Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28770 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 28770 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20038/2024 r.g., proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentate e difese dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
Banca d’Italia , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
nonché
RAGIONE_SOCIALE , in persona del curatore fallimentare.
intimato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 119/2024 pubblicata in data 21/03/2024, n. r.g. 626/2022.
Udita la relazione svolta all’udienza e nella camera di consiglio del giorno 24/09/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
Viste le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Udita la discussione dei difensori delle parti.
OGGETTO:
appalto – crediti retributivi azione diretta contro il committente – concorso con altri dipendenti dell’appaltatore procedenti con pignoramento presso terzo – conseguenze
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME, dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, appaltatrice del servizio di pulizia commissionato dalla Banca d’Italia, adivano il Tribunale di Piacenza per ottenere la condanna della Banca d’Italia, in qualità di committente, ai sensi dell’art. 1676 c.c. al pagamento delle retribuzioni per le ore lavorate nelle giornate festive, nonché di indennità di fine rapporto e t.f.r.
2.Costituitasi in giudizio, la Banca d’Italia eccepiva che le somme ancora da essa dovute all’appaltatrice (pari ad euro 27.900,57), risultavano vincolate in virtù di pignoramenti notificati in data anteriore alla notifica del ricorso, da parte di altri dipendenti della RAGIONE_SOCIALE addetti al medesimo appalto.
3.- Il Tribunale rigettava la domanda, evidenziando che era mancata la prova -a carico delle ricorrenti -della sussistenza di un debito della committente nei confronti dell’appaltatrice al momento della richiesta ex art. 1676 c.c., anche stragiudiziale (nella specie avvenuta in data 18/02/2020); a ggiungeva che le somme indicate dalla Banca d’Italia come dovute all’appaltatrice risultavano accantonate e non pagate all’appaltatrice perché pignorate via via da altri dipendenti creditori, prevalenti rispetto alle ricorrenti perché queste ultime non erano ancora munite di titolo esecutivo.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva solo in parte il gravame interposto dalle originarie ricorrenti, limitatamente al capo di condanna al rimborso delle spese processuali del primo grado di giudizio.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della propria decisione la Corte territoriale afferma:
le appellanti non considerano che il punto decisivo è rappresentato dall’esistenza di una pluralità di pignoramenti da parte di altri lavoratori della medesima società, notificati a Banca d’Italia in data anteriore a quella di notifica del ricorso introduttivo del giudizio e prima ancora della notifica della loro pretesa in via stragiudiziale;
la successiva apertura della procedura fallimentare dell’appaltatrice rende irrilevante, poi, il fatto che per tale ragione le azioni esecutive individuali siano divenute improcedibili;
anzi, Cass. n. 22304/2007 statuisce che il fallimento dell’appaltatrice non rende improcedibile l’azione ex art. 1676 c.c. nei confronti del committente;
in tal caso, in virtù del principio della par condicio creditorum , le appellanti non possono prevalere sui colleghi di lavoro già muniti di titolo esecutivo, altrimenti si verificherebbe il paradosso di un trattamento deteriore (nei limiti dell’attivo fallimentare) di quei dipendenti dell’appaltatore che avessero già ot tenuto un titolo esecutivo e lo avessero azionato con il pignoramento delle somme dovute dal committente;
l’estinzione del procedimento esecutivo individuale per il sopravvenire del fallimento non libera il terzo, ma gli impone di conferire quanto dovuto alla curatela;
infatti, il credito del terzo non si estingue neppure con l’ordinanza di assegnazione, ma solo con il pagamento, che può essere liberatorio solo se interviene prima della dichiarazione di fallimento, altrimenti deve ritenersi inefficace ex art. 44 L. fall. (Cass. n. 19947/2017);
la Banca d’Italia, dunque, non poteva pagare prima del fallimento, perché era presente il vincolo pignoratizio, e non poteva pagare dopo, perché sarebbe stato un pagamento inefficace;
dunque, correttamente la Banca d’Italia ha provveduto a versare l’importo del proprio debito alla curatela;
la somma dei crediti retributivi dei dipendenti dell’appaltatrice eccedeva, peraltro, l’ammontare del debito della committente Banca d’Italia (fatto non contestato e comunque documentato), sicché non vi era altra strada che pagare la somma alla curatela, affinché i vari creditori potessero soddisfarsi secondo il principio della par condicio .
4.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- Banca d’Italia ha resistito con controricorso.
6.- RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo fallita, è rimasta intimata.
7.Il P.G. ha depositato memoria, con cui ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per l’assorbimento o comunque l’infondatezza del secondo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1676 c.c., 543 ss. e 115 c.p.c. per avere la Corte territoriale escluso che vi fosse un debito della Banca d’Italia nei confronti dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE a causa dell ‘ indisponibilità delle somme colpite da pignoramento presso terzi, promosso da altri dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, senza rilevare che da un lato le procedure esecutive inizialmente eccepite dalla Banca d’Italia risalivano all’anno 2013 e si erano estinte ( rectius erano state dichiarate improcedibili dal Giudice dell’esecuzione con ordinanza del 22/12/2021 a causa del sopravvenuto fallimento di RAGIONE_SOCIALE: v. ricorso per cassazione, p. 10), dall’altro che le ulteriori procedure esecutive erano state promosse (con notifica del pignoramento presso terzi) in data successiva alla loro richiesta stragiudiziale del 18/02/2020.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Va premesso , una volta accertata l’intervenuta estinzione ( rectius improcedibilità) dei pignoramenti risalenti all’anno 2013, i Giudici d’appello non si sono avveduti che i successivi pignoramenti promossi da altre dipendenti (COGNOME e COGNOME) di RAGIONE_SOCIALE sono stati notificati alla Banca d’Italia soltanto in data 20/02/2020 (come deduce la stessa controricorrente: v. controricorso, pp. 8-9) e quindi dopo la richiesta stragiudiziale delle odierne ricorrenti, risalente al 18/02/2020 (che quest’ultima sia la data della richiesta stragiudiziale lo ammette anche la Banca d’Italia: v. controricorso, p. 7) . Tale errore -nell’ottica motivazionale della sentenza d’appello, fondata anche sull’anteriorità dei pignoramenti rispetto alla richiesta stragiudiziale delle odierne ricorrenti -non è comunque decisivo (v. infra ) e pertanto di per sé solo non potrebbe portare alla cassazione della sentenza d’appello, anche qualora il motivo proposto dalle ricorrenti fosse convertibile in quello previsto dall’art. 360, co. 1, n. 4) oppure n. 5), c.p.c .
2.- R iguardo all’esatta interpretazione dell’art. 1676 c.c. , l’azione diretta contro il committente, prevista da tale norma, è di cognizione e attiene ad un debito che il committente ha ex lege nei confronti diretti dei dipendenti dell’appaltatore, sia pure ‘ fino a concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda ‘ .
Tale domanda può essere integrata anche da una richiesta stragiudiziale. Al riguardo questa Corte ha già affermato che qualora gli ausiliari dell’appaltatore si rivolgano, anche in via stragiudiziale, al committente per ottenere il pagamento di quanto a loro dovuto per l’attività lavorativa svolta nell’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto di appalto, il committente diviene, ai sensi dell’art. 1676 c.c., e dunque ex lege , diretto debitore nei confronti degli stessi ausiliari, con varie e concorrenti conseguenze. In primo luogo, il committente è tenuto, solidalmente con l’appaltatore, fino alla concorrenza del debito per il corrispettivo dell’appalto; inoltre non può più pagare all’appaltatore; se, ciononostante paga, non è liberato dall’obbligazione verso i suddetti ausiliari o dipendenti dell’appaltatore (Cass. n. 9048/2006). In particolare, si è evidenziato che lo scopo della citata norma è proprio quello di determinare l’indisponibilità del credito dell’appaltatore nei confronti del committente, al fine di garantire i lavoratori che hanno prestato attività lavorativa nella realizzazione dell’opera, dal momento in cui le loro pretese siano portate a conoscenza del committente.
È pur vero -come sottolineato dal difensore della controricorrente in sede di discussione -che quella pronunzia di legittimità (Cass. n. 9048 cit.) si riferiva alla richiesta del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c.; ma è altresì vero che l’idoneità di quell’atto ad integrare domanda ai fini dell’art. 1676 c.c. è stata riconosciuta da questa Corte in considerazione degli effetti sostanziali di quella richiesta, che, resa conoscibile al committente, è idonea ad interrompere la prescrizione (oltre che a sospendere il decorso di ogni termine di decadenza).
Ne deriva che, dovendo riconoscersi la stessa efficacia sostanziale, interruttiva della prescrizione, alla richiesta stragiudiziale di pagamento, inviata dalle odierne ricorrenti alla committente Banca d’Italia, deve concludersi che pure tale atto integri la domanda ai fini dell’art. 1676 c.c.
Pertanto, nel caso in esame, al momento della ricezione di quella richiesta stragiudiziale delle odierne ricorrenti , la Banca d’Italia non avrebbe potuto più pagare a ll’appaltatrice né tantomeno alla curatela del fallimento.
In tal senso questa Corte, da tempo risalente, ha affermato che l’azione ex art. 1676 c.c. verso il committente degli ausiliari dell’appaltatore per “quanto è loro dovuto” non trova ostacolo nel sopravvenuto fallimento di quest’ultimo,
trattandosi di azione diretta che intercorre fra soggetti terzi rispetto al fallito (ausiliare o dipendente dell’appaltatore, da un lato, e committente , dall’altro ) e, quindi, non è soggetta alla disciplina dell’art. 52 della legge fallimentare, che inquadra nel sistema concorsuale solo le azioni ed i diritti contro il fallito (Cass. 10/07/1984, n. 4051). Per questa essenziale ragione l’azione ex art. 1676 c.c. resta proponibile e procedibile anche ove l’appaltatore venga dichiarato fallito, poiché si tratta comunque di azione che non attiene al rapporto giuridico fra l’appaltatore (poi fallito) e il committente né al rapporto giuridico fra l’appaltatore (poi fallito) e i suoi dipendenti, bensì al rapporto giuridico fra questi ultimi e il committente (Cass. n. 22304/2007, ricordata pure dalla Corte territoriale). Proprio per tali ragioni questa Corte ha altresì affermato che l’apertura della procedura fallimentare nei confronti dell’appaltatore non comporta l’improcedibilità dell’azione precedentemente esperita dai dipendenti nei confronti del committente, ai sensi dell’art. 1676 c.c., per il recupero dei crediti vantati verso l’appaltatore-datore di lavoro, atteso che la previsione normativa di una tale azione risponde all’esigenza di sottrarre il soddisfacimento dei crediti retributivi al rischio dell’insolvenza del debitore (datore di lavoro). D’altra parte, si tratta di un’azione incidente direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore fallito (l’appaltatore, datore di lavoro) , sì da doversi escludere che il conseguimento di una somma -che non fa parte del patrimonio del fallito -possa comportare un nocumento delle ragioni degli altri dipendenti (o degli altri creditori) dell’appaltatore, che fanno affidamento sulle somme dovute (ma non ancora corrisposte) dal committente per l’esecuzione dell’opera appaltata. Né tale situazione suscita sospetti di incostituzionalità, con riferimento all’art. 3 Cost. (letto in chiave al principio della par condicio creditorum ), non essendo irrazionale una norma che accordi uno specifico beneficio a determinati soggetti (i dipendenti dell’appaltatore ), anche rispetto ad altri, per l’attività lavorativa da loro espletata e dalla quale un altro soggetto (il committente) abbia ricavato un particolare vantaggio (Cass. n. 515/2016; Cass. n. 3559/2001; v., altresì, Cass. n. 6333/2019 con riguardo all’analoga azione ex art. 29 d.lgs. n. 276/2003 ).
3.L’affermat a rilevanza ostativa , riconosciuta dai Giudici d’appello ai pignoramenti presso terzi, pendenti nei confronti della committente,
comunque non è conforme a diritto.
L’azione ex art. 1676 c.c. è un’azione di cognizione e pertanto essa resta indifferente rispetto all’eventuale contestuale o anteriore procedura esecutiva promossa contro il committente, in qualità di terzo pignorato, da altri dipendenti dell’appaltatore , rilevanti soltanto sul piano esecutivo e del concorso nella distribuzione delle somme pignorate presso il terzo. Quel pignoramento, infatti, attiene pur sempre al rapporto giuridico fra appaltatore e committente, ossia al credito che l’appaltatore (debitor e esecutato) vanta nei confronti del committente (terzo pignorato), tanto che viene definito anche ‘espropriazione forzata di crediti’ di cui è titolare l’esecutato verso il terzo pignorato. Invece quella configurata dall’art. 1676 c.c. è un’azione diretta dei dipendenti dell’appaltatore verso il committente, avente ad oggetto un diritto proprio dei primi verso il secondo, sia pure connesso al rapporto di appalto e nei limiti di quanto il committente ancora debba come corrispettivo dell’appalto. Quindi è un’azione che non attiene al rapporto fra l’appaltatore ed il committente, bensì al distinto rapporto fra quest’ultimo e i dipendenti del primo.
Si aggiunga che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il pignoramento delle somme dovute dal terzo pignorato si traduce solo in un vincolo di indisponibilità di quelle somme. Resta fermo che il credito relativo a quelle somme rimane nella titolarità del debitore esecutato (nella specie l’appaltatore) e quindi quelle somme sono giuridicamente da considerarsi ancora ‘dovute’ dal terzo (il committente) al debitore (l’appaltatore) sino all’ordinanza di assegnazione.
Ne consegue l’irrilevanza dell’anteriorità o della posteriorità dei pignoramenti che hanno colpito la Banca d’Italia , come terzo pignorato, rispetto alla richiesta stragiudiziale inviata dalle odierne ricorrenti ex art. 1676 c.c. e, quindi, la non decisività dell’errore commesso sul punto dai giudici d’appello.
Va infatti ribadito che soltanto con l’ ordinanza di assegnazione la titolarità di quel credito viene coattivamente trasferita in capo al creditore procedente e pignorante (Cass. n. 17195/2025). Proprio sulla base di tale principio questa Corte ha affermato, riguardo al processo esecutivo, che qualora un pignoramento presso terzi abbia ad oggetto un credito che è stato già
azionato in sede esecutiva, il terzo pignorato, a seconda dei tempi delle due procedure, può proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. avverso la procedura intentata ai suoi danni, al fine di dedurre il definitivo venir meno della titolarità del credito in capo al proprio creditore, ma solo se e nella misura in cui sia stata già pronunciata l’ordinanza di assegnazione implicante la sostituzione del proprio creditore con i creditori che quel credito hanno pignorato, oppure ha l’onere di dichiarare quella circostanza, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., nella procedura di espropriazione presso terzi, rimanendo altrimenti esposto al rischio di restare obbligato sia nei confronti del proprio creditore originario sia del creditor creditoris (Cass. n. 14597/2020).
Quindi, nel caso in esame al momento della notifica della richiesta stragiudiziale delle odierne ricorrenti ex art. 1676 c.c. (18/02/2020), non essendo ancora intervenuta ordinanza di assegnazione del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Banca d’Italia, oggetto di pignoramento presso terzi promosso da altri dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, il terzo pignorato (Banca d’Italia) era da considerarsi ancora debitore dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, dal momento che solo con l’ordinanza di assegnazione traslativa in modo coattivo della titolarità di quel credito pignorato -Banca d’Italia si sarebbe potuta qualificare non più debitrice di RAGIONE_SOCIALE, bensì dei creditori pignoranti (cioè delle altri dipendenti di RAGIONE_SOCIALE), divenuti iussu iudicis nuovi titolari del credito.
Contrariamente all’assunto dell’impugnata sentenza , dunque, in difetto di ordinanza di assegnazione non sussisteva alcun fatto impeditivo della pretesa vantata ex art. 1676 c.c. dalle odierne ricorrenti. Ciò consente di escludere possibili conflitti fra creditori che agiscano in sede di cognizione, ex art. 1676 c.c., nei confronti del committente e creditori già muniti di titolo esecutivo nei confronti dell’appaltatore, che promuov ano o abbiano già promosso pignoramento presso il committente in qualità di terzo pignorato.
U na volta che l’azione (di cognizione) ex art. 1676 c.c. si concluda con la formazione di un titolo esecutivo, il creditore che ne sarà munito potrà agire in via esecutiva contro il committente (debitore ex lege ) e si applicheranno le regole proprie del processo esecutivo volte a disciplinare l’eventuale concorso di più creditori pignoranti e/o intervenuti in procedure esecutive già pendenti.
La sentenza impugnata non si è attenuta ai sopra esposti principi di diritto
e pertanto va cassata con rinvio.
4.- Va tuttavia precisato che la sussistenza del debito del committente verso l’appaltatore al momento della domanda è una condizione dell’azione e, come tale, deve sussistere al tempo della decisione di merito. Pertanto, i giudici del rinvio dovranno accertare se al momento della loro decisione sussista ancora il debito del committente (B anca d’ I talia) verso l’appaltatore , oppure se questo debito si sia estinto in virtù di ordinanza di assegnazione già pronunziata all’esito di procedure esecutive promosse da terzi. In tale ultimo caso -nei limiti della somma assegnata -non sussiste più alcun debito del committente nei confronti dell’appaltatore, poiché, dal lato attivo, il rapporto obbligatorio è stato iussu iudicis trasferito al creditore pignorante. In tal caso dovrà prendersi atto del sopravvenuto difetto di una condizione dell’azione.
Nell’azione diretta ex art. 1676 c.c., infatti, il legislatore configura l’interesse ad agire come condizione dell’azione avente natura “dinamica” che, come tale, può assumere nel tempo una diversa configurazione, anche in conseguenza di fatti sopravvenuti, rilevanti fino al momento della decisione (per un’applicazione di tale principio in relazione alla sopravvenienza di fatti v. Cass. ord. n. 26756/2018; Cass. n. 18422/2013; in relazione alla sopravvenienza di norme v. Cass. sez. un. n. 26283/2022; Cass. n. 10595/2023).
5.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. le ricorrenti lamentano violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1188 e 1676 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la Banca d’Italia fosse obbligata a corrispondere alla curatela fallimentare somme ancora dovute all’appaltatrice in virtù del principio della par condicio creditorum .
Il motivo resta assorbito da quanto esposto in accoglimento del primo mezzo.
6.- In conclusione la Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 24/09/2025.
Il AVV_NOTAIO est.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO COGNOME