Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8818 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8818 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18025/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, rappresentati e difesi dal AVV_NOTAIO ( EMAIL)
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 190/2021 depositata il 08/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha convenuto in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per ottenere, ai sensi dell’art. 2901 c.c., la dichiarazione di inefficacia dell’atto di compravendita di un bene immobile intercorso tra le parti il 7.1.2015, perché negoziato in pregiudizio del credito per la somma € 10.000,00 vantato nei confronti della sig.ra COGNOME, in ragione di un assegno consegnatogli dalla medesima a titolo di corrispettivo di una vendita di un immobile stipulato il 23.5.11, non incassato.
Si costituiva la convenuta COGNOME, chiedendo la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., stante la pendenza tra le medesime parti di altro giudizio avente ad oggetto il medesimo atto impugnato da COGNOME per simulazione, e resistendo in merito alla domanda.
Si costituivano anche gli altri convenuti. Il Tribunale rigettava la domanda dopo avere respinto l’istanza di sospensione.
Avverso la sentenza NOME COGNOME proponeva appello innanzi alla Corte di appello di Roma, cui resistevano i convenuti appellati.
La Corte territoriale, in premessa, rilevava che l’appello fosse articolato in un unico motivo con il quale l’appellante lamentava
l’erroneità della pronuncia per non avere tenuto conto del principio secondo il quale i terzi possono essere ritenuti consapevoli del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore -ai fini dell’applicazione dell’art. 2901 c.c.-, o comunque nella condizione di conoscibilità del pregiudizio che si arreca sulla base di un prezzo del bene inferiore a quello di mercato, principio tuttavia non messo in discussione dal giudice che aveva respinto la domanda sulla base della mancata prova del pregiudizio subito. Su questo punto della decisione la corte territoriale rilevava che l’appellante non aveva impugnato il ragionamento logico-giuridico del giudice di primo grado, là dove, dando atto delle risultanze della perizia espletata nel parallelo giudizio di simulazione, aveva ritenuto che il valore del bene compravenduto fosse addirittura inferiore al prezzo corrisposto dagli acquirenti alla sig.ra COGNOME; conseguentemente, rigettando l’appello, condannava NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali del grado, liquidate in € 19.160.003.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito propone ora ricorso per cassazione il COGNOME.
Resiste con controricorso la COGNOME.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 co.1, n. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla rilevanza attribuita in via esclusiva alla CTU resa in separato giudizio, senza ammissione di una indagine peritale aggiornata.
Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, co.1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per errore di percezione e mancanza di motivazione in merito alla sussistenza del consilium fraudis in capo ai terzi acquirenti, essendosi limitata l’impugnata sentenza a richiamare quanto ritenuto dal Tribunale e a rinviare
genericamente e acriticamente alle motivazioni del giudice monocratico.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
Essi non attingono alla unica ratio decidendi con cui la corte d’appello ha ritenuto non specificamente impugnato il capo della sentenza di primo grado ove è stato ritenuto non provato il pregiudizio subito dall’attore -allora appellante- in relazione alla vendita del bene, dalla quale la debitrice COGNOME avrebbe ricavato un corrispettivo addirittura superiore al suo valore.
Sul punto rileva il principio secondo cui, anche laddove la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse ” rationes decidendi “, ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla motivazione non censurata (Cass. Sez. 3 , Sentenza n. 13880 del 06/07/2020; Cass., 13/10/2017, n. 24076; Cass., 27/12/2016, n. 27015; Cass., 22/9/2011, n. 19254, Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 13/7/2005, n. 14740).
Per rendere ammissibile il ricorso, il ricorrente avrebbe dovuto indicare in quale punto dell’atto di appello il dictum del giudice di primo grado fosse stato, in ipotesi, effettivamente oggetto di specifico motivo d’impugnazione, in contrasto con quanto affermato dal giudice dell’appello in ordine alla sussistenza di un giudicato su quel punto.
Il ricorrente si limita invero a riprendere questioni di merito e di diritto affrontate dal giudice di primo grado, richiamate ma non specificamente riesaminate limitatosi a rilevare il passaggio in giudicato, per omessa impugnazione, della statuizione del giudice a quo su un punto decisivo della controversia (la accertata insussistenza di un effettivo pregiudizio del creditore).
Con il terzo motivo, denunciando violazione del D.M. 55/204 ( ratione temporis applicabile), in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte di condanna alle spese di lite per avere applicato lo scaglione delle tariffe professionali relative alle controversie di valore ricompreso tra € 260.00,01 ed € 520.000,00 in ragione del valore della controversia, e ciò in base al prezzo del bene oggetto della compravendita colpita dall’azione revocatoria. Lamenta che la corte di merito ha violato il disposto in base al quale, nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie il valore della causa è determinato avendo riguardo all’entità economica del
credito alla cui tutela l’azione è diretta.
13. La censura è fondata.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nell’azione revocatoria il valore della causa si determina sulla base non già del negozio impugnato, bensì del credito per il quale si agisce in revocatoria, anche se il valore dei beni alienati, o comunque sottratti al creditore, risulti superiore o inferiore, poiché detta azione ha solo carattere conservativo, posto che la sua funzione consiste nel paralizzare l’efficacia dell’atto impugnato per assicurare al creditore danneggiato l’assoggettabilità all’azione esecutiva dei beni alienali o comunque resi indisponibili dal debitore (cfr. Cass. civ. 17 marzo 2004, n. 5402; Cass. civ. 5 marzo 1988, n. 2307 Sez. 6 -3, Ordinanza n. 10089 del 09/05/2014; Sez. 3 -, Ordinanza n. 3697 del 13/02/2020).
Orbene nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso il suindicato principio.
Della medesima s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo . Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d ‘A ppello di Roma, in diversa composizione.