Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17512 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17512 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4355/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE COGNOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-ricorrenti- contro COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro
COGNOMENOMECOGNOME NOMECOGNOME, DI NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, DI NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2170/2022 depositata il 19/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE conveniva la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE e alcuni soci, per ottenere la dichiarazione di revoca di atti pubblici di trasferimento immobiliare con cui la prima aveva assegnato ai secondi gli alloggi di cui gli stessi si erano resi prima provvisoriamente assegnatari, a tutela del credito derivante dai lavori eseguiti in ragione dell’appalto per la realizzazione degli edifici e per i quali era stato instaurato il pattuito procedimento arbitrale, terminato con un lodo all’esito del quale l’istante aveva ottenuto un decreto ingiuntivo;
sùbito dopo l’ingegner NOME COGNOME conveniva analogamente in giudizio con azione pauliana la medesima cooperativa e i soci a tutela del credito professionale quale progettista e direttore degli stessi lavori;
il Tribunale, riuniti i giudizi, accoglieva le domande con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, per quanto ancora qui di utilità, e dunque con riferimento al giudizio introdotto dal professionista:
-l’atto di assegnazione era revocabile in quanto contrattuale;
-la cooperativa era a conoscenza del credito professionale come già da fattura del marzo 2010 comunicata alla RAGIONE_SOCIALE nello stesso mese;
-i soci erano stati messi a conoscenza, dal consiglio di amministrazione e in coerenza con il carattere di mutualità della società in parola, della situazione di difficoltà economica di quest’ultima nel momento della devoluzione ad arbitri della controversia sul corrispettivo richiesto dall’impresa appaltatrice;
-gli atti di prenotazione, corrispondenti ad obbligazioni preliminari a contrarre, erano successivi alla richiesta di pagamento del professionista, perché del 2011, mentre le assegnazioni definitive erano dell’anno ancora successivo;
-il trasferimento dei cespiti aveva concretato l’evento di danno, redendo quanto meno più difficoltoso l’adempimento di tutti i debiti sociali, e quello dell’ingegner COGNOME era stato confermato anche da una sentenza del Tribunale di Catania per l’importo di circa 140 mila euro oltre spese e accessori, per un totale di circa 200 mila euro;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME articolando tre motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME
la ricorrente ha depositato memori a; l’atto depositato dal controricorrente non può viceversa qualificarsi tale, in difetto dei relativi requisiti di legge;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato travisando il contenuto di una decisiva prova documentale richiamata al fine di ritenere dimostrata la
consapevolezza, in capo alla società deducente, del pregiudizio arrecato ai creditori procedendo alle assegnazioni provvisorie vincolanti: in particolare, la Corte territoriale aveva menzionato una richiesta di pagamento del 26 marzo 2010, intesa quale riferita a una fattura dello stesso mese per l’importo di circa 210 mila euro, mentre tale documento era inesistente in atti, laddove, invece, la RAGIONE_SOCIALE aveva effettivamente ricevuto, quel giorno, da parte di Sciuto, la richiesta di pagamento di una fattura di soli 30 mila euro di cui, a titolo di acconto, erano stati pagati 20 mila euro;
con il secondo motivo si prospetta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorsa la Corte di appello obliterando che le assegnazioni definitive erano atto dovuto, come tale di regola non revocabile, di adempimento di quelle provvisorie, a loro volta precedenti la conoscenza di una posizione debitoria nei confronti dell’ingegnere, e dunque senza che potesse affermarsi, come invece fatto, una condotta di frode ai creditori tale da rendere le assegnazioni suscettibili di revoca;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato affermando che la consapevolezza, in capo ai soci, del pregiudizio arrecato ai creditori avrebbe dovuto desumersi dalla messa a conoscenza, da parte del consiglio di amministrazione, della devoluzione ad arbitri del contenzioso derivante dall’appalto dei lavori di edificazione degli alloggi assegnati, atteso che il procedimento arbitrale era stato incardinato tra due soggetti distinti, sicché la posizione dell’appaltatore era irrilevante nel giudizio di revocatoria quanto ai soci.
