Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5480 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5480 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6169/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente principale-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO
INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonché contro
VERILE NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 181/2017 depositata il 02/03/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Foggia per il pagamento del residuo corrispettivo per la gestione del servizio informativo espletato nel 2002 e fino a tutto il semestre 2003.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE Foggia proponeva opposizione innanzi allo stesso Tribunale.
Con separato giudizio la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio innanzi allo stesso Tribunale foggiano COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, al fine di ottenere il pagamento delle ulteriori somma dovute quale corrispettivo per la gestione del detto servizio nel secondo semestre 2003 e fino al 26 novembre 2003, durante il quale era stato prorogato l’originario contratto.
Riuniti i due giudizi, il Tribunale di Foggia, dopo la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n.1193 resa in data 12 giugno /15 luglio 2010, in parziale accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava il Comune di Foggia al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di corrispettivo, della somma di euro 1.012.434,80, oltre interessi nonché al pagamento, a titolo di indennizzo, dell’ulteriore importo di euro 3.315.461,62, oltre interessi e spese.
Il Comune di Foggia impugnava la sentenza del Tribunale innanzi alla Corte di appello di Bari, ove si costituivano la RAGIONE_SOCIALE, già denominata RAGIONE_SOCIALE nonché COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME. In corso di causa, a seguito della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE, giusta sentenza dell’11 giugno 2013, si costituiva in giudizio, all’udienza del 6 febbraio 2015, la Curatela fallimentare della società RAGIONE_SOCIALE, la quale chiedeva la dichiarazione di estinzione del giudizio per mancata tempestiva riassunzione.
La Corte di appello di Bari, con sentenza n.181/2017, pubblicata il 2.3.2017, nella contumacia di COGNOME NOME e COGNOME NOME, accoglieva l’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di indennizzo ex art.2041 c.c. per la gestione del servizio informatico relativo all’anno 2003, dando atto dell’avvenuto pagamento dell’importo di euro 999.973,00
rispetto all’importo di euro 1.012.434,80 per l’attività prestata dalla società nell’anno 2002 e così determinando un residuo credito di euro 12.461,80 in favore della curatela fallimentare.
La Corte di appello, per quel che qui ancora rileva, riteneva che la domanda di indebito arricchimento avanzata dalla società nei confronti del Comune di Foggia fosse improponibile per mancanza del requisito indefettibile della sussidiarietà. A causa dell’invalidità del rapporto contrattuale fra società e Comune, derivante dalla mancanza di una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale per l’assenza di una convenzione scritta – quanto alla gestione dei servizi informatici che la RAGIONE_SOCIALE assumeva di avere eseguito nel 2003- il rapporto si era instaurato ex lege -tenuto conto di quanto previsto dall’art.191, c.4 d.lgs.n.267/2000 – ai fini del pagamento del compenso spettante al fornitore privato, con l’amministratore, il funzionario o il dipendente dell’ente che aveva consentito la prestazione d’opera, ‘in danno dei quali la società fallita potrebbe far valere il diritto a conseguire il corrispettivo per l’attività di gestione in esame’. Peraltro, osservava la Corte di appello, nessuna domanda ai sensi dell’art.2041 c.c. era stata formulata in grado di appello dalla RAGIONE_SOCIALE– già RAGIONE_SOCIALE-, la quale si era limitata a chiedere, con la comparsa di costituzione in giudizio, il rigetto dell’appello con la integrale conferma dell’impugnata sentenza o, in subordine, la condanna del solo comune di Foggia al pagamento di quella somma maggiore o minore da stabilire in via equitativa.
Restava quindi assorbita la domanda di manleva formulata in via subordinata dagli amministratori nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, divenuta RAGIONE_SOCIALE.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito con controricorso e ricorso incidentale, affidato a due motivi, il comune
di Foggia. Il fallimento della RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso al ricorso incidentale ed il Comune di Foggia ha depositato memoria al controricorso. Si sono altresì costituiti con controricorso i Signori COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso al ricorso incidentale, pure depositando memoria.
La causa è stata posta in decisione all’udienza del 21 febbraio 2024.
Con il primo motivo di ricorso principale il fallimento deduce la violazione degli artt.305 e 307 c.p.c. in relazione all’art.360 c.1 n.4 c.p.c. La Corte di appello avrebbe errato nell’escludere l’estinzione del giudizio per tardività della riassunzione in seguito alla dichiarazione di fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, decorrendo il termine dalla sentenza che aveva dichiarato il fallimento, soggetta al regime di pubblicità legale e dunque conoscibile dagli altri soggetti processuali.
Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.2041 e 2042 c.c., 191 d.lgs. n.267/2000 nonché delle norme e principi sulla forma dei contratti degli enti pubblici. La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che per effetto dell’invalidità del rapporto fra società ed ente comunale fosse insorto ex lege il rapporto fra gestore ed amministratori dell’ente locale in quanto la disposizione di cui all’art.191 dlgs.n.267/2000 come le altre anteriori che erano stata da quest’ultima ribadite senza modifiche (art.23, commi 3 e 4 d.l.n.66/1989, conv. con modificazioni dalla l.n.144/1989, art.35 d.lgsd.n.77/1995) – non consentivano, in caso di invalidità del contratto, di imputare il rapporto al funzionario in presenza di un impegno di spesa che, nel caso di specie, al pari del parere di regolarità, era regolarmente intervenuto. L’errore nel quale
sarebbe incorsa la Corte di appello sarebbe quello di avere considerato l’operatività del rapporto ex lege fra amministratori e fornitori per il fatto che il vincolo negoziale fra il fornitore ed il comune era affetto da nullità e, a cascata, di avere considerato l’assenza del requisito di sussidiarietà rispetto all’azione ex art.2041 e 2042 c.c. proposta nei confronti del comune di Foggia. Nemmeno, secondo la ricorrente, per paralizzare l’azione di indebito arricchimento si sarebbe potuto richiamare l’orientamento che ai fini della verifica della residualità di tale azione era necessaria una valutazione in astratto e non in concreto della disponibilità di una diversa azione, da quest’ultimo dovendosi unicamente ricavare la necessità di non tenere in considerazione l’esito dell’azione alternativa. A nulla poi rileverebbe la circostanza che la ricorrente aveva formulato nel corso del giudizio di primo grado una domanda di condanna degli amministratori, mai presa in esame dal giudice di primo grado.
Il primo motivo di ricorso principale è infondato, alla luce dei principi espressi dalle Sezioni Unite civili di questa Corte, secondo cui in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario-cfr.Cass.S.U. n.12154/2021-.
La Corte di appello, nel ritenere infondata la dedotta estinzione del giudizio per decorso del termine di riassunzione in ragione
dell’intervenuto fallimento della società RAGIONE_SOCIALE si è pienamente uniformata a tale diritto vivente.
Il secondo motivo di ricorso principale è fondato.
La Corte di appello di Bari ha escluso il requisito della sussidiarietà dell’azione di arricchimento ingiustificato proposta dalla società quando era in bonis , ritenendo che in ragione dell’invalidità della convenzione intercorsa fra società di gestione e comune per assenza di forma scritta, il rapporto contrattuale insorgeva direttamente fra la società anzidetta e gli amministratori del comune- facenti parte della Giunta comunale- facendone derivare l’improponibilità della domanda di arricchimento ingiustificato proposta dal fornitore nei confronti del comune per difetto del requisito della sussidiarietà
Ora, il principio espresso dalla Corte di appello non è conforme a legge nella parte in cui è stata riconosciuta la possibilità dell’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario o dipendente del comune per i casi in cui, pur in presenza dell’impegno contabile e dell’attestazione della copertura finanziaria, il contratto concluso a monte è invalido per difetto di forma scritta, da ciò facendo derivare l’assenza del requisito della sussidiarietà presupposto per la proponibilità dell’azione ai sensi degli artt.2041 e 2042 c.c.
Orbene, occorre partire dall’esame della normativa che, nel tempo, ha dato rilievo alla mancanza dell’impegno di spesa per gli atti posti in essere da enti locali per individuarne la relativa disciplina.
In particolare, giova ricordare le disposizioni contenute nel R.D. n. 383 del 1934, relative a comuni, province ed enti locali ivi indicati e segnatamente l’art. 284 -Le deliberazioni dei comuni, delle provincie e dei consorzi, che importino spese, devono indicare l’ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte -e l’art.288 -Sono nulle le deliberazioni prese in adunanze illegali, o adottate sopra oggetti estranei alle attribuzioni degli organi deliberanti, o che
contengano violazioni di legge -. Tali disposizioni sono state interpretate da questa Corte nel senso che gli enti locali non possono assumere obbligazioni senza rendersi conto del loro ammontare e senza conoscere se e come farvi fronte, dovendo indicare nelle relative deliberazioni a pena di nullità l’ammontare di esse e i mezzi per farvi fronte (Cass. sez. un. 12195 e 13831/2005, nonché 8730/2008).
Successivamente, l’art.23, commi 3 e 4, d.l.n.66/1989, convertito con modificazioni dalla l.n.144/1989, ha previsto che ‘ A tutte le amministrazioni provinciali, ai comuni ed alle comunità montane l’effettuazione di qualsiasi spesa è consentita esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge e divenuta o dichiarata esecutiva, nonché l’impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ove non esista il ragioniere, sul competente capitolo del bilancio di previsione, da comunicare ai terzi interessati. Per quanto concerne le spese previste dai regolamenti economali l’ordinazione fatta a terzi deve contenere il riferimento agli stessi regolamenti, al capitolo di bilancio ed all’impegno. 4. Nel caso in cui vi sia stata l’acquisizione di beni o servizi in violazione dell’obbligo indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge tra il privato fornitore e l’amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto effetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le singole prestazioni.’
Dopo che l’art.55, c.5 della l. n. 142 del 1990, aveva disposto ai commi, 1,2, 3, 4 che ‘ I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l’apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria , fu introdotto l’art.35, c.1 e 4 del d.lgs. 77/1995, a cui tenore ‘ Gli
enti locali di cui all’articolo 1, comma 2, possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 55, comma 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142. 4. Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni . Lo stesso d.lgs. n.77/1995 dispose l’abrogazione dell’art.23 d.l.n.66/1989 con l’art. 123, c.1, lett. n).
La disposizione di cui all’art.35 d.lgs.n.77/1995 è stata riproposta senza modifiche sostanziali dall’art.191 del D.P.R. n. 267/2000 (d’ora in avanti, brevi ter, T.U.E.L.) -testo in vigore dal 13.12.2000- prevedendosi che: 1. Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5. Nel caso di spese riguardanti trasferimenti e contributi ad altre amministrazioni pubbliche, somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, il responsabile del procedimento di spesa comunica al destinatario le informazioni relative all’impegno. La comunicazione dell’avvenuto impegno e della relativa copertura finanziaria, riguardanti le somministrazioni, le forniture e le prestazioni professionali, è effettuata contestualmente all’ordinazione della prestazione con l’avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di
non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati. …4. Nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni .
Orbene, con riferimento all’art.191, c.4, T.U.E.L., norma applicabile alla vicenda processuale esaminata, questa Corte ha ritenuto che qualora le obbligazioni della P.A. non rientrino nello schema procedimentale di spesa, insorge un rapporto obbligatorio direttamente con il funzionario che abbia consentito la prestazione, sicché resta preclusa l’azione di arricchimento nei confronti dell’ente locale per difetto del requisito della sussidiarietà, dovendo il privato depauperato agire direttamente e personalmente nei confronti di tale funzionario-cfr. Cass.n.2605/2023-.
Analogamente, Cass.n.3827/2023 ha ritenuto che ‘Alla luce in particolare di quanto statuito da Cass. S.U. n. 26657/2014 (che ha sancito il divieto, per i Comuni, in base del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, commi 3 e 4, di effettuare qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione la delibera di un Comune carente di attestazione di regolare copertura finanziaria è affetta da nullità, in ragione della inderogabilità del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, commi 3 e 4, conv. dalla L. n. 144 del 1989, art. 1, comma 1, riprodotto nel D.L.vo n. 77 del 1995, art. 35, e oggi refluito nel D.L.vo n. 267 del 2000, art. 191, che sono posti a presidio della correttezza dell’agire della pubblica amministrazione.
Ragione per cui “la delibera comunale di conferimento di incarico ad un professionista deve indicare l’ammontare della spesa
mediante l’identificazione e la distinzione delle diverse voci che la compongono (spese generali, tecniche, per compensi professionali ecc.) ed i mezzi per farvi fronte, ugualmente identificati e distinti analiticamente così da creare un doppio congiunto (non alternativo) indice di riferimento che vincola l’operato dell’ente locale in relazione alle spese stabilite anticipatamente” (Cass. n. 22481/2018). Ciò perché l’esigenza di prevedere la copertura economica di qualunque spesa per la pubblica amministrazione contraente si pone dunque quale presupposto per la formazione di una valida volontà negoziale della P.A. (Cass. n. 17770/2017), per modo che la nullità della delibera che preveda un impegno di copertura della spesa non certo e attuale (Cass. n. 21763/2016) investe il successivo contratto di prestazione d’opera stipulato dal professionista.
Orbene, ritiene questa Corte che l’esame complessivo del quadro normativo di riferimento -art.23 del d.l.n.66/1989, conv. nella l.n.144/1989, abrogato a far data dal 17 maggio 1995- data di entrata in vigore del d.lgs.n.77/1995- per lasciare il posto agli art.35 d.lgs.n.77/1995 e più di recente all’art.191, c.1 e 4 T.U.E.L. -induce a ritenere che, ai fini dell’operatività dell’azione diretta in forza della costituzione ex lege del rapporto obbligatorio fra amministratori, funzionari e dipendenti dell’ente locale che abbiano consentito l’acquisizione di beni o servizi e privato fornitore o prestatore di opere e servizi, sia requisito indispensabile l’assenza di impegno di spesa, non operando però detto meccanismo nelle ipotesi di invalidità dei contratti conclusi con l’ente locale in presenza di un impegno contabile registrato.
In questa direzione militano due distinti argomenti, il primo dei quali connesso alla ratio della norma da ultimo ricordata che, in continuità con il quadro normativo di riferimento, intende impedire che l’ente locale possa rimanere coinvolto in via diretta nella pretesa del fornitore che ha reso la prestazione in assenza
dell’impegno contabile. Questa Corte ha, infatti, più volte affermato che agli effetti di quanto disposto dall’art. 23, quarto comma, del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 1989, n. 144), l’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione – con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà si ha in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale.
Si è quindi aggiunto che tali disposizioni, rivolte ad assicurare irrinunciabili esigenze di risanamento finanziario, fissano condizioni inderogabili affinché il contratto, anche d’opera professionale, possa essere costitutivo di obbligazioni dell’ente territoriale ed operano sul versante dell’individuazione del soggetto tenuto all’adempimento, escludendo che lo stesso sia il Comune, in carenza di deliberazione ed iscrizione contabile (Cass., Sez. 1^, 1 febbraio 2005, n. 1985). Da tali affermazioni si è quindi conseguenzialmente ritenuto che l’azione di arricchimento, per il suo carattere sussidiario (art. 2042 c.c.), non competeva in favore di chi poteva recuperare la subita diminuzione patrimoniale con l’azione prevista dall’art.23, c.3 del d.l.n.66/1989 dato che il corrispettivo della prestazione medesima è reclamabile nei confronti dell’amministratore o del funzionario responsabili dell’acquisizione del bene o del servizio nonostante il difetto di deliberazione e contabilizzazione dell’impegno di spesa (Cass. 24 settembre 1997, n. 9373; Cass., 14 maggio 2003, n. 7369; Cass., 15 luglio 2003, n. 11067; Cass., 20 agosto 2003, n. 12208; Cass., 4 agosto 2004, n. 14928 Cass., 2 gennaio 2014 n.1391). Principi parimenti ribaditi da Cass.n.10640/2007, richiamata dalla sentenza impugnata.
Orbene, tali principi non possono valere per le ipotesi nelle quali vi sia stato impegno di spesa- come qui ritenuto dal Tribunale di Foggia quanto alla proroga del contratto per le prestazioni relative all’anno 2003 – v.stralcio riportato a pag.13 primo cpv. del ricorso per cassazione proposto dal RAGIONE_SOCIALE– rispetto a contratti invalidi per assenza della forma scritta richiesta ad substantiam, come invece ritenuto dalla Corte di appello.
In questa direzione milita l’art.191 T.U.E.L. nel quale, omessa la previsione volta a ritenere l’insorgenza del rapporto obbligatorio fra amministratori dell’ente locale(o funzionari o impiegati) e prestatore di opere beni o servizi in caso di delibera dell’ente comunale invalida per l’assenza di forma, è appunto rimasta inalterata la necessità che la delibera comunale contempli indefettibilmente l’impegno contabile e la relativa registrazione, in assenza del quale soltanto insorge la responsabilità ex lege dei soggetti incardinati nell’amministrazione che hanno dato luogo all’acquisizione dei beni.
