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Azione revocatoria bancaria: la capofila risponde

Una società in amministrazione straordinaria ha ottenuto la revoca dei pagamenti effettuati a un pool di banche prima della dichiarazione di insolvenza. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna della sola banca capofila a restituire l’intero importo, in quanto unico soggetto ricevente e rappresentante delle altre. La sentenza chiarisce anche i termini di prescrizione per l’azione revocatoria bancaria in procedure concorsuali avviate prima delle riforme del 2005-2006, confermando l’applicazione della legge precedente.

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Azione Revocatoria Bancaria: La Banca Capofila Risponde per Tutti

L’azione revocatoria bancaria è un tema cruciale nel diritto fallimentare, che acquista particolare complessità quando coinvolge finanziamenti erogati da un pool di istituti di credito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali sulla responsabilità della banca capofila e sui termini di prescrizione applicabili alle procedure di amministrazione straordinaria, offrendo spunti di riflessione per operatori del settore e imprese.

I Fatti del Caso: un Finanziamento e la Crisi d’Impresa

Una grande impresa sportiva, prima di entrare in amministrazione straordinaria, aveva stipulato un contratto di finanziamento con un gruppo di banche, guidate da una banca capofila. A seguito della crisi, la società aveva effettuato diversi rimborsi a favore del pool. Una volta avviata la procedura concorsuale, gli organi della procedura hanno agito in giudizio per chiedere la revoca di tali pagamenti, sostenendo che fossero stati eseguiti quando le banche creditrici erano già a conoscenza dello stato di insolvenza della società (la cosiddetta scientia decoctionis). L’azione è stata rivolta principalmente contro la banca capofila, quale soggetto che aveva materialmente ricevuto le somme.

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, hanno accolto la domanda, condannando la banca capofila a restituire non solo la sua quota, ma l’intero importo dei pagamenti ricevuti per conto di tutto il pool. La banca ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno affrontato e risolto diversi nodi giuridici, consolidando principi di grande importanza pratica.

L’Azione Revocatoria Bancaria e i Termini di Prescrizione

Uno dei motivi di ricorso riguardava la presunta prescrizione e decadenza dell’azione. La banca sosteneva che dovessero applicarsi i termini più brevi introdotti dalla riforma del diritto fallimentare del 2006. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che per le procedure di amministrazione straordinaria iniziate prima dell’entrata in vigore della riforma, continua ad applicarsi la disciplina previgente. Si tratta di una precisazione fondamentale in tema di diritto intertemporale, che garantisce certezza giuridica alle procedure avviate in passato.

La Responsabilità della Banca Capofila nel Pool

Il punto centrale della controversia era stabilire se la banca capofila potesse essere condannata a restituire l’intera somma revocata o solo la parte di sua competenza. La Corte ha stabilito che l’azione doveva essere proposta unicamente contro la banca capofila, in quanto accipiens (ricevente) dei pagamenti.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione basandosi sulla struttura del contratto di finanziamento in pool e sulle regole del mandato con rappresentanza. I giudici hanno accertato che la banca capofila non era un semplice intermediario, ma agiva come mandataria con rappresentanza delle altre banche. Di conseguenza, il pagamento effettuato dal debitore nelle mani della capofila aveva un effetto liberatorio per l’intera obbligazione, come previsto dall’art. 1188 del codice civile.

Poiché la banca capofila era l’unico soggetto legittimato a ricevere il pagamento per conto di tutti, essa è anche l’unico legittimato passivo nell’azione di restituzione. Gli accordi interni al pool, relativi alla successiva redistribuzione delle somme tra le banche aderenti, sono stati considerati irrilevanti nei confronti della procedura concorsuale. L’effetto liberatorio del pagamento si produce al momento dell’accredito alla capofila, ed è in quel momento che si perfeziona l’atto pregiudizievole soggetto a revoca.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di notevole importanza per il settore bancario e per le procedure concorsuali. Le banche che operano in pool come capofila devono essere consapevoli che, in caso di azione revocatoria bancaria, potrebbero essere chiamate a restituire l’intero importo ricevuto, indipendentemente dalla loro quota di partecipazione al finanziamento. La decisione sottolinea come la struttura del mandato con rappresentanza, sebbene efficiente nella gestione del credito, comporti una concentrazione della responsabilità in capo al soggetto che agisce per tutti. Per le procedure concorsuali, d’altra parte, viene semplificata l’azione di recupero, potendo essa concentrarsi sull’unico soggetto che ha ricevuto materialmente i pagamenti.

In un finanziamento in pool, la banca capofila che riceve i pagamenti può essere condannata a restituire l’intera somma in caso di azione revocatoria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione revocatoria deve essere proposta solo contro la banca capofila, in quanto unico soggetto che riceve materialmente i pagamenti (accipiens) con effetto liberatorio per il debitore. Gli accordi interni per la redistribuzione delle somme tra le altre banche del pool non sono opponibili alla procedura concorsuale.

Quali sono i termini di prescrizione per l’azione revocatoria nell’amministrazione straordinaria disciplinata dal d.lgs. 270/1999?
Per le procedure di amministrazione straordinaria instaurate prima del 16 luglio 2006, non si applicano i nuovi e più brevi termini di prescrizione e decadenza introdotti dall’art. 69 bis della legge fallimentare, ma continua a valere la disciplina precedente.

È sufficiente che solo due commissari straordinari su tre firmino la procura per agire in giudizio?
Sì. La Corte ha confermato che, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 270 del 1999, per la validità della procura è sufficiente la sottoscrizione di due commissari straordinari su tre, in quanto la rappresentanza è esercitata congiuntamente da almeno due di essi, senza che sia necessaria l’allegazione della delibera collegiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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