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Azione di regresso fideiussore: la guida completa

Un socio uscente, che aveva agito come garante per un debito della società, ha saldato tale debito dopo aver ceduto le proprie quote. Successivamente, ha intentato una causa per ottenere il rimborso dalla società e dai nuovi soci. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sua richiesta deve essere inquadrata come un’azione di regresso del fideiussore (art. 1950 c.c.) e non come una questione legata agli accordi interni sulla cessione delle quote. La Corte ha chiarito che il giudice di appello ha commesso un errore nel concentrarsi sul contratto di cessione anziché sulla relazione tra garante e debitore principale. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione basata sui corretti principi giuridici.

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Azione di Regresso del Fideiussore: la Cassazione fa chiarezza sulla cessione di quote

Quando un socio cede la propria quota, cosa succede ai debiti pregressi della società da lui garantiti? La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la tutela del socio uscente che ha pagato un debito sociale si fonda sull’azione di regresso del fideiussore, un meccanismo che prescinde dagli accordi interni tra i soci. Questa decisione offre importanti spunti sulla corretta qualificazione giuridica della domanda e sulla responsabilità dei soci subentranti.

I Fatti del Caso: Cessione di Quote e il Debito Pregresso

Un socio di una società in nome collettivo, insieme a un altro partner, decide di cedere le proprie quote di partecipazione. Anni prima, lo stesso socio aveva prestato una fideiussione personale per garantire un’apertura di credito concessa da un istituto bancario alla società. Dopo la cessione, la banca revoca il finanziamento e chiede al socio uscente, in qualità di garante, il pagamento del debito residuo. Egli adempie, versando una somma considerevole.

Successivamente, l’ex socio agisce in giudizio contro la società (che nel frattempo aveva cambiato ragione sociale) e le nuove socie subentranti per ottenere il rimborso di quanto pagato. Il Tribunale di primo grado accoglie la sua domanda, ma la Corte di Appello ribalta la decisione, respingendola.

Il Contesto dell’Azione di Regresso del Fideiussore

La Corte di Appello aveva erroneamente basato la propria decisione sulla presunta mancanza di prova che il prezzo di cessione delle quote non tenesse già conto del debito bancario. In altre parole, secondo i giudici di secondo grado, il debito poteva essere stato “scontato” dal valore delle quote al momento della vendita. Questa impostazione ha spostato il focus dalla garanzia personale (fideiussione) agli accordi interni tra cedenti e cessionari, snaturando la domanda originaria del socio garante.

La Decisione della Cassazione: Prevale il Diritto di Regresso

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del socio uscente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il punto centrale della decisione è la corretta qualificazione giuridica della domanda: non si trattava di regolare i rapporti interni tra soci, ma di esercitare l’azione di regresso del fideiussore prevista dall’articolo 1950 del Codice Civile.

La Responsabilità dei Nuovi Soci per i Debiti Anteriori

La Corte ha inoltre richiamato l’articolo 2269 del Codice Civile, applicabile alle società in nome collettivo. Questa norma stabilisce che chi entra a far parte di una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori al suo ingresso. Questo principio si estende anche ai creditori sociali, categoria nella quale rientra a pieno titolo il fideiussore che, avendo pagato il debito, agisce in regresso contro la società e, di conseguenza, contro i suoi soci.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando l’errore commesso dalla Corte di Appello. Quest’ultima non avrebbe dovuto indagare sull’esistenza o meno di accordi tra le parti riguardo alla ripartizione interna dei debiti. Il suo compito era, invece, valutare la domanda secondo la sua prospettazione originaria: un garante (il socio uscente) che, dopo aver pagato il debito del debitore principale (la società), chiede a quest’ultimo il rimborso. La questione degli accordi interni tra soci entranti e uscenti è separata e successiva; avrebbe potuto, al massimo, essere sollevata per paralizzare la domanda di regresso, ma non per negarne il fondamento giuridico.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale a tutela di chi presta garanzie personali per una società. Il diritto di regresso del fideiussore è un’azione autonoma che sorge nel momento in cui il garante paga il debito. Non può essere confusa o indebolita dalle dinamiche interne alla compagine sociale, come la cessione di quote. Per i soci che subentrano in una società, la decisione serve da monito: la legge prevede una loro responsabilità per i debiti pregressi, inclusi quelli derivanti da un’azione di regresso esercitata da un ex socio-garante. La valutazione di eventuali patti interni per la gestione di tali debiti è una questione distinta, che non può precludere l’azione del garante contro la società, debitrice principale.

Quando un socio uscente paga un debito della società come fideiussore, quale azione legale deve intraprendere per recuperare la somma?
Secondo la Corte, deve intraprendere un’azione di regresso come fideiussore ai sensi dell’art. 1950 del Codice Civile. Questa azione è diretta contro il debitore principale, ovvero la società, per ottenere il rimborso di quanto ha pagato.

I nuovi soci che acquistano quote di una società di persone sono responsabili per i debiti contratti prima del loro ingresso?
Sì. L’art. 2269 del Codice Civile stabilisce che chi entra in una società già costituita risponde con gli altri soci per le obbligazioni sociali anteriori. Questa responsabilità si estende anche nei confronti del fideiussore che agisce in regresso, il quale è considerato un creditore sociale.

Un giudice d’appello può modificare la qualificazione giuridica della domanda data dal giudice di primo grado?
No, il giudice d’appello è vincolato alla qualificazione operata in primo grado se questa non è stata specificamente contestata con un motivo di appello. Se non impugnata, su quella qualificazione si forma un ‘giudicato interno’ che impedisce un nuovo esame d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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