La conclusione appena espressa, d’altra parte, è pienamente coerente con l’idea che il subentro ex lege nel rapporto obbligatorio con l’ente locale presuppone la valida costituzione del titolo negoziale, come già ritenuto da questa Corte allorché ebbe a riconoscere che l’art. 23 del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, commi 3 e 4 conteneva ‘disposizioni, rivolte ad assicurare irrinunciabili esigenze di risanamento economico, fissano condizioni inderogabili affinché il contratto possa essere costitutivo di obbligatemi dell’ente territoriale, e, dunque, prescindono dalla validità del titolo ( che anzi presuppongono, altrimenti non vi sarebbero debiti da pagare)(corsivo aggiunto n.d.r.), ed operano sul diverso versante dell’individuazione del soggetto tenuto all’adempimento, escludendo che lo stesso sia il comune, in carenza di deliberazione ed iscrizione contabile’ – Cass.n. 14928/04; conf.Cass.n.5693/2011 e Cass.n.8534/2006-.
Da ciò non può che derivare l’impossibilità di profilare l’azione diretta nei confronti di amministratori e funzionari in caso di assenza di un valido titolo negoziale.
Il che, d’altra parte, è coerente con quanto statuito dalla Corte costituzionale, allorché la stessa ha affermato che, sempre con riferimento all’art.23 ult. cit., ebbe a ritenere che ‘gli atti di acquisizione di beni e servizi in esame solo apparentemente sono riconducibili all’ente locale, mentre, in effetti, si verifica una vera e propria scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e Pubblica amministrazione’ – Corte cost. n. 295/1997-. Scissione che, per l’appunto, presuppone a monte l’esistenza del titolo negoziale validamente assunto nel quale si innesta, per precisa scelta legislativa, l’insorgenza del rapporto obbligatorio fra amministratore o funzionari e prestatore/fornitore quanto alla controprestazione, ancora una volta inscindibilmente legata alla validità del titolo negoziale a monte costituito dall’ente locale.
Non può pertanto condividersi, rispetto al caso qui in esame, l’orientamento in passato espresso da questa Corte a proposito dell’art. 23 della legge 144/1989 che escludeva l’esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti dell’ente pubblico tanto nel caso in cui manchi del tutto una deliberazione autorizzativa della spesa da parte dell’ente stesso che in quello in cui, pur esistendo tale delibera, il contratto stipulato con il privato sia nullo per altra causa (nella specie, per difetto di forma)cfr.Cass.n.2832/2002-.
Ed invero, all’argomentazione sul punto spesa dalla Corte, secondo la quale ‘ se l’amministratore dell’ente pone in essere un contratto nullo di locazione (o di altra natura) per difetto di forma, per quanto esista la deliberazione autorizzativa alla spesa da affrontare quale corrispettivo del contratto valido, non si può sostenere che detta delibera autorizzi la spesa anche per l’indennizzo di arricchimento ingiustificato dell’ente, che si è verificato in
conseguenza della prestazione effettuata dal privato, nonostante la nullità del contratto ove siano presenti tutti gli altri elementi di cui all’art. 2041 c.c.). Infatti, in questo caso si verifica un’illegittima distrazione di somme, la cui spesa, autorizzata per un titolo, viene effettuata per un altro. Ne consegue che, anche in caso di nullità del contratto per difetto di forma, manca una deliberazione di autorizzativa di spesa per l’attività di arricchimento senza causa che ne sia conseguita, in quanto, come sopra detto detta autorizzazione copre quello specifico contratto (nella specie la locazione) e quello specifico oggetto (il canone) e non l’arricchimento senza causa ed il relativo indennizzo’, reputa il Collegio di non dovere dare continuità.
Non può infatti sfuggire la circostanza che l’art.191 T.U.E.L. non contempla alcun riferimento all’ipotesi del vizio formale del contratto che normalmente segue la delibera per l’ipotesi dell’azione diretta nei confronti dell’amministratore e funzionario.
Del resto, non può sfuggire che la disciplina relativa all’impegno di spesa viene presa in considerazione in via autonoma dalle disposizioni che regolano, all’interno del T.U.E.L., gli effetti dell’assenza dell’impegno contabile, alla stessa agganciandosi specifiche forme rimediali che presuppongono comunque l’esistenza ab origine di un valido contratto concluso dall’ente locale
Di ciò vi è conferma esplicita nel successivo art.194 del T.U.E.L., ove si prevede la possibilità di delibere in tema di debiti fuori bilancio da parte dell’ente comunale per le ipotesi (fra l’altro) di ‘…e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.’ Operatività che presuppone, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’esistenza a monte di un valido titolo negoziale, pur se privo di impegno contabile-cfr.Cass.n.510/2021, Cass. n.
20689/2016-. Validità che costituisce, dunque, ancora una volta -pur se nel contesto della specifica disciplina dei debiti fuori bilancio – condizione necessaria e sufficiente ed al contempo requisito indispensabile per l’operatività del detto riconoscimento di debito e per l’operatività di delibera ricognitiva di un debito fuori bilancio in relazione alla violazione dell’impegno contabile, anche qui inidonea a contaminare la validità del titolo negoziale che anzi è presupposta.
Ciò che rende evidente l’impossibilità di collegare la disciplina contabile in tema di impegno di spesa prevista per tutelare l’ente locale da impegni non inseriti nel bilancio da quelle relative all’invalidità del titolo negoziale, mancando il quale non potrà operare detto riconoscimento, che ancora una volta presuppone la validità del titolo stesso.
Il che, in definitiva, consente di fornire una chiave di sistema alle ipotesi nelle quali è riconoscibile l’azione diretta nei confronti del funzionario o amministratore, appunto agganciandola all’esistenza di un valido titolo negoziale -che del resto costituirà la base sulla quale verificare il diritto del prestatore al corrispettivo della fornitura o del servizio reso – che fa da sfondo ed è appunto dato imprescindibile rispetto alla ‘sostituzione ex lege’ nel rapporto obbligatorio prevista dall’art.191, c.4, T.U.I.E.
In conclusione, la Corte di appello ha errato nell’agganciare l’operatività del rapporto obbligatorio fra amministratore che ha consentito l’acquisizione e fornitore (ai sensi dell’art.191 T.U.E.L.) alla circostanza che il contratto fosse nullo per mancanza di forma facendone poi discendere l’assenza del requisito della sussidiarietà rispetto alla domanda di indebito arricchimento formulata dalla società in bonis nei confronti del comune di Foggia. Errore consistito nell’avere ritenuto che l’azione diretta nei confronti dell’amministratore o funzionario che ha autorizzato la fornitura sorge anche in presenza di un impegno contabile relativo ad un
contratto invalido, facendone così discendere l’assenza del requisito della sussidiarietà rispetto alla domanda di indebito arricchimento formulata dal fornitore nei confronti dell’ente comunale.
Sulla base di tali considerazioni, va fissato il seguente principio di diritto:
L’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario che, ai sensi dell’art.191, c.4, T.U.E.L. abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche nell’ipotesi in cui tali requisiti siano stati rispettati , ancorché sussista l’invalidità del contratto concluso dall’ente locale per assenza di forma scritta, non potendo operare, in tali ipotesi, in caso di invalidità del titolo negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalla legge. Ne consegue che il fornitore può in tali circostanze promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente comunale, nella ricorren za dei presupposti di legge.
Tanto è sufficiente per ritenere fondato il secondo motivo di ricorso, in ogni caso dovendosi ritenere che ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo.
Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. -cfr. Cass.S.U. n.33954/2023-. Ciò che rende in ogni caso ammissibile l’azione di indebito arricchimento da parte del soggetto che
contestualmente abbia formulato l’azione contrattuale sulla base di un titolo invalido in quanto affetto da un vizio non derivante da illiceità del rapporto.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata, non dovendosi in questa sede valutare la questione della verifica in astratto o in concreto della fondatezza dell’azione contrattuale fra amministratore e prestatore del servizio, ove si consideri che la Corte di appello ha basato la ricorrenza di un’ipotesi di un rapporto contrattuale ex lege che la normativa ricordata, in realtà, non prevede, almeno nei termini prospettati dal giudice dell’impugnazione.
