Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4139 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4139 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9561/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE
NOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente all’incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 3494/2019 depositata il 04/09/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto che
1.NOME COGNOME ha consegnato alla gioielleria RAGIONE_SOCIALE (gestita da due fratelli: NOME e NOME COGNOME) tre diamanti e due bracciali che, secondo la sua prospettazione, i gioiellieri avrebbero dovuto vendere con restituzione del ricavato, oppure con corresponsione di una somma minore in caso di mancata vendita. Trascorso un certo periodo di tempo, NOME è andato in gioielleria dove ha appreso che i diamanti ed i bracciali erano stati venduti, e dove ha appreso della volontà dei titolari di non riconoscergli
alcunché.
2.- Egli ha dunque agito in giudizio nei confronti del solo NOME COGNOME, in quanto nei confronti dell’altro si è costituito parte civile nel processo penale scaturito dalla denuncia che il COGNOME ha fatto nei confronti dei due fratelli.
Nel giudizio davanti al Tribunale civile di Venezia, NOME COGNOME ha eccepito che i gioielli erano stati dati per realizzare un Moro di Venezia, con l’accordo che il COGNOME avrebbe corrisposto la differenza tra il valore dell’opera e quello dei materiali forniti.
Su tale presupposto COGNOME ha proposto domanda riconvenzionale per il pagamento di 5000 euro dovutigli come differenza.
3.- Il Tribunale di Venezia ha parzialmente accolto la domanda del COGNOME ritenendo che i gioielli valessero 5500,00 euro e non già 10 mila come da lui preteso, ed ha rigettato la domanda riconvenzionale del COGNOME.
Questa decisione, avverso la quale hanno proposto appello principale il COGNOME, e incidentale il COGNOME, è stata integralmente confermata in appello.
Ricorrono qui, in via principale, il COGNOME con otto motivi e memoria, ed in via incidentale il COGNOME con tre motivi.
Considerato che
5 .- La ratio della decisione impugnata .
La Corte di Appello ha confermato l’accertamento fatto in primo grado. Ha ritenuto innanzitutto di escludere che il processo debba dirsi estinto in forza dell’articolo 75 c.p.c., ossia in forza del fatto che il COGNOME si è costituito parte civile e dunque ha esercitato la relativa azione (civile) nel processo penale, e ciò in quanto la costituzione di parte civile è stata fatta solo verso l’altro fratello, NOME, e non verso quello convenuto in sede civile.
Ha poi ritenuto pacifico che i gioielli sono stati consegnati, salvo però il fatto che il loro valore non era di 10 mila, bensì, come accertato dal Tribunale, di soli 5 mila.
6.- I ricorsi.
Questa ratio decidendi è impugnata sia in via principale da COGNOME che in via incidentale da COGNOME. Il ricorso incidentale ha un primo motivo che è logicamente preliminare rispetto a tutti gli altri, in quanto attiene alla estinzione del procedimento.
E deve dunque farsene scrutino in anticipo rispetto agli altri motivi. 7.- Il ricorso incidentale . Primo motivo .
Con il primo motivo del ricorso incidentale, infatti, si prospetta violazione dell’articolo 75 c.p.c..
La tesi del ricorrente è che il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciare l’estinzione del procedimento, in quanto la domanda in esso avanzata sarebbe stata trasferita in sede penale dopo la proposizione in sede civile, valendo quindi come rinuncia a quest’ultima (art. 75 , primo comma c.p.c.)
I giudici di merito hanno osservato, al riguardo, che la costituzione di parte civile è avvenuta nei confronti, non già del convenuto, ma del fratello NOME.
Questa ratio appare al ricorrente infondata in quanto egli sostiene che la costituzione di parte civile è stata limitata, volutamente ad arte, nei confronti del solo NOME, onde impedire che costui potesse testimoniare nel procedimento civile, e dunque di tale finalità andava tenuto conto. Senza tacere del fatto che la domanda in sede penale nei confronti di NOME COGNOME è praticamente identica quanto a petitum e causa petendi a quella qui avanzata verso il convenuto.
Il motivo è infondato.
E’ pacifico che la costituzione di parte civile è verso soggetto diverso dal convenuto, e ciò è sufficiente a distinguere le due azioni e ad impedire che la contemporanea loro pendenza sia causa di estinzione della successiva, ossia di quella svolta nel procedimento civile.
Né ovviamente l’estinzione del procedimento civile può essere dovuta alla strategia difensiva del ricorrente, volta a rendere uno dei due incompatibile quale teste nel processo, posto che l’estinzione è prevista dal primo comma dell’articolo 75 c.p.c. sul presupposto che il trasferimento in sede penale equivalga a rinuncia all’azione già proposta in sede civile, e non perché ciò risponda ad una strategia difensiva.
