Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25710 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. n. 19451/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in FIRENZE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO che l a rappresenta e difende
– controricorrenti –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4080/2021 depositata il 04/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, in qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE, a sua volta creditrice nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dei garanti di questa, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’importo di € 2.940.836,43, conveniva i predetti dinanzi al Tribunale di Roma chiedendo dichiararsi la nullità per simulazione assoluta dei contratti di compravendita con i quali i convenuti avevano trasferito alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE la nuda proprietà dei loro beni.
I convenuti si costituivano contestando la domanda di cui chiedevano il rigetto.
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo sussistente la simulazione assoluta dei contratti stipulati dai convenuti COGNOME e COGNOME, in considerazione delle circostanze che i venditori erano rimasti nel possesso di tutti i beni, essendosi riservati il diritt o di abitazione; che sia i venditori sia l’acquirente COGNOME erano consapevoli della grave situazione debitoria della RAGIONE_SOCIALE, di cui i venditori stessi erano fideiussori; che il prezzo non risultava pagato, per mancata corrispondenza con le somme e le date di alcuni bonifici nonché di assegni circolari, dei quali non era stato provato l’incasso.
3.1 Il Tribunale, invece, escludeva la simulazione della vendita da COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, sussistendo la prova dell’avvenuto pagamento del prezzo contestualmente all’atto di compravendita e
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per la corrispondenza di tale prezzo ai valori di mercato, oltre al rilievo che non erano documentati i rapporti tra l’acquirente e i soci della RAGIONE_SOCIALE.
– RAGIONE_SOCIALE unitamente a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, nonchè RAGIONE_SOCIALE proponevano distinti atti di appello avverso la predetta sentenza.
Si costituivano tutti gli appellati, chiedendo il rigetto degli appelli.
La Corte d’Appello di Roma rigettava sia l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di erede di NOME COGNOME sia l’appello di RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE
Il giudice del gravame, richiamata la giurisprudenza di legittimità, evidenziava come fosse provata la simulazione assoluta dei contratti di compravendita.
Nella fattispecie, come si rilevava dalla sentenza impugnata, l’elemento rappresentato dalla sottrazione dei beni alla garanzia dei creditori non aveva costituito la ragione dell’accoglimento della simulazione ma era stato utilizzato dal primo giudice a sostegno della natura simulatoria degli accordi sottostanti agli atti. Ed infatti gli argomenti posti a base della dichiarazione di simulazione consistevano in primo luogo nella mancanza di una concreta e reale funzione economica delle vendite degli immobili, atteso che la situazione di fatto preesistente alla stipula era rimasta immutata, in quanto il possesso e il godimento degli immobili erano rimasti ai venditori, che si erano riservati il diritto di abitazione, con il conseguente interrogativo circa l’utilità dell’acquisto di tali immobili da parte di una società di diritto straniero con sede all’estero; inoltre secondo il tribunale era rimasto sfornito di prova l’assunto dei
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venditori di voler destinare il ricavato al ripianamento del debito della società di cui erano fideiussori. Il secondo elemento esaminato dal tribunale consisteva nella consapevolezza dei venditori e dell’acquirente della grave esposizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE, che, pur non costituendo requisito dell’azione di simulazione, costituiva tuttavia ulteriore elemento presuntivo della natura simulatoria dell’accordo. Ma la circostanza di maggior rilievo che il primo giudice aveva posto a fondamento della decisione era data dalla dichiarazione, contenuta in tutti gli atti di compravendita, della avvenuta ricezione del prezzo con rinuncia all’ipoteca legale e contemporaneamente dalla mancanza di prova dell’avvenuto pagamento del prezzo delle singole compravendite, in quanto la documentazione prodotta, consistente nella copia di bonifici e di assegni circolari, non era idonea a dimostrare l’effettivo pagamento, stante la non riferibilità agli acquisti sia per le date che per gli importi dei bonifici e non essen do stata dimostrata l’avvenuta negoziazione dei titoli e quindi l’incasso delle somme.
Una efficace contestazione in appello del predetto punto di motivazione del Tribunale avrebbe richiesto la predisposizione di un prospetto riassuntivo contenente la chiara e specifica indicazione di ciascuna somma versata in relazione a ciascun atto di compravendita e delle date dei singoli pagamenti, così da dimostrare che la documentazione prodotta in primo grado era idonea a dar conto dell’avvenuto pagamento del prezzo delle compravendite e correlativamente l’avvenuto incasso degli importi . Invece gli appellanti si erano limitati ad affermare che la quietanza, costituendo confessione stragiudiziale, costituiva piena prova della corresponsione delle somme; che essa poteva essere contestata solo per errore di fatto o violenza, ex art. 2732 c.c.; che la
contestazione di NOME circa la conformità all’originale della documentazione prodotta a sostegno dei pagamenti e la mancanza di data certa era stata effettuata in modo generico ed era quindi inefficace.
In conclusione, gli elementi valutati dal Tribunale unitariamente considerati costituiva no prova presuntiva dell’accordo simulatorio e dimostravano la sussistenza di un disegno preordinato a sottrarre i beni al patrimonio dei debitori, dovendosi al riguardo precisare che la dimostrazione della causa simulandi , pur non essendo indispensabile ai fini della pronuncia di accertamento della simulazione medesima, assume rilevanza per fornire elementi indiziari circa la natura simulatoria dell’accordo (Cass., 11 aprile 2006, n. 8428).
6.1 La Corte rigettava anche l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE ma tale parte della sentenza non è oggetto di impugnazione e non rileva in questa sede.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso.
È stata f issata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
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In prossimità dell’odierna udienza la ricorrente ha depositato memoria, insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. -violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi e persino di dare atto della proposizione, da parte della Società ricorrente, dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva della Società attrice.
Il secondo motivo è così rubricato: art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. -omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la sentenza impugnata omesso di dare atto della proposizione dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva sollevata dalla Società comparente fino dal giudizio di primo grado e, conseguentemente, di pronunciarsi adeguatamente sul punto in contestazione, limitandosi a respingere l’appello della Società ricorrente soltanto per motivi “di merito”, rilevandone l’infondatezza, e non pronunciandosi sulla fondatezza o meno dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva della Società attrice, omettendo perciò l’esame di un fatto decisivo per il giudizio.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis è di inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso per le seguenti ragioni: «premesso che i vizi processuali dedotti avrebbero dovuto essere inquadrati nell’alveo dell’art. 360, primo comma, n. 4, 2 c.p.c., in ogni caso, secondo lo stesso assunto della ricorrente, l’eccezione di carenza di legittimazione attiva della RAGIONE_SOCIALE, per le ragioni analiticamente esposte, è stata reiterata dalla RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di gravame solo con le note del novembre
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2020 (di cui è riportato nel ricorso il testo delle pagine da 6 a 8) e del 20 aprile 2021 (di cui è riportato nel ricorso il testo delle pagine da 6 a 9), e non già con l’atto introduttivo dell’impugnazione, benché la sentenza di primo grado avesse rilevato la sussistenza della legittimazione ad agire della RAGIONE_SOCIALE, nella qualità spiegata in atti (aspetto che, dunque, non ha costituito oggetto di specifico motivo di appello). C onsiderato, per l’effetto, che eccepito in primo grado il difetto di legi ttimazione attiva dell’attrice , qualora la decisione di prime cure che abbia disatteso tale eccezione non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, si verifica sul punto, nonostante la sollecitazione al giudice del gravame ad esercitare il proprio potere di rilevazione ex officio , una preclusione processuale derivante dal giudicato interno, che impone alla Corte di cassazione investita dal ricorso avverso la sentenza resa da quest’ultimo di dichiarare inammissibile la doglianza (Cass. n. 21144/2020; Cass. n. 24457/2005; Cass. n. 5407/1997). Il ricorso si profila manifestamente infondato».
La ricorrente con la memoria depositata in prossimità dell’udienza insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e in aggiunta alle deduzioni ivi formulate, tenuto conto anche delle conclusioni della proposta, osserva che le contestazioni sulla legitimatio ad processum – attiva o passiva – come anche sulla titolarità-attiva o passiva- del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del processo e, pertanto, il difetto di legittimazione e parimenti la carenza di titolarità del rapporto, sebbene non oggetto di contestazione dall’altra parte, sono rilevabili d’ufficio ove risultanti dagli atti di causa, anche se, nel solo giudizio di cassazione, soltanto nei limiti del giudizio di
legittimità e del giudicato (sez. lav. – 01/09/2021, n. 23721; Sez. un. 16 febbraio 2016 n. 2951).
Il ricorso è infondato.
4.1 La memoria della parte ricorrente non offre argomenti tali da consentire di modificare le conclusioni di cui alla proposta di definizione accelerata. In proposito deve ribadirsi che il rigetto dell’eccezione di mancanza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE a proporre l’azione di simulazione era già stat o pronunciato espressamente dal giudice di primo grado e, dunque, doveva essere oggetto di un motivo di appello, essendo precluso altrimenti al Giudice il rilievo di ufficio.
Deve darsi continuità al principio di diritto già indicato nella proposta secondo cui: « La legitimatio ad causam , attiva e passiva (che si ricollega al principio di cui all’art. 81 cod. proc. civ., inteso a prevenire una sentenza inutiliter data ), è istituto processuale riferibile al soggetto che ha il potere di esercitare l’azione in giudizio ed a quello nei cui confronti tale azione può essere esercitata, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento (salvo il formarsi di un giudicato interno circa la coincidenza dell’attore o del convenuto con i soggetti destinatari della pronuncia richiesta secondo la norma che regola il rapporto dedotto in giudizio). Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poiché la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata» (Sez. 3, Sentenza n. 24457 del 18/11/2005, Rv. 584821 – 01).
Ciò premesso, quanto all’omessa pronuncia sull’eccezione (per quanto detto inammissibile) sollevata nel giudizio di appello deve anche richiamarsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui: non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Sez. 2, n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01; Sez. 5, n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 – 01; Sez. 1, n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 -01). D’altra parte è configurabile la decisio ne implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logicogiuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Sez. 3- Ordinanza n. 12131 del 08/05/2023, Rv. 667614 – 01).
Nella specie, la ricorrente riporta l’eccezione di mancanza di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE fondandola su
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un’asserita nullità delle fideiussioni prestate dai soci della società RAGIONE_SOCIALE perché predisposte in conformità ai modelli Abi ma questo assunto è prova, al contrario, della legittimazione ad agire per la simulazione perché come aveva evidenziato il Tribunale in primo grado (senza che la statuizione venisse impugnata), la legittimazione sussiste anche quando è riferita ad un credito litigioso come nella specie.
Deve ribadirsi, infatti, che l’interesse del terzo è legittimamente riscontrabile anche quando il credito potenzialmente leso sia sub iudice o sia controversa la sussistenza di un obbligo di garanzia rispetto al credito del simulato alienante. Si è ripetutamente affermato con riferimento all’azione revocatoria ma con principi applicabili anche all’azione di simulazione che: In ragione della sufficienza della natura eventuale o “litigiosa” del credito, quale fondamento della legittimazione attiva a proporre l’azione ex art. 2901 c.c., quest’ultima non è preclusa dall’eccezione riconvenzionale di nullità del titolo, avanzata dal debitore convenuto, ponendosi il rapporto tra azione di nullità e azione revocatoria in termini non di dipendenza dallo stesso titolo, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., ma di pregiudizialità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che l’esperimento dell’azione revocatoria nei confronti degli atti con cui un fideiussore aveva conferito i propri beni in un fondo patrimoniale e in un “trust” potesse essere precluso dalla proposizione, da parte di quest’ultimo, dell’eccezione riconvenzionale di nullità dei contratti di garanzia per abuso del diritto) (Sez. 3, Ord. n. 15275 del 30/05/2023; Nello stesso senso vedi anche Sez. 6-3, Ord. n. 4212 del 19/02/2020; Sez. 6-3, Ord. n. 3369 del 05/02/2019).
Il ricorso è rigettato.
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Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6.1 Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis cod. proc. civ. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle parti controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge;
condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., al pagamento, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti, della ulteriore somma determinata equitativamente in euro 4.000,00, nonché ex art. 96, quarto comma, c.p.c. al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda