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Azione revocatoria: cessione quote e frode creditore

Un creditore ha ottenuto la dichiarazione di inefficacia per la vendita di quote societarie tramite un’azione revocatoria. La società debitrice, in grave difficoltà finanziaria, aveva ceduto partecipazioni di valore al proprio amministratore unico. Il Tribunale di Milano ha stabilito che l’atto era pregiudizievole per le ragioni del creditore (eventus damni) e che sia il debitore sia l’acquirente (che coincidevano nella stessa persona fisica) erano consapevoli del danno (scientia damni e participatio fraudis), integrando i presupposti dell’art. 2901 c.c.

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Azione Revocatoria: Quando la Cessione di Quote Nasconde una Frode ai Creditori

L’azione revocatoria è uno degli strumenti più efficaci a disposizione dei creditori per proteggere la garanzia patrimoniale del debitore. Una recente sentenza del Tribunale di Milano offre un chiaro esempio di come questo istituto trovi applicazione in complesse operazioni societarie, in particolare nella cessione di quote. Il caso analizzato vede un creditore agire contro una società debitrice che aveva ceduto un pacchetto di quote di valore al suo stesso amministratore unico, svuotando di fatto il proprio patrimonio e rendendo incerto il recupero del credito.

I Fatti: Una Manovra Sospetta per Svuotare il Patrimonio

La vicenda trae origine da un credito di oltre 650.000 euro vantato da un soggetto nei confronti di una società, sorto da un contratto stipulato nel 2018. Successivamente, nel 2021, la società debitrice, trovandosi in una situazione finanziaria estremamente precaria, decideva di cedere il 100% delle quote di un’altra società controllata, patrimonialmente solida e di valore, al proprio amministratore unico e socio.

Questa operazione ha immediatamente allertato il creditore, il quale ha ravvisato un chiaro tentativo di sottrarre un bene di valore dalla garanzia patrimoniale, rendendo di fatto impossibile o estremamente difficile il soddisfacimento del proprio credito. La società debitrice, infatti, presentava un’esposizione debitoria di oltre 10 milioni di euro a fronte di una liquidità quasi inesistente, e non depositava bilanci da anni, un segnale inequivocabile di crisi aziendale.

L’Azione Revocatoria per la Tutela del Credito

Di fronte a questa situazione, il creditore ha avviato un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 del Codice Civile. Per ottenere successo, era necessario dimostrare la sussistenza di specifici presupposti:

1. L’esistenza di un credito: Anche se non ancora accertato giudizialmente in via definitiva, è sufficiente una ragione di credito.
2. Un atto di disposizione patrimoniale: La cessione delle quote societarie.
3. Il pregiudizio per il creditore (eventus damni): L’atto doveva rendere più incerta o difficile la riscossione del credito.
4. La consapevolezza del pregiudizio (scientia damni): La società debitrice doveva essere consapevole del danno arrecato al creditore.
5. La partecipazione fraudolenta del terzo (participatio fraudis): Poiché l’atto era a titolo oneroso, anche l’acquirente (l’amministratore) doveva essere a conoscenza del pregiudizio.

L’Analisi del Tribunale sull’Azione Revocatoria

Il Tribunale di Milano ha accolto integralmente la domanda del creditore, ritenendo provati tutti i requisiti dell’azione revocatoria.

In primo luogo, è stato accertato l’eventus damni. La cessione ha privato la società debitrice del suo unico bene di valore facilmente aggredibile, trasformandolo in un corrispettivo in denaro mai effettivamente rintracciato nel patrimonio sociale. Questa non è solo una diminuzione quantitativa, ma anche una modifica qualitativa peggiorativa della garanzia patrimoniale, poiché il denaro è un bene molto più facile da occultare rispetto a una partecipazione societaria. L’onere di dimostrare la presenza di altri beni sufficienti a coprire il debito gravava sulla società convenuta, prova che non è stata fornita.

In secondo luogo, e in modo decisivo, il Tribunale ha riscontrato l’elemento soggettivo della scientia damni e della participatio fraudis. La chiave di volta è stata la perfetta coincidenza tra la figura del rappresentante legale della società venditrice e la persona fisica dell’acquirente. L’amministratore unico non poteva non essere a conoscenza della disastrosa situazione finanziaria della società che amministrava, dell’esistenza del debito verso il creditore e del conseguente pregiudizio che l’operazione avrebbe causato. Questa sovrapposizione di ruoli ha reso evidente, secondo il giudice, un palese conflitto di interessi e la chiara consapevolezza di agire in danno delle ragioni creditorie.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni del Tribunale si fondano sulla palese sussistenza di tutti i presupposti legali dell’azione revocatoria. La corte ha sottolineato come l’operazione di cessione non avesse alcuna logica economica se non quella di sottrarre un asset strategico all’esecuzione forzata del creditore. La coincidenza soggettiva tra cedente e cessionario ha costituito una prova presuntiva grave, precisa e concordante della frode. L’atto dispositivo è stato ritenuto lesivo perché ha reso la soddisfazione del credito non impossibile, ma anche solo più difficile e incerta, il che è sufficiente per l’accoglimento della domanda. La sentenza ha quindi dichiarato l’atto di cessione delle quote inefficace nei soli confronti del creditore procedente.

Conclusioni

La decisione del Tribunale di Milano riafferma un principio fondamentale: l’ordinamento giuridico offre strumenti concreti per proteggere i creditori da manovre elusive poste in essere dai debitori. L’azione revocatoria si conferma un’arma potente, capace di neutralizzare anche operazioni societarie complesse quando queste sono finalizzate a pregiudicare le legittime aspettative di chi vanta un credito. Questa sentenza è un monito per gli amministratori, ricordando loro che operazioni in palese conflitto di interessi, volte a svuotare il patrimonio sociale a danno dei creditori, non resteranno impunite e potranno essere private di ogni effetto attraverso gli strumenti di tutela previsti dalla legge.

È possibile esperire un’azione revocatoria anche se il credito non è ancora stato accertato con una sentenza definitiva?
Sì. La sentenza chiarisce che per agire in revocatoria è sufficiente l’esistenza di una ragione di credito, anche se litigiosa e non ancora accertata in modo definitivo, liquido ed esigibile. La definizione della controversia sul credito non è un presupposto indispensabile per la pronuncia sulla domanda revocatoria.

Cosa si intende per ‘eventus damni’ (pregiudizio) nella cessione di quote societarie?
Il pregiudizio non consiste solo nella totale compromissione del patrimonio del debitore, ma anche nel compimento di un atto che renda semplicemente più incerta o difficile la soddisfazione del credito. La sostituzione di un bene specifico e aggredibile (le quote) con denaro (facilmente occultabile) costituisce una modifica qualitativa della garanzia patrimoniale che integra il requisito dell’eventus damni.

Come viene provata la consapevolezza del pregiudizio (scientia damni) quando chi vende e chi compra è la stessa persona?
Quando vi è coincidenza tra il rappresentante legale della società debitrice (venditrice) e la persona fisica dell’acquirente, la prova della consapevolezza è presunta. L’amministratore è per legge a conoscenza della situazione patrimoniale, dei debiti della società e delle conseguenze delle proprie azioni. Tale sovrapposizione di ruoli in palese conflitto di interessi è un indice inequivocabile della piena consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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