Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20954 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20954 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10562/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, IRITALE NOME COGNOME, IRITALE COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (MDCVCN70A16D122F);
-ricorrenti-
NOME
-intimato- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 1250/2022 depositata il 03/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi legittimi di NOME COGNOME, la prima quale coniuge e gli altri quali figli, hanno chiamato in giudizio dinanzi al Tribunale di Crotone NOME COGNOME, terzo figlio di NOME COGNOME Gli attori hanno denunciato che il de cuius aveva distribuito la quasi totalità delle proprie sostanze con atti di disposizione in favore del convenuto, i quali atti avevano leso la legittima dei ricorrenti. Essi hanno chiesto disporsi la divisione dei
beni ereditari di NOME COGNOME previa riduzione delle donazioni effettuate dal de cuius in favore di detto figlio.
Il Tribunale ha ammesso le prove orali dedotte dagli attori, riservando all’esito la decisione sulla istanza di nomina del consulente tecnico. Fissata l’udienza per assumere l’interrogatorio formale del convenuto, questo non si presentava per rendere la risposta. Quindi il tribunale, fissata l’udienza per la precisazione delle conclusioni, ha rigettato la domanda, ritenendo che gli attori non avessero assolto all’onere di allegazione e prova imposto al legittimario che agisce in riduzione.
La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado e contro la decisione gli originari attori hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso denunzia, sotto una molteplicità di profili, la decisione impugnata, la quale non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi, stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, in ordine agli oneri di deduzione e prova imposti al legittimario che propone l’azione di riduzione.
Il motivo è fondato. È noto che i principi sugli oneri di deduzione e di prova imposti al legittimario che agisce in riduzione, declinati in passato dalla giurisprudenza di questa Corte in termini assai stringenti (Cass. n. 9192/2017), sono stati oggetto di significative precisazioni da parte della recente giurisprudenza della stessa Corte (Cass. n. 18199/2020; Cass. n. 17926/2020). In particolare, è stato chiarito che «i principi di giurisprudenza sugli oneri di deduzione imposti al legittimario che agisce in riduzione non possono essere intesi nel senso che il legittimario è tenuto a precisare nella domanda la entità monetaria della lesione, ma
piuttosto che la richiesta della riduzione di disposizioni testamentarie o donazioni deve essere giustificata alla stregua di una rappresentazione patrimoniale tale da rendere verosimile, anche sulla base di elementi presuntivi, la sussistenza della lesione di legittima» (Cass. n. 17926/2020 cit.).
Nel caso in esame, l’analisi del contenuto della citazione, ampiamente richiamato nel ricorso, rileva che questi oneri erano stati assolti dagli attori, i quali avevano esordito con il denunziare che il de cuius , con atti di donazione aveva elargito la quasi totalità delle sue sostanze (‘da intendersi in termini di valore dei beni’). Essi avevano poi indicato analiticamente le donazioni fatte dal de cuius al figlio, costituite da donazioni dirette di quote sociali e di immobili, oltre a una donazione indiretta (acquisto di immobili con denaro del disponente). Avevano ancora precisato che le donazioni dirette erano state fatte con dispensa da collazione. A tali indicazioni avevano fatto seguire la analitica indicazione dei beni lasciati nella successione.
Nella sentenza impugnata, la Corte d’appello esordisce con l’affermazione, del tutto pleonastica, che i legittimari, attori in riduzione, debbono fornire la prova dei fatti giustificativi della pretesa; quindi prosegue nell’analisi – richiamando i principi giurisprudenziali in materia di azione di riduzione, per concludere che «parte appellante (i legittimari attori n.d.r.)» non avevano «fornito elementi istruttori sufficienti – nemmeno a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti -a integrare il contenuto dell’onere probatorio sulla stessa gravante». L’affermazione evidenzia che il nuovo corso di giurisprudenza, seppure richiamato, non è stato compreso dalla Corte d’appello di Catanzaro. Al legittimario che agisce in riduzione non si chiede di provare, già nel proporre la domanda, l’effettività della lesione (il che non potrebbe
avvenire, di regola, se non attraverso la produzione di una consulenza di parte, la quale, come è del tutto ovvio, non varrebbe a esonerare il legittimario dall’onere di fornire la prova in giudizio secondo le regole ordinarie), ma gli si chiede di giustificare la domanda sulla base di una rappresentazione patrimoniale tale da rendere verosimile la lesione: ciò che nella specie, appunto, era stato fatto tramite la denunzia di una molteplicità di donazioni, tali da rappresentare – secondo la prospettazione – in termini di valore, la quasi totalità del patrimonio. È superfluo sottolineare che ‘quasi totalità’ è espressione idonea a significare, in rapporto alla regola di calcolo stabilita dall’art. 556 c.c., che il valore del donatum era di molto superiore al valore del relictum (certamente più del doppio), denunziandosi, conseguentemente, l’insufficienza del relictum a soddisfare il diritto di legittima del coniuge e dei due figli che avevano proposto la domanda di riduzione. Nello stesso tempo deve rimarcarsi che, sulla base della descrizione dei beni donati e relitti, la deduzione della lesione non appariva, di per sé, strumentale, né risultava ictu oculi pretestuosa. È superfluo sottolineare che riconoscere che il legittimario, attore in riduzione, ha assolto al proprio onere di denunziare in modo chiaro e non pretestuoso la lesione di legittima, non vuol dire questa sia effettivamente sussistente. Ma ciò riguarda la fondatezza della domanda, da verificare nel giudizio secondo i principi generali, mentre la corte d’appello ha ritenuto la domanda infondata a priori , ritenendo, sulla base di una falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia, che il legittimario avrebbe dovuto assolvere al proprio onere probatorio già nel proporre la domanda. La decisione impugnata, pertanto, va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, perché esamini nel
merito le domande proposte. Alla stessa si demanda anche la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia , anche per la liquidazione delle spese di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda