Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14375 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11143-2017 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 2726/2016 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA, depositata il 30/4/2016;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in camera di consiglio del 26/3/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE, in amministrazione straordinaria per sentenza del 5/8/1994, in qualità di società incorporante della RAGIONE_SOCIALE, con domanda del 21/5/1999, ha chiesto che, a norma dell ‘ art. 3, commi 1, lett. c) e 3, della l. n. 95/1979 e
dell ‘ art. 67 l.fall., fosse revocato tanto l ‘ atto con cui, in data 31/12/1989, la RAGIONE_SOCIALE aveva venduto alla RAGIONE_SOCIALE un terreno edificabile in Roma con sovrastante complesso industriale, quanto l ‘ atto con in quale, successivamente, la RAGIONE_SOCIALE, a sua volta incorporante della RAGIONE_SOCIALE, in data 30/12/1993, aveva conferito l ‘immobile ‘ già oggetto della prima compravendita ‘ alla RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Il tribunale di Velletri, con sentenza del 25/2/2008, ha rigettato la domanda di revoca ex art. 67, comma 1, n. 1, l.fall., per mancanza di prova della sproporzione tra il prezzo convenuto e il valore effettivo del bene, e la domanda di revoca ex art. 67, comma 2, l.fall., per mancanza di prova della conoscenza da parte dell ‘ acquirente dell ‘ immobile dell ‘ insolvenza in cui versava la venditrice.
1.3. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ha proposto appello avverso tale sentenza.
1.4. La RAGIONE_SOCIALE, nelle more succeduta a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE, ha resistito all’appello, chiedendone il rigetto .
1.5. La corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l ‘ appello.
1.6. La corte, in particolare, per quanto ancora rileva, dopo aver affermato la pacifica appartenenza di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ‘ allo stesso gruppo societario, avente una direzione unitaria ‘, ha ritenuto: – innanzitutto, l ‘ infondatezza del motivo con il quale l ‘ appellante aveva sostenuto, ai fini previsti dall’ art. 67, comma 1°, n. 1, l.fall., l ‘ erronea esclusione da parte del tribunale della notevole sproporzione tra il prezzo della compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed il reale valore del bene; – in secondo luogo, l ‘ infondatezza del motivo con il quale l ‘ appellante aveva lamentato, ai fini previsti dall’art. 67, comma 2°, l.fall., l’erronea esclusione da parte del tribunale
della consapevolezza in capo alla compratrice dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la RAGIONE_SOCIALE; – in terzo luogo, l’infondatezza del motivo con il quale l’appellante aveva lamentato la mancata considerazione da parte del tribunale dell’operazione complessivamente considerata; -infine, l ‘ assorbimento del motivo con il quale l ‘ appellante aveva censurato la sentenza del tribunale per aver omesso di esaminare la domanda di revocatoria del secondo atto, ossia del conferimento dell’immobile da RAGIONE_SOCIALE s.r.l. a RAGIONE_SOCIALE.
1.7. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, con ricorso notificato martedì 2/5/2017, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza.
1.8. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.9. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 1, n. 1, l.fall., anche in connessione con l ‘ art. 61 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, dopo aver ritenuto che la sproporzione del prezzo convenuto nella compravendita del 31/12/1989 poteva essere dimostrata solo attraverso una consulenza tecnica d ‘ ufficio, ha contraddittoriamente omesso di disporne l ‘ espletamento nonostante la richiesta, erroneamente ritenuta tardiva, formulata in tal senso dall ‘ appellante per accertare la sproporzione tra il prezzo della compravendita, pari 29 miliardi di lire, e il prezzo di mercato del bene.
2.2. Né rileva, ha osservato la ricorrente, il fatto, valorizzato invece dalla corte d ‘ appello, che la RAGIONE_SOCIALE, acquistato il bene nel 1986 al prezzo di 12 miliardi di lire, lo
aveva poi venduto tre anni dopo per il prezzo di 29 miliardi di lire, non avendo considerato gli essenziali mutamenti intervenuti nel frattempo sull ‘ immobile, come l ‘ approvazione della domanda di condono e il rilascio del nulla osta regionale alla realizzazione del centro commerciale, i quali avevano comportato un significativo aumento di valore del bene.
2.3. D ‘ altra parte, la corte d ‘ appello non ha tenuto in alcuna considerazione il fatto, emergente dalla documentazione prodotta, che l ‘ immobile era stato iscritto, nella situazione patrimoniale della RBM al 31/5/1990, per il valore di oltre 99 miliardi e 338 milioni di lire, né il fatto che il bene sarebbe stato venduto ad NOME, cui era stato offerto in data 21/3/1990, per il prezzo di 153 miliardi di lire, non corrispondendo al vero il convincimento espresso dalla corte circa il fatto che l ‘ immobile venduto alla fine del 1989 fosse un bene totalmente diverso rispetto a quello valutato 99 miliardi di lire in sede di fusione, avvenuta appena tre mesi dopo la vendita a RAGIONE_SOCIALE, poiché, al contrario, è pacificamente risultato che, a prescindere dalle affermazioni delle parti sullo stato dell ‘ immobile, il bene compravenduto nel dicembre 1989 era il medesimo rispetto a quello di cui alla situazione patrimoniale del 1990.
2.4. Non si comprende, dunque, ha concluso la ricorrente, come la corte d’appello abbia potuto affermare che il prezzo pagato, pari a 29 miliardi di lire, non fosse notevolmente sproporzionato rispetto a l valore reale dell’immobile .
2.5. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione dell ‘ art. 67, comma 1°, n. 1, e comma 2, l.fall., anche con riferimento all ‘ art. 2697 c.c. e agli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso che la società acquirente fosse
consapevole dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la venditrice al momento della compravendita del 31/12/1989, senza, tuttavia, considerare che i dati a tal fine forniti dalla RAGIONE_SOCIALE, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d ‘ appello, dimostravano, come si evince dal suo bilancio al 31/12/1989, tanto la già evidente difficoltà della RAGIONE_SOCIALE a fronteggiare le passività a scadenza ravvicinata, quanto la consapevolezza della RAGIONE_SOCIALE che tale situazione, una volta che il cespite fosse uscito dal patrimonio della venditrice, si sarebbe aggravata verso un ‘ inevitabile decozione.
2.6. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.
2.7. La ricorrente, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge, ha lamentato, in sostanza, l ‘ erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle asserite emergenze delle stesse, hanno escluso sia la notevole sproporzione tra il prezzo convenuto e il valore del bene venduto con l ‘ atto del 31/12/1989, quanto la conoscenza da parte della società acquirente dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la venditrice al momento di tale atto.
2.8. La valutazione delle prove raccolte, però, compresa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall ‘ art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e l ‘ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell ‘ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), costituisce un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come
stabilito dall ‘ art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nell ‘ avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l ‘ esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia.
2.9. L ‘ omesso esame di elementi istruttori non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti fattuali rilevanti in causa, come fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso, siano stati comunque presi in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.).
2.10. La valutazione delle prove, al pari della scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili senza essere tenuto ad un ‘ esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017).
2.11. Il ricorso per cassazione, invero, conferisce al giudice di legittimità solo la facoltà del controllare, sotto il profilo della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della fattispecie concreta dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l ‘ attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all ‘ uno o all ‘ altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. n. 40872 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21098 del 2016; Cass. n. 27197 del 2011).
2.12. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura delle prove utilizzate dal giudice di merito per la ricognizione della fattispecie concreta al fine di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa ( e non, com’è ovvio, a quelli accertati nel giudizio intercorso tra le stesse parti ma vertenti su una distinta vicenda contrattuale: cfr. il diverso accertamento compiuto dal giudice di merito, di cui si dà conto in Cass. n. 40872/21, pag. 10, punto 10, citata in memoria dalla ricorrente), delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com ‘ è in effetti accaduto
nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.13. La corte d ‘ appello, invero, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘ attrice, ha ritenuto (prendendo così in esame i fatti rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta dall ‘ attrice, e cioè la revoca della vendita immobiliare stipulata dalla società poi assoggettata ad amministrazione straordinaria in periodo sospetto per un prezzo notevolmente sproporzionato rispetto all ‘ effettivo valore del bene ed in favore di una compratrice asseritamente consapevole del suo stato d ‘ insolvenza, e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine all ‘ insussistenza degli stessi in modo nient ‘ affatto apparente, perplesso o contraddittorio) che il prezzo convenuto non era sproporzionato rispetto al valore effettivo del bene (‘ non si comprende come il prezzo di 29 miliardi di lire possa essere ritenuto sproporzionato per difetto ‘, che ‘ non sembra tra l’altro sganciato dai prezzi di mercato dell’epoca ‘ ) e che l ‘acquirente al momento dell ‘ atto non era a conoscenza dello stato d ‘ insolvenza in cui versava la venditrice poi assoggettata ad amministrazione straordinaria (la quale, del resto, ‘ al tempo della vendita ‘, non presentava ‘ segni esteriori di insolvenza, quali cambiali ed assegni in protesto, istanze fallimentari, decreti ingiuntivi, procedure esecutive ‘) .
2.14. Ed una volta escluso, come la corte d ‘ appello ha ritenuto senza che tale apprezzamento sia stato utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile, e cioè, a norma dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.) per aver del tutto omesso l ‘ esame di uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, risultanti dal testo della sentenza stessa o dagli atti processuali (e doverosamente esposti in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt.
366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c.) ed aventi carattere decisivo (nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda in termini tali da integrare le ipotesi normative invocate dalla ricorrente: fermo restando che l ‘ omesso esame di elementi istruttori non dà luogo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie: Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.), che la convenuta fosse consapevole dello stato d ‘ insolvenza della venditrice e che il prezzo dalla stessa pagato non era notevolmente sproporzionato rispetto al valore del bene acquistato, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la stessa corte ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto della domanda proposta dall ‘ attrice in quanto volta, appunto, alla revoca, a norma dell ‘ art. 67, comma 1, n. 1, e comma 2, l.fall., in relazione a quanto previsto dall ‘ art. 3, comma 3, della l. n. 95/1979, della vendita immobiliare stipulata dalla società venditrice in favore della convenuta.
2.15. Tale norma, infatti,
2.16. Né, infine, può essere censurato il mancato espletamento di una consulenza tecnica allo scopo di accertare la notevole sproporzione fra prezzo di vendita e valore effettivo del terreno. La consulenza tecnica d ‘ ufficio, infatti, è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell ‘ ausiliario e potendo la motivazione dell ‘ eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile, come nel caso in esame, dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (Cass. n. 40872 del 2021, in motiv.).
2.17. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la viol azione o la falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, n. 1, e comma 2, l.fall., e dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello dapprima ha omesso di motivare in modo comprensibile sul fatto che, in realtà, l’operazione compiuta, e cioè la cessione dell’immobile del 31/12/1989 e il suo conferimento in RAGIONE_SOCIALE del 30/12/1993, era stata unitariamente compiuta, attraverso atti negoziali
collegati, per frodare le ragioni dei creditori del gruppo ed era, come tale, revocabile a norma dell’art. 67, comma 2°, l.fall. e/o dell’art. 2901 c.c., e poi ha ritenuto assorbito il motivo d’appello concernente la revoca dell’atto di conferimento.
2.18. Il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, non si confronta in alcun modo con la pronuncia che ha impugnato: la quale, infatti, lungi dal non motivare, ha, in realtà, rigettato il motivo d’appello concernente l’unitarietà dell’operazione compiuta sul rilievo, rimasto privo di una specifica censura, che, a fronte delle ‘ caratteristiche ‘ e dei ‘ limiti ‘ dell’azione revocatoria ‘ esercitata dalla ricorrente in primo grado ‘ , i fatti denunciati nella censura avrebbero dovuto semmai costituire l’oggetto di ‘ iniziative giudiziarie diverse da quella in esame ‘.
2.19. L’assorbimento del motivo d’appello concernente la (conseguente) domanda di revoca dell’atto di conferimento dell’immobile compiuto in data 30/12/1993 da RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE, risulta, infine, correttamente pronunciato dalla corte d’appello in ragione del rigetto (ormai definitivo) della domanda di revoca dell’atto con cui quest’ultima, il 31/12/1989, l’ aveva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, società incorporata da quella (RAGIONE_SOCIALE) poi assoggettata ad amministrazione straordinaria.
Il ricorso , per l’inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ric orso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida nella somma complessiva di €. 25.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima