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Azione di riduzione: onere della prova chiarito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20954/2025, ha chiarito i requisiti dell’onere probatorio per l’erede che agisce con un’azione di riduzione. Nel caso esaminato, alcuni eredi legittimari avevano citato in giudizio un altro erede, beneficiario di cospicue donazioni da parte del defunto. Le corti di merito avevano rigettato la domanda per mancato assolvimento dell’onere della prova. La Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che l’attore non è tenuto a quantificare monetariamente la lesione nella domanda iniziale, ma deve fornire una rappresentazione patrimoniale, anche basata su presunzioni, che renda verosimile la lesione della quota di legittima. Indicare analiticamente le donazioni e i beni relitti è sufficiente per superare il vaglio iniziale di ammissibilità della domanda.

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Azione di Riduzione: La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

L’azione di riduzione è uno strumento fondamentale per la tutela degli eredi legittimari. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per precisare i contorni dell’onere della prova a carico di chi agisce in giudizio, segnando un’importante evoluzione rispetto al passato. Vediamo insieme cosa è stato deciso e quali sono le implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una controversia familiare. La moglie e due figli di un uomo defunto convenivano in giudizio il terzo figlio. Secondo gli attori, il padre, ancora in vita, aveva di fatto spogliato il proprio patrimonio effettuando ingenti donazioni (dirette e indirette) a favore di quest’ultimo, arrivando a cedergli la quasi totalità delle sue sostanze. Tali atti di liberalità avevano, a loro dire, gravemente leso la loro quota di legittima, ovvero la porzione di eredità che la legge riserva loro inderogabilmente. Chiedevano quindi al tribunale di procedere alla riduzione di tali donazioni per reintegrare la loro quota e procedere alla divisione dell’asse ereditario.

Il Percorso Giudiziario e l’Onere della Prova nell’Azione di Riduzione

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello rigettavano la domanda. La motivazione di entrambe le corti si fondava sulla stessa argomentazione: gli attori non avevano assolto all’onere di allegazione e prova che grava su chi promuove un’azione di riduzione. In sostanza, secondo i giudici di merito, gli eredi lesi non avevano fornito elementi sufficienti a dimostrare l’effettiva esistenza e l’entità della lesione della loro quota di legittima.

Contro la sentenza di secondo grado, gli eredi proponevano ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione dei principi giurisprudenziali in materia.

La Decisione della Cassazione sull’Azione di Riduzione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella ridefinizione dei requisiti probatori iniziali per l’erede che agisce in riduzione. La Corte ha chiarito che i più recenti orientamenti giurisprudenziali hanno superato la precedente visione, eccessivamente rigorosa.

Le Motivazioni

La Cassazione ha spiegato che non si può pretendere che l’erede legittimario, già nel suo atto introduttivo, provi l’esatta entità monetaria della lesione subita. Questo sarebbe un onere eccessivo e spesso impossibile da assolvere senza un’istruttoria, come ad esempio una consulenza tecnica d’ufficio.

Ciò che invece è richiesto è fornire al giudice una “rappresentazione patrimoniale tale da rendere verosimile, anche sulla base di elementi presuntivi, la sussistenza della lesione di legittima”.

Nel caso specifico, gli attori avevano fatto esattamente questo:
1. Avevano denunciato che il de cuius aveva donato la “quasi totalità” del suo patrimonio al convenuto.
2. Avevano elencato analiticamente le donazioni, specificando che si trattava di quote sociali, immobili e persino di una donazione indiretta (acquisto di un immobile con denaro del padre).
3. Avevano indicato i pochi beni rimasti nell’asse ereditario (relictum).

Questa dettagliata esposizione, secondo la Corte, era più che sufficiente per rendere plausibile la lesione e per giustificare la prosecuzione del giudizio. Ritenere la domanda infondata a priori, come fatto dalla Corte d’Appello, equivale a una falsa applicazione dei principi giurisprudenziali, poiché si chiede all’attore di provare fin da subito ciò che dovrebbe essere accertato nel corso del processo.

Le Conclusioni

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce un principio di ragionevolezza: per avviare un’azione di riduzione, l’erede non deve presentarsi in tribunale con calcoli contabili definitivi, ma deve essere in grado di descrivere in modo chiaro, dettagliato e non pretestuoso il quadro delle liberalità disposte dal defunto e la consistenza del patrimonio residuo. Se da questo quadro emerge in modo verosimile che il valore delle donazioni (donatum) è sproporzionato rispetto al patrimonio relitto (relictum), tanto da ledere le quote di legittima, il giudice deve ammettere la causa e procedere con l’istruttoria necessaria per gli accertamenti quantitativi. Si tratta di una decisione che bilancia l’esigenza di evitare liti temerarie con il diritto fondamentale del legittimario a vedere tutelata la propria quota di eredità.

Cosa deve fare un erede per avviare un’azione di riduzione?
L’erede deve presentare una domanda in cui descrive in modo dettagliato le donazioni e le disposizioni testamentarie effettuate dal defunto, indicando anche i beni rimasti nell’eredità. Questa rappresentazione patrimoniale deve essere tale da rendere verosimile (plausibile) che la sua quota di legittima sia stata lesa.

È necessario quantificare esattamente il valore della lesione nella domanda iniziale?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è necessario precisare l’esatta entità monetaria della lesione nell’atto introduttivo. La quantificazione precisa è un risultato che si ottiene nel corso del processo, spesso attraverso una consulenza tecnica.

Cosa succede se un erede fornisce una descrizione dettagliata delle donazioni che fanno apparire la lesione come plausibile?
Il giudice deve considerare la domanda ammissibile e procedere con l’istruttoria del caso per verificare l’effettiva sussistenza e l’ammontare della lesione. La domanda non può essere rigettata a priori solo perché non è stata fornita una prova contabile completa della lesione sin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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