Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18069 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18069 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33456/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrenti- nonché contro
MAZZA CALOGERO
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1645/2019, depositata il 6/08/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/02/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
1. Nel 2013 NOME COGNOME ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Agrigento il padre NOME COGNOME, la zia NOME COGNOME e il figlio di quest’ultima NOME COGNOME chiedendo di accertare la sua qualità di erede e la sua pretermissione dalla successione ereditaria della zia paterna NOME COGNOME a sua volta pretermessa dalla successione del padre NOME COGNOME a causa di un patto successorio vietato, del quale chiedeva di dichiarare la nullità; di accertare la lesione della quota di legittima spettante alla zia NOME COGNOME e per l’effetto, una volta ricostruito il suo patrimonio, di disporre la reintegrazione della sua quota quale legittimario e, verificata la lesione della legittima, di ridurre le quote ab intestato , le eventuali disposizioni testamentarie e le donazioni, nonché di dichiarare che l’atto di compravendita con cui NOME COGNOME gli aveva venduto un immobile ‘costituisce un atto simulato, dissimulante una donazione diretta o indiretta’ e di dichiarare la simulazione pure dell’atto con il quale il nonno e la nonna avevano trasferito lo stesso immobile al nipote NOME COGNOME. NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono costituiti, tra l’altro eccependo la nullità dell’atto di citazione, l’inammissibilità della domanda, la carenza di legittimazione attiva e il difetto di interesse ad agire dell’attore e l’improponibilità dell’azione di riduzione per mancata accettazione dell’eredità con beneficio di inventario.
Il Tribunale di Agrigento ha dichiarato la nullità dell’atto di citazione, disponendone la rinnovazione, che è stata posta in essere da NOME COGNOME Con sentenza del 21 ottobre 2015 il Tribunale ha rigettato le domande di NOME COGNOME.
La sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME Con la sentenza n. 1645/2019 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accertato che NOME COGNOME è erede legittimo di NOME COGNOME, ha dichiarato improcedibile la domanda di riduzione dell’attore nei confronti di NOME COGNOME e ha rigettato ogni altra domanda.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
L’intimato NOME COGNOME non ha proposto difese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi:
Il primo motivo contesta ‘violazione del secondo comma dell’art. 164 c.p.c. e falsa applicazione del quinto comma dello stesso articolo, errato rilievo di una mutatio libelli da parte della Corte d’appello nella fase introduttiva del giudizio di primo grado’: la Corte d’appello ha dichiarato che la domanda del ricorrente di accertamento della simulazione della compravendita di un immobile, con il quale il nonno NOME COGNOME e la nonna NOME COGNOME avevano venduto al nipote NOME COGNOME l’immobile stesso, era inammissibile in quanto nell’atto di integrazione dell’atto di citazione era stata proposta una nuova domanda; la proposizione di una domanda nuova si ha quando viene cambiato il petitum o la causa petendi , mentre nel caso in esame l’atto di citazione in rinnovazione non ha modificato la domanda originaria, in quanto il bene della vita restava immutato; dato che non vi è stata alcuna mutatio libelli della domanda la Corte d’appello si sarebbe dovuta pronunciare in ordine alla simulazione della compravendita del 2002 e per l’effetto dare atto della preterizione della de cuius NOME COGNOME al momento della sua morte e al momento della morte del padre e della madre e per
l’effetto ricostruire la quota che NOME COGNOME non ha avuto, computando nel relictum il donatum .
Il secondo motivo fa valere ‘violazione dell’art. 183, comma 6 c.p.c., mancata censura da parte della Corte d’appello della mancata assegnazione dell’appendice scritta della trattazione in primo grado, violazione del diritto della parte di chiedere l’ammissione e l’assunzione dei mezzi di prova’: la Corte, richiamando il principio della ragione più liquida, non ha concesso alle parti i termini per le memorie istruttorie, memorie che costituiscono facoltà incondizionata delle parti, cosicché il giudice è tenuto a concedere i termini di cui al sesto comma dell’art. 183 c.p.c.
Il terzo motivo denuncia ‘violazione degli artt. 458 c.c. e 115, comma 1, c.p.c., omesso accertamento della sussistenza di patto successorio, falsa applicazione dell’art. 470 c.c., errata declaratoria dell’improcedibilità dell’azione di riduzione domandata dall’erede subentrato in rappresentazione’: la Corte d’appello ha accertato che NOME COGNOME è erede legittimo della de cuius NOME COGNOME e ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione di riduzione per omessa accettazione con beneficio di inventario, sebbene NOME COGNOME fosse preterito totale, stato su cui la Corte d’appello omette di argomentare; la Corte d’appello non poteva da un lato accertare che NOME COGNOME è erede legittimo di NOME COGNOME e dall’altro lato qualificare NOME COGNOME quale subentrante nella posizione di NOME COGNOME rispetto alla successione ereditaria di una terza persona, ossia NOME COGNOME, padre di NOME COGNOME.
4) Il quarto motivo contesta violazione dell’art. 91, comma 1, c.p.c., laddove la Corte d’appello condanna alle spese del doppio grado di giudizio una parte processuale definita erroneamente come soccombente: la Corte d’appello ha accertato la qualità di erede legittimo di NOME COGNOME anche se poi ha dichiarato
improcedibile la domanda di riduzione, regolando in modo irragionevole le spese rispetto allo spirito dell’art. 91 c.p.c.
I primi tre motivi sono tra loro strettamente connessi e lamentano il primo l’errata declaratoria di inammissibilità della domanda di accertamento della simulazione dell’atto di compravendita del 2002, il secondo la mancata concessione dei termini di cui al sesto comma dell’art. 183 c.p.c. e il terzo l’erronea declaratoria di improcedibilità dell’azione di riduzione.
I motivi non possono essere accolti. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale di Agrigento di accertare la propria qualità di erede della zia NOME COGNOME e tale domanda è stata accolta dalla Corte d’appello. La Corte d’appello ha poi giudicato improponibile la domanda di riduzione proposta ai sensi dell’art. 553 c.p.c. Tale domanda non poteva essere proposta -e in tal senso va corretta la motivazione della pronuncia impugnata -non perché il ricorrente non aveva accettato l’eredità di NOME COGNOME con beneficio di inventario, ma perché era privo della legittimazione a proporre l’azione di riduzione. Tale azione, come prevedono gli artt. 553 e 557 c.c., spetta infatti ai legittimari, che possono chiedere, nel concorso con altri successibili, che le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducano proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la loro quota. Il ricorrente non è però legittimario (cfr. l’art. 536 c.c.), ma erede legittimo, come ha accertato la Corte d’appello, di NOME COGNOME cosicché non poteva proporre l’azione di riduzione. Diventa , pertanto, privo di interesse il primo motivo che contesta la declaratoria di inammissibilità della domanda di simulazione, domanda che il ricorrente ha proposto in funzione dell’azione di riduzione (v. la sentenza impugnata, pag. 12), azione di riduzione che è -sono le parole del ricorrente alla pag. 3 del ricorso -l’azione da lui intrapresa nel processo. Viene meno pure l’interesse alla proposizione del secondo motivo, superato anch’esso dalla mancanza di legittimazione del ricorrente
rispetto all’azione di riduzione. Il ricorrente infatti lamenta la conferma della Corte d’appello del rigetto del terzo motivo di gravame, che contestava che, ‘avendo il giudice spedito la causa a sentenza sulle questioni preliminari, non sarebbero stati concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c.’. Nell’esposizione del motivo, il ricorrente sostiene che dalla mancata assegnazione di tali termini è derivata in concreto la lesione del suo diritto di difesa ‘in ordine all’azione di riduzione nei confronti di soggetti partecipi al patto successorio’, per la quale avrebbe ‘potuto fornire adeguata prova di quanto asserito con la domanda attraverso il trittico di memorie istruttorie’.
Infondato è il quarto motivo, in quanto all’esito complessivo del processo risulta la soccombenza del ricorrente rispetto a tutte le domande proposte con l’eccezione della domanda di accertamento della qualità di erede legittimo di NOME COGNOME cosicché la Corte d’appello, nel compensare ¼ delle spese processuali e condannare il ricorrente al pagamento dei ¾, non ha violato l’art. 91, comma 1, c.p.c.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in euro 4.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione