Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9364 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9364 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29975/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 346/2019 depositata il 08/03/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 06/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
Uditi gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME erede di NOME COGNOME ricorre in cassazione con tredici motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Genova n. 346/2019.
COGNOME NOME COGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME in NOME resistono con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..
Il Procuratore Generale ha fatto pervenire conclusioni scritte.
La lite ha ad oggetto l’i mmobile sito nel comune di Massa, originariamente in proprietà al 50% dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME deceduta nel 1977, lasciando eredi il marito ed il figlio NOME COGNOME
Per effetto della rinuncia all’eredità della moglie da parte di NOME COGNOME che ha poi sposato in seconde nozze NOME COGNOME il bene è divenuto per il 25% di proprietà del figlio NOME COGNOME il quale ne ha successivamente acquistato dal padre, unitamente alla propria moglie NOME COGNOME la restante quota in nuda proprietà con atto per notaio COGNOME del 5.11.1985, riservando a NOME COGNOME il diritto di abitazione con separata scrittura privata.
Con ulteriore atto di vendita per notaio COGNOME del 2001, il bene è stato alienato da NOME COGNOME e da NOME COGNOME ai figli NOME, NOME, NOME COGNOME e alla moglie di questi NOME; gli acquirenti hanno successivamente chiesto a NOME COGNOME di rilasciare il bene o di versare un corrispettivo per il godimento, inducendo quest’ultima a trasferirsi altrove, senza più rientrare nel possesso dell’immobile.
NOME COGNOME ha agito in petizione ereditaria nei confronti di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e dei figli di NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, e per far dichiarare inefficace la rinuncia all’eredità di NOME COGNOME e la simulazione della vendita del 1985, poiché dissimulante una donazione nulla per difetto di forma, oltre che della successiva vendita per notar COGNOME del 2001; in
subordine ha chiesto di accertare che l ‘atto di trasferimento del 1985 integrava un negozio misto con donazione di cui ha chiesto la riduzione poiché lesivo della quota di legittima di NOME COGNOME con ordine di restituzione dell’immobile e con risarcimento del danno per la privazione del diritto di abitazione di cui era titolare la de cuius.
In corso di causa è deceduto NOME COGNOME i figli hanno rinunciato all’eredità .
Il Tribunale ha ritenuto inefficace la rinuncia all’er edità di NOME COGNOME ad opera di NOME COGNOME ha negato che l’attore e NOME COGNOME avessero usucapito l’immobile e ha dichiarato che il bene era stata acquisito iure successionis per un ottavo da NOME COGNOME con condanna dei successivi acquirenti alla restituzione; ha ritenuto che il contratto del 1985 costituisse un negozio misto con donazione lesivo della legittima e ne ha disposto la riduzione per l’impo r to di €. 1317,40, detratto il valore dell’ottavo recupe r ato dall’attore , ponendone l’onere a carico di NOME COGNOME osservando che gli altri convenuti avevano trascritto l’atto di acquisto dopo di venti anni prima dalla trascrizione della domanda giudiziale, riconoscendo un risarcimento di €. 1600,00 per la perdita del mobilio di NOME COGNOME.
La sentenza di primo grado è stata impugnata in via principale da NOME COGNOME e in via incidentale NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOMECOGNOME
La Corte distrettuale di Genova ha respinto il gravame principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, ha riformato la sentenza del Tribunale, ad eccezione della condanna dei convenuti al risarcimento del danno, ormai passata in giudicato.
Secondo il giudice distrettuale la rinuncia all’eredità di NOME COGNOME da parte di NOME COGNOME era efficace, essendo egli rimasto nel possesso del bene ed avendo riscosso i canoni di locazione in qualità di comproprietario del 50% dell’immobile.
Ha dichiarato improcedibile l’azione di riduzione sul rilievo che l’attore non aveva accettato l’eredità con beneficio di inventario e che non era stata effettuata una compiuta descrizione dell’asse, sostenendo che l’attore avrebbe dovuto provare la simulazione del contratto mediante la controdichiarazione scritta.
Ha affermato che vi era prova presuntiva del pagamento del prezzo della vendita del 1985 in considerazione del fatto che NOME COGNOME era munito di reddito, che difficilmente il padre NOME avrebbe rinunciato al corrispettivo, versando in difficili condizioni economiche, non potendo esigersi una puntuale dimostrazione del pagamento a distanza di molti anni della vendita.
L’atto non integrava , secondo il giudice distrettuale, un negozio misto, dovendo presumersi che le parti avessero scomputato dal prezzo il valore degli interventi di manutenzione effettuati da NOME COGNOME sull’immobile , in cattive condizioni di conservazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’impugnazione espone con compiutezza i fatti di causa, le rispettive difese e i contenuti delle pronunce di merito, sollevando questioni in diritto censurabili in cassazione ed è quindi ammissibile.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt.
112 c.p.c. o, in subordine, degli artt. 132, comma secondo, n. 4) c.p.c., 118, comma primo, disp. att. c.p.c. e 111, comma sesto, Cost., sostenendo che la Corte di appello non abbia pronunciato sulla richiesta di dichiarare inefficace la rinuncia all’eredità di NOME COGNOME da parte dei figli.
Il motivo è infondato.
La Corte di merito, dichiarata la validità della rinuncia all’eredità della moglie da parte di NOME COGNOME e respinte le azioni di simulazione, nullità e riduzione della vendita del 1985, ha ritenuto assorbita ogni altra questione.
La declaratoria di assorbimento improprio (che si ha quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di
provvedere sulle altre questioni, ovvero determina un implicito rigetto di altre domande) non comporta né un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, né l’assenza di motivazione, che è proprio quella dell’assorbimento (Cass. 28663/2013; Cass. 28995/2018; Cass. 33764/2019).
3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. , per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione di NOME COGNOME e NOME COGNOME osservando che questi ultimi non avevano formalmente proposto un appello incidentale e che l’impugnazione era stata notificata al precedente procuratore del ricorrenti sebbene gli appellanti fossero a conoscenza della nomina di un nuovo legale.
Il motivo è infondato.
Il vizio di omessa pronuncia può configurarsi rispetto alle eccezioni e alle domande di merito (o i motivi di gravame), non per le violazioni meramente processuali (Cass. 15613/2021; Cass. 25154/2018) e non si configura in caso di pronuncia implicita di rigetto (Cass. 12131/2021; Cass. 24953/2020), quale effetto dell ‘esame del merito della lite (Cass. 29191/2017; Cass. 5351/2007).
Per il resto, per la proposizione dell’appello incidentale, di cui non è in discussione la tempestività, non occorrevano formule sacramentali, essendo sufficiente che dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni formulate dall’appellato nella comparsa di costituzione risultasse in modo non equivoco la volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice (Cass. 6339/1998; Cass. 2918/2001; Cass. 21615/2004).
Nulla espone il ricorso a conforto del fatto che l ‘appellante avesse conoscenza legale della sostituzione del difensore di controparte (Cass. 759/2016; Cass. 529/2017) e, comunque, la notifica dell’appello al difensore nominato in primo grado e poi sostituito
poteva dar luogo non a inesistenza, ma alla nullità della notifica, sanata dalla costituzione in giudizio dell’appellato , poiché eseguita presso un luogo in collegamento con il destinatario, quale appunto lo studio del precedente difensore (Cass. SU 14916/2016; Cass. SU 14917/2016).
4. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 360, c. 1, n. 5 e 3, c.p.c., per aver la sentenza ritenuto efficace la rinuncia di NOME COGNOME all’eredità della prima moglie NOME COGNOME, dopo anni di ininterrotto possesso e gestione dei bene ereditari, con riscossione dei canoni di locazione. Si lamenta l’ omesso esame di un fatto decisivo consistente nella confessione di NOME COGNOME, che aveva chiesto lo sfratto dell’immobile, dichiarandosi unico proprietario del bene locato, affermando che anche la riscossione dei canoni integrava un’accettazion e tacita, mancando prova che le somme fossero state riversate all’eredità. Il motivo è fondato.
Ha affermato la Corte di merito che NOME COGNOME è rimasto nel possesso dell’immobile per circa otto anni senza redigere l’inventario , percependo i canoni di locazione in via esclusiva, ritenendo che tali condotte fossero equivoche poiché poste in essere dal comproprietario dell’immobile , non potendo dar luogo all’acquisto della qualità di erede (cfr. sentenza pag. 15).
Deve osservarsi che l ‘acquisto della qualità di erede è subordinata all’accettazione che è espressa se fatta con scrittura privata o atto pubblico con cui l’interessato assuma la qualità di erede o dichiari di accettare; è tacita se il chiamato compia un atto che non avrebbe il diritto di compiere se non come erede vero e proprio.
