Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6386 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 28140/2018 proposto da:
NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE).
– Ricorrenti –
Contro
COGNOME NOME, NOME COGNOME, domiciliati ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Controricorrenti –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 662/2018, depositata il 27/03/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 27 febbraio 2024.
Divisione
Rilevato che:
1. NOME COGNOME convenne in giudizio davanti al Tribunale di Agrigento (sez. dist. di Licata) i propri germani NOME COGNOME e NOME COGNOME e, assumendo di essere, come i convenuti, erede dei genitori NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiese lo scioglimento della comunione dei beni immobili da questi ultimi relitti, in forza di successione legittima del padre e di successione testamentaria (per testamento olografo del 25/07/2006) della madre.
Aggiunse che aveva stipulato con i fratelli una scrittura privata in data 20/09/2004, con la quale conveniva la divisione della società di fatto, che aveva come soci i tre fratelli, svolgente attività lattierocasearia, e chiese che, in adempimento dell’accordo scritto , si procedesse alla divisione dei beni della società, lamentando che i fratelli avevano disatteso quanto previsto nella predetta scrittura.
Costituendosi in giudizio, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiesero e ottennero l’autorizzazione a chiamare in causa NOME COGNOME, coniuge dell’attrice , in comunione legale dei beni con la stessa, e non si opposero alla divisione di cui alla successione legittima del padre.
Quanto all’eredità materna , proposero domanda riconvenzionale di accertamento della simulazione del l’atto di compravendita del 21/11/2002, dissimulante una donazione, con cui la madre aveva fittiziamente venduto all’attrice alcuni immobili di sua proprietà, con conseguente conferimento degli stessi beni alla massa ereditaria al fine della reintegra della quota di riserva ad essi spettante, nonché il conferimento o la riunione ai fini della reintegra dei depositi in denaro e titoli legati dalla testatrice a NOME COGNOME, ma da questa prelevati prima della morte della madre e, in definitiva, la riduzione delle disposizioni lesive della legittima.
Eccepirono, infine, l’inammissibilità della domanda dell’attrice di scioglimento della società di fatto, perché estranea alla materia successoria;
il Tribunale di Agrigento, in composizione collegiale, al quale la causa era stata rimessa a seguito dell’azione di riduzione dei convenuti, con sentenza n. 631 del 2013, accolse la suddetta domanda di simulazione della compravendita del 21/11/2002; accolse, altresì, la domanda di collazione di liberalità non donativa disposta nel testamento da NOME COGNOME in favore della figlia NOME COGNOME , avente ad oggetto la somma di € 48.960,00, quale dazione di denaro avvenuta in precedenza, quando l’attrice aveva in parte disinvestito il portafoglio titoli della madre ed incassato il corrispondente assegno circolare intestato a ll’attrice ; dispose lo scioglimento della comunione ereditaria e la divisione dei beni tra i germani, sulla base del progetto divisionale di cui alla c.t.u. svolta in fase istruttoria; infine, respinse la domanda dell ‘attrice di scioglimento della società di fatto, sul rilievo che i germani avevano già dato alla sorella la quota che le era dovuta;
decidendo sull’impugnazione di NOME COGNOME e COGNOME NOME, la Corte d’appello di Palermo, nella resistenza degli appellati, ha rigettato il gravame, con la conseguente regolazione delle spese del grado secondo soccombenza.
