Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8348 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8348 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22752/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME ricorrente principale e controricorrente rispetto ai ricorsi incidentalicontro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentalenonché contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende anche disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente nonché contro
ricorrente incidentale-
COGNOME e COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n.2098/2019 depositata il 21.5.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME, erede e figlia di COGNOME NOME, conveniva innanzi al Tribunale di Belluno la madre NOME, i fratelli NOME e NOME ed i nipoti NOME e NOME, chiedendo la divisione dell’eredità, previa collazione e riduzione di alcune donazioni immobiliari effettuate a favore del fratello NOME, e di alcuni lasciti testamentari di denaro e beni mobili disposti con testamento olografo a favore della madre, in quanto lesivi della sua quota di riserva.
Costituendosi, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME contestavano la domanda di parte attrice. Il primo spiegava domanda riconvenzionale di riduzione per lesione di legittima contro le donazioni ricevute dal de cuius da COGNOME NOME, mentre COGNOME NOME subordinava analoga azione all’ipotesi in cui non fosse riconosciuto valido il trasferimento immobiliare compiuto in suo favore da COGNOME NOME in esecuzione della volontà paterna. COGNOME NOME e NOME restavano contumaci.
Con sentenza n. 550/2017, il Tribunale, per quanto ancora rileva, accertava che tutti gli eredi donatari erano stati dispensati dalla collazione, e che COGNOME NOME aveva compiutamente disposto per testamento dei suoi residui beni; riconosceva la validità del trasferimento immobiliare compiuto da COGNOME NOME in favore di COGNOME NOME in esecuzione della volontà paterna; respingeva la riconvenzionale di riduzione di COGNOME NOME; e rilevato che
COGNOME NOME era risultata destinataria di plurime donazioni non allegate in citazione, dichiarava inammissibile la di lei domanda di riduzione per lesione di legittima per carenza della condizione essenziale dell’imputazione delle donazioni ricevute alla quota riservatale. Dichiarava compensate le spese tra COGNOME NOME e NOME e condannava l’attrice al pagamento delle spese degli altri convenuti.
Avverso la predetta sentenza, COGNOME NOME proponeva appello principale, affidato a otto motivi. COGNOME NOME e NOME resistevano chiedendo la reiezione dell’appello principale e formulavano a loro volta appello incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale.
Con sentenza n. 2098/2019 dell’8.4/21.5.2019, la Corte d’Appello di Venezia rigettava l’appello principale, condannando COGNOME alla rifusione delle spese sostenute dagli appellati.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME ha proposto tempestivo ricorso a questa Corte il 18.7.2019, affidandosi a tre motivi, mentre COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto separati ma identici ricorsi incidentali, affidandosi ad un unico motivo, ai quali COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, COGNOME NOME ha depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art 360 c.p.c, la ricorrente ha sostenuto la violazione dell’art. 564 cod. civ., in quanto la Corte distrettuale, come lamentato già col sesto motivo di appello contro la sentenza del Tribunale di Belluno, avrebbe erroneamente confermato l’inammissibilità della sua domanda attorea di riduzione per lesione di legittima in ragione dell’omessa allegazione, al momento dell’introduzione del giudizio, delle donazioni fatte in suo favore dal de cuius, nonostante tali donazioni siano comunque emerse in
corso di causa a seguito della confessione giudiziale di COGNOME NOME e delle allegazioni e prove documentali dei convenuti.
Preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità sollevate da COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso il primo motivo del ricorso principale.
I predetti controricorrenti assumono che l’impugnata sentenza, nel confermare sul punto la sentenza del Tribunale di Belluno, che aveva dichiarato inammissibile la domanda subordinata di riduzione per lesione di legittima avanzata da COGNOME NOME per la mancata imputazione alla quota legittima riservatale delle donazioni ricevute dal padre defunto, COGNOME NOME, ex art. 564 comma 2° cod. civ., reputata anche in secondo grado come una vera e propria condizione dell’azione, abbia addotto un’ulteriore motivazione a sostegno di tale inammissibilità, individuata nella mancata allegazione da parte di COGNOME NOME di tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, fosse avvenuta la lesione della sua quota di riserva (Cass. 19.1.2017 n. 1357; Cass. 14.10.2016 n. 20830), ed in particolare delle donazioni in denaro ricevute dal padre defunto, e che tale seconda ratio decidendi, del tutto autonoma rispetto alla prima, non sarebbe stata impugnata davanti a questa Corte dalla ricorrente principale, con conseguente inammissibilità del primo motivo di ricorso, inerente alla violazione e falsa applicazione dell’art. 564 cod. civ.
Effettivamente l’impugnata sentenza, nel rispondere a pagina 24 al sesto motivo di appello, ha dapprima confermato che COGNOME NOME non aveva imputato alla propria quota di riserva le donazioni ricevute dal padre, e poi ha aggiunto, rispetto alla sentenza di primo grado, la seconda motivazione sopra indicata, ma la ricorrente, pur facendo riferimento, nella rubrica del primo motivo, alla sola violazione e falsa applicazione dell’art. 564 cod. civ. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., nel corpo del motivo, oltre a sostenere che la mancata imputazione delle
donazioni paterne alla quota riservatale non poteva essere considerata come una condizione dell’azione, ha censurato anche la seconda motivazione addotta dalla Corte d’Appello di Venezia a supporto della dichiarata inammissibilità dell’azione di riduzione per lesione di legittima.
In particolare, a partire dall’ultimo capoverso di pagina 16 del ricorso, COGNOME NOME ha sostenuto di avere assolto l’onere di allegazione a suo carico alle pagine da 3 a 10 della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, indicando oltre alla mancanza di beni relitti dei quali il de cuius non avesse disposto, le donazioni fatte dal padre a COGNOME (terreni agricoli, nuda proprietà della casa di abitazione familiare, un terreno finitimo sul quale COGNOME aveva poi eretto un fabbricato a destinazione produttiva ove esercitava l’attività di falegname, come precisato a pagina 4 del ricorso), aggiuntesi ai lasciti stabiliti nel testamento olografo del 16.1.1996 del de cuius a favore della madre, NOME (arredi di casa, azioni, liquidità e titoli depositati in banca, gioielli e oggetti preziosi in filigrana elencati alle pagine 4 e 5 del ricorso). Ha dedotto che, comunque, le sue allegazioni in ordine alle donazioni personalmente ricevute dal padre, determinate dall’indisponibilità della documentazione bancaria, prodotta invece da COGNOME Romano, avevano consentito di supplire le allegazioni e prove fornite dai convenuti, tanto che la compiuta ricostruzione del valore del relictum e del donatum, e quindi della quota disponibile e di quella riservata, era stata affidata ad un CTU nel corso del giudizio di primo grado.
Ulteriore profilo d’inammissibilità del primo motivo di ricorso principale, questa volta in relazione all’art. 360 bis n. 1) c.p.c., viene invocato da COGNOME Romano e NOMECOGNOME perché la sentenza impugnata, nel rilevare l’inammissibilità della domanda di riduzione per lesione di legittima di COGNOME NOME per la mancata allegazione di tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in
quale misura, fosse avvenuta la lesione della sua quota di riserva, ed in particolare delle donazioni ricevute dal padre, si sarebbe conformata alla giurisprudenza tradizionale di questa Corte (Cass. 31.8.2018 n. 21503; Cass. n. 1357/2017; Cass. n. 14473/2011; Cass. n. 13310/2002), per cui la ricorrente, per evitare una censura di inammissibilità ex art. 360 bis n, 1) c.p.c., avrebbe dovuto fornire argomenti idonei a giustificare il superamento di tale consolidato orientamento.
In realtà la giurisprudenza tradizionale sopra richiamata è stata superata dalla giurisprudenza più recente di questa Corte, che ha affermato che (Cass. ord. 3.6.2024 n. 15465; Cass. ord. 10.1.2023 n. 348; Cass. 2.9.2020 n. 18199) in tema di azione di riduzione, l’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il ” relictum ” e di donazioni poste in essere in vita dal ” de cuius “, anche in vista dell’imputazione ” ex se “, ove la loro esistenza emerga (come nella specie) dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione, dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova. Ne consegue che, ove il silenzio serbato in citazione sull’esistenza di altri beni relitti, ovvero di donazioni, sia dovuto al convincimento della parte dell’inesistenza di altre componenti patrimoniali da prendere in esame ai fini del riscontro della lesione della quota di riserva, il giudice non può solo per questo addivenire al rigetto della domanda, che è invece consentito se, all’esito dell’istruttoria, e nei limiti segnati dalle preclusioni istruttorie, risulti indimostrata l’esistenza della dedotta lesione.
