Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20460 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22645/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
PISANO SARARAGIONE_SOCIALE
-intimate- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI n. 214/2021, resa pubblica il 6/05/2017 e notificata il 25/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La sig. NOME COGNOME conveniva la società RAGIONE_SOCIALE avanti al tribunale di Cagliari, per ivi nei confronti della medesima sentir pronunziare la risoluzione del contratto di compravendita dell’autovettura Lancia Y, e conseguentemente ottenere la condanna della convenuta alla restituzione del corrispettivo di euro 8.200,00 versato per l’acquisto dell’auto e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali lamentati in conseguenza del sinistro avvenuto il 18 maggio 2014, allorquando ( dopo aver avvertito la rigidità e la rumorosità del volante durante la guida e fatto pertanto rabboccare l’olio del sistema idroguida presso la medesima, da cui aveva acquistato l’auto il precedente 5 marzo ), a causa di un improvviso irrigidimento dello sterzo, aveva perduto il controllo del mezzo andando a urtare contro il guardrail delimitante la carreggiata.
Nella resistenza della convenuta società RAGIONE_SOCIALE che deduceva di essersi limitata a vendere l’auto e che la stessa era comunque coperta da garanzia prestata dalla casa produttrice Fiat Group Automobiles S.p.A., che veniva autorizzata a chiamare in causa a titolo di manleva, il Tribunale di Cagliari accoglieva la domanda attrice, condannando la società RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del corrispettivo di euro 8.200,00, nonché al pagamento di somma a titolo di risarcimento danni.
Successivamente, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società RAGIONE_SOCIALE e in conseguente parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure, con sentenza n. 214/2021 la Corte d’ Appello di Cagliari ha escluso la condanna al risarcimento dei danni in favore della COGNOME.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
Le intimate non hanno svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo l a ricorrente denunzia la violazione dell’art. 131 cod. cons., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., per avere la corte di merito erroneamente affermato:
essere inconferente che RAGIONE_SOCIALE non fosse stata chiamata in giudizio dall’attrice ai sensi dell’art. 114 cod. cons.;
che l’azione esercitata nei confronti della casa produttrice era da ricondursi alla previsione di cui all’art. 131 cod. cons., il quale riconosce il diritto di regresso del venditore verso il produttore qualora vi sia un difetto di produzione imputabile ad una azione o ad una omissione del produttore;
che essere mai stata dedotta né allegata la sussistenza di un difetto di fabbricazione.
Si duole che la corte territoriale sia incorsa in evidente contraddizione là dove ha affermato che «non vi è contestazione tra le parti, che due mesi dopo l’acquisto dell’Auto, in data 18.05.2004 lo sterzo dell’auto aveva manifestato spiccate rigidità e marcata rumorosità del volante», e che «risulta provata la circostanza che l’autoveicolo acquistato dall’attore a brevissima distanza dalla consegna, avesse dato segni di malfunzionamento».
La ricorrente ne trae la conseguenza che non potesse che essere un vizio di fabbrica (il C.T.U. lo aveva imputato ad una perdita d’olio) quello che si era manifestato sin dall’acquisto o a breve distanza da esso, che non poteva essere eliminato nonostante i numerosi interventi in garanzia pacificamente prestati dal
concessionario e che aveva caratteristiche tali da pregiudicare l’idoneità del bene all’uso cui era destinato.
Il motivo è p.q.r. fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
La finalità dell’art. 131 cod. cons. è quella di consentire al professionista, che abbia alienato un bene di consumo a un consumatore e che sia stato da quest’ultimo chiamato a rispondere per un difetto di conformità del bene, di agire nei confronti del soggetto o dei soggetti effettivamente responsabili dell’insorgenza dei vizi di conformità, al fine di essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche pregiudizievoli derivanti dall’accoglimento della pretesa dell’acquirente fondata su un difetto di conformità; ciò per evitare che i costi economici del difetto di conformità ricadano esclusivamente sui soggetti con cui i consumatori hanno stipulato il contratto volto all’acquisto del bene di consumo, riversandoli su coloro che del difetto di conformità devono considerarsi effettivamente responsabili, per aver dato causa con una propria condotta commissiva od omissiva all’esistenza del difetto di conformità medesimo.
Presupposti della domanda di regresso sono:
che il difetto non fosse conosciuto o conoscibile dal venditore finale al momento dell’acquisto del bene dal soggetto nei confronti del quale agisce ex art. 131 cod. cons.;
ii) la rivendita del bene al consumatore finale;
iii) la mancanza di caratteristiche del bene da considerarsi dovute sia dal soggetto legittimato passivo dell’azione di regresso sia dal venditore finale al consumatore.
In altri termini, nelle mani del venditore intermedio deve essere pervenuto un bene affetto da quei vizi di cui si è doluto il consumatore, in ragione del fatto che «l’inadempimento del rivenditore deve essere direttamente connesso e consequenziale
alla violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore» (Cass. 5/2/2015, n. 2115) .
In caso contrario, se il venditore intermedio ha consapevolmente acquistato dal venditore precedente un bene affetto da vizi e lo ha rivenduto senza alcun riferimento alla presenza di detti vizi, il medesimo ne risponde nei confronti dell’acquirente finale, ma non può lamentare alcun inadempimento nei confronti del venditore precedente, non potendo pertanto agire in regresso/rivalsa nei suoi confronti (cfr. Cass. 24/01/2020, n. 1631).
Il diritto riconosciuto al venditore finale è un diritto di credito nuovo, di previsione legale tipica, a favore di chi ha adempiuto la propria obbligazione o ha subito una perdita o un mancato incremento patrimoniale, consistente nella possibilità di scaricarne il costo su un altro soggetto che è fatto obbligato per propria responsabilità ma a causa dell’inadempimento o della perdita altrui.
Orbene, la responsabilità che il venditore finale fa valere nei confronti del suo dante causa è di natura contrattuale, perciò l’onere della prova su l medesimo incombente è quello proprio dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali.
L’autonomia di ciascuna vendita non consente di trasferire automaticamente nei confronti del venditore a monte l’azione risarcitoria esercitata dal compratore danneggiato, ma ciò «non impedisce di ravvisare nel danno risarcibile al compratore danneggiato dal suo dante causa un danno a quest’ultimo risarcibile da parte del primo venditore, a causa dell’accertato suo inadempimento contrattuale» per la violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore. (Cass. 06/12/1995, n. 12577; Cass. 06/09/2000, n. 11756).
Il primo venditore è responsabile ex empto nei confronti del venditore intermedio oltre a poter essere chiamato a rispondere a titolo di illecito nei confronti del compratore finale del danno da questi sofferto in dipendenza di vizi che rendono la cosa pericolosa,
anche se tale danno si sia verificato quando la cosa stessa sia passata nella sfera di disponibilita di altri e sia stata da costoro utilizzata (Cass. 13/03/1980, n. 1696 e successiva giurisprudenza conforme).
Ha errato dunque la corte di merito ad addossare al venditore finale la prova che il difetto di conformità fosse imputabile alla società chiamata in causa (p. 15), siccome la prova da parte sua di avere verificato prima della consegna che l’auto fo sse esente da vizi e conforme a quanto contrattualmente previsto (p. 16).
La corte di merito non ha correttamente individuato il tipo di azione esercitata dal venditore finale e il tipo di responsabilità del suo dante causa, sovrapponendo i profili di responsabilità del venditore finale nei confronti dell’acquirente finale con i profili di responsabilità del produttore nei confronti del venditore finale, muovendo dall’assunto che quella del venditore finale verso il proprio dante causa fosse la stessa azione risarcitoria che il consumatore avrebbe potuto spiegare nei confronti del produttore.
Pur ricorrendo un rapporto trilaterale tra consumatore, venditore finale e legittimato passivo all’azione di cui all’art. 131 cod. consumo, deve invero escludersi -in accordo con quanto sostenuto anche dala dottrina prevalente- la sussistenza di un vincolo di solidarietà tra venditore finale e precedente professionista: il consumatore non è legittimato ad agire indifferentemente a titolo contrattuale nei confronti dell’uno o dell’altro (la corte d’appello ha escluso, del resto, che la chiamata in giudizio della Fiat sia avvenuta ai sensi dell’art. 114 cod. cons.).
Va al riguardo ribadito che nelle vendite a catena il consumatore può esperire due rimedi:
l’azione contrattuale, esclusivamente nei confronti del suo diretto dante causa, in quanto l’autonomia di ciascuna vendita non gli consente di rivolgersi verso i precedenti venditori, atteso che nonostante l’identità dell’oggetto e del contenuto delle rispettive
obbligazioni ciascuna vendita conserva la propria autonomia strutturale, sicché non è consentito trasferire nei confronti dei precedenti venditori l’azione risarcitoria dell’acquirente danneggiato (Cass. 30/8/2002, n. 12704), restando salva l’azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio;
l’azione extracontrattuale, esperibile contro il produttore per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell’altrui sfera giuridica» (cfr. Cass. 6/12/1995, n. 12577; Cass. 15/04/2002, n. 5428; Cass . 31/05/2005, n. 11612; Cass. 17/12/2009, n. 26514; Cass. 05/02/2015, n. 2115; Cass. 27/07/2017, n. 18610).
Orbene, atteso che nelle c.d. vendite a catena ciascuno dei successivi acquirenti agisce, in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, in regresso contro l’immediato dante causa in forza del proprio distinto rapporto contrattuale di compravendita, senza che tra l’azione principale e il rapporto obbligatorio alla base della successiva domanda di regresso si costituisca alcun vincolo di interdipendenza, i vizi del bene venduto rilevano nel contratto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE ed anche nel contratto intercorso tra quest’ultima e RAGIONE_SOCIALE
Alla fondatezza nei suindicati termini dell’unico motivo consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo applicazione dei suindicati disattesi principi.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Cagliari, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2025 dalla