Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16163 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16163 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14084/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della società RAGIONE_SOCIALE, e COGNOME NOME, rappresentati e difesi come da procura speciale rilasciata in calce al ricorso, da ll’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO, con richiesta di ricevere le comunicazioni e le notificazioni all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-ricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del presidente del Consiglio di amministrazione, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale alle liti rilasciata su foglio separato, materialmente congiunto al presente controricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 649/2020, depositata in data 27 marzo 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/5/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE erogava un mutuo fondiario in favore della società RAGIONE_SOCIALE, di cui erano soci NOME COGNOME e NOME COGNOME, con garanzia della RAGIONE_SOCIALE per il 50 % dell’importo.
In data 20 febbraio 2014 veniva accettata dalla Unicredi la proposta transattiva dalla società, prospettando il pagamento di euro 1000,00 mensili (48 versamenti), fino al 28/1/2018, con pagamento al saldo il 28/2/2018 della somma di euro 56.876,21.
La società provvedeva a pagare la prima rata in data 28/2/2014, mentre alcune rate successive venivano pagate in ritardo o non pagate affatto.
Prima della escussione della garanzia non si erano verificati ancora ritardi nel pagamento delle rate relative alla transazione stipulata (era stata pagata tempestivamente la prima rata del 28/2/2014, mentre il termine per il pagamento della terza rata di marzo – 28/3/2014 – non era decorso).
Successivamente RAGIONE_SOCIALE addebitava alla RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 51.156,56 il 12/3/2014, con comunicazione del 20/3/2014, sia alla società debitrice sia al fideiussore RAGIONE_SOCIALE.
La società debitrice, a questo punto, sospendeva i pagamenti in favore della creditrice RAGIONE_SOCIALE.
Il 27/3/2014 la società RAGIONE_SOCIALE comunicava alla RAGIONE_SOCIALE di avere stipulato la transazione con la RAGIONE_SOCIALE, sicché l’addebito di euro 51.156,56 era ingiustificato.
Il 2/12/2014 la RAGIONE_SOCIALE proponeva alla RAGIONE_SOCIALE una ulteriore proposta transattiva, rimodulando il piano di rientro dovendosi tenere conto del pagamento del 50 % del credito alla garante RAGIONE_SOCIALE e scomputare la quota-parte già escussa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della garante.
RAGIONE_SOCIALE chiedeva ed otteneva l’emissione del decreto ingiuntivo n. 2008/14 del 4/12/2014 per euro 47.457,32 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il tribunale di Ragusa accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo.
Proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE deducendo che non aveva partecipato ad alcun accordo transattivo e che le proposte del 20/2/2014 e del 13/1/2015 non potevano essere qualificate come accordi transattivi in assenza della accettazione dei debitori. Precisava che, in ogni caso, il mancato pagamento dei ratei nei modi indicati nella proposta del 20/2/2014 ne aveva determinato l’inefficacia.
La Corte d’appello di Catania accoglieva il gravame proposto dalla RAGIONE_SOCIALE. In particolare, per quel che ancora qui rileva, il giudice d’appello reputava conclusa la transazione tra la RAGIONE_SOCIALE e
la società RAGIONE_SOCIALE, in epoca anteriore all’escussione della garanzia prestata dalla RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, in astratto, al momento del pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE (in data 12/3/2014) «la transazione sarebbe stata dunque opponibile all’istituto di credito da parte del debitore principale».
Tuttavia, la RAGIONE_SOCIALE non aveva informato il debitore principale della richiesta di pagamento dell’istituto di credito in data 12/3/2014 prima della sua effettiva realizzazione.
Ai sensi dell’art. 1952, secondo comma, c.c., ne derivava «l’opponibilità alla RAGIONE_SOCIALE, al momento dell’avvenuto pagamento, anche dell’eccezione di inesigibilità del credito a causa della conclusa transazione».
Tuttavia – precisava la Corte territoriale – «a detta opponibilità non può conseguire automaticamente un’inesigibilità sine die ovvero incondizionata del credito da parte del garante».
Il giudice d’appello, dunque, ravvisava che l’art. 1952, secondo comma, c.c. «nel prendere in esame solo le eccezioni che il debitore (società RAGIONE_SOCIALE), avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento, non si limita a fissare con esattezza solo il momento in cui il fatto impeditivo, modificativo o estintivo deve sussistere: con detto richiamo, esso rinvia, implicitamente ma inevitabilmente, alla specifica eccezione volta per volta opponibile così come strutturata nel suo complesso, individuata sulla base di un criterio temporale, e tuttavia onnicomprensiva della sua concreta natura e disciplina eventualmente pattuita tra debitore e creditore originario».
Ciò implicava, per la Corte territoriale, che «l’eccezione esistente all’atto del pagamento da parte del garante sarà concretamente a questi opponibile da parte del debitore principale
negli stessi limiti, alle identiche condizioni, e con le medesime modalità con cui essa sarebbe stata in ipotesi opponibile al creditore originario nel momento in cui la garanzia è stata escussa».
In tal modo, venivano equiparati i rapporti che per il debitore principale intercorrevano rispettivamente e individualmente con il creditore originario e con il garante in surroga.
Pertanto, dal momento in cui, esclusa la garanzia parziale, il garante si surroga nei diritti del creditore originario limitatamente alla somma pagata, tali rapporti per il debitore «proseguono su binari tra loro paralleli, che partono dalle medesime condizioni originarie, potendo eventualmente giungere a esiti diversi nel tempo».
Non poteva condividersi la tesi diversa, in base alla quale al garante in surroga (RAGIONE_SOCIALE) poteva opporsi la medesima eccezione opponibile al creditore principale (RAGIONE_SOCIALE), «ma senza le relative condizioni e modalità stabilite dalle parti originarie»; in tal caso si sarebbe determinata una ingiustificata differenza di trattamento tra rapporti nella sostanza identici.
Ove si addivenisse a tale soluzione, contrastata dalla Corte d’appello, si genererebbe «un indubbio pregiudizio al garante che, nonostante il suo adempimento, per il solo fatto del mancato avviso preventivo si troverebbe sprovvisto delle cautele a suo tempo predisposte dal creditore originario nei confronti del debitore ».
Si trattava di eccezioni che potevano essere definite «di durata», presupponendo «un contegno del debitore prolungato nel tempo».
L’accordo transattivo era stato concluso tra il debitore e l’istituto di credito ed era subordinato al continuo e tempestivo pagamento delle rate indicate alle scadenze previste dal creditore.
Tale clausola doveva ritenersi applicabile «anche al rapporto tra debitore e garante in surroga, ormai distinto da quello con l’istituto di credito, «ma che si è specificato essere retto dalle stesse modalità, condizioni e limiti».
In caso di inadempimento della transazione, pur anche verificatosi in corso di giudizio, al garante non si poteva opporre l’inesigibilità della prestazione «poiché questa prestazione è divenuta esigibile».
In sostanza, è con riferimento alla «data della decisione» che il giudice deve valutare l’esigibilità del credito, «dovendosi condannare la parte inadempiente, anche se esso non fosse stato esigibile prima dell’instaurazione del giudizio e finanche se non lo fosse stato nel corso dello stesso, ma lo sia successivamente divenuto al momento della pronuncia della sentenza».
Pertanto, anche il garante in surroga, «alla data della presente decisione, in assenza di integrale pagamento è legittimato a pretendere l’adempimento dell’intero da lui versato, avvalendosi della decadenza dal beneficio della dilazione in virtù dei sopravvenuti ritardi nei versamenti, esattamente come avrebbe potuto fare il creditore principale».
E ciò, nonostante «al momento della escussione della garanzia l’eccezione nascente dalla conclusa transazione fosse opponibile al garante».
6. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della società RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con un unico motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «erronea interpretazione e falsa applicazione degli articoli 1952, 1186, 1456 e 1965 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, c.p.c.».
In particolare, il giudice d’appello ha reputato che l’accordo transattivo concluso tra il debitore e l’RAGIONE_SOCIALE era stato subordinato al continuo e tempestivo pagamento delle rate indicate alle scadenze previste dal creditore e che tale clausola doveva ritenersi applicabile anche al rapporto tra debitore e garante in surroga. I ritardi e il mancato saldo dell’intero importo avrebbero consentito all’istituto di credito di pretendere l’adempimento per intero alla data della decisione, facendo valere la decadenza del debitore dal beneficio della dilazione di pagamento.
Per tale ragione – ad avviso della Corte di appello – anche il garante in surroga, alla data della decisione, in assenza di integrale pagamento poteva ritenersi legittimato a pretendere l’adempimento dell’intero da lui versato, avvalendosi della decadenza dal beneficio della dilazione in virtù dei sopravvenuti ritardi nei versamenti, esattamente come avrebbe potuto fare il creditore principale.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’art. 1952 c.c. consentiva al garante in surroga di sollevare l’eccezione relativa al mancato pagamento tempestivo delle rate, «negli stessi limiti, alle identiche condizioni e con le medesime modalità con cui essa sarebbe stata in ipotesi opponibile al creditore originario nel momento in cui la garanzia era stata escussa».
Tuttavia, la Corte d’appello avrebbe violato gli artt. 1952, 1186, 1456 e 1965 c.c.
A seguito della intervenuta transazione, la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto avanzare la richiesta di pagamento al fideiussore (RAGIONE_SOCIALE) la quale, a sua volta, non avrebbe dovuto provvedere
al pagamento senza prima avvertire la RAGIONE_SOCIALE, per consentire a questa «di opporre alla RAGIONE_SOCIALE la stipulata transazione e le relative opponibili eccezioni».
Per i ricorrenti «è indiscutibile che il fideiussore abbia nei confronti del debitore principale, in relazione all’adempimento della prestazione, l’onere di avvisare il debitore dell’intenzione di pagare il debito», ex art. 1952 c.c.
RAGIONE_SOCIALE, invece, non ha dato alcuna preventiva comunicazione ai debitori principali che avevano ricevuto la richiesta di pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE, essendosi limitata solo a richiedere alla RAGIONE_SOCIALE il rimborso di quanto aveva già pagato all’RAGIONE_SOCIALE e, peraltro, «dopo che tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE era stato già concordato il pagamento rateale dell’intero debito e dopo che la RAGIONE_SOCIALE aveva già dato inizio all’esecuzione dell’accordo».
Tuttavia, l’esistenza dell’accordo stipulato tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per il pagamento rateizzato del debito di questa, «escludeva che l’RAGIONE_SOCIALE potesse richiedere l’estinzione del debito originario senza transitare per la previa risoluzione di detto accordo la cui perdurante validità precludeva la possibilità di proporre la lite per la soddisfazione del credito nascente dell’originario rapporto contrattuale».
Nella fattispecie in esame non è stata acquisita al processo alcuna prova di inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, che ha provveduto ai pagamenti rateizzati in favore di RAGIONE_SOCIALE, la quale «mai ha dato comunicazione di decadenza dal beneficio del termine o di sua intenzione di avvalersi di eventuale clausola risolutiva espressa».
Per tale ragione, «l’accordo transattivo del 20/2/2014, intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e l’istituto RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe potuto essere ritenuto inefficace perché mai dichiarato risoluto».
Pertanto, la RAGIONE_SOCIALE «non avrebbe potuto essere ritenuta legittimata a ritenere la RAGIONE_SOCIALE decaduta dal beneficio del termine e/o a manifestare la volontà di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, perché la RAGIONE_SOCIALE non era stata e non era nella parte del contratto di transazione del 20/2/2014 intercorso solo tra la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE».
Né la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto essere ritenuta legittimata quale fideiussore in surrogazione.
Infatti, il surrogato subentra nei diritti del creditore senza divenire, però, parte del relativo rapporto contrattuale intercorrente tra debitore originario e creditore originario.
Il surrogato, quindi, non assume con la surrogazione la qualità di parte nel rapporto contrattuale tra debitore e precedente creditore.
Il surrogato, allora, non è legittimato ad esercitare le azioni inerenti alla qualità di parte contraente, quale l’azione di risoluzione per inadempimento del debitore originario.
Infatti, per la RAGIONE_SOCIALE, che ha effettuato il pagamento in favore del creditore originario (RAGIONE_SOCIALE) senza aver dato preavviso alla RAGIONE_SOCIALE quale debitore principale, cioè in violazione dell’art. 1952, secondo comma, c.c., l’opponibilità ad essa da parte della RAGIONE_SOCIALE delle eccezioni opponibile al creditore principale, non vi era alcun pregiudizio «perché essa RAGIONE_SOCIALE rimaneva comunque legittimata a poter proporre, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, azione di ripetizione di quanto a questo pagato, ex art. 1952, terzo comma, c.c.».
Pertanto, per i ricorrenti vi sarebbe stata violazione dell’art. 112 c.p.c., per «l’impossibilità per il decidente di pronunciarsi di ufficio su eccezione di decadenza dal beneficio del termine che il garante non ha proposto e che non avrebbe potuto proporre in quanto non
parte del contratto di transazione del 22 2014, stipulato solo dal debitore originario con il creditore originario».
La Corte territoriale avrebbe dovuto confermare la permanente efficacia della transazione «mai dichiarata risolta dal creditore originario, e la opponibilità ad essa RAGIONE_SOCIALE dell’eccezione di inesigibilità del credito formulata dal debitore originario ex art. 1952 c.c.».
Il motivo è fondato.
2.1. Invero, l’art. 1952, primo comma, c.c., prevede la fattispecie dell’omessa denunzia da parte del fideiussore al debitore principale di avere proceduto al pagamento del debito.
In tal caso, «il fideiussore non ha regresso contro il debitore principale se, per aver omesso di denunziargli il pagamento fatto, il debitore ha pagato ugualmente il debito».
La ratio della norma è quella di evitare una duplicazione di pagamento da parte del debitore: per soddisfare il garante che agisce in via di regresso ex art. 1950 c.c. (ma si reputa che l’istituto trovi applicazione anche alla surrogazione ex art. 1949 c.c.); per avere adempiuto al debito verso il creditore, non essendo a conoscenza del già avvenuto pagamento da parte del garante.
Nella specie, però non vi è stato il pagamento dell’intero da parte della debitrice principale, per cui il primo comma dell’art. 2952 c.c. non trova applicazione (in questi termini la Corte d’appello «Tale ipotesi non può trovare applicazione nel caso in esame, poiché il debitore principale non aveva ancora provveduto a saldare l’intera esposizione»).
Ciò per evitare il rischio di un doppio integrale pagamento.
2.2. La norma che deve essere qui applicata è, però, l’art. 1952, secondo comma, c.c., che stabilisce la sanzione nei confronti del
fideiussore che paghi il creditore senza avergli dato preventivo avviso del suo intento di pagare.
In questo caso, non c’è stato il pagamento da parte del debitore nei confronti del creditore.
Prevede tale norma che «se il fideiussore ha pagato senza averne dato avviso al debitore principale, questi può opporgli le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento».
Resta salva, in entrambi i casi, ai sensi dell’art. 1952, terzo comma, c.c., «l’azione per la ripetizione contro il creditore».
Come ha sottolineato la dottrina, il secondo comma dell’art. 1952 c.c. pone a carico del fideiussore l’onere di avvisare il debitore della sua intenzione di eseguire la prestazione per la quale diede garanzia; nella disposizione si accenna a tale onere solo ponendo le sanzioni per la sua inosservanza.
L’omissione dell’avviso provoca, come sanzione, l’assoggettamento del fideiussore alle eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre al creditore, sicché il suo scopo si identifica in quello di mettere in grado il fideiussore di conoscere la situazione effettiva e completa del rapporto fra debitore e creditore, indipendentemente dalle notizie che egli ne possa avere.
L’avviso può essere comunicato anche verbalmente, con la precisazione che avviso e denuncia non sono presupposti della surrogazione e, quindi, anche del regresso.
Peraltro, in ossequio al principio di buona fede e correttezza, si ritiene in dottrina che il fideiussore rimanga esposto alle eccezioni opponibili al creditore, se tali eccezioni sono state dal debitore principale «di sua iniziativa» espressamente comunicate al fideiussore all’atto del pagamento, a lui richiesto dal creditore.
3.1.Per la dottrina, infatti, l’art. 1952, secondo comma, c.c. si applica sia alla surrogazione che al regresso.
3.2. In dottrina sono state ravvisate le differenze tra le due tipologie di azioni: l’azione di regresso sorge in maniera originaria, mentre l’azione di surrogazione ha natura derivativa; nel regresso il diritto sorge indipendentemente, nonché da una manifestazione, anche dalla volontà dell’avente diritto, mentre in caso di surrogazione il suo verificarsi è condizionato ad una manifestazione di volontà ad hoc ; la surrogazione, poi, si attua in due momenti (da un lato il procedimento con cui un soggetto subentra nella posizione giuridica di un altro, dall’altro, l’esercizio dell’azione nei confronti di un terzo); il regresso è di contenuto più ampio, comprendendo anche le spese che il fideiussore ha compiuto dopo aver denunziato al debitore principale le istanze contro di lui proposte.
3.3. Avviso e denuncia non rappresentano circostanze costitutive del diritto del fideiussore di agire in regresso, ma cautele la cui inosservanza pregiudica il diritto di regresso già acquistato.
Pertanto, si è considerato l’avviso come oggetto di un «onere» per il fideiussore, sicché la relativa inosservanza rientra nel concetto di autoresponsabilità.
L’avviso di futuro pagamento pone al debitore l’onere di comunicare al fideiussore ogni elemento utile alla conoscenza della concreta realtà del rapporto con il creditore, in modo da fare apprezzare l’attuale sussistenza del debito e, quindi, l’eventuale invalidità, inefficacia od estinzione dell’obbligazione garantita.
La trasgressione dell’onere di preavviso del pagamento produce la conseguenza che il debitore può opporre al garante che agisce in via di surrogazione o di regresso le eccezioni che avrebbe potuto far valere contro il suo creditore.
L’onere di dare l’avviso del futuro pagamento comporta che il fideiussore abbia conoscenza della situazione concreta dell’obbligazione garantita.
Tale conoscenza consente al fideiussore di assolvere al dovere di opporre al creditore ogni eccezione che deriva dall’obbligazione garantita.
In tal modo, il fideiussore, agli effetti della surrogazione, adempie efficacemente soltanto se non risulti che al debitore spettavano eccezioni «paralizzattrici» o «limitatrici» della pretesa del creditore fondata sull’obbligazione attuata.
Si è ritenuto che il fideiussore che paga nonostante l’esistenza di fondate eccezioni che avrebbero fatto giudicare non dovuto il pagamento o dovuto in misura diversa, in realtà non adempie all’obbligazione garantita, ma deve ricondurre il pagamento, in tutto o in parte, alla sua sfera.