Nella stessa sentenza n. 18199/2020 di questa Corte è stato altresì affermato che il legittimario, ancorché abbia l’onere di precisare
entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria all’uopo l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva. In senso conforme, la sentenza di questa Corte del 27.8.2020 n. 17926, ha affermato che la sussistenza di oneri di deduzione a carico del legittimario che agisce in riduzione non implica la necessità di precisare nella domanda l’entità monetaria della lesione, occorrendo, piuttosto, che la richiesta di riduzione di disposizioni testamentarie o donazioni sia giustificata alla stregua di una rappresentazione patrimoniale tale da rendere verosimile, anche sulla base di elementi presuntivi, la sussistenza della lesione di legittima. Si è poi precisato che (Cass. 31.7.2020 n. 16535) il principio secondo cui il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di indicare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, e in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva, non può essere applicato qualora il ” de cuius ” abbia integralmente esaurito in vita il suo patrimonio con donazioni. In questo caso, infatti, il legittimario non ha altra via, per reintegrare la quota riservata, se non quella di agire in riduzione contro i donatari, essendo quindi la compiuta denuncia della lesione già implicita nella deduzione della manifesta insufficienza del ” relictum “, principio dal quale può ricavarsi a contrario la regola secondo cui, in assenza della deduzione di donazioni poste in essere in vita dal de cuius , e stante la totale pretermissione del legittimario, l’individuazione dei beni relitti assicura di per sé il requisito di specificità dell’atto di citazione in
riduzione, ricavandosi l’entità della quota di legittima nella percentuale che la legge stessa assicura al legittimario, percentuale che deve essere riconosciuta su ognuno dei beni facenti parte del relictum .
La più recente giurisprudenza di questa Corte, come sopra richiamata, è pervenuta a questa soluzione sulla base del ragionamento per cui il principio affermato da Cass. n.11432/1992, – a mente del quale il legittimario che propone l’azione di riduzione ha l’onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia o meno avvenuta ed in quale misura la lesione della quota di riserva, e quindi anche l’inesistenza nel patrimonio del ” de cuius ” di altri beni oltre quelli che formano oggetto dell’azione di riduzione, giacché in conformità del principio di cui all’art. 2697 cod. civ. anche i fatti negativi quando costituiscono il fondamento del diritto che si vuol far valere in giudizio debbono essere provati dall’attore come i fatti positivi (conf. Cass. n.20830/2016; Cass. n. 14473/2011; Cass. n.1904/1968) -, non teneva conto del diverso principio, sempre affermato da questa Corte, secondo cui (Cass. n.1297/1971) la prova della consistenza dell’asse e della conseguente lesione dei diritti di legittimario può essere fornita anche a mezzo presunzioni purché munite dei requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. Tale ultimo principio è stato ribadito anche dalla sentenza di questa Corte del 19.1.2017 n. 1357, secondo la quale, ancorché il legittimario che agisca in riduzione abbia l’onere d’indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva, aggiungendo altresì che una volta ravvisata la ricorrenza delle presunzioni come sopra connotate, risulta legittimo anche
l’esperimento della C.T.U. d’ufficio, atteso che, una volta che l’attore in riduzione ha assolto il suo onere probatorio, il giudice ha il dovere di disporre la C.T.U. per stimare il valore dei beni costituenti il relictum ed il donatum .
L’ampia giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, che ritiene che i fatti positivi e negativi posti a base dell’azione di riduzione per lesione di legittima è sufficiente che siano allegati dalle parti, entro i termini di preclusione valevoli anche nel giudizio di divisione (vedi in tal senso Cass. 6.11.2018 n. 28272), e che siano provati, anche per presunzioni, perché il giudice debba pronunciarsi sul merito dell’azione, dimostra che quello che i controricorrenti hanno indicato come orientamento tradizionale della giurisprudenza di legittimità, non può più considerarsi come espressivo dell’orientamento attuale di questa Corte e giustificativo dell’applicazione dell’art. 360 bis n. 1) c.p.c.
Venendo al merito del primo motivo del ricorso principale, dello stesso deve riconoscersi la fondatezza, anzitutto richiamando il più recente orientamento di questa Corte sopra illustrato, circa gli oneri di allegazione gravanti su chi eserciti l’azione di riduzione per lesione di legittima, a confutazione della motivazione aggiuntiva fornita dalla Corte d’Appello, in quanto in virtù delle allegazioni aggiuntive degli originari convenuti circa le donazioni in denaro compiute dal de cuius in favore di COGNOME NOMECOGNOME della documentazione bancaria prodotta da COGNOME NOME, delle annotazioni del defunto, della confessione di COGNOME NOME, delle testimonianze acquisite, della convenzione dell’8.5.1992 allegata al testamento olografo di COGNOME NOME, del comportamento processuale delle parti, e della CTU espletata in primo grado, la Corte d’Appello di Venezia, e già prima il Tribunale di Belluno, erano senz’altro in condizione di calcolare il valore del relictum oggetto di disposizioni testamentarie, al netto dei debiti del defunto, all’apertura della successione, di sommarvi con la riunione
fittizia i beni donati direttamente ed indirettamente dal de cuius (calcolati nel loro valore all’apertura della successione in caso di beni immobili e mobili ed al valore nominale in caso di liberalità in denaro), di calcolare la quota disponibile e quella riservata alla figlia del de cuius COGNOME NOMECOGNOME e di imputare a quest’ultima quanto donatole direttamente, o indirettamente dal padre finché era in vita, per stabilire poi se con le donazioni ed i lasciti testamentari di COGNOME NOME fosse stata intaccata la quota riservata per legge a COGNOME NOME e provvedere di conseguenza nel merito.
In secondo luogo il primo motivo di ricorso è fondato anche nella parte in cui ha censurato che il giudice di secondo grado, confermando la sentenza del Tribunale di Belluno, abbia considerato l’imputazione delle donazioni ricevute da COGNOME NOME ad opera dell’esercente l’azione di riduzione per lesione di legittima, COGNOME NOME, come una condizione dell’azione ex art. 564 comma 2° cod. civ., necessariamente sussistente al momento dell’introduzione dell’azione di riduzione per lesione di legittima.
L’imputazione, come sottolineato dalla ricorrente, non è una condizione dell’azione, a differenza della preventiva accettazione con beneficio di inventario nel caso di azione di riduzione esperita contro soggetti non chiamati come coeredi, ma è una prodromica operazione di calcolo di natura esclusivamente contabile, diretta al riscontro dell’effettiva lesione della legittima ed ancor prima di determinare con precisione la stessa entità della legittima spettante al legittimario (vedi Cass. ord. 3.6.2024 n. 15465; Cass. ord. 28.5.2024 n. 14881).
L’art. 564 cod. civ., intitolato ‘ Condizioni per l’esercizio dell’azione di riduzione ‘ al primo comma stabilisce che ‘ Il legittimario che non ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario non può richiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché
abbiano rinunciato all’eredità. Questa disposizione non si applica all’erede che ha accettato col beneficio d’inventario e che ne è decaduto ‘, mentre al secondo comma stabilisce che ‘ In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazione o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato’.
Mentre il primo comma, indicando che il legittimario non può richiedere la riduzione delle donazioni e dei legati nei confronti di soggetti che non siano chiamati come coeredi ove non abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario, pone quest’ultima come vera e propria condizione che deve sussistere prima dell’esercizio dell’azione di riduzione, il secondo comma stabilisce solo che colui che esercita l’azione di riduzione di donazioni, o disposizioni testamentarie, ove non ne sia dispensato, deve imputare le donazioni ed i legati in suo favore alla sua porzione legittima, imputazione che ben può avvenire anche in corso di giudizio, una volta che effettuata la riunione fittizia tra relictum al netto dei debiti e donatum, sia possibile stabilire la quota disponibile e quindi quella riservata agli eredi necessari, compresa quella sulla quale l’imputazione va compiuta, e la differente funzione dei due commi è confermata dalla relazione del COGNOME all’art. 564 cod. civ.
2) Col secondo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art 360 c.p.c, la ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione degli artt. 1854, 1298, comma 2, 2697 e 2729 cod. civ., nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto provata l’asserita donazione a COGNOME NOME delle intere somme giacenti sul conto corrente cointestato a lei ed al padre, in violazione della presunzione di contitolarità ex artt. 1854 e 1298, comma 2, cod. civ., e in assenza di prova contraria fornita dalle controparti.
3) Col terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art 360 c.p.c, la ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione degli artt. 1854, 1298, comma 2, e 2697 cod. civ., in quanto la Corte d’Appello ha affermato la natura di donazione indiretta della cointestazione del predetto conto corrente tra padre e figlia, in assenza di prova della sussistenza dell’ animus donandi in capo a COGNOME NOME.