Considerato che
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per connessione, sono sotto plurimi profili inammissibili;
occorre premettere che, nel caso di assegnazione mediante la quale la cooperativa edilizia trasferisce al socio la proprietà dell’immobile realizzato, ai fini dell’azione pauliana, svolta per la revoca del trasferimento del bene, deve valutarsi la sussistenza dell’elemento soggettivo con riguardo al momento dell’attività preliminare, corrispondente all’atto di provvisoria prenotazione del cespite in favore del socio, costitutivo d’impegno a contrarre traslativamente, e la sussistenza dell’evento di danno con riguardo al momento dell’assegnazione definitiva dell’immobile stesso, attuativa di quella previa obbligazione (cfr. Cass., 22/11/2012, n. 20677, Cass., 18/11/2016, n. 23514);
ciò posto, quanto, quindi, al documento attestante, nella fattispecie in scrutinio, la richiesta di pagamento e, dunque, la conoscenza del credito da parte della società cooperativa, deve osservarsi che secondo la giurisprudenza di questa Corte il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, ovvero se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U., 05/03/2024, n. 5792);
trattandosi, nell’ipotesi, di fatto sostanziale, la deduzione dell’omesso esame risulta preclusa dalla doppia decisione conforme dei giudizi di merito, a mente di quanto già previsto dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., e ora stabilito dall’art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., ipotesi che ricorre non solo quando
la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche qualora le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico e argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., 09/03/2022, n. 7724);
il dedotto è altresì non decisivo, con conseguente e omogenea conclusione d’inammissibilità delle censure in scrutinio;
come emerge, infatti, dalle stesse deduzioni di parte ricorrente (che indica il prodotto documento 6 a supporto) la richiesta di pagamento di COGNOME era effettivamente giunta a conoscenza della stessa il 26 marzo 2010 (pag. 11, rigo 16 del ricorso), e, come osservato nel controricorso, si trattava della richiesta di pagamento di 30 mila euro, saldata solo per due terzi come specifica la medesima Cooperativa, a titolo di ‘acconto’ sulle complessive competenze derivanti dall’incarico professionale di progettista e direttore dei lavori pacificamente svolto;
ne consegue che, al di là dell’erroneo riferimento al credito complessivo di 210 mila euro, poi avallato giudizialmente in prime cure per 201 mila euro accessori inclusi, la consapevolezza in parola, anteriore agli atti di assegnazione provvisoria del 2011, era conclusivamente evincibile da quel documento negli stessi termini affermati dalla Corte territoriale;
dal che deriva, come anticipato, la mancanza di decisività dell’errore da travisamento prospettato;
peraltro, ai fini dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente la consapevolezza, del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l’azione, invece
richiesta qualora quest’ultima abbia ad oggetto un atto, a titolo oneroso, anteriore al sorgere di detto credito (Cass., 15/10/2021, n. 28423): ad intendere che, nel caso di cui all’odierno giudizio, non era necessaria, alle conclusioni tratte, la prova della conoscenza della compiuta entità del credito quale poi liquidato giudizialmente;
con particolare riferimento al terzo motivo va osservato che la censura non risulta del tutto attinente alla ragione decisoria, in base alla quale la devoluzione al Collegio arbitrale della controversia sulla richiesta di pagamento della società appaltatrice è stata valorizzata per desumerne la messa a parte dei soci, da parte del consiglio di amministrazione della cooperativa, dello stato di «generale difficoltà economica in cui versava» nei confronti dei «creditori tutti», compreso quindi, evidentemente, il progettista e direttore dei lavori;
in questa prospettiva il motivo, per altro verso, finisce per risolversi nella sollecitazione a una rilettura del materiale istruttorio, estraneo alla presente sede di legittimità;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza;
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento in favore del controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 6.000,00 ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte dei ricorrenti in solido, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17/4/2025