Ad ogni modo, l’incompatibilità a testimoniare dipende dal fatto che il teste può avere un interesse che legittimi la sua partecipazione al giudizio, interesse che prescinde dal fatto che nei suoi confronti vi sia una costituzione di parte civile.
Ciò detto, si può fare scrutinio dei motivi di ricorso principale.
8.- Il ricorso principale.
9.E’ articolato in otto motivi, che però pongono una medesima questione.
Infatti, il primo ed il secondo motivo sono proposti insieme e prospettano, il primo, violazione dell’articolo 2709 c.c. , ed il secondo, dell’articolo 112 c.p.c.
La tesi è la seguente.
Era agli atti ricevuta con cui il COGNOME dichiarava di ricevere i gioielli per un valore di 5500,00 euro. I giudici di merito hanno ritenuto che dunque quel valore riguardasse tutti i gioielli e non solo i diamanti, e che non v’era prova che i bracciali fossero a parte.
La tesi del ricorrente è che il giudice di merito ha omesso di tenere conto di tale atto, che, essendo una scrittura contabile, fa prova nei rapporti tra le parti della conclusione del contratto.
Il motivo è inammissibile.
In realtà non si comprende quale sia la censura. Il giudice di merito ha tenuto conto della ricevuta (punto 9 della motivazione, pagina
5) per trarne convinzione che siccome essa non si riferisce ai soli brillanti, è da presumersi che sia relativa anche ai bracciali.
Rispetto a tale ratio questi due motivi non dicono alcunché, non contengono alcuna censura pertinente. Anzi, sembrerebbero non averla colta: se si invoca la ricevuta, quale prova, allora deve ammettersi che in essa non si distingue tra diamanti e bracciali.
10.Anche terzo e quarto motivo sono proposti insieme.
Prospettano, il terzo, violazione degli articoli 2702 c.c. e 1362 e ss. c.c..; il quarto omessa motivazione.
La questione è sempre la medesima, già posta con i motivi precedenti.
Qui riportata sotto altri termini: che quella ricevuta non è mai stata contestata, ossia mai stata disconosciuta e che dunque deve intendersi come dotata di fede privilegiata, ai sensi dell’articolo 2702 c.c. e tale aspetto sarebbe stato del tutto trascurato dalla Corte di Appello.
Anche il quinto motivo è su questa falsariga: esso prospetta violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c. Vi si aggiunge che i giudici avrebbero pronunciato sul presupposto errato che i bracciali sono stati consegnati insieme anziché in un momento successivo.
Anche questi tre motivi sono inammissibili. La ratio è un’altra. I giudici di merito non negano valore alla scrittura, che, anzi, assumono, come si è visto, ad elemento di prova: piuttosto essi ritengono che, poiché non si fa in tale ricevuta menzione separata e distinta di diamanti e bracciali, ciò significa che la somma di 5500 euro deve ritenersi riferita ad entrambi, ossia comprensiva anche dei bracciali, in assenza della prova che invece quest’ultimi gioielli sono stati consegnati a parte e stimati in aggiunta, e non già insieme, agli altri.
Quanto alla censura contenuta nel quinto motivo l’inammissibilità deriva sia dal fatto che la ratio è diversa -i giudici non dicono che la consegna è stata contemporanea, dicono che quel valore è riferito ad entrambi i gioielli, che è diverso- sia in quanto si tratta di una circostanza di fatto- la consegna separata dei bracciali- che è in realtà non è qui sindacabile, e del resto è circostanza di fatto esposta dallo stesso ricorrente in modo apodittico.
11.- Il sesto motivo prospetta violazione dell’articolo 2703 c.c. nonché omesso esame di un fatto decisivo.
Si assume che il COGNOME aveva stimato il valore della statua in circa 15/ 16 mila euro, ed aveva chiesto per sé 5 mila euro, quale differenza tra il valore della statua e quello dei gioielli conferiti da COGNOME e utilizzati per realizzarla, che era per l’appunto di 10 mila euro circa: da questa condotta del convenuto doveva trarsi agevolmente conclusione che dunque non di 5 mila, bensì di 10 era il valore dei beni.
Anzi, secondo il ricorrente, la richiesta del convenuto, di una differenza di 5 mila per sé, e dunque del segno che il materiale ne valeva 10, ha valore confessorio, di cui non si è tenuto conto.
Il motivo è inammissibile.
Intanto non si tratta di una confessione, ma di una richiesta di pagamento: non di una dichiarazione di scienza, ma di volontà.
Ma comunque sia, i giudici di merito hanno tenuto in conto questa richiesta ed hanno osservato che non v’è alcuna prova, ed anzi ve ne è una contraria, che per fare la statua siano stati utilizzati tutti i gioielli ricevuti dal COGNOME. Sostengono inoltre che non è stata fornita prova comunque che i bracciali siano stati stimati a parte (pagina 5 , punto 8) .
Ora, fondata o meno che sia, logica o meno che sia questa ratio, non è qui censurata, posto che il motivo, come abbiamo visto, è rivolto a sostenere che i giudici di quella prova non hanno tenuto conto, cosa che invece hanno fatto.
12.Settimo ed ottavo motivo sono proposti insieme.
Prospettano, il primo dei due, violazione dell’articolo 115 c.p.c, ed il secondo violazione dell’articolo 132 c.p.c.
Ripongono le questioni poste dagli altri motivi.
Erano in atti sia la perizia fatta sulla statua che la famosa ricevuta. Entrambe con valore confessorio, e delle quali i giudici di merito non hanno tenuto conto alcuno, o meglio, non vi hanno dato il giusto valore probatorio: che è quello di confessioni o di prove contro il dichiarante.
Ed hanno pure invertito l’onere della prova, ritenendo che spettasse al ricorrente dimostrare il valore separato dei bracciali, quando tale valore era chiaramente ricavabile da quelle scritture.
Anche questi due motivi sono inammissibili.
Intanto, quelle scritture non sono confessioni: né la ricevuta in cui c’è una stima dei beni ricevuti, e dunque un giudizio di valore, che non è ovviamente confessione; né tanto meno una perizia sul valore della statua, che peraltro proviene da un esperto e non dal convenuto, e che in quanto perizia non è confessione di alcunché.
Ma soprattutto, nella ricevuta, lo si è già detto, si riconosce un valore di 5000 euro ai beni ricevuti, non già ai soli diamanti: circostanza da cui la corte di merito ha giustamente tratto la conclusione che, per dare ai bracciali un valore ulteriore e diverso, era necessario provare che non fossero ricompresi in quella ricevuta, e l’onere di tale prova incombeva ovviamente a chi agiva.
Posta quindi l’inammissibilità del ricorso principale restano i due motivi del ricorso incidentale: del primo si è già fatto discorso. 13. Gli altri motivi del ricorso incidentale.
14.- Con il secondo motivo si prospetta omesso esame di un fatto decisivo.
La Corte non avrebbe tenuto conto del fatto che la strategia della controparte è stata, come si è visto, di mettere fuori gioco il fratello del COGNOME, onde impedirgli di testimoniare.
Ed infatti, la sua testimonianza non è stata ammessa. Ma questo rifiuto di ammetterla è evidentemente frutto di un omesso esame, ossia della mancata considerazione del fatto che l’incapacità a
testimoniare è stata creata ad arte, non era nei rapporti tra le parti, ma è stata frutto di uno stratagemma difensivo.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, non si dice se la questione della capacità a testimoniare, fatta in primo grado, è stata poi riproposta in appello: un omesso esame può ravvisarsi in quel grado solo se la questione era controversa, e dunque riproposta.
Non si dice peraltro in che termini e per quali ragioni la testimonianza del fratello sarebbe stata negata: può darsi che l’incapacità a testimoniare prescindesse dall’essere il testimone destinatario di una domanda civile in sede penale; può darsi che derivasse dall’essere interessato comunque alla vicenda, essendo anche sua la gioielleria. E dunque era necessario illustrare le ragioni della decisione istruttoria.
15.- Il terzo motivo del ricorso incidentale invece prospetta un diverso omesso esame di fatto rilevante.
La questione riguarda la qualificazione del rapporto: la Corte di Appello ha ravvisato un contratto estimatorio, anziché, come ritiene il ricorrente incidentale, un contratto di opera.
La tesi del ricorrente incidentale è che la natura di contratto d’opera sarebbe emersa nel giudizio penale, e dunque farebbe stato in quello civile: rectius , il giudice civile avrebbe ‘inteso il rapporto … non come contratto d’opera… (e ciò) in contrasto con il contenuto della sentenza … che accoglie la tesi del contratto d’opera’, senza cioè tener conto del fatto che l’assoluzione dei due gioiellieri fa stato o comunque incide sul procedimento civile.
Il motivo è inammissibile e infondato.
E’ inammissibile poiché non riporta alcunché da cui possa desumersi che effettivamente il giudice penale ha operato quella qualificazione, ha fatto quel dato accertamento.
E’ infondata poiché, anche ove il giudice penale abbia ritenuto che il contratto tra le parti fosse un contratto d’opera, è di tutta evidenza che tale qualificazione non vincola il giudice civile, il quale resta libero di qualificazione la fattispecie concreta a prescindere da quella fatta da altri giudici, penali o civili che siano, essendo peraltro la qualificazione insuscettibile di giudicato.
Anche il ricorso incidentale va dunque dichiarato inammissibile.
Con la conseguenza che le spese, data la reciproca soccombenza, vanno compensate.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile sia il ricorso principale che quello incidentale. Compensa le spese
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale e del ricorso incidentale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13 .
Roma 5.2.2024
Il Presidente NOME COGNOME