Il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, inerenti all’asserita violazione da parte della Corte d’Appello della presunzione di comproprietà tra il defunto COGNOME NOME e COGNOME NOME, cointestatari di un conto corrente al quale erano collegati anche due conti depositi, uno anch’esso cointestato e l’altro intestato solo a COGNOME NOME, presunzione ricavabile dagli articoli 2728 e 1854 cod. civ., per avere il giudice di secondo grado ritenuto, in violazione anche del principio dell’onere della prova, che tutte le somme di denaro versate dal de cuius sul conto cointestato fossero state oggetto di donazione indiretta in favore di COGNOME NOME senza alcuna verifica dell’esistenza di un intento di liberalità, devono ritenersi assorbiti per effetto dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.
La sentenza impugnata, infatti, ha respinto la domanda di divisione di COGNOME NOME ritenendo che COGNOME NOME avesse disposto per intero del suo patrimonio, attraverso donazioni dirette ed indirette, con dispensa da collazione, a favore dei figli, ed attraverso legati testamentari a favore della moglie NOME poi deceduta a sua volta in corso di causa, ed ha dichiarato inammissibile la domanda subordinata di COGNOME NOME di riduzione delle donazioni e dei legati testamentari per lesione di legittima, per la mancata imputazione, alla quota riservatale, delle donazioni dirette ed indirette ricevute dal padre, ritenendo sufficiente a provocare tale inammissibilità ex art. 564 comma 2° cod. civ. la donazione in denaro di £ 80.000.000 confessata da COGNOME NOME in sede di
interrogatorio formale (vedi terzultimo capoverso di pagina 20), sottolineando, subito dopo, che le considerazioni svolte dalla sentenza di primo grado sulle altre donazioni compiute da COGNOME NOME in favore della figlia COGNOME NOME non sorreggevano in effetti alcun capo del dispositivo. La stessa Corte d’Appello, avendo già individuato le suddette ragioni di reiezione delle domande di COGNOME NOME non ha compiuto precisi accertamenti sull’entità delle donazioni indirette effettuate dal de cuius a favore di COGNOME NOME accertamenti che sarebbero stati necessari se avesse dovuto esaminare nel merito, come ora impostole dall’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’azione di riduzione per lesione di legittima di COGNOME NOME sicché ad essere impugnati con questo motivo sono dei meri obiter dicta e la Corte nell’accertare compiutamente le donazioni effettuate dal defunto in favore di COGNOME NOME diverse da quella oggetto di confessione, dovrà anche valutare in caso di ritenuta sussistenza, se esse debbano essere riferite all’intera somma versata sul conto cointestato con la figlia, o solo alla metà della stessa.
4) Col primo e unico motivo del ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 3) del comma primo dell’art 360 c.p.c, i controricorrenti e ricorrenti incidentali, COGNOME NOME e COGNOME NOME deducono la violazione dell’art. 564 cod. civ., in quanto la Corte distrettuale si è limitata a dichiarare l’inammissibilità della domanda attorea di riduzione per lesione di legittima per carenza dell’imputazione alla sua quota delle donazioni ricevute dal padre, COGNOME NOMECOGNOME e per carente allegazione in ordine al relictum ed al donatum, preclusiva di una compiuta ricostruzione attraverso la riunione fittizia, della quota riservata a COGNOME NOME e della sua eventuale lesione, omettendo di pronunciare il rigetto nel merito di tale domanda, pronuncia che i ricorrenti incidentali ritengono adottabile da questa Corte in sede di correzione della motivazione
della sentenza impugnata ex art. 384 comma 2 seconda parte c.p.c.
Tale motivo deve ritenersi assorbito, a sua volta, in ragione dell’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, che impone al giudice di rinvio di esaminare nel merito la domanda di riduzione per lesione di legittima di COGNOME NOME previo accertamento compiuto delle donazioni dirette ed indirette effettuate in suo favore dal padre COGNOME NOME ai fini della loro imputazione alla quota di legittima a lei riservata e della conseguente verifica dell’esistenza della lesione della quota riservata a COGNOME NOME.
La Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, individuata quale giudice di rinvio, provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso principale di COGNOME NOMECOGNOME assorbiti il secondo ed il terzo motivo dello stesso ricorso ed i ricorsi incidentali di COGNOME Romano e COGNOME NOMECOGNOME cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, che provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 12.3.2025