Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5166 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5166 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 7844 del ruolo generale dell’anno 2020 , proposto da
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F. e P. IVA P_IVA), in persona dello Studio COGNOME – Associazione tra dottori commercialisti, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE del Foro di Brescia e dal prof. Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) per procura speciale congiunta al ricorso, domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO che dichiarano sin d’ora di voler ricevere le comunicazioni a mezzo posta elettronica certificata agli indirizzi EMAIL e EMAIL e a mezzo fax al n. NUMERO_TELEFONO e al n. NUMERO_TELEFONO.
Ricorrente
contro
A.R.C.RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) , P. Iva P_IVA, subentrata ex lege allo I.A.C.P -Istituto Autonomo per le Case Popolari -di Taranto (Legge Regione Puglia 22/14), con sede alla INDIRIZZO in persona dell’Amministratore Uni-
co, Avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliata in Bari alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE dalla quale è rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, resa in virtù di decreto dell’Amministratore Unico n. 27 del 12.5.2020; l’ Avv. NOME COGNOME, abilitata presso le Magistrature Superiori, dichiara di ricevere le comunicazioni di rito a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo EMAIL e a mezzo fax n. NUMERO_TELEFONO
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n° 387 depositata il 16 luglio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-L’appaltatore RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al tribunale di Taranto il committente RAGIONE_SOCIALE di Taranto (poi divenuto A.R.C.A. jonica) e ne chiedeva la condanna al pagamento di venticinque riserve per complessivi euro 3.053.471,25.
Nella contestazione del convenuto, il primo giudice -sulla scorta della c.t.u. -accoglieva parzialmente la domanda e condannava il committente a pagare all’impresa euro 1.150 .000,00 (corrispondente alla somma quantificata dalle parti in un accordo bonario ex art. 31bis della legge n° 109/1994, concluso prima del giudizio, ma rimasto privo di effetti perché condizionato all’erogazione dei fondi, mai arrivati, da parte della Regione Puglia).
La Corte d’appello, adita dal soccombente, riformava totalmente la prima decisione.
2 .- Per quanto ancora interessa, osservava il secondo giudice che il tribunale aveva totalmente ignorato che l’art. 24 del d.m. n° 145/2000, applicabile ratione temporis , consentiva all’appaltatore di iscrivere riserva per l’ingiustificata protrazione della sospensione
dei lavori legittimamente ordinata solo dopo aver inviato alla stazione appaltante una diffida, che nella fattispecie era del tutto assente.
La norma era stata violata sia dal c.t.u. che dal tribunale, in quanto il primo aveva liquidato in favore dell’impresa euro 1.182.354,00, mentre il secondo aveva recepito in sentenza tale conclusione, oltretutto riducendo ulteriormente l’importo ad euro 1.150 .000,00, pari a quanto concordato tra le parti col precedente accordo bonario rimasto ineseguito.
3 .-Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE jonica, affidando l’impugnazione a tre motivi.
Resiste Pisa costruzioni, che preliminarmente eccepisce il difetto di legittimazione processuale della Curatela a causa della mancanza di autorizzazione a stare in giudizio da parte del giudice delegato al fallimento e nel merito conclude per l’inammissibilità del ricorso e, in ogni caso, per la sua reiezione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato una memoria illustrativa ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .-Preliminarmente la Corte osserva che in atti del ricorrente è presente l’autorizzazione del giudice delegato ai sensi dell’art. 26 n° 6 della legge fallimentare: donde l’infondatezza in fatto dell’eccezione sollevata dalla resistente, illustrata nella memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., nella quale, peraltro, viene citata giurisprudenza non in termini, in quanto vertente in tema di mancanza di procura e non di autorizzazione a stare in giudizio.
5 .- Col primo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta la ‘ nullità della decisione per omessa pronuncia su alcune domande -violazione dell’art. 112 c.p.c. art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ‘.
La Corte d’appello avrebbe respinto le somme richieste per l’illegittima protrazione delle sospensioni a causa della mancanza della diffida prevista dall’art. 24 del d.m. n° 145/2000, ma senza distinguere tra le varie riserve.
In realtà le riserve n° 9 per euro 174.712,00 (‘ maggiori oneri straordinari di guardiania in seguito ad occupazione abusiva degli appartamenti già ultimati ‘) e n° 11 per euro 71.815,00 (‘ maggiori costi sostenuti in seguito ad occupazione ‘) erano indipendenti dall’illegittimo prolungamento delle sospensioni e, ciononostante, la Corte non le aveva esaminate.
Col secondo motivo -intitolato ‘ omesso esame di un fatto decisivo e controverso, ovvero delle riserve diverse da quelle inerenti la sospensione dei lavori (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) ‘ -la ricorrente deduce, subordinatamente al rigetto del primo mezzo, che vi sarebbe un fatto storico decisivo che venne discusso tra le parti, ossia l’iscrizione delle riserve n° 9 e n° 11 in nessun modo riconducibili alla sospensione dei lavori.
6 .- I primi due motivi, esaminabili congiuntamente in ragione della loro connessione, sono inammissibili e comunque infondati.
È, infatti, noto che qualora una determinata questione giuridica che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare, per il principio di autosufficienza del ricorso, in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa ( ex multis : Cass., sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804).
Ora, la questione dell’indipendenza delle riserve n° 9 ed 11 dalla sospensione dei lavori non risulta trattata nella sentenza impugnata
ed era pertanto onere della ricorrente indicare in quali atti processuali essa fosse stata posta.
Prima ancora, tenuto conto dell’unico passaggio motivazionale della decisione di primo grado, riportato a pagina 3 del ricorso, non sembra nemmeno che tale questione sia stata affrontata e decisa dal primo giudice.
Ond’è che, a fronte dell’appello della committente, l’appaltatore avrebbe dovuto proporre un appello incidentale condizionato, facendo presente che le questioni poste dalle riserve n° 9 ed 11 erano comunque indipendenti dalle altre, connesse -in tesi della ricorrente -alla sospensione dei lavori.
Le carenze sopra indicate rendono, dunque, i motivi inammissibili, sia per difetto di autosufficienza, sia per intervenuto giudicato (implicito) in punto di dipendenza di tutte le riserve dalla illegittima protrazione dei lavori.
I mezzi, peraltro, sarebbero anche infondati, perché in realtà -benché la sentenza di secondo grado non menzioni partitamente le singole riserve -è evidente che il giudice si sia pronunciato su tutte quelle formulate dall’impresa, comprese dunque quelle sub n° 9 e n° 11, come si desume dai passaggi a pagina 4 della sentenza (prima e quartultima riga) nei quali la Corte si riferisce genericamente ed in modo onnicomprensivo alle ‘ numerose riserve ‘ e alle ‘ riserve dell’impresa ‘.
Quanto, poi, alla doglianza formulata col secondo motivo, anche qui è noto che il nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n° 5 cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel dictum impugnato e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito (per tutte: Cass., sez. L, 15 maggio 2019, n° 13023).
7 .- Col terzo mezzo , formulato in via di ulteriore subordine ed intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 24 del d.m. n° 145/2000 ‘, la ricorrente deduce che le riserve predette erano totalmente indipendenti dalla protrazione delle sospensioni dei lavori, poiché ‘ altro sono un indennizzo o un compenso che si fondino sulla sospensione dei lavori disposta dal D.L., altro sono invece corrispettivi per maggiori costi derivanti da un’occupazione abusiva da parte di soggetti terzi di alcuni manufatti abitativi costruiti in esecuzione dell’appalto ‘: donde l’erronea applicazione dell’art. 24 anche a queste due riserve.
8 .- Anche questo mezzo è inammissibile e comunque infondato.
Come già detto, la questione della indipendenza delle riserve n° 9 e n° 11 dalla sospensione dei lavori non risulta dalla sentenza e la ricorrente avrebbe dovuto indicare il tempo ed il luogo di trattazione di essa nel corso del giudizio di merito.
La mancanza di tale adempimento rende il mezzo, ancora una volta, inammissibile.
Vale, inoltre, anche per questo motivo quanto già detto sopra in ordine al giudicato implicito sulla dipendenza di tutte le riserve dalle sospensioni ordinate dalla stazione appaltante.
In ogni modo, premesso che è la stessa c.t.u. (nel breve passo riportato a pagina 7 del ricorso) a chiarire che i ‘ maggiori oneri di guardiania ‘ ed i ‘ maggiori costi ‘ asseritamente sopportati dall’impresa sarebbero derivati dalla ‘ occupazione abusiva ‘ degli immobili successiva alla loro costruzione, la ricorrente non chiarisce nemmeno in che modo possa conciliarsi la tesi della indipendenza
delle due riserve dalla protrazione delle sospensioni: tesi che, peraltro, appare anche smentita dalle allegazioni difensive della controricorrente (pagina 16 e 23, nelle quali si trascrive il verbale 7 aprile 2006), la quale fa osservare che fu proprio l’occupazione abusiva degli alloggi a determinare la necessità di sospendere i lavori.
9 .- Alla reiezione del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del presente grado, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 246 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibili i motivi di ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 7.200,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2025, nella camera di con-