Passando all’esame del ricorso incidentale il Comune di Foggia, con il primo motivo, si duole dell’omessa delibazione della eccezione di tardività della domanda di indebito arricchimento avanzata dalla società quando era in bonis, pure contestando l’erroneità della decisione implicita in ordine alla tempestività della stessa sulla base delle domande esposte nel corso del giudizio ed altresì contestando la carenza motivazionale della decisione impugnata e la trasformazione della domanda contrattuale originariamente proposta in azione di indebito arricchimento, ritenuta dal Tribunale ed avallata dalla Corte di appello. Ciò perché la società RAGIONE_SOCIALE si sarebbe limitata a domandare la condanna del comune solo ‘in una prospettiva contrattualistica, palesemente incompatibile con l’azione di arricchimento che postula l’inesistenza di un titolo negoziale, non potendo l’azione ex art.2041 c.c. ritenersi proposta per implicito all’interno della domanda basata su altro titolo. Inoltre, assume il ricorrente incidentale, la società RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto formulare in caso di contestuale proposizione dell’azione contrattuale rigettata nel merito perché infondata., mancando in ogni caso gli elementi in concreto per il riconoscimento dell’arricchimento.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente incidentale prospetta l’omesso esame dell’eccezione sollevata in ordine all’inesistenza di un formale provvedimento autorizzativo alla costituzione in giudizio della curatela del fallimento della RAGIONE_SOCIALE da parte del Giudice delegato al fallimento, in quanto il decreto del 2.2.2015 non conterrebbe i requisiti fissati dall’art.25 n.6 d.lgs. n.4/2006.
Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.
Giova premettere che è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività-cfr.Cass. n. 12131 del 08/05/2023-.
Peraltro, non può ritenersi configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise – sia pure con una pronuncia implicita della loro irrilevanza o di infondatezza – in quanto superate e travolte, anche se non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o
infondatezza (cfr.Cass. n. 13649/2005; Cass. n. 11844/2006; Cass. n. 7406/2014).
Ciò posto, nel caso di specie il rigetto implicito della eccezione di tardività della domanda di indebito arricchimento si coglie all’evidenza per effetto della indicazione della censura in appello sul punto riportata dalla sentenza qui impugnata e, per converso, dall’accoglimento della domanda di arricchimento ingiustificato, essa costituendo inequivoca dimostrazione dell’esame dell’eccezione e del suo implicito rigetto. Tanto sarebbe sufficiente per escludere la fondatezza della censura di omessa pronunzia che sembra ipotizzare il comune di Foggia.
Ma anche a volere prescindere da quanto appena espresso, occorre sottolineare che il motivo ipotizza insieme al vizio di omessa pronunzia quello della violazione di legge sussumendola nell’art.360 c.1 n.3, così presupponendo che vi sia stata da parte del giudice di merito l’esame della questione e la sua soluzione scorretta- cfr.Cass.n.329/2016- per di più diffondendosi, nel corpo dello stesso motivo, in maniera contraddittoria sul prospettato vizio di ‘carenza motivazionale’ -cfr. pag.8 1^ cpv. ricorso incidentale- e -per la prima volta in sede di legittimità sull’indebita ‘trasformazione’ di una domanda contrattuale che il Tribunale avrebbe perpetuato e la Corte di appello avallato-cfr.pag.8 terz’ultimo cpv., ric. incidentale -.
In definitiva, quelle appena esposte nel corpo dell’unico motivo proposto rendono inammissibile l’intera censura, che profila allo stesso tempo l’omessa pronunzia e la ‘non corretta pronunzia sulla questione della domanda di arricchimento ingiustificato ‘ che dunque esclude il vizio di omessa pronunzia; per di più il ricorrente contesta una ‘trasformazione’ della domanda che avrebbe compiuto, indebitamente, il primo giudice, senza tuttavia preoccuparsi di evidenziare che nessuna censura era stata sul punto prospettata in appello, ove il Comune RAGIONE_SOCIALE Foggia aveva
lamentato l’erroneità della decisione impugnata sotto l’unico profilo della tardivitàcfr.pag.13, terz’ultimo capoverso sentenza impugnata-.
Tanto è sufficiente per ritenere inammissibile il primo motivo di ricorso incidentale.
Anche il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, non riproducendo, ai fini dell’autosufficienza, l’istanza richiamata nel decreto autorizzativo al giudizio che, costituendo parte integrante del decreto reso dal Giudice delegato, sarebbe stato necessario esaminare per vagliare la fondatezza o meno della censura in ordine al difetto di specificità e precisione del decreto reso dal giudice delegato di costituzione del fallimento innanzi alla Corte di appello di Bari.
Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, rigettato il primo e ritenuto inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di doppio contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
PQM
Accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bari che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di doppio contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2024 nella camera di consiglio