Dà luogo ad accettazione legale il fatto che il chiamato si trovi nel possesso dei beni e non compia l’inventario nel termine di tre mesi, nel qual caso è considerato accettante puramente e semplicemente. Perfezionata un’ipotesi di accettazione legale, viene meno la possibilità di una successiva rinuncia, poiché il chiamato, allo scadere
del termine previsto per l’inventario, è considerato erede puro e semplice (Cass. 11018/2008; Cass. 4845/2003).
Anche il compossessore è tenuto ad osservare le prescrizioni dell’art. 485 c.c. (Cass. 5862/2014; Cass. 6167/2019), poiché il possesso cui allude la norma non deve necessariamente manifestarsi in un’attività corrispondente all ‘ esercizio della proprietà dei beni ereditari, ma si esaurisce in una mera relazione materiale tra i beni e il chiamato, in una situazione di fatto che consenta l’esercizio di concreti poteri sui beni con la consapevolezza della loro appartenenza al compendio ereditario (Cass. 5152/2012).
NOME COGNOME essendo nel possesso dell’immobile ed avendo esercitato facoltà che competono al compossessore, era tenuto a redigere l’inventario nel termine di tre mesi e, non avendolo fatto, è divenuto erede puro e semplice della prima moglie, con conseguente inefficacia della successiva rinuncia all’eredità.
Vanno esaminati congiuntamente i motivi quarto, quinto, settimo ed ottavo, che sollevano questioni strettamente connesse.
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente si duole della violazione dell’art. 564 c.c. , per aver il giudice di secondo grado richiesto, quale condizione di procedibilità dell’azione di riduzione e di simulazione, l’accettazione con beneficio di inventario da parte dell’avente causa di NOME COGNOME Evidenzia che l’azion e di riduzione era stata proposta in via subordinata, avendo egli chiesto in via principale di accertare la simulazione della vendita e la nullità della sottostante donazione dissimulata.
Con il quinto motivo di ricorso si censura la violazione degli artt. 1417 c.c. e 112 c.p.c., lamentando che il giudice distrettuale abbia ritenuto che l’attore dovesse provare la simulazione dell’atto di vendita mediante una controdichiarazione scritta, pur essendo erede della legittimaria, terzo rispetto al contratto, ed abbia rilevato d’ufficio l’inammissibilità della prova della simulazione mediante testimoni.
Con il settimo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione dell’art. 564 c.c. , per aver la sentenza negato l’esperibilità dell’azione di riduzione nei confronti di NOME COGNOME senza considerare che quest’ultima , erede di NOME COGNOME aveva assunto la medesima posizione del suo dante causa.
Con l’ottavo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la Corte territoriale dichiarato d’ufficio non procedibile la domanda di riduzione, in quanto carente di una completa descrizione dell’asse ereditario, in assenza di un’eccezione di parte.
I motivi sono fondati.
La Corte di merito ha affermato che, mancando un testamento, la posizione di NOME COGNOME non era assimilabile al legittimario pretermesso e che pertanto, l’attore , subentrando nella medesima posizione della propria dante causa, non poteva esperire l’azion e di riduzione nei confronti di NOME COGNOME senza aver accettato l’eredità con beneficio di inventario. Ha inoltre sostenuto che, non avendo l’attore compiuto una completa descrizione dell’asse da dividere, né individuato il valore della massa ereditaria, la domanda di riduzione non era procedibile , con conseguente necessità di provare la simulazione del contratto di vendita solo la controdichiarazione scritta.
5.1. Il legittimario che agisca in riduzione ha l’onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonché, di conseguenza, quello della quota di legittima violata.
Secondo il più recente orientamento di questa Corte, l’onere di allegazione è però soddisfatto una volta che, richiamata la quota di legittima prevista per legge, il legittimario assuma che, per effetto delle disposizioni testamentarie ovvero in conseguenza delle
donazioni poste in essere in vita in favore di altri soggetti, ed al netto di quanto ricevuto dall’erede, residui una lesione.
L’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il “relictum” e di donazioni poste in essere in vita dal “de cuius”, anche in vista dell’imputazione “ex se”, ove la loro esistenza emerga (come nella specie) dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione, dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova.
Ove il silenzio serbato in citazione sull’esistenza di altri beni relitti ovvero di donazioni sia dovuto al convincimento della parte dell’inesistenza di altre componenti patrimoniali da prendere in esame ai fini del riscontro della lesione della quota di riserva, il giudice non può solo per questo respingere la domanda se non quando, all’esito dell’istruttoria e nei limiti segnati dalle preclusioni istruttorie, risulti indimostrata l’esistenza della dedotta lesione.
Non può comunque imporsi anche che la quantificazione in termini di valore dei vari elementi destinati ad essere presi in considerazione ai fini della precisazione del relictum e del donatum, né che l’individuazione della lesione debba avvenire in termini matematici con una sua precisa indicazione numerica, essendo viceversa sufficiente che si sostenga che, proprio alla luce del complesso assetto patrimoniale del defunto, quale scaturente dalle vicende successorie, il valore attivo pervenuto al legittimario sia inferiore a quanto gli compete per legge.
Il giudice deve procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione sulla base delle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali
segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova (Cass. 18199/2020).
Eventuali carenze riguardo all’effettiva esistenza delle componenti patrimoniali destinate ad incrementare il relictum o il donatum, assumono rilievo soprattutto ai fini del rigetto della domanda o del suo accoglimento in misura inferiore rispetto a quanto richiesto, risolvendosi sul diverso piano del soddisfacimento dell’onere della prova (Cass. 28272/2018; Cass. 18199/2020).
Nel caso in esame la citazione illustrava la consistenza dell’asse, che contemplava l’immobile che doveva essere recuperato alla massa essendone uscito per donazione nulla o lesiva della legittima, non risultando proposte contestazioni sull’effettiva comp osizione del patrimonio ereditario, tanto che il tribunale aveva pronunciato nel merito ritenendo sussistente la lesione sulla base della consulenza tecnica espletata in corso di causa.
La domanda, essendo ammissibile, doveva essere esaminata nel merito.
5.2. Nelle ipotesi di successione legittima il chiamato deve essere assimilato al legittimario pretermesso ove nulla abbia ottenuto dalla successione, non rilevando l’assenza di un testamento .
Tale assimilazione opera proprio riguardo all’onere di preventiva accettazione beneficiata per poter esercitare l’azione di riduzione , onere che non è tenuto ad osservare benché egli sia chiamato per vocazione legittima e non possa considerarsi pretermesso se non che in senso atecnico (Cass. 24836/2022).
L ‘esperimento della domanda di riduzione e simulazione non soggiaceva alla condizione imposta dall’art. 564 c.c., essendo l’erede legittimo equiparato, al riguardo, al legittimario pretermesso (Cass. 24836/2022).
Questi, ove impugni per simulazione un atto compiuto dal “de cuius”, a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, agisce, sia nella successione testamentaria che in quella “ab
intestato”, in qualità di terzo e non in veste di erede; non è tenuto ad accettare con beneficio di inventario neppure quando agisca per far valere una simulazione assoluta od anche relativa, ma finalizzata a far accertare la nullità del negozio dissimulato, in quanto, in queste ipotesi, l’accertamento della realtà effettiva consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, mai usciti dal patrimonio del defunto (Cass. 30079/2019; Cass. 16365/2013).
5.3. Per provare la simulazione della vendita l’attore poteva avvalersi delle presunzioni e della prova testimoniale.
E’ principio già affermato da questa Corte che i l legittimario o l’erede ab intestato che agisca per la simulazione, deducendo la lesione della quota di riserva, non soggiace alle limitazioni probatorie imposte alle parti del contratto simulato, poiché egli in realtà agisce, sia nella successione testamentaria che in quella “ab intestato”, in qualità di terzo e non in veste di erede.
Nella successione ab intestato, in caso di insufficienza del relictum a soddisfare i diritti dei legittimari, per avere il de cuius effettuato in vita donazioni eccedenti la quota disponibile, la riduzione, pronunciata su istanza del legittimario, ha funzione integrativa del contenuto economico della quota ereditaria spettante ex lege, determinando il concorso della successione legittima con quella necessaria (art. 553 c.c.).
Perciò, la domanda di accertamento della simulazione di atti dispositivi compiuti dal de cuius, avanzata dall’erede legittimario in riferimento alla quota di successione ab intestato, non implica che egli abbia fatto valere i diritti di erede, piuttosto che quelli di legittimario, allorché, dall’esame complessivo della domanda, risulti che l’accertamento era stato comunque richiesto per il recupero o la reintegrazione della quota di legittima lesa; né possono trovare applicazione le limitazioni probatorie previste per le parti originarie in materia di prova della simulazione, ponendosi l’erede in posizione antagonista a quella del de cuius e potendosi giovare, perciò, del
regime più favorevole di cui all’art. 1417 c.c. (Cass. 16535/2020; Cass. 12317/2019).
5.4. In conclusione, NOME COGNOME essendo subentrato nella stessa posizione di NOME COGNOME legittimaria pretermessa, poteva esperire l’azione di riduzione senza necessità di accertare l’eredità con beneficio di inventario, né la domanda era carente dei contenuti indispensabili per poter esser valutata nel merito; poteva, inoltre, provare la simulazione relativa della vendita dell’immobile perfezionata nel 1985 senza incorrere nelle limitazioni imposte alle parti da ll’art. 1417 c.c..
6. Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. riguardo alla prova della simulazione della compravendita e di nullità della donazione (dissimulata) per difetto di forma. Sostiene di aver provato per testi la gratuità della cessione e che non vi era prova del pagamento del prezzo.
Con il nono motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 1350 c.c., per aver il giudice territoriale escluso che il contratto del 1985 costituisse un negozio misto con donazione, assumendo che le parti avevano concordato di scomputare dal prezzo di vendita l’importo dei lavori all’immobil e eseguiti da NOME COGNOME accordo che i contraenti avrebbero dovuto formalizzare per iscritto.
I due motivi sono inammissibili poiché attingono argomentazioni meramente rafforzative della pronuncia, fond ata sull’affermata impossibilità di NOME COGNOME di agire in riduzione senza aver accettato l’eredità con beneficio di inventario e di provare la simulazione mediante testimonianze o elementi presuntivi. Tali affermazioni, improduttive di effetti giuridici, non possono essere oggetto di ricorso per cassazione per difetto di interesse (Cass. 24591/2005; Cass. 13068/2007; Cass. 23635/2010; Cass. 22380/2014; Cass. 8755/2018; Cass. 1770/2025).
Competerà al giudice del rinvio riesaminare gli elementi probatori acquisiti per l’esame del merito delle domande di nullità e riduzione.
Il decimo motivo di ricorso deduce l’errata interpretazione dell’art. 563 c.c., per aver la sentenza affermato che la norma, nella formulazione introdotta dal d.l. 35/2005, riguarda l’azione di restituzione contro i terzi, per cui è alla data dell’esercizio della domanda non a quella della donazione che occorrerebbe aver riguardo per stabilire se la disposizione sia applicabile.
Con l’u ndicesimo motivo di ricorso si lamenta l’errata interpretazione dell’art. 563 c.c. , per aver la sentenza considerato gli eredi di NOME COGNOME e NOME COGNOME terzi estranei rispetto alla vendita del 1985, pur avendo i primi invalidamente rinunciato all’eredità del padre e pur essendo NOME COGNOME parte formale e sostanziale dell’atto.
Con il dodicesimo motivo di ricorso il ricorrente si duole della violazione degli artt. 132, comma secondo, n. 4) c.p.c., 118, comma primo, disp. att. c.p.c. e 111, comma sesto, Cost. nonché dell’art. 747 c.c., per aver la Corte distrettuale ritenuto corretto il calcolo della lesione di legittima ai danni dell’attore senza fornire alcuna motivazione.
Con il tredicesimo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 563 c.c., per aver il giudice distrettuale affermato che l’azione di riduzione richiede la previa escussione o la prova dell’incapienza dei donatari ex art 563 c.c., non potendosi esigere dall’atto re la dimostrazione dei fatti negativi.
I motivi sono assorbiti e saranno rivalutati dal giudice di rinvio previo eventuale accertamento della simulazione del negozio di vendita concluso nel 1985 o della sussistenza della lesione di legittima.
Sono accolti i motivi terzo, quarto, quinto, settimo e ottavo, sono respinti il primo, il secondo, il sesto e il nono e sono assorbite le altre censure.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
accoglie i motivi terzo, quarto, quinto, settimo e ottavo, respinge il primo, il secondo, il sesto e il nono motivo e dichiara assorbite le restanti censure, cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione