevolezza in capo alle NOME donatarie del fatto che la madre donante avesse una esposizione debitoria al momento del rogito e quindi, mancherebbe il requisito soggettivo della azione revocatoria.
3.1. Il motivo non è fondato.
In via generale, non può che ribadirsi che spetta al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari precedentemente selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione, e non piuttosto una visione parcellizzata di essi, sia in grado di fornire una valida prova presuntiva tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto; la delimitazione del campo affidato al dominio
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del giudice del merito consente innanzi tutto di escludere che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per sé solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori (v., tra tante, Cass. 21/03/2022 n. 9054; Cass. Sez. 3, 9/04/2025 n.9349).
Ebbene, la Corte partenopea lungi dall’essersi posta in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in merito alla sussistenza del vincolo parentale come addebitatole dalla odierna ricorrente (che insiste nel lamentare come vincolo filiale renderebbe inverosimile credere che i terzi non conoscessero l ‘ esposizione del debitore, richiamando in proposito gli arresti Cass. nn. 195/2023 e 161/2021), ha ritenuto sulla base di un apprezzamento unitario dell’atto a titolo gratuito compiuto dalla madre (NOME COGNOME) in favore delle sue NOME (NOME, NOME e NOME COGNOME), che non sussistevano elementi neppure presuntivi che consentissero di ritenere l’elemento soggettivo in capo alla NOME (cioè sia in ordine alla consapevolezza del credito sia di recare pregiudizio al creditore) sia conseguentemente in capo alle NOME.
In particolare, la Corte di appello ha dato conto che stante il tempo trascorso tra l’ingiunzione di pagamento e l’atto di donazione (circa sei anni) e la chiusura di un’esecuzione immobiliare del 2005 con una conversione del pignoramento e pagamento dei debiti, fosse plausibile la convinzione della COGNOME di non dovere più nulla alla COGNOME (pag. 17 della sentenza impugnata), ciò anche in base alla sentenza 2007 del Tribunale di Napoli che aveva affermato la responsabilità professionale della stessa COGNOME e la perdita del diritto al compenso e che neppure le germane COGNOME, beneficiarie dell’attribuzione patrimoniale, fossero a conoscenza della situazione debitoria materna, stante che non erano state parti dei giudizi tra la madre NOME e l’ AVV_NOTAIO e tenuto conto, soprattutto, di un ulteriore elemento di forte valenza probatoria per smentire l’intento fraudolento dell’operazione e cioè che l’atto di disposizione fu unico (pagg. 17 e 18 della sentenza impugnata) .
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4. In via ulteriormente subordinata, con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la ‘ violazione art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3’ ; al riguardo, evidenzia che la formulazione del gravame incidentale è stata effettuata secondo le regole processali vigenti e che la Corte d ‘a ppello ha riconosciuto fondate, almeno parzialmente, le ragioni dell ‘ appellante incidentale, di fatto riconoscendo la comodità di lettura e di delibazione dei motivi così come formulati , statuendone però l’ inammissibilità sol perchè erano state riproposte le medesime istanze non accolte in primo grado;
4.1. Il motivo è inammissibile.
La censura formulata difetta di specificità in quanto parte ricorrente omette financo di trascrivere l’atto di appello nella misura necessaria a far constare la violazione denunciata (tra tante, Cass. Sez. 1, 6/09/2021 n. 24048).
5. Infine, con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente contesta la ‘ condanna alle spese di lite -violazione art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 ‘; al riguardo, sottolinea che la Corte di merito ha nuovamente liquidato le spese di entrambi i gradi di giudizio e che, mentre il Tribunale aveva quantificato in € 4.835,00 , oltre esborsi ed oneri, il compenso totale dal difensore della ricorrente COGNOME alla luce del D.M. 2012 alla luce della inesistente attività istruttoria e decisoria del procedimento ex art. 702 bis cpc, ponendolo in solido a carico delle convenute tenuto conto della sostanziale unicità delle loro difese, peraltro a firma del medesimo difensore, la Corte d’appello, viceversa, senza darne motivazione, ha quantificato le spese di primo grado in € 7.616,00 oltre esborsi ed oneri, che ha riconosciuto ad ognuna delle parti, applicando il D.M. 2022 nella tariffa media di valore indeterminabile – pur avendo quantificato alla pag. 15 della sentenza l’ammontare del credito per cui si procedeva in ‘€ 7.461,66 come, tra l’altro, quantificato in ricorso dalla stessa COGNOME‘, la quale infatti correttamente aveva fatto dichiarazione di valore della lite nello scaglione entro € 26.000,00 – e considerando come interamente svolte tutte le fasi di giudizio, anche quella istruttoria e decisoria, in realtà inesistenti in sede del procedimento espletato
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ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c.. Per il grado di appello, la Corte di merito ha liquidato in favore di entrambe le parti appellanti il compenso € 6.946,00, in eccesso alla quantificazione di € 5.809 prevista dal D.M. 2022 quale tariffa media del valore entro lo scaglione € 26.000,00, se nza alcuna motivazione.
5.1. Parimenti inammissibile il quinto e ultimo motivo.
Va richiamato il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata, la pronuncia sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di uno specifico motivo d’impugnazione (Cass. Sez. 6-2, 18/03/2021 n. 7616).
La Corte d’appello, nel caso di specie, ha correttamente rideterminato le spese del doppio grado di giudizio « all’esito finale della lite », applicando «i parametri di cui al D.M. n. 55/2014 (aggiornato al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022)»e ritenendo di calcolarle « in base a valori tra i minimi ed i medi tariffari, con esclusione, per il giudizio di appello, della fase istruttoria (non espletata in questo grado) e tenuto conto del valore della causa (nella specie ‘indeterminato’), della natura dell’affare, delle questioni trattate» (pag. 25 e 25 della sentenza impugnta).
Al riguardo, omette parte ricorrente di considerare di aver COGNOME gravame incidentale «per ritenere sussistenti tutti i crediti descritti nel ricorso introduttivo e negati dal Tribunale» (come riportato a pag. 5 della sentenza impugnata), crediti, in parte litigiosi, di valore indeterminato.
6. Il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, in virtù del principio di soccombenza, e, liquidate come in dispositivo in favore delle controricorrenti, vanno poste a carico dell ‘ odierna ricorrente.
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La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore delle controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20/02/2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 29 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME