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Azione revocatoria donazione: quando è inefficace

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un padre e dei suoi figli contro un’azione revocatoria donazione. Il caso riguardava la donazione di immobili ai figli, effettuata dopo che il padre era stato citato in giudizio per un risarcimento danni da una società cooperativa. La Corte ha confermato che il credito, anche se non ancora accertato, era sorto prima della donazione, rendendo l’atto pregiudizievole per il creditore. È stata inoltre confermata la validità della notifica dell’atto introduttivo, consegnata al figlio presso la residenza del padre.

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Azione revocatoria donazione: quando l’atto è inefficace per il creditore

L’azione revocatoria donazione è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando un debito non è ancora stato formalmente accertato da un giudice? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui presupposti per revocare una donazione, chiarendo la nozione di ‘credito anteriore’ e i requisiti di consapevolezza del debitore. Con l’ordinanza n. 20328/2024, la Suprema Corte ha esaminato il caso di un padre che aveva donato immobili ai figli dopo essere stato citato in giudizio per un risarcimento danni, fornendo importanti principi applicabili a molte situazioni simili.

I fatti di causa: una donazione immobiliare sotto la lente del creditore

La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni avanzata da una società cooperativa agricola nei confronti di un soggetto per l’illecita detenzione di un capannone industriale, protrattasi per diversi anni. Già nel 2006, la cooperativa aveva notificato all’uomo un atto di citazione. Successivamente, nel 2009, l’uomo donava alcuni beni immobili ai propri figli. La cooperativa, vedendo diminuita la garanzia patrimoniale del proprio debitore, avviava un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per far dichiarare inefficaci tali donazioni nei suoi confronti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda della società, ritenendo che i presupposti per la revoca fossero sussistenti.

Il ricorso in Cassazione e l’azione revocatoria donazione

Il debitore e i suoi figli proponevano ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Nullità della notifica iniziale: Sostenevano che la notifica dell’atto di citazione del primo giudizio fosse nulla, in quanto consegnata al figlio che, a loro dire, non era convivente con il padre destinatario.
2. Insussistenza dei presupposti della revocatoria: Contestavano la sussistenza della scientia damni (la consapevolezza di arrecare pregiudizio al creditore), affermando che al momento della donazione il credito era solo potenziale e non certo, in quanto derivante da un giudizio ancora in corso. Di conseguenza, secondo i ricorrenti, la donazione non poteva considerarsi posteriore al sorgere del credito.

La validità della notifica al familiare: l’analisi della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo inammissibile. I giudici hanno chiarito che, sulla base della relazione di notifica, la consegna dell’atto era avvenuta presso la residenza del destinatario e nelle mani del figlio, qualificatosi come ‘familiare convivente’. Tale circostanza, secondo la giurisprudenza consolidata, instaura una presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Spetta a quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria, ovvero dimostrare il carattere del tutto occasionale e temporaneo della presenza del familiare in casa propria. Nel caso di specie, i ricorrenti non solo non hanno fornito tale prova, ma non hanno neppure presentato una querela di falso contro la relazione dell’ufficiale giudiziario.

Le motivazioni

La Corte ha rigettato anche il secondo motivo, qualificandolo come inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio cardine in materia di azione revocatoria donazione: la nozione di ‘credito’ va intesa in senso ampio. Non è necessario che il credito sia certo, liquido ed esigibile al momento dell’atto dispositivo. È sufficiente l’esistenza di una ‘ragione di credito’ o di un’aspettativa, anche se litigiosa. Nel caso specifico, la pretesa risarcitoria della cooperativa era sorta a causa di un fatto illecito (l’illegittima detenzione) avvenuto tra il 2002 e il 2006. L’atto di citazione del 2006 aveva reso il debitore pienamente consapevole di essere un ‘potenziale debitore’. Pertanto, le donazioni effettuate nel 2009 erano indiscutibilmente successive al sorgere della ragione di credito. Di conseguenza, era sufficiente per il creditore dimostrare la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio (scientia damni), requisito ampiamente soddisfatto dalla precedente notifica della citazione. Anche il presupposto dell’ eventus damni (il pregiudizio) è stato ritenuto sussistente, poiché non è richiesta la totale compromissione del patrimonio del debitore, ma basta che l’atto dispositivo renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali e a un’ulteriore somma per lite temeraria, data la manifesta infondatezza dei motivi. L’ordinanza riafferma con forza due principi: primo, la notifica a un familiare che si dichiara convivente è presuntivamente valida; secondo, ai fini dell’azione revocatoria, un credito si considera sorto non dalla sentenza che lo accerta, ma dal momento in cui si è verificato il fatto che ne costituisce la fonte (contratto o illecito). Questa decisione rappresenta un importante monito per chiunque intenda spogliarsi dei propri beni per sottrarli alle pretese, anche solo potenziali, dei propri creditori.

Una notifica consegnata a un familiare del destinatario è valida anche se non convivono stabilmente?
Sì. Secondo la Corte, la consegna dell’atto a un familiare che, presso la residenza del destinatario, si dichiari convivente, fa sorgere una presunzione legale di conoscenza. Spetta al destinatario che contesta la notifica dimostrare che la presenza del familiare era puramente occasionale e che l’atto non gli è mai pervenuto.

Per esercitare un’azione revocatoria su una donazione, il credito deve essere già certo e liquido?
No. La Corte ha ribadito che è sufficiente l’esistenza di una ‘ragione di credito’ o di un’aspettativa, anche se il credito è ancora oggetto di un contenzioso e non è stato accertato da una sentenza. L’elemento determinante è l’anteriorità della fonte dell’obbligazione (es. un fatto illecito) rispetto all’atto di donazione.

L’azione revocatoria richiede che il debitore si sia spogliato di tutti i suoi beni?
No. Per integrare il presupposto dell’ eventus damni, non è necessario che l’atto di disposizione patrimoniale abbia reso il debitore totalmente insolvente. È sufficiente che tale atto abbia reso più incerta o difficile la concreta soddisfazione del credito. L’onere di provare che il patrimonio residuo è ampiamente sufficiente a coprire il debito spetta al debitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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