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Azione di indebito arricchimento: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5480/2024, ha stabilito un importante principio in materia di contratti con la Pubblica Amministrazione. Il caso riguardava una società fallita che aveva fornito servizi a un Comune in base a un contratto nullo per difetto di forma scritta. La Corte ha chiarito che, sebbene il contratto fosse invalido, la presenza di un regolare impegno di spesa da parte dell’ente impedisce di configurare una responsabilità diretta del funzionario. Di conseguenza, il fornitore può esperire l’azione di indebito arricchimento direttamente nei confronti del Comune, poiché manca un’altra azione specifica per ottenere il proprio compenso. La sentenza cassa la decisione della Corte d’Appello che aveva erroneamente negato tale possibilità.

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Contratto Nullo con la P.A.? La Cassazione chiarisce l’Azione di Indebito Arricchimento

Quando un’azienda fornisce beni o servizi a un ente pubblico sulla base di un contratto che si rivela nullo, come può recuperare il proprio credito? La questione è complessa, specialmente per il carattere sussidiario dell’azione di indebito arricchimento. Con la recente ordinanza n. 5480 del 29 febbraio 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, distinguendo tra nullità del contratto per vizi formali e assenza di impegno di spesa, e delineando il corretto percorso legale per il fornitore.

I Fatti di Causa: Un Servizio Informatico Senza Contratto Scritto

Una società di servizi informatici otteneva un decreto ingiuntivo contro un Comune per il pagamento di prestazioni rese. Il Comune si opponeva e, nel corso di un lungo iter giudiziario, la società veniva dichiarata fallita. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, rigettava la domanda di indennizzo per le prestazioni del 2003, basata sull’azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.). La motivazione dei giudici di secondo grado si fondava sull’idea che l’invalidità del rapporto contrattuale (per assenza di forma scritta) facesse sorgere un rapporto obbligatorio diretto ex lege tra il fornitore e gli amministratori/funzionari dell’ente che avevano autorizzato la prestazione. Questo, secondo la Corte d’Appello, precludeva l’azione contro il Comune per mancanza del requisito della sussidiarietà.

Il Ricorso in Cassazione e l’Azione di Indebito Arricchimento

La curatela fallimentare della società proponeva ricorso per cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello. Il motivo centrale del ricorso si basava sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., nonché dell’art. 191 del Testo Unico degli Enti Locali (D.Lgs. n. 267/2000). Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere che la nullità del contratto per un vizio di forma facesse automaticamente scattare la responsabilità diretta dei funzionari, escludendo così la possibilità di agire contro l’ente per l’ingiustificato arricchimento che quest’ultimo aveva comunque ricevuto.

La difesa sosteneva che il rapporto diretto fornitore-funzionario si instaura solo in assenza di un formale impegno di spesa, presupposto che nel caso di specie era invece presente. La nullità del contratto per un difetto formale, quindi, non poteva essere equiparata a un’operazione condotta al di fuori di ogni procedura contabile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società fallita, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno operato una distinzione cruciale, basata sulla normativa che regola la spesa degli enti locali.

Il principio cardine, sancito dall’art. 191 del T.U.E.L., è che la responsabilità si sposta dall’ente al funzionario o amministratore quando l’acquisizione di beni e servizi avviene in violazione degli obblighi contabili, primo fra tutti l’assenza di un valido impegno di spesa registrato. Questo meccanismo è posto a presidio della finanza pubblica, per impedire che gli enti locali assumano obbligazioni senza copertura finanziaria.

Tuttavia, la Corte ha specificato che questo meccanismo non opera quando il contratto è invalido per altre ragioni, come un difetto di forma scritta, ma è supportato da un regolare impegno di spesa. In tale scenario, l’obbligazione nasce con l’ente e, sebbene il titolo contrattuale sia nullo, non si verifica quella “scissione” del rapporto organico che giustificherebbe l’azione diretta contro il funzionario.

La nullità del contratto per un vizio formale non elimina il fatto che l’ente ha autorizzato la spesa e ha beneficiato della prestazione. Pertanto, non essendo esperibile un’azione diretta contro il funzionario, e mancando un titolo contrattuale valido per agire contro l’ente, si apre la via per l’azione sussidiaria di indebito arricchimento nei confronti del Comune. L’ente, infatti, ha ricevuto un’utilità economicamente apprezzabile (il servizio informatico) senza un valido titolo giuridico che giustifichi il conseguente depauperamento del fornitore.

Conclusioni: Un Principio di Diritto Fondamentale

La Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha enunciato il seguente principio di diritto: l’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario, ai sensi dell’art. 191, comma 4, T.U.E.L., può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della relativa registrazione. Tale meccanismo non si applica, invece, nelle ipotesi in cui tali requisiti contabili siano stati rispettati, ma il contratto sia invalido per altre cause (come l’assenza di forma scritta).

In queste circostanze, il fornitore può promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente comunale, se ne ricorrono i presupposti di legge. Questa pronuncia riafferma un equilibrio tra la tutela delle finanze pubbliche e la necessità di garantire un giusto compenso a chi, in buona fede, ha eseguito una prestazione a vantaggio della collettività, pur in presenza di un vizio contrattuale non imputabile alla mancanza di copertura finanziaria.

Quando può un fornitore agire per indebito arricchimento contro un Comune se il contratto è nullo per difetto di forma?
Secondo la Corte di Cassazione, il fornitore può agire per indebito arricchimento contro il Comune quando la nullità del contratto deriva da un vizio di forma (es. assenza di forma scritta), ma esiste un regolare e valido impegno di spesa approvato dall’ente. In questo caso, non potendo agire direttamente contro il funzionario, l’azione sussidiaria contro l’ente diventa ammissibile.

L’esistenza di un impegno di spesa da parte dell’ente locale cambia le sorti dell’azione?
Sì, in modo decisivo. La presenza di un impegno di spesa contabile e della relativa registrazione impedisce che la responsabilità dell’obbligazione si trasferisca dall’ente al funzionario. L’impegno di spesa dimostra che l’ente aveva previsto e autorizzato quella spesa, rendendolo il soggetto passivo dell’arricchimento derivante dalla prestazione, anche se il contratto è nullo per altre cause.

In quali casi, invece, il fornitore deve agire direttamente contro il funzionario pubblico e non contro l’ente?
Il fornitore deve agire direttamente contro l’amministratore o il funzionario quando l’acquisizione di beni e servizi avviene in violazione delle norme contabili, e in particolare in totale assenza di un impegno di spesa. In questa situazione, la legge presume che il rapporto obbligatorio si instauri ex lege direttamente con chi ha consentito la fornitura al di fuori di ogni procedura, escludendo la responsabilità dell’ente e, di conseguenza, l’azione di indebito arricchimento nei suoi confronti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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