Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23201 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23201 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4197/2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’ Avvocato NOME COGNOME per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA N. 792/2022 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI TORINO, depositata il 12/7/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 10/7/2025;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.1. Il RAGIONE_SOCIALE con atto di citazione del 28/9/2016, ha convenuto in giudizio, innanzi al
tribunale di Asti, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo: – di accertare la responsabilità di NOME COGNOME e di NOME COGNOME per gli atti di mala gestio compiuti quali amministratori della società fallita e, per l’effetto, di condannarli al risarcimento dei danni arrecati alla società e alla massa dei creditori; – di accertare la simulazione assoluta o, in subordine, l’inefficacia ai sensi dell’ art. 2901 c.c. di due contratti di compravendita immobiliare: a) il primo, stipulato con atto del 24/9/2013, tra NOME COGNOME e NOME COGNOME; b) il secondo, stipulato con atto del 24/9/2013, tra NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.2. NOME COGNOME ed NOME COGNOME si sono costituiti in giudizio, deducendo, tra l’altro : -l’incompetenza del tribunale di Asti in ordine all’azione di responsabilità, a fronte dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 168/2003, che attribuisce la competenza su tale azione al tribunale delle imprese; -l’infondatezza delle domande proposte.
1.3. NOME COGNOME è rimasta contumace.
1.4. Il tribunale di Asti, con sentenza non definitiva del 9/4/2018, ha dichiarato la propria incompetenza sull’azione di responsabilità, essendo competente il tribunale delle imprese di Torino, e, con sentenza definitiva del 19/12/2019, ha accolto la domanda proposta dal Fallimento, dichiarando la simulazione assoluta dei contratti impugnati.
1.5. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello avverso tali sentenze.
1.6. Il Fallimento ha resistito ai gravami, chiedendone il rigetto.
1.7. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha respinto l’appello .
1.8. La corte, in particolare, ha esaminato, innanzitutto, le censure con le quali gli appellanti hanno impugnato la prima sentenza deducendo che il tribunale, limitandosi a dichiarare la propria incompetenza solo sull’azione di responsabilità, non aveva considerato la connessione esistente, ai fini previsti dall’art. 103 c.p.c. e dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 168/2003, tra la stessa e le azioni di simulazione e di revocatoria e la conseguente necessità di dichiarare la propria incompetenza su tutte le domande che il Fallimento aveva proposto.
1.9. La corte ha respinto le indicate censure sul rilievo che: l’appello avverso la sentenza con la quale il tribunale si pronuncia, come nel caso in esame, solo sulla competenza, non è ammissibile; – gli appellanti, infatti, avrebbero dovuto proporre avverso tale sentenza solo il regolamento di competenza di cui agli artt. 42 ss. c.p.c.; l’eccezione di incompetenza, del resto, è tardiva perché i convenuti, nel giudizio di primo grado, avevano sollevato la questione della competenza del tribunale delle imprese solo in relazione alla domanda di responsabilità, senza dedurre la connessione ad essa delle domande di simulazione e di revocatoria.
1.10. La corte d’appello, quindi, ha esaminato le censure con le quali gli appellanti hanno impugnato la seconda sentenza lamentando che il tribunale aveva dichiarato la simulazione assoluta dei contratti impugnati ma senza considerare che gli immobili erano stati realmente venduti e il prezzo pagato con assegni bancari e accollo del mutuo e che il Fallimento, non essendo creditore nei loro confronti, né al momento della vendita, né in seguito, non era legittimato alla proposizione dell’azione d i simulazione per difetto di interesse ad agire.
1.11. La corte ha respinto le censure in questione rilevando che: -‘ l’azione di simulazione non presuppone
l’esistenza di un credito di chi agisce nei confronti delle parti simulate, risultando sufficiente l’interesse a far valere la simulazione ‘, che, nel caso in esame, è ‘ evidente ‘ ; -il Fallimento, infatti, ‘ ha fondato la propria domanda sia sull’azione di responsabilità, sia sul presupposto che COGNOME NOME e COGNOME NOME avrebbero fatto apparire di aver venduto alla signora COGNOME NOME i due immobili senza peraltro voler trasferire alcunché alla donna e senza riceverne il prezzo ‘, sicché, avendo chiesto di accertare la responsabilità dei due convenuti, ha l’interesse ‘ a che non si disperdano gli immobili su cui potrebbe rivalersi ‘ ; – il tribunale, inoltre, ha accertato la simulazione delle compravendite impugnate valorizzando i diversi elementi che depongono in tal senso, come ‘ il mancato pagamento del prezzo ‘ e ‘ la volontà dell’acquirente di non divenire il proprietario sostanziale dei beni ‘ nonch é il fatto che ‘ l’acquirente non abbia mai avuto la disponibilità dei beni, gestiti com e propri dai venditori anche dopo l’atto ‘, che hanno continuato a pagare le spese condominiali ad essi relative, mentre ‘ l’acquirente non ha mai trasferito la propria residenza negli immobili acquistati ‘, così come ‘ i venditori non hanno mai promosso alcuna attività o azione per ottenere il pagamento del prezzo dei beni o per rientrare nella loro formale disponibilità ‘, avendo, in effetti, continuato ad averne il possesso; – gli appellanti, dal loro canto, non hanno formulato alcuna censura utile a superare l’univocità e la concordanza di tutti gli elementi provati dal Fallimento, esaminati dal tribunale e posti da quest’ultimo a fondamento della pronuncia di simulazione ; – il tribunale, infine, in merito all’accollo del mutuo, non ha affatto giudicato ultra petita , non avendone dichiarato la simulazione, perché si è limitato ad accertare in via incidentale che tale
contratto era privo dei suoi effetti tipici poiché le parti non avevano in realtà mai voluto procedere ad alcun accollo.
1.12. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso notificato in data 10/2/2023, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.
1.13. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.14. Il pubblico ministero, con memoria depositata il 18/6/2025, ha chiesto il rigetto del ricorso.
1.15. Il Fallimento ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli artt. 42, 38, 103, 104, 112, 132 n. 4, 167, 183, 345, c.p.c. e dell’ art. 3, comma 3, del d.lgs. 168/2003, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. , hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’appello proposto nei confronti della sentenza non definitiva con la quale il tribunale di Asti aveva pronunciato esclusivamente sulla competenza non era ammissibile sul rilievo che la parte che intenda impugnare la pronuncia con cui il tribunale si limita a dichiarare la propria incompetenza deve proporre nei confronti della stessa con il regolamento di competenza ai sensi degli artt. 42 e ss. c.p.c., omettendo, tuttavia, di considerare che: – il tribunale, con la prima sentenza, si è pronunciato non soltanto sulla questione di competenza ma anche su altre questioni processuali e di merito; – tale pronuncia, di conseguenza, legittimava la proposizione dell’appello e non già del regolamento necessario di competenza; – il tribunale della imprese, del resto, è competente, a norma dell’art . 3, comma 3, del d.lgs. n. 168/2003, per le cause che presentano ragioni di connessione oggettiva con quelle attribuite allo stesso; – il tribunale, quindi, ha erroneamente escluso la vis attractiva del
giudice specializzato in relazione alle altre domande formulate in giudizio dal Fallimento ed aventi ad oggetto l’accertamento della simulazione o dell’inefficacia degli atti dispositivi compiuti dai convenuti; l’appello proposto avverso il rigetto dell’eccezione di competenza del tribunale delle imprese di Torino sulle altre domande, oggettivamente connesse, formulate dal Fallimento, era, dunque, ammissibile e fondato.
2.2. Il motivo è infondato. In caso di cumulo (soggettivo e/o oggettivo) di domande, in effetti, la sentenza con la quale il giudice di primo grado si dichiari incompetente su una delle domande proposte (come, nel caso in esame, l’azione di responsabilità), è suscettibile di essere impugnata solo con il regolamento (necessario) di competenza e non con l’appello che, se proposto, è inammissibile, anche se poi, con successiva sentenza, lo stesso giudice si pronunci nel merito in ordine alle altre domande (come, nel caso di specie, l’azione di simulazione assoluta).
2.3. La decisione assunta sulla sola competenza in ordine ad una delle domande proposte (non potendosi, evidentemente, ritenere che la stessa, pronunciando nel merito dell’altra domanda cumulativamente proposta, possa essere qualificata come statuizione ‘ sulla competenza insieme col merito ‘ ai fini previsti dall’art. 43, comma 1°, c.p.c.) consiste, in effetti, nella mera negazione della competenza del giudice adito.
2.4. Tale sentenza, pertanto, non avendo deciso in alcun modo il merito della causa, può essere, come tale, impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza, come, del resto, imposto dalla lettera dell’art. 42 c.p.c., il quale fa testuale riferimento non alla sentenza che decide il processo complessivamente inteso pur se a contenuto plurimo ma, più
specificamente, alla ‘ sentenza che non decide il merito della causa ‘, e cioè della singola domanda oggetto del giudizio.
2.5. Né può rilevare, al fine di rendere proponibile l’appello avverso la statuizione d’incompetenza del tribunale, il fatto che, come denunciato dai ricorrenti, il tribunale ha pronunciato anche su questioni di merito. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la sentenza del giudice che (come quella assunta, nel caso in esame, dal tribunale) statuisca unicamente sulla competenza (in ordine all’azione di responsabilità), non contiene, in realtà, alcuna pronuncia di merito, né esplicita né implicita, idonea a passare in giudicato, anche nell’ipotesi in cui abbia esaminato e deciso questioni preliminari o di merito ai fini dell’ac certamento della competenza, sicché dà luogo ad un giudicato solo formale e non preclude al giudice dichiarato competente l’esame e l’applicazione, per la decisione di merito, delle norme di diritto sostanziale, ancorché in contrasto con le premesse della sentenza sulla competenza (Cass. n. 19472 del 2019; conf., Cass. n. 6970 del 2018; Cass. n. 25144 del 2014; Cass. n. 7775 del 2004).
2.6. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione degli artt. 1273, 1321, 1376, 1411, 1414, 1415, 1416, 1417, 2704, 2727, 2729, 2900 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che i contratti di compravendita stipulati da NOME COGNOME ed NOME COGNOME con NOME COGNOME erano assolutamente simulati, omettendo, tuttavia, di considerare che: – NOME COGNOME ed NOME COGNOME, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, hanno realmente venduto i beni a NOME COGNOME che ha pagato il prezzo sia mediante assegni, sia
mediante accollo del mutuo, il quale, in effetti, rappresenta la prova certa che la vendita si è realmente perfezionata, essendo, per contro, irrilevanti gli inadempimenti contrattali dell’acquirente, che sono successivi all’effetto traslativo della proprietà; -il Fallimento, per tutelare le proprie ragioni, avrebbe, quindi, potuto e dovuto agire con l’azione surrogatoria ex art. 2900 c.c., chiedendo la risoluzione dei contratti di compravendita per l’ asserito inadempimento contrattuale dell’acquirente , e non già con l’azione di simulazione o l’azione revocatoria, non sussistendone le condizioni e i presupposti; – il fatto incontroverso dell’inadempimento contrattuale dell’acquirente, infatti, non costituisce un indice presuntivo, sintomatico, univoco e concordante della prova della simulazione degli atti di vendita; -la natura fittizia o simulata del trasferimento, del resto, non può essere desunta dai semplici fatti indicati dai giudici di merito, certamente non univoci, alla luce dell’accollo certo e non contestato del mutuo, come risulta dall’atto pubblico non impugnato con querela di falso .
2.7. Il motivo è inammissibile. I ricorrenti, invero, non si confrontano realmente con la sentenza che hanno impugnato: la quale, con statuizioni rimaste del tutto incensurate, ha ritenuto: -innanzitutto, che ‘ l’azione di simulazione non presuppone l’esistenza di un credito di chi agisce nei confronti delle parti simulate, risultando sufficiente l’interesse a far valere la simulazione ‘, che, nel caso in esame, è ‘ evidente ‘ , avendo il Fallimento ‘ fondato la propria domanda sia sull’azione di responsabilità, sia sul presupposto che NOME e COGNOME NOME avrebbero fatto apparire di aver venduto alla signora COGNOME NOME i due immobili senza peraltro voler trasferire alcunché alla donna e senza riceverne il prezzo ‘, sicché, avendo chiesto di accertare la responsabilità dei due
convenuti, ha, di conseguenza, l’interesse ‘ a che non si disperdano gli immobili su cui potrebbe rivalersi ‘; – inoltre, che la natura assolutamente simulata delle compravendite impugnate emerge in ragione di molteplici elementi che, sul piano indiziario, depongono nel senso della loro natura fittizia, come ‘ il mancato pagamento del prezzo ‘ e la mancata disponibilità in capo all’acquirente dei beni acquistati, che anche dopo l’atto sono stati ‘ gestiti come propri dai venditori ‘, i quali, in particolare, hanno continuato a pagare le spese condominiali ad essi relative, mentre ‘ l’acquirente non ha mai trasferito la propria residenza negli immobili acquistati ‘, così come , dal loro canto, ‘ i venditori non hanno mai promosso alcuna attività o azione per ottenere il pagamento del prezzo dei beni o per rientrare nella loro formale disponibilità ‘, avendo, in effetti, continuato ad averne il possesso.
2.8. Si tratta, d’altro canto, di un apprezzamento in fatto che i ricorrenti non hanno utilmente censurato (nell’unico modo possibile, e cioè, come prevede l’art. 360 n. 5 c.p.c.) per avere il giudice di merito del tutto omesso di esaminare uno o più fatti storici controversi, principali o secondari, risultanti dal testo della sentenza stessa o (più probabilmente) dagli atti del processo (e, come tali, doverosamente rappresentati in ricorso nel rigoroso rispetto degli artt. 366, comma 1°, n. 6, e 369, comma 2°, n. 4, c.p.c.) ed aventi carattere decisivo, nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda in termini tali da escludere su sussistenza dell’ipotesi normativa invocata dal Fallimento .
2.9. Escluso, di conseguenza, che l’omesso esame di elementi istruttori possa dar luogo al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la
sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie (Cass. SU n. 8053 del 2014; Cass. n. 9253 del 2017, in motiv.), risulta, allora, evidente che, una volta ritenuto, in fatto, che, sulla base degli elementi indiziari raccolti, i contratti impugnati erano totalmente fittizi, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la corte d’appello ha conseguentemente assunto, e cioè l’accoglimento della domanda proposta dal Fallimento, in quanto volta, appunto, alla declaratoria di simulazione assoluta dei predetti contratti.
2.10. L’art. 1415, comma 2°, c.c. prevede, infatti, che i terzi (che vi abbiano un interesse) possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti.
2.11. La norma, facendo prevalere il reale intento delle parti sull’apparenza negoziale creata, mira a tutelare il soggetto pregiudicato dal negozio fittizio: o perché non voluto affatto (simulazione assoluta) o perché voluto ma sotto una fattispecie diversa da quella esteriorizzata (simulazione relativa).
2.12. È richiesto, dunque, un conflitto, anche potenziale, tra gli effetti giuridici del contratto asseritamente simulato ed il diritto del terzo sul quale quegli effetti si riverserebbero in modo da eliderlo o menomarlo.
2.13. In sostanza, mentre le parti sono tra loro vincolate dall’accordo simulatorio e, quindi, tenute a rispettare, nei reciproci rapporti, le loro ‘ effettive ‘ intese, e cioè quelle dissimulate, i terzi possono scegliere se attenersi alla ‘ apparenza ‘, e cioè al contratto assolutamente o relativamente simulato, oppure alla ‘ realtà ‘, e cioè all’accordo simulatorio, quando l’apparenza li pregiudichi , come, in particolare, nel caso dei creditori del simulato alienante.
2.14. L ‘art. 1416, comma 2°, prima parte, c.c., in effetti, dispone che ‘i creditori del simulato alienante possono far valere la simulazione che pregiudica i loro diritti (art.1416 comma 2 prima parte c.c. )’ anche nei confronti delle parti o dei loro aventi causa.
2.15. Si tratta, come è evidente, di una disposizione speculare a quella relativa ai rapporti tra i terzi ed i contraenti (art. 1415 comma 2° c.c., per cui ‘ i terzi possono far valere la simulazione in confronti delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti ‘) volta a tutelare quei terzi che più di ogni altro sono pregiudicati dall’atto simulato, vale a dire, appunto, i creditori del simulato alienante, che, per effetto dell’atto fittizio od apparente, subiscono la sottrazione dalla garanzia patrimoniale di un bene o un diritto del loro debitore sul quale potrebbero agire per il soddisfacimento del loro credito.
2.16. Il terzo che debba far valere un proprio pregiudizio (art. 1415 comma 2° c.c.) ed il creditore del simulato alienante che (come nel caso in esame) si trovi nella stessa condizione (art. 1416 comma 2° c.c.) hanno, dunque, la legittimazione a far dichiarare la simulazione dell’atto : e ciò, si noti, pur se il credito sia contestato e non sia stato accertato con una sentenza definitiva e/o esecutiva.
2.17. Il creditore (che in quanto danneggiato dall’atto vi abbia interesse a norma dell’art. 100 c.p.c. ), c ome nell’azione revocatoria ordinaria (Cass. SU n. 9440 del 2004), così nel caso dell’azione di simulazione, può , infatti, senz’altro far valere la natura assolutamente simulata di un atto (di vendita del simulato alienante, suo debitore): ferma restando, ovviamente, la possibilità di agire, poi, in via esecutiva sul bene così recuperato al patrimonio del simulato alienante solo se e quando avrà un titolo esecutivo per farlo, laddove, in caso contrario, la
sentenza dichiarativa della simulazione (così come la sentenza di revoca) sarà inutile (ma non per questo, evidentemente ai fini previsti dall’art. 295 c.p.c., in possibile contrasto con il giudicato sul giudizio di accertamento del credito).
Il ricorso è, dunque , inammissibile: e come tale dev’essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso ; condanna i ricorrenti a rimborsare al Fallimento controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 10.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima