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Azione di rivalsa ambientale: il giudicato preclude?

Una società automobilistica, precedentemente condannata in via definitiva per l’inquinamento di un terreno da lei venduto, ha tentato un’azione di rivalsa ambientale contro i comuni e altri soggetti ritenuti corresponsabili. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il precedente giudicato, avendo accertato la responsabilità (anche per omissione) della società, le preclude la possibilità di qualificarsi come ‘proprietario non responsabile’, requisito essenziale per esercitare la specifica azione di rivalsa prevista dall’art. 253 del Codice dell’Ambiente.

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Azione di rivalsa ambientale: chi è già colpevole non può rivalersi

L’azione di rivalsa ambientale è uno strumento cruciale per chi, pur essendo proprietario di un sito inquinato, non ha causato la contaminazione. Ma cosa succede se la responsabilità del proprietario è già stata accertata in un precedente giudizio? Con la sentenza n. 2111 del 19 gennaio 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che un giudicato che afferma la colpevolezza del proprietario preclude la possibilità di agire in rivalsa contro altri corresponsabili, delineando i confini netti tra responsabilità accertata e diritto al rimborso.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine dall’acquisto, decenni fa, di un’area industriale da parte di una nota casa automobilistica. Il terreno era stato precedentemente utilizzato come discarica autorizzata. Dopo l’acquisto, anche durante la proprietà della casa automobilistica, l’area continuò ad essere oggetto di sversamenti di rifiuti, sia da parte di terzi che, in parte, dalla stessa proprietaria.

Anni dopo, la casa automobilistica vende il terreno a una società acquirente, la quale, durante lavori di costruzione, scopre una grave contaminazione. Ne scaturisce un primo contenzioso, al termine del quale la casa automobilistica viene condannata in via definitiva a risarcire i danni alla società acquirente. La sentenza accerta una sua duplice responsabilità: una attiva, per i materiali da lei stessa depositati, e una omissiva, per non aver vigilato e impedito che terzi inquinassero il sito durante il suo periodo di proprietà.

Successivamente, la società acquirente avvia una nuova causa per ottenere il rimborso di ulteriori e diverse spese di bonifica, legate all’estrazione di biogas prodotto dai rifiuti urbani. In questo secondo giudizio, la casa automobilistica, convenuta in giudizio, decide di chiamare in causa i Comuni e gli eredi dei precedenti gestori della discarica, esercitando nei loro confronti un’azione di rivalsa ambientale per essere tenuta indenne da ogni pagamento.

L’Azione di Rivalsa Ambientale secondo la Cassazione

La Corte d’Appello, confermando la decisione di primo grado, rigetta le domande della casa automobilistica. La questione arriva quindi in Cassazione, che conferma il verdetto dei giudici di merito. Il punto focale della decisione è l’effetto preclusivo del primo giudicato.

Le Motivazioni

La Suprema Corte fonda la sua decisione su due pilastri argomentativi interconnessi.

In primo luogo, viene analizzato l’effetto del giudicato esterno. La prima sentenza, passata in giudicato, aveva inequivocabilmente stabilito che la casa automobilistica era responsabile dell’inquinamento. Questa responsabilità non era solo parziale o legata ai propri rifiuti, ma derivava anche da una condotta colpevole di omessa vigilanza, che aveva permesso a terzi di continuare a inquinare il terreno di sua proprietà. Questo accertamento definitivo, secondo la Corte, è un ostacolo insormontabile per la successiva azione di rivalsa.

In secondo luogo, la Corte si concentra sui presupposti dell’azione di rivalsa ambientale disciplinata dall’articolo 253 del D.Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente). Tale norma prevede che il diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento spetti al ‘proprietario non responsabile’ che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica. Nel caso di specie, entrambi i requisiti mancavano:
1. Non era ‘non responsabile’: il giudicato precedente aveva cristallizzato la sua colpevolezza, impedendole di presentarsi in un nuovo giudizio come parte incolpevole.
2. Non aveva agito ‘spontaneamente’: la casa automobilistica non solo non aveva bonificato il sito di sua iniziativa, ma si era addirittura opposta, con successo, alle ordinanze amministrative che glielo imponevano.

La Corte chiarisce che l’eventuale concorrente responsabilità di altri soggetti (come i Comuni) non esclude quella, ormai accertata, della casa automobilistica. Quest’ultima avrebbe potuto, semmai, agire in regresso secondo le regole ordinarie della responsabilità solidale (art. 2055 c.c.), ma tale azione era stata esercitata tardivamente e dichiarata prescritta dai giudici di merito.

Conclusioni

La sentenza n. 2111/2024 ribadisce un principio fondamentale in materia di danno ambientale: l’azione di rivalsa ex art. 253 del Codice dell’Ambiente è riservata esclusivamente al proprietario che sia completamente estraneo all’inquinamento. Un precedente accertamento giudiziale di responsabilità, anche solo per colpa omissiva, fa venir meno questo status di ‘incolpevolezza’ e preclude l’accesso a tale specifico strumento di tutela. La decisione sottolinea l’importanza di definire compiutamente la propria posizione di responsabilità sin dal primo giudizio, poiché le sue conclusioni possono avere un effetto domino su future azioni legali.

Un proprietario, già condannato per l’inquinamento di un suo terreno, può esercitare l’azione di rivalsa ambientale contro altri soggetti che hanno contribuito all’inquinamento?
No. Secondo la Cassazione, l’azione di rivalsa prevista dall’art. 253 del Codice dell’Ambiente è riservata al ‘proprietario non responsabile’. Se una sentenza passata in giudicato ha già accertato la responsabilità del proprietario (anche solo per omessa vigilanza), questi non può più qualificarsi come ‘non responsabile’ e, di conseguenza, non può esercitare tale azione.

Qual è l’effetto di un precedente giudicato sulla responsabilità per inquinamento?
Un giudicato che accerta la responsabilità di un soggetto per un danno ambientale ha un effetto preclusivo. Ciò significa che quanto stabilito in quella sentenza è definitivo e non può essere rimesso in discussione in un successivo giudizio tra le stesse parti. Nel caso specifico, avendo la prima sentenza accertato la colpa della società proprietaria, questa non poteva più, in un’altra causa, affermare di essere incolpevole per chiedere la rivalsa.

Quali sono i requisiti essenziali per esercitare l’azione di rivalsa ai sensi dell’art. 253 del Codice dell’Ambiente?
I requisiti sono due e devono sussistere entrambi: 1) il soggetto che agisce deve essere il ‘proprietario non responsabile’ dell’inquinamento; 2) deve aver ‘spontaneamente provveduto alla bonifica’ del sito. La mancanza anche di uno solo di questi presupposti rende l’azione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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