Questo, per quanto qui interessa, il percorso argomentativo della sentenza:
(a) al contrario di quanto prospetta l’appellante, è conforme a diritto la statuizione del Tribunale secondo cui i convenuti, in quanto legittimari che agiscono in riduzione, sono terzi rispetto alla compravendita del 21/11/2002, ragione per cui non sono soggetti ai vincoli probatori posti da ll’art. 1417 cod. civ. e possono fornire la prova della simulazione anche mediante presunzioni. È inammissibile
ex art. 345, cod. proc. civ., per essere stato prodotto soltanto in appello, il documento (‘interrogazione assegno’) rilasciato dalla banca emittente (MPS Spa) che dovrebbe comprovare l’avvenuto pagamento del prezzo della compravendita da parte di NOME
In particolare, il prezzo di € 25.882,00, indicato in tale contratto di vendita, avente ad oggetto la nuda proprietà di alcuni immobili, è ben più basso di quello stimato dal c.t.u. e, comunque, tale elemento è irrilevante alla luce degli altri indizi evidenziati dal primo giudice che sono sufficienti al fine di dimostrare la simulazione relativa dell’atto di cessione;
(b) va disattesa la censura in punto di difetto della condizione dell’azione di riduzione dei convenuti, ex art. 564 cod. civ., per mancanza della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, per avere i germani legittimari agito non soltanto nei confronti della sorella coerede, ma anche del di lei marito.
E questo perché, spiega la Corte territoriale, NOME COGNOME è stato chiamato in causa unicamente come coniuge dell’attrice , in comunione legale dei beni, in relazione alla compravendita simulata del 21/11/2002, sicché egli è estraneo alle domande successorie ri guardanti l’eredità di NOME COGNOME;
(c) è infondato il motivo di appello secondo cui le somme ricavate dal disinvestimento titoli non sarebbero soggette a collazione in funzione d ell’azione di riduzione per essere la disposizione testamentaria qualificabile come donazione modale, non soggetta a collazione ai fini del calcolo della legittima. Onere ricondotto dall’appellante ai servizi che ella aveva prestato alla madre.
Il testamento olografo ha il seguente contenuto : ‘dispongo che l e somme di denaro esistenti presso la Banca titolo di libretto di deposito a risparmio vadano tutte a mia figlia NOME in segno di gratitudine per l’assistenza morale e materiale prestata nel momento
del bisogno’ . Dalla testuale formulazione del lascito non emerge alcun onere o modus a carico della beneficiata: il riferimento all’assistenza morale e materiale che la testatrice ha ricevuta dalla figlia, infatti, allude al passato e non costituisce un peso o, comunque, un limite al beneficio che l’erede dovrebbe trarre dalle somme di denaro esistenti in banca;
(d) è priva di fondamento la critica dell’appellante secondo cui il Tribunale avrebbe errato nel ritenere testimoni attendibili la moglie e la figlia di NOME COGNOME, ai fini del rigetto della domanda dell’attrice di esecuzione della scrittura privata di divisione della società di fatto, stipulata dai germani in data 20/09/2004, per avere trascurato che i testimoni non solo erano inattendibili a priori per il vincolo di parentela con la parte, ma avevano anche un interesse alla causa perché utilizzavano i beni oggetto della divisione per la propria attività lavorativa.
La doglianza è generica e non ha attinenza con la domanda dell’attrice di condanna dei convenuti al pagamento di somme di denaro per effetto dello scioglimento della società di fatto;
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 1414 c.c. e 1417 c.c., per avere indebitamente ritenuto fondata la simulazione dell’atto pubblico del 2002 -Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I, n. 4 c.p.c. per omessa valutazione di una prova documentale ‘ -censura la sentenza impugnata che, con motivazione insufficiente e contraddittoria, ha erroneamente qualificato i
legittimari come terzi, ai quali è consentito provare la simulazione di un contratto di compravendita immobiliare a mezzo di presunzioni.
Per i ricorrenti, tutt’al più , la Corte d’appello avrebbe potuto confermare la statuizione della sentenza di primo grado in punto di simulazione della compravendita, che celava una donazione, rilevando che si era in presenza di un negotium mixtum cum donatione, la cui prova presuntiva era data dal pagamento di una somma minore rispetto al prezzo effettivo, concluso dalla de cuius con i due coniugi, uno soltanto dei quali tenuto, come erede, alla collazione nei limiti della quota indivisa del bene immobile indirettamente donatogli, essendo l’ altro coniuge estraneo alla comunione ereditaria.