Di qui la conseguenza che il fideiussore, nell’adempimento della propria obbligazione, non soltanto deve operare con diligenza per conseguire l’effetto della liberazione dall’obbligazione di garanzia, ma anche perché possa mantenere integro il suo diritto ad agire contro il debitore e i terzi, in via di regresso o in surrogazione del creditore soddisfatto.
3.4. Peraltro, si è affermato in dottrina che il principio di cui all’art. 1952 c.c. trova sostanziale applicazione anche con riferimento al meccanismo della surrogazione di cui all’art. 1949 c.c., in quanto il fideiussore che ha pagato assume la stessa posizione in cui si trovava il creditore prima del pagamento, sicché egli può agire contro il debitore negli stessi limiti in cui poteva agire il creditore; se, dunque, nessun diritto competeva al creditore, per essere stata l’obbligazione garantita estinta o per essere la stessa insussistente,
nessun diritto di surrogazione può riconoscersi al fideiussore, che abbia pagato il debito estinto (Cass., 1960/30; Cass. n. 1962/1508).
Va poi chiarito che il preavviso del pagamento cui è tenuto il fideiussore nei confronti del debitore, non concentra l’onere di eccezione alle anomalie che si erano già prodotte al tempo della comunicazione (ossia dell’avviso del prossimo pagamento), essendo la finalità del preavviso quella di stimolare il debitore ad un comportamento di informativa che consenta al fideiussore di valutare l’esistenza e persistenza del diritto del creditore.
Neppure la scadenza del debito delimita il campo delle eccezioni opponibili al creditore (e di conseguenza al fideiussore che agisce in surroga), in quanto il fideiussore è tenuto a proporre anche quelle circostanze che si sono verificate dopo il preavviso da lui dato al debitore, fino al tempo dell’adempimento.
Del resto, l’art. 1952, secondo comma, c.c. fa riferimento, in caso di omesso avviso al debitore principale del futuro adempimento, alle eccezioni che il debitore principale avrebbe potuto opporre al creditore principale «all’atto del pagamento».
Non risulta corretta, allora, l’interpretazione dell’art. 1952 c.c. fornita dalla Corte d’appello.
5.1. Va premesso che, alla stregua della motivazione del giudice di appello, deve intendersi che la transazione stipulata tra la RAGIONE_SOCIALE e la debitrice principale RAGIONE_SOCIALE non aveva natura novativa, ma soltanto natura meramente dilatoria del pagamento.
Solo in caso di transazione novativa, infatti, si determina l’estinzione del precedente rapporto, con sostituzione integrale da parte del nuovo accordo (Cass., sez. 2, 13 maggio 2010, n. 11632; Cass., sez. L, 14 giugno 2006, n. 13717).
Se la transazione avesse avuto natura novativa la RAGIONE_SOCIALE avrebbe pagato un debito in forza di una obbligazione principale
estinta. In tal caso, però, trattandosi di un pagamento di debito estinto, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto eccepire, ex art 1952, secondo comma c.c., alla RAGIONE_SOCIALE, l’avvenuta estinzione definitiva del debito.
Pertanto, la Corte di appello, sia pur implicitamente, ha ritenuto che l’accordo non avesse natura di novazione, anche tenuto conto della clausola contrattuale, per cui «resta naturalmente inteso che in caso di ritardo o mancato rispetto di una sola delle condizioni sopraindicate, quanto sopra dovrà ritenersi privo di efficacia e pertanto saremo liberi di agire per l’ammontare dell’intero credito ed accessori».
Del resto, la Corte territoriale ha affermato con chiarezza che «in detta missiva aveva manifestato la disponibilità ad un piano di rientro del debito con versamenti periodici a scadenze prefissate» e, successivamente in motivazione fa riferimento alla «decadenza del debitore dal beneficio della dilazione di pagamento».
5.2. Una volta chiarito il punto di partenza del ragionamento, occorre, allora, muovere dalla considerazione che, una volta effettuato il pagamento, totale o parziale, da parte del fideiussore, si verifica una surrogazione ex lege in favore del fideiussore ex art. 1949 c.c. o, comunque, sorge un diritto di regresso ex art. 1950 c.c..
Ciò, ai sensi dell’art. 1949 c.c., in base al quale il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore, con un rimando espresso all’art. 1203, comma 1, n. 3, c.c. (surrogazione legale).
La surrogazione, con funzione recuperatoria, comportando non l’estinzione del debito originario, che resta in vita, ma la semplice sostituzione dell’originario creditore con un creditore diverso, che ha
soddisfatto il primo, statuisce il passaggio del diritto di credito, comprensivo degli accessori, come accade nella cessione dei crediti.
Surrogazione e regresso sono strumenti complementari, sicché mentre con la surrogazione il terzo acquista il diritto che già spettava al creditore, con il regresso, utilizzato in via complementare, il terzo surrogato può pretendere ciò che gli è dovuto «oltre il limite recuperatorio della surrogazione».
Si è ritenuto che, poiché a norma degli artt. 1949, 1950 e 1952 cod. civ. il fideiussore che ha pagato viene ad assumere la stessa posizione nella quale si trovava il creditore prima del pagamento e, pertanto, può agire negli stessi limiti in cui poteva agire il creditore (onde, se nessun diritto spettava a quest’ultimo per essere stata estinta l’obbligazione garantita, nessun diritto di surroga o di regresso può spettare al fideiussore), la riserva di agire contro i fideiussori espressa in un contratto di cessio bonorum pro soluto è incompatibile con l’estinzione dell’obbligazione principale, che la cessione predetta comporta, ed è quindi priva di efficacia giuridica, non potendo essa far rivivere una obbligazione fideiussoria ormai estinta (Cass., sez. 3, 16 giugno 1962, n. 1508; Cass., sez. 3, 27 febbraio 1969, n. 660, per la natura di surrogazione dell’azione del fideiussore nei confronti del debitore garantito; Cass., sez. 3, 19 luglio 1967, n. 1846, per cui la surrogazione legale a favore del fideiussore di cui all’art. 1203, n. 3, c.c., si estende anche ai privilegi stabiliti a favore del creditore da leggi speciali).
Nel caso di pagamento del debito da parte del fideiussore si realizza un’ipotesi di surrogazione legale quale prevista dall’art 1203 n. 3 cod. civ. ed il fideiussore che ha pagato viene ad assumere la stessa posizione in cui si trovava il creditore prima del pagamento, cosicché egli può agire contro il debitore negli stessi limiti in cui poteva agire il creditore, facendo valere i medesimi diritti che il
creditore poteva esercitare e far valere; ciò importa che, se il credito da lui soddisfatto era garantito ipotecariamente della medesima garanzia egli si può avvalere nei confronti del debitore (Cass., sez. , 2, 27 dicembre 1963, n. 3221).
Di recente si è ribadito che il fideiussore che effettui un pagamento nei confronti del creditore garantito, rivelatosi non dovuto per inesistenza del sottostante debito, può esercitare nei confronti del creditore l’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. (azione espressamente prevista dall’art. 1952, terzo comma, c.c.), attesa la natura generale del rimedio e la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dallo spostamento patrimoniale e dalla mancanza di una legittima ” causa solvendi “, senza che sia a ciò di ostacolo l’esperibilità dell’azione di regresso nei confronti del debitore (Cass., sez. 1, 28 aprile 2022, n. 13418).
5.3. Pertanto, la sanzione che scatta nei confronti del fideiussore che non ha provveduto alla comunicazione dell’avviso del futuro pagamento ex art. 1952, secondo comma, c.c. è quella di dover subire eventuali eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre al creditore principale «all’atto del pagamento».
L’inosservanza dell’onere di avviso preventivo dell’intenzione di pagare, seguita dal pagamento del fideiussore, fa sì che l’azione di regresso possa essere paralizzata dal debitore principale con le eccezioni che sarebbero state opponibili al creditore all’atto del pagamento (l’art. 1952, comma 2, c.c., non si applica, invece, all’azione di regresso del terzo datore di pegno, salvo espressa previsione delle parti: Cass., sez. 3, 19 marzo 2024, n. 7389).
Il pagamento resta a carico del fideiussore quale sanzione del suo comportamento omissivo, con il quale ha impedito al debitore di metterlo al corrente delle eccezioni opponibili al creditore, utilizzando le quali il fideiussore avrebbe potuto evitare il pagamento.
L’attività di informazione è preordinata a provocare e a rendere possibili correlative attività da parte del debitore, in particolare nell’informare il fideiussore delle eccezioni, relative alla validità dell’obbligazione o all’entità della prestazione, che egli avrebbe opposto al creditore.
Nella specie, dunque, l’eccezione di avvenuta transazione sollevata dalla società debitrice principale, al momento della surrogazione (o regresso) del fideiussore RAGIONE_SOCIALE, deve essere valutata «all’atto del pagamento», come previsto dall’art. 2952, secondo comma, c.c., ossia al momento dell’addebito da parte di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 51.154,56 in data 12/3/2014 (quando il fideiussore – Commerfici – ha pagato), quando la transazione (dilatoria e non novativa) era già stata stipulata e la società debitrice aveva anche provveduto al pagamento tempestivo della prima rata in data 28/2/2014.
Non può rilevare, invece, – come erroneamente ritenuto dalla Corte di appello – il diverso momento in cui il fideiussore, dopo aver provveduto al pagamento del creditore principale, ha agito in surrogazione nei confronti della società debitrice promuovendo il ricorso per decreto ingiuntivo, in data 4/12/2014.
Pertanto, al momento del pagamento da parte del fideiussore (RAGIONE_SOCIALE), il 12/3/2014, è pacifico che la società debitrice aveva stipulato la transazione con la creditrice RAGIONE_SOCIALE e che era stata pagata tempestivamente la prima rata del 28/2/2014, mentre la rata di marzo (28/3/2014) non risulta in alcun modo che fosse scaduta.
Anzi, è la stessa Corte territoriale ad affermare che «l’accordo transattivo sarebbe stato opponibile al momento dell’escussione della garanzia, data in cui non si era ancora realizzato alcun inadempimento», mentre solo successivamente vi sarebbe stati gli inadempimenti, tanto che «i ritardi successivi ed il mancato saldo
dell’intero importo avrebbero nondimeno consentito all’istituto di credito di pretendere l’adempimento dell’intero alla data della presente decisione, facendo valere la decadenza del debitore dalla dilazione del pagamento».
Non rilevano, allora, fatti accaduti successivamente alla data del pagamento da parte del fideiussore (12/3/2014), rimanendo la situazione tra le parti (debitore e fideiussore) cristallizzata a quel momento, come vuole espressamente l’art. 1952, secondo comma c.c., che si riferisce, quanto alle eccezioni che potrà opporre il debitore al garante a quelle riferibili «all’atto del pagamento», senza contare che la Corte territoriale muove da una ricostruzione fattuale – lo scioglimento della transazione e la reviviscenza dell’accordo originario, per gli asseriti inadempimenti successivi della debitrice NOME dell’obbligazione rateale – che non risulta sia stata sollevata.
Del resto, questo è proprio il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art. 1952 c.c., in conseguenza della condotta negligente del fideiussore che non ha dato l’avviso al debitore prima di provvedere al pagamento in favore del creditore principale.
Proprio il disposto dell’art. 1952, secondo comma, c.c., consente, per espressa previsione legislativa, che il debitore principale, in caso di mancato avviso in suo favore da parte del garante di voler pagare il creditore, possa – come sanzione prevista dalla norma – opporre al garante che agisca in via di surrogazione o di regresso, le stesse eccezioni che poteva opporre al creditore principale.
Tali eccezioni vanno sollevate – e quindi rilevano -nella situazione temporale definita come «all’atto del pagamento» del fideiussore (RAGIONE_SOCIALE) in favore del creditore (RAGIONE_SOCIALE).
Di qui, la legittimità della opposizione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, quale garante, dell’eccezione di avvenuta transazione tra la debitrice società RAGIONE_SOCIALE e la creditrice RAGIONE_SOCIALE.
Ciò comporta, dunque, che il fideiussore RAGIONE_SOCIALE, al quale la società debitrice ha opposto l’eccezione di transazione con la RAGIONE_SOCIALE, non possa contrastare tale eccezione, reputando che in realtà la transazione non è stata correttamente adempiuta e non ha conseguito l’effetto di porre fine alla lite, attraverso reciproche concessioni.
Ed infatti, alla data del 12/3/2014, ossia «all’atto del pagamento», non solo era stata stipulata la transazione, ma è pacifico che la debitrice RAGIONE_SOCIALE aveva pagato tempestivamente anche la prima rata del 28 febbraio 2014, mentre non risultava inadempiuta la rata di marzo 2014, con probabile scadenza al 28 marzo 2014.
L’eccezione era, dunque, perfettamente opponibile ed efficace nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Non risulta condivisibile, allora, l’affermazione della Corte d’appello, che si sofferma su una asserita (e non dimostrata) avvenuta violazione degli obblighi derivanti dalla transazione in via successiva, senza limitare la propria attenzione alla data dell’avvenuto pagamento da parte del fideiussore.
Per la Corte territoriale, dunque, «in caso di esatto adempimento della transazione, così come il creditore originario non può chiedere l’adempimento dell’originario credito, il garante, in caso di pagamento, non può ottenerne il rimborso da parte del debitore per inesigibilità della prestazione»; mentre «in caso di inadempimento della transazione , pur anche verificatosi in corso di giudizio, al garante – così come al creditore originario – non si può opporre l’inesigibilità della prestazione, poiché questa prestazione è divenuta esigibile».
Se si muove dall’assunto che le eccezioni «paralizzatrici» sono quelle opponibili al creditore al momento del pagamento da parte del fideiussore, non può condividersi l’assunto della Corte d’appello per
cui, in caso di surrogazione o regresso da parte del garante che ha adempiuto l’obbligazione nei confronti del creditore principale, ma ha omesso di dare l’avviso del futuro pagamento al debitore, l’eventuale esigibilità di tale credito va valutata «con riferimento alla data della decisione», con condanna della parte inadempiente, ove l’eccezione sollevata nei confronti del garante che agisce via di regresso (e che poteva essere sollevata nei confronti del creditore principale in caso di adempimento dell’onere dell’avviso del futuro pagamento) risulti infondata.
Non rileva, allora, quanto affermato dalla Corte in relazione alla condotta successiva della debitrice in relazione all’accordo transattivo e cioè che «dopo il tempestivo bonifico della prima rata, già dal secondo versamento e in più occasioni successive non sono stati rispettati i termini di pagamento prescritti dalla transazione».
Pertanto, non può essere in alcun modo condivisa l’affermazione della Corte territoriale per cui «anche il garante in surroga, alla data della presente decisione, in assenza di integrale pagamento è legittimato a pretendere l’adempimento dell’intero da lui versato, avvalendosi della decadenza dal beneficio della dilazione in virtù dei sopravvenuti ritardi nei versamenti, esattamente come avrebbe potuto fare il creditore principale».
La condotta tra le parti va, invece, cristallizzata in un momento preciso che il legislatore ha indicato, anche quale sanzione per il fideiussore che ha omesso l’avviso al debitore, «all’atto dell’adempimento» da parte del fidieiussore.
7. Ciò, del resto, è in linea con quanto affermato dalla dottrina, per la quale il soggetto che ha pagato il creditore non diventa parte del contratto stipulato tra il creditore del debitore, ma subentra esclusivamente nei diritti di credito.
Tale considerazione è particolarmente rilevante nell’ipotesi come quella che ci riguarda – in cui il credito origina da un contratto, a prestazioni corrispettive; ci si è posta dunque la domanda se possono farsi valere, nel rapporto interno tra surrogato e debitore principale, le azioni di nullità, annullamento, rescissione o risoluzione.
In realtà, appunto, il surrogato diviene, per successione, in via derivativa, titolare di diritti già spettanti al creditore soddisfatto.
Si tratta, però, del semplice diritto di credito con i suoi accessori, non potendo ritenersi che il surrogato abbia assunto la qualità di parte del rapporto contrattuale tra debitore e precedente creditore, perché tale assunzione non sarebbe conforme alla tipica funzione recuperatoria dell’istituto.
Il surrogato, quindi, non è legittimato ad esercitare azioni inerenti a tale qualità di parte contraente, non potendogli essere concessi mezzi di tutela del credito che esorbitino dalla specifica funzione del meccanismo surrogatorio.
Non possono ritenersi comprese nella vicenda successoria, prodottasi con la surrogazione, ragioni e azioni che investono la fonte del rapporto o la posizione contrattuale delle parti.
Sono dunque esercitabili ed opponibili solo le azioni e le eccezioni, quindi, che attengono al credito con i suoi accessori, ma non al contratto.
Del resto, l’articolo 1204, comma 1, c.c., determina l’ambito della vicenda surrogatoria e ne precisa il perimetro riguardo ai «terzi garanti», laddove si prevede che «la surrogazione contemplata nei precedenti articoli ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore».
Colui che paga il creditore principale, subentrando nei diritti del creditore, subentra anche negli accessori del credito, e quindi anche
nei privilegi che vi ineriscono e nei diritti di garanzia, reali e personali, che vi sono annessi. Si tratta della «estensione» della surrogazione alle garanzie del credito, ma sempre retando al di fuori del contratto originario.
Pertanto, poiché il surrogato non è parte del contratto originario tra creditore debitore principale, non può agire in risoluzione, neppure in forma stragiudiziale, avvalendosi della clausola risolutiva espressa.
In dottrina si sostiene, quindi, che in mancanza di una disciplina legislativa dei rapporti tra surrogato e debitore principale, sia applicabile la disciplina di altri istituti e, in particolare, della cessione del credito.
Si traccia la differenza tra cessione del credito e surrogazione (che appartiene all’area del pagamento), in quanto la surrogazione è la vicenda traslativa di un credito già adempiuto, ed ha dunque per presupposto l’adempimento dell’obbligazione (che non si estingue ma si trasferisce ad altro soggetto), mentre la cessione del credito concerne un rapporto non ancora eseguito.
Pertanto, la posizione del debitore rimane immutata, mentre il soggetto attivo è ora il terzo surrogato, quale successore a titolo particolare del credito.
Il debitore può opporre al terzo surrogato le eccezioni relative alla validità del titolo costitutivo del credito nel quale il terzo si è surrogato. Inoltre, può eccepire fatti estintivi, modificativi o sospensivi del rapporto obbligatorio anteriori alla surrogazione.
Il surrogato non può però esercitare azioni negoziali, non essendo parte del contratto originario.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla corte d’appello di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 maggio