Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 873 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 873 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
Contratto autonomo di garanzia -Pluralità di garanti -Obbligazione solidale – Azione di regresso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18878/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO per procura su foglio separato allegato al controricorso
pec info@pec.EMAIL
EMAIL
–
ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME per procura su foglio separato allegato al ricorso domiciliato come da indirizzo telematico in atti, pec EMAIL
–
contro
ricorrente – per la cassazione della sentenza n. 836/2022 del Tribunale di Avellino pubblicata il 10.5.2022;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 6.11.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME otteneva dal Giudice di Pace di Avellino due decreti ingiuntivi nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento, rispettivamente, di euro 1.872,56 ed euro 4.020,26, costituenti le quote dallo stesso dovute a titolo di regresso per due fideiussioni prestate in favore di Bancapulia s.p.a. a garanzia degli affidamenti concessi ad Astacom RAGIONE_SOCIALEr.l.
Con sentenza pubblicata il 25.1.2016 il Giudice di Pace di Avellino accolse le opposizioni proposte da NOME COGNOME, revocando i decreti ingiuntivi opposti, dichiarò inammissibili le domande di surroga e compensò le spese di lite. Il giudice del primo grado ritenne, quanto al primo decreto ingiuntivo, l’inapplicabilità dell’art. 1954 cod. civ. qualificato il co ntratto come garanzia autonoma. In relazione al secondo decreto ingiuntivo, notò il Giudice di Pace, premesso che il contratto invocato era una fideiussione plurima e non una confideiussione , che l’azione di regresso era preclusa dal fatto che il pagamento verso la banca era stato fatto direttamente dal debitore principale. L’azione surrogatoria proposta, invece, era inammissibile in assenza di ampliamento del thema decidendum da parte dell’opponente.
Il Tribunale di Avellino con sentenza pubblicata il 10.5.2022, rigettato l’appello incidentale proposto da NOME COGNOME accolse l’appello principale svolto da NOME COGNOME e condannò l’appellato al pagamento di euro 1.827,56 ed euro 4.050,26 con interessi dal 16.12.2014 al saldo, gravandolo delle spese di lite di entrambi i gradi, incluse quelle della fase monitoria.
Il Tribunale di Avellino, pur qualificati come contratti autonomi di garanzia, ritenne comunque esperibile l’azione di regresso, perché, per via interpretativa (per il contratto del 10.5.2011) o in base a previsione espressa (per quelli del 20.1.2003), le obbligazioni erano solidali. Relativamente alla deduzione svolta in via incidentale da NOME COGNOME a proposito della non esperibilità dell’azione di regresso , per aver il debitore principale provveduto direttamente al pagamento in favore del creditore, osservò il Tribunale di Avellino che NOME COGNOME NOME aveva effettato il pagamento ad RAGIONE_SOCIALE mediante due bonifici con causale riferita alle garanzie prestate. Lo stesso creditore, inoltre, aveva attestato che il pagamento della garanzia proveniva dai fideiussori NOME
NOME Da ultimo, il tribunale disattese l’ulteriore doglianza in ordine alla ripartizione delle quote correttamente effettuata sulla base dell’indicazione di cinque, e non sei, garanti.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre NOME COGNOME sulla base di tre motivi limitatamente alla pronuncia di condanna al pagamento di euro 1.827,56 derivante dall’opposizione al decreto ingiuntivo n. 1483/2014. Risponde con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ. per l’insussistenza dei presupposti dell’azione di regresso per difetto di legittimazione ad agire.
Si duole che il giudice del secondo grado non abbia tenuto nel debito conto la nota dell’8.4.2015 con cui la banca aveva comunicato a NOME COGNOME, altro socio garante, la liberazione dagli obblighi fideiussori per aver il debitore principale estinto la propria posizione debitoria, sì che il pagamento non era stato fatto dal garante ma dal debitore principale, privando il primo della possibilità di agire in regresso. Il Tribunale di Avellino, inoltre, non avrebbe considerato le risultanze derivanti dalla documentazione societaria, sia pur limitatamente al rapporto con Bancapulia s.p.a., da cui emergevano, rispettivamente, dal «bilancino» e dal libro giornale al 2013 la voce «finanziamento infruttifero soci» avente per saldo quanto bonificato da NOME e NOME COGNOME e due movimentazioni «in dare» per Bancapulia s.p.a. di euro 30.000 ed euro 10.200.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Premesso che non aggredisce la motivazione impugnata là dove viene dedotto che il fideiussore di uno scoperto di conto corrente può estinguere il proprio debito anche in modo indiretto mediante l’accreditamento della somma sul conto del garantito perché la banca se ne giovi (v. Cass., sez. 6-1, ord., 17 maggio 2019, n. 13458; Sez. I, 6 maggio 2011, n. 10004; più di recente, Cass.,
sez. III, ord., 12 marzo 2024, n. 6532), esso non contiene invero alcuna denuncia del paradigma dell’articolo 2697 cod. civ., e di quello dell’articolo 116 cod. proc. civ., risultando censurata meramente l’ asseritamente omessa valutazione di risultanze probatorie di natura documentale, rispetto alle quali non vengono neanche indicati i tempi e i modi della dedotta produzione.
1.2. In ordine alla prospettata violazione dell’art. 2697 cod. civ. mette conto richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi del quale la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (v. Cass., sez. un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313)
Quanto alla violazione dell’articolo 116 c.p.c., la stessa presuppone che il giudice abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. Cass., sez. III, 8 ottobre 2019, n. 25027; Cass., sez. un., 30 settembre 2020, n. 20867; sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892 nello stesso senso in motivazione; Cass., Sez. 6-2, ord. 18 marzo 2019, n. 7618, non massimata sul punto; nonché Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092), mentre ‘ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione’ (Cass. Sez. Un., sent. 30 settembre 2020, n. 20867, Rv. 659037-02), qui, peraltro, neppure ipotizzati.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1954 cod. civ. in relazione agli artt. 1362, 1363 e 1364 cod. civ.
Si duole che, nell’interpretare le clausole 10 e 3 , rispettivamente del contratto del 10.5.2011 e del contratto del 20.1.2003, il giudice dell’appello abbia erroneamente, in violazione delle norme di ermeneutica contrattuale indicate nell’intitolazione, ritenuto essere stata prevista la natura solidale dell’obbligazione , e conseguentemente ammessa l’azione di regresso. La prima clausola, infatti, espressione di una misura rafforzativa della banca, si limiterebbe a stabilire che, qualora prevista con convenzione esterna la facoltà di regresso dei cogaranti, questa non possa essere esercitata se non dopo l’estinzione di ‘ogni ragione della banca’. La seconda, invece, afferisce al rapporto tra ‘fideiussori e creditore principale’.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Basato sulla pretesa violazione dei criteri legali di interpretazione del contratto, esso è inammissibile in quanto non è idoneamente formulato, essendosi il ricorrente limitato ad apoditticamente contrapporre una diversa interpretazione delle disposizioni pattizie a quella fatta propria dal Tribunale.
Orbene, va al riguardo ribadito che il sindacato di legittimità deve avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, non potendo investire il risultato interpretativo in sé, bensì soltanto i criteri legali d’interpretazione del contratto del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31 marzo 2006, n. 7597; 1° aprile 2011, n. 7557; 14 febbraio 2012, n. 2109; 10 febbraio 2015, n. 2465; 29 luglio 2016, n. 15763; 5 dicembre 2018, n. 31512; 12 maggio 2020, n. 8810; 2 luglio 2020, n. 13620; sez. un., 21 gennaio 2021, n. 2061).
Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali asseritamente violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di
legittimità (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; 11 marzo 2014, n. 5595; 27 febbraio 2015, n. 3980; 19 luglio 2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consen tito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 3 settembre 2010, n. 19044).
2.2. La censura in esame, come detto, si limita a contrapporre apoditticamente a quella svolta dal Tribunale, peraltro avallata da due pronunce rese da questa Corte nell’ambito di altro contenzioso relativo alle stesse vicende (v. Cass., sez. III, 27 novembre 2021, n. 35092; 31 ottobre 2019, n. 27992), una diversa interpretazione del contratto, peraltro, così chiedendo a questa Corte di effettuare una valutazione di merito, al fine di sostenere che nell’ambito dei contratti intercorsi tra cogaranti e creditore principale non sarebbe stata attribuita natura solidale all’obbligazione gravante sui primi.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1954 cod. civ. (art. 360 1° comma n. 3 cod. proc. civ.)’, con il quale pone a confronto Cass. 35092/2023 e Cass. 27992/2019 con Cass., sez. 6-3, 31 marzo 2021, n. 8874, ma non reca alcuna censura alla sentenza impugnata se non segnalando la condivisione di tale ultima ordinanza.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della
denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313). In altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle. Compito, quest’ultimo, al quale il ricorrente non ha ottemperato non formulando in modo debito una censura della motivazione in relazione allo sviluppo argomentativo legato alla pretesa violazione dell’art. 1954 cod. civ.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del controricorrente COGNOME NOME, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 1.400,00, di cui euro 1.200,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente NOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della