Da una diversa prospettiva, si addebita al giudice di secondo grado di non avere valutato la prova documentale del pagamento del prezzo della compravendita (stampa della Banca MPS Spa da cui si desumeva che gli assegni indicati nell’atto del 2002 erano stati pagati);
1.1. il motivo, articolato in distinte censure, è in parte infondato e in parte inammissibile;
1.2. dal primo punto di vista (infondatezza del motivo), al contrario di quanto prospettano i ricorrenti, il giudice di merito ha fatto buon governo del la regola probatoria dell’art. 1417 cod. civ., ai fini della dimostrazione che la compravendita in esame dissimulava una donazione.
Dalla sentenza impugnata risulta la circostanza, pacifica, e non contestata ex adverso , che i convenuti, con domanda riconvenzionale, spendendo la propria qualità di legittimari lesi nella quota di legittima, hanno proposto azione di simulazione (relativa) della compravendita immobiliare dissimulante una donazione in funzione de ll’esperita azione di riduzione , e cioè affinché venissero
inclusi nell’asse ereditario alcuni immobili della de cuius simulatamente venduti, ma in realtà donati.
In altre parole, la sentenza si è attenuta al condiviso e consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, Ordinanza n. 15510 del 13/06/2018, in continuità con Sez. 2, Sentenza n. 24134 del 13/11/2009; in senso conforme: Sez. 2, Sentenza n. 12317 del 09/05/2019; Sez. 2, Sentenza n. 16535 del 31/07/2020; Sez. 2, Sentenza n. 11659 del 04/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 29821 del 27/10/2023), secondo cui «’ erede legittimario che agisca per l ‘ accertamento della simulazione di una vendita compiuta dal ‘ de cuius ‘ , siccome dissimulante una donazione assume, rispetto ai contraenti, la qualità di terzo – con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o presuntiva senza limiti o restrizioni – quando abbia proposto la domanda sulla premessa dell ‘ avvenuta lesione della propria quota di legittima. In tale situazione, infatti, detta lesione assurge a ‘ causa petendi ‘ accanto al fatto della simulazione ed il legittimario, benché successore del defunto, non può, pertanto, essere assoggettato ai vincoli probatori previsti per le parti dall ‘ art. 1417 c.c., non rilevando la circostanza che egli, quale erede legittimo, benefici non solo dell ‘ effetto di reintegrazione della summenzionata quota, ma pure del recupero del bene al patrimonio ereditario per intero, poiché il regime probatorio non può subire differenziazioni a seconda del risultato finale cui conduca l ‘ accoglimento della domanda»;
1.3. è inammissibile, invece, l’addebito in base al quale il giudice di merito avrebbe dovuto rilevare un negotium mixtum cum donatione: il motivo, in maniera non consentita, non è stato sussunto entro alcuno dei vizi declinati da ll’art. 360 cod. proc. civ. ;
1.4. altrettanto inammissibile, infine, è il rilievo critico dell’ omessa valutazione, da parte del giudice di merito, della prova documentale
del pagamento del prezzo della compravendita, che attinge la ratio decidendi della Corte d’appello, la quale (pagg. 3 e 4 della sentenza) ha ritenuto inammissibile ex art. 345, cod. proc. civ., perché prodotta per la prima volta in appello, la documentazione bancaria allegata dagli appellanti a sostegno della propria tesi;
il secondo motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360, n. 5, c.p.c.’ censura la sentenza impugnata che non ha valutato la congruità del prezzo di € 25.000,00, per la nuda proprietà, rispetto al valore di mercato del l’immobile riferit o all’anno 2002, con la precisazione che non può costituire indice di valutazione la maggiore stima del prezzo operata dal c.t.u. che non consider a il valore riferito all’anno di stipula del contratto;
2.1. il motivo è inammissibile;
2.2. ricorre, infatti, in proposito l’ipotesi della c.d. ‘doppia conforme’, ai sensi dell’articolo 348 -ter , quarto e quinto comma, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità della doglianza di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., quando la sentenza di appello «conferma la decisione di primo grado» e risulta «fondata sulle stesse ragioni», inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado.
I ricorrenti non indicano , nel rispetto dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., sotto quale profilo siano tra loro diverse le ragioni di fatto su cui si fondano, rispettivamente, la decisione di primo grado e la sentenza di appello (v., tra le altre, Cass. n. 1614 del 2024; Cass. n. 5947 del 2023);
il terzo motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 564 c.c. per omessa rilevazione della causa di improcedibilità della domanda di riduzione
della legittima proposta dai resistenti per difetto del presupposto giuridico dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario’ censura la sentenza impugnata che non ha rilevato che l’azione di riduzione proposta dai convenuti mancava del necessario presupposto dell’accettazione dell’eredità mat erna con beneficio di inventario dato che i legittimari agivano nei confronti della sorella (erede), ma anche nei confronti del coniuge di quest’ultima (terzo estraneo);
3.1. il motivo è infondato;
3.2. l’ art. 564 cod. civ., prevede, al primo comma, che il legittimario che non ha accettato l’eredità con beneficio d’inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunciato all’eredità.
Ad avviso della dottrina assolutamente prevalente il fondamento della norma, che pone una condizione di procedibilità dell’azione di riduzione, è individuato nella tutela dei donatari e legatari estranei, per i quali è necessaria la preventiva constatazione ufficiale della consistenza dell’asse ereditario che accerti l’effettiva lesione ;
3.3. nella fattispecie concreta in esame , la Corte d’appello, conformandosi alla previsione dell’art. 56 4 cod. civ., ha affermato che non era necessaria la preventiva accettazione con beneficio d’inventario da parte dei coeredi, lesi nella quota di legittima, in quanto l’azione di riduzione non era stata esercitata nei confronti del terzo estraneo alla successione, NOME COGNOME, coniuge della coerede NOME COGNOME , ma soltanto nei confronti di quest’ultima , mentre il coniuge era stato chiamato in causa in relazione all’azione di simulazione della vendita immobiliare, che celava una donazione effettuata dalla de cuius a favore della figlia, unicamente come coniuge in comunione legale dei beni con NOME COGNOME.
4. il quarto motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 3 e 5 c.p.c. in relazione all’art. 739 c.c. sull’esclusione della somma ricavata dal disinvestimento dei titoli della Banca di Credito Cooperativo San Michele e qualificazione della stessa come donazione modale in virtù del testamento olografo: esclusione dalla collazione e dalla conseguente azione di riduzione. Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione in merito al riconoscimento del servimento prestato come descritto nel testamento ai fini della qualificazione del servimento come presupposto della donazione modale’ censura la sentenza impugnata che non ha considerato che la somma di € 48.960,00 , portata dal titolo bancario svincolato dalla ricorrente soltanto come delegata della madre, non era stata trattenuta e che, comunque, detta somma non doveva essere conglobata nella massa ereditaria su cui, previa collazione, calcolare la legittima o, a tutto concedere, doveva essere ricompresa nei limiti dell’ effettivo arricchimento della donataria una volta adempiuto il modus , posto che il significato delle parole inserite nel testamento olografo della madre delle parti (‘ dispongo che le somme di denaro esistenti presso la banca vadano tutte a mia figlia NOME in segno di gratitudine per l’assistenza morale e materiale prestata nel momento del bisogno’) , travisato dal la Corte d’appello, indicava che era stata disposta una donazione modale gravata da un onere;
4.1. il motivo è inammissibile per le seguenti ragioni;
4.2. in primo luogo, con riferimento al dedotto error in iudicando , è evidente che il rilievo critico si appunta contro l’esegesi del testamento olografo operata dal giudice di merito.
Nella specie, l a Corte d’appello ha interpretato la disposizione testamentaria e ha escluso che possa essere qualificata come donazione modale in quanto il riferimento all’assistenza morale e materiale prestata dalla figlia alla madre attiene al passato e non
costituisce un limite rispetto all’arricchimento che il lascito di denaro avrebbe dovuto arrecare alla beneficiata.
4.3. in secondo luogo, il motivo di impugnazione è inammissibile sia perché non indica in maniera puntuale il criterio ermeneutico ex art. 1362 e seguenti cod. civ., che si assume violato dal giudice di merito, sia perché trascura l’in dirizzo di questa Corte (tra le altre, Sez. 2, Ordinanza n. 10882 del 7/05/2018) per il quale « ‘ accertamento della volontà del testatore si risolve in una indagine di fatto da parte del giudice di merito sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole di ermeneutica dettate dal codice civile in tema di contratti (applicabili al testamento con la sola eccezione di quelle incompatibili con la natura di atto unilaterale non recettizio del negozio mortis causa ) nonché per vizi logici e giuridici attinenti alla motivazione (Cass. 5604 del 2001)»;
4.4. in terzo luogo, per quanto concerne il vizio di cui al n. 5 dell’articolo 360 cod. proc. civ., il motivo incontra il limite della cd. ‘doppia conforme’ ( sul quale vale quanto evidenziato sub punto 2.2.);
il quinto motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 246 c.p.c. per avere ritenuto provata la dazione della somma di € 2.000 ,00 quale controvalore dei premi Agea da COGNOME NOME a NOME sulla scorta di dichiarazioni testimoniali rese da soggetti legati da vincoli di parentela con le parti in causa’ censura la sentenza impugnata che, senza valutare l’attendibilità dei testimoni, ha ritenuto provata la dazione della somma di € 2.000,00, quale controvalore dei premi Agea, da NOME COGNOME alla sorella NOME COGNOME, sulla scorta delle testimonianze della moglie e del figlio del convenuto, i quali avevano un interesse in causa in quanto utilizzavano i beni oggetto della divisione ereditaria per la propria attività lavorativa lattiero-casearia;
5.1. il motivo è inammissibile;
5.2. i ricorrenti non hanno documentato di avere osservato le prescrizioni fissate dalle Sezioni unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 9456 del 06/04/2023) in tema di incapacità a testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ., sintetizzabili nei seguenti princìpi di diritto:
(a) l’incapacità a testimoniare disciplinata dall’art . 246, cod. proc. civ, non è rilevabile d’ufficio, sicché, ove la parte non formuli l’eccezione di incapacità a testimoniare prima dell’ammissione del mezzo, detta eccezione rimane definitivamente preclusa, senza che possa poi proporsi, ove il mezzo sia ammesso ed assunto, eccezione di nullità della prova;
(b) ove la parte abbia formulato l’eccezione di incapacità a testimoniare, e ciò nondimeno il giudice abbia ammesso il mezzo ed abbia dato corso alla sua assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità, che, ai sensi dell’articolo 157 cod. proc. civ., l’interessato ha l’onere di eccepire subito dopo l’escussione del teste , ovvero, in caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza successiva, determinandosi altrimenti la sanatoria della nullità;
(c) la parte che ha tempestivamente formulato l’eccezione di nullità della testimonianza resa da un teste che si assume essere incapace a testimoniare, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenere l’eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d ‘ impugnazione;
il sesto motivo -‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma I n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 92 c.p.c. per avere compensato le spese di lite’, censura la sentenza impugnata che avrebbe compensato, tra le parti, le spese del grado omettendo di
illustrare le ‘ gravi ragioni ed eccezionali ragioni ‘ che giustificavano tale statuizione;
6.1. il motivo è inammissibile;
6.2. la Cort e d’appello , infatti, conformandosi al principio generale della soccombenza (art. 91 cod. proc. civ.), ha legittimamente condannato gli appellanti (siccome interamente soccombenti) al pagamento delle spese e non ha disposto affatto alcuna compensazione (ancorché parziale) delle spese del grado, ragion per cui la censura risulta completamente eccentrica rispetto alla statuizione adottata sulla regolazione delle spese nella sentenza impugnata;
in conclusione, dichiarati in parte infondato e in parte inammissibile il primo motivo, infondato il terzo, inammissibili il secondo, il quarto, il quinto e sesto motivo, il ricorso va, nel complesso, rigettato;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 6.500 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione