Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8904 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 8904 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
R.G.N. 5597/2020
P.U. 13/03/2025
SIMULAZIONE COMPRAVENDITA
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 5597/2020) proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL; -ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME e COGNOME, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale materialmente allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrenti-ricorrenti incidentali –
nonché
EREDITA’ NOMECOGNOME in persona del nominato curatore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al
contro
ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con elezione di domicilio digitale all’indirizzo pec: ;
–
contro
ricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t.; intimata – avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1097/2019, pubblicata il 27 giugno 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
udito il P.G., in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso con riferimento al § 2.2.3 e al conseguente motivo di cui al § 2.1.1, con assorbimento dei restanti, e dichiararsi inammissibile e, comunque, infondato il ricorso incidentale condizionato;
udito l’Avv. NOME COGNOME per COGNOME soc. semplice e per l’eredità giacente COGNOME NOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 20 febbraio 2015, COGNOME NOME, la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE evocavano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e COGNOME Mario personalmente chiedendo che:
-fosse accertata la proprietà di alcuni immobili siti in Santa Margherita Ligure (GE) e di una villa con box auto ubicati in INDIRIZZO in capo al sig. COGNOME NOMECOGNOME
-fosse accertata la nullità della costituzione della società RAGIONE_SOCIALE o la proprietà delle quote della stessa in capo al solo COGNOME NOME;
-si procedesse, ove occorrente, anche ai sensi dell’art. 2900 c.c.;
-fosse dichiarata la simulazione dell’intestazione degli immobili in questione a favore di Monticone NOME, risultando, invece, di proprietà del COGNOME Mario o, in subordine, della citata società RAGIONE_SOCIALE; fosse, in subordine, revocato l’atto a rogito notaio COGNOME del 22 febbraio 2010 (rep. n. 77747/36008), mediante il quale la società RAGIONE_SOCIALE
-aveva venduto alla COGNOME NOME gli immobili prima menzionati.
Si costituiva in giudizio la sola convenuta RAGIONE_SOCIALE la quale instava per il rigetto delle pretese attoree, sostenendo la propria autonomia giuridica rispetto ai diversi soci succedutisi nel tempo, evidenziando di non aver mai intessuto alcun rapporto con gli attori.
Inoltre, detta convenuta deduceva che, nel momento in cui essa aveva venduto i beni immobili alla Monticone Maria Grazia, il COGNOME non aveva alcuna partecipazione sociale al capitale sociale della stessa RAGIONE_SOCIALE, essendone diventato socio solo dal 9 febbraio 2012 come accomandatario d’opera senza apporto né partecipazione al capitale sociale.
La medesima convenuta rilevava che non era applicabile la disciplina dell’art. 2305 c.c., la quale vieta al creditore particolare del socio di interferire sul patrimonio sociale, chiedendo la liquidazione della quota e non era possibile esercitare l’azione revocatoria da parte dei creditori particolari del socio COGNOME NOME.
Costituitasi successivamente anche la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, figlio del COGNOME NOME (quale cessionaria dei crediti degli attori nei confronti del COGNOME NOME), l’adito Tribunale, con sentenza n. 3617/2017, rigettava tutte domande delle parti attrici, nonché dell’intervenuta società RAGIONE_SOCIALE
2. Decidendo sull’appello formulato dalla citata RAGIONE_SOCIALE (nella suddetta qualità) e da NOME, nella resistenza dell’appellata RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE (nel mentre rimanevano contumaci la COGNOME NOME e il COGNOME Mario), la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 1097/2019,
in riforma parziale dell’impugnata pronuncia di primo grado, così decideva:
accoglieva la domanda di simulazione dell’atto di compravendita del 22 febbraio 2010 stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla Monticone Maria Grazia;
dichiarava la nullità dell’atto a rogito notaio COGNOME del 22 febbraio 2010, avente ad oggetto la piena proprietà dell’abitazione di tipo civile, censita al catasto terreni del Comune di S. Margherita Ligure al foglio 8, particella 172 sub 6, e al foglio 8, particella 173 sub 7, INDIRIZZO interno A piano I, nonché la proprietà superficiaria dell’autorimessa censita al catasto terreni dello stesso Comune al foglio 6, particella, 1274, sub 83, INDIRIZZO
dichiarava l’intervenuto scioglimento della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, dichiarava che i citati immobili rientravano nel patrimonio del COGNOME RAGIONE_SOCIALE;
rigettava ogni altra domanda, regolando le complessive spese del doppio grado di giudizio.
Con riferimento, in particolare, alla censura dell’appellante relativa alla domanda di simulazione assoluta dell’atto di compravendita concluso il 22 febbraio 2010 tra la M.RAGIONE_SOCIALE e la COGNOME NOME (per asserita violazione degli artt. 1414 c.c. e ss., nonché degli artt. 2697 e 2727 c.c., oltre che per la prospettata contraddittorietà della motivazione), la Corte piemontese rilevava che – sulla base di una serie di indizi univoci, precisi e concordanti, valutati sia singolarmente che unitariamente – era stata raggiunta la prova della denunciata simulazione.
Pertanto, essendo risultato detto contratto simulato, se ne doveva dichiarare la nullità e l’inefficacia tra le parti giacché né l’alienante aveva inteso trasferire il diritto di proprietà dei beni immobili, né l’altra parte aveva inteso acquisirlo e, pertanto, si sarebbe dovuto ritenere che i beni
immobili oggetto del suddetto atto di compravendita non erano mai usciti dal patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale considerava, quindi, che -poiché quest’ultima società si era sciolta – i beni immobili in questione si sarebbero dovuti ritenere riconducibili all’unico socio superstite COGNOME, ragion per cui le parti appellanti avrebbero potuto soddisfare le loro pretese creditorie sui beni immobili oggetto del contratto simulato, poiché – per l’appunto – l’unico cespite della società RAGIONE_SOCIALE si sarebbe dovuto ritenere essersi consolidato in capo al citato COGNOME.
Osservava, inoltre, la Corte di appello che, in virtù dell’accoglimento della domanda di simulazione, doveva considerarsi assorbita la domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. relativa allo stesso atto di compravendita, siccome formulata soltanto in via subordinata.
Aggiungeva la Corte piemontese che al creditore particolare del socio di una società semplice è consentito chiedere in qualsiasi momento, in caso di insufficienza del patrimonio del suo debitore, la liquidazione della quota di spettanza a quest’ultimo, ai sensi dell’art. 2770 c.c. La predetta facoltà è, invece, preclusa al socio di una società di persone in nome collettivo e, quindi, anche al socio di una società in accomandita semplice, almeno fino alla scadenza del termine per cui è costituita la società, ai sensi dell’art. 2305 c.c.
Condividendo la pronuncia di primo grado, la Corte di appello rilevava che il contratto di compravendita stipulato ‘a monte’ in data 11 aprile 2007 (avente ad oggetto gli stessi immobili del successivo contratto del 22 febbraio 2010, dichiarato invece simulato) tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE era da ritenersi valido e produttivo di effetti tra le parti.
Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi (suddivisi in tre distinti capi sub 2.1., 2.2. e 2.3.) l’appellata COGNOME NOME
Hanno resistito con un congiunto controricorso, contenente tre motivi di ricorso incidentale condizionato, COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE
Si è costituta nella presente sede con controricorso anche l’eredità giacente di COGNOME Mario, la quale ha sostenuto che il suo interesse a contraddire si sostanzi nel fatto che la Corte di appello, nel dispositivo della sentenza impugnata, ha, tra l’altro, dichiarato ‘che gli immobili siti in Santa Margherita Ligure sopra indicati rientrano nel patrimonio del signor COGNOME Mario’.
Sia il P .G. che le parti controricorrenti hanno anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE DI COGNOME NOME COGNOME
Con il primo gruppo di motivi (rubricato 2.1. e relativo al capo della sentenza impugnata che ha dichiarato la simulazione dell’atto di compravendita del 22 febbraio 2010) la ricorrente COGNOME NOME ha denunciato:
2.1.1. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1415, comma II, 2305 e 2315 c.c., sostenendo l’erroneità della pronuncia della Corte di appello che ha accolto la predetta domanda di simulazione del citato contratto posto in essere dalla società in accomandita semplice RAGIONE_SOCIALE come proposta dai creditori del socio accomandatario e non, quindi, dai creditori sociali, così violando le suddette norme, il principio dell’autonomia patrimoniale dei beni sociali, nonché quello della destinazione del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori della società.
2.1.2. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, avuto riguardo alla mancata valutazione della circostanza fattuale – da considerarsi, per l’appunto, decisiva -relativa al possesso e alla
disponibilità del bene in capo all’acquirente, valorizzando invece unicamente l’elemento dell’assenza di prova del pagamento del prezzo (non potendosi escludere, eventualmente, che il trasferimento non fosse avvenuto a titolo oneroso, bensì gratuito), così giungendo alla conclusione di ritenere uscito dal patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE il bene immobile controverso.
2.1.3. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1414 e segg., 2727 e 2729 c.c.
Al riguardo la Monticone sottolinea che la Corte territoriale ha posto a fondamento della propria decisione due gruppi di elementi indiziari: – il primo costituito dall’esistenza di rapporti tra il venditore (la società) e l’acquirente (ex socio ed ex amministratore della stessa), e fra il legale rappresentante della società (COGNOME RAGIONE_SOCIALE) e l’acquirente (figlia della deceduta compagna); – il secondo rappresentato dalla mancata prova del pagamento del prezzo da parte dell’acquirente (che, ad avviso del giudice di secondo grado, si sarebbe dovuta intendere rafforzata dal mancato accollo del mutuo gravante sull’immobile da parte dell’acquirente, mutuo perciò rimasto in capo alla s.aRAGIONE_SOCIALE.
Senonché, osserva la ricorrente, il primo elemento indiziario non avrebbe potuto essere ritenuto né grave, né preciso, né concordante, mentre il secondo non poteva essere considerato di per sé idoneo a qualificare simulato il negozio, nel mentre, al contempo, esisteva -come già prospettato – la prova del trasferimento del possesso e del godimento del bene in capo all’acquirente, da considerarsi elemento idoneo ad escludere la simulazione assoluta dell’alienazione immobiliare. In tal modo la Corte piemontese aveva mancato di operare una valutazione complessiva degli indizi al riguardo, considerandoli, invece, atomisticamente e parzialmente.
Con il secondo gruppo di motivi, la ricorrente Monticone ha dedotto:
2.2.1. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (relativamente al capo della sentenza impugnata che ha accolto la domanda di scioglimento della RAGIONE_SOCIALE dichiarando, per l’effetto, che l’immobile di Santa Margherita Ligure avrebbe dovuto considerarsi facente parte del patrimonio del socio accomandatario), la violazione dell’art. 345 c.p.c., per aver la Corte di appello, dichiarando tale scioglimento ai sensi dell’art. 2323 c.c., ritenuto la fondatezza di una domanda nuova proposta in secondo grado, basata su documento nuovo (la visura camerale relativa alla sopravvenuta estinzione, all’interno della M.RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE quale unico socio accomandante) prodotto in detto grado per la prima volta.
2.2.2. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, per aver la Corte di appello affermato che ‘la RAGIONE_SOCIALE all’epoca dei fatti risultava essere inattiva’, e ciò in contrasto con l’emergenza di elementi fattuali acquisiti agli atti del processo e da qualificarsi per l’appunto decisivi, quali: la stipulazione con la RAGIONE_SOCIALE del trasferimento, da parte di RAGIONE_SOCIALE alla società di leasing, di un intero stabilimento di Volpiano; la compravendita con società RAGIONE_SOCIALE, il subentro nel contratto di mutuo e la rinegoziazione e allungamento della durata del medesimo contratto.
2.2.3. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2305 e 2280 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il bene sociale costituito dall’immobile di Santa Margherita Ligure doveva considerarsi rientrato nel patrimonio del suo socio accomandatario COGNOME NOMECOGNOME sul quale gli appellanti avrebbero potuto soddisfare le loro pretese creditorie giacché costituente l’unico cespite della M.F.V. che si sarebbe dovuto considerare consolidato in capo allo stesso COGNOME NOME avendo in tal modo attribuito al socio un bene sociale, senza che si fosse proceduto alla necessaria ed obbligatoria fase della liquidazione, così
attribuendo illegittimamente al socio (e ai suoi creditori) un bene sociale, prima della verifica dell’avvenuto pagamento dei creditori sociali e dell’accantonamento delle somme indispensabili per soddisfarli.
3. Con l’ultimo motivo rubricato sub 2.3. -relativo alla revocatoria (anche in via surrogatoria), la ricorrente ha dedotto che la relativa domanda, pur non essendo stata esaminata dalla Corte di appello (avendo accolto quella principale di simulazione assoluta dell’atto di compravendita del 22 febbraio 2010), avrebbe dovuto essere qualificata come inammissibile o comunque infondata, dal momento che i creditori sociali non avrebbero potuto formularla (neppure in via surrogatoria) siccome afferente a patrimoni diversi da quello del loro debitore.
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO DI COGNOME NOME e COGNOME SOCIETA’ SEMPLICE
1. Con il primo motivo NOME e la RAGIONE_SOCIALE società semplice hanno denunciato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 1414 e segg., 2697, 2727, 2729 e 2733 c.c., esponendo tre profili: 1) l’uno relativo alla valutazione della prova per presunzioni della simulazione assoluta del contratto, nel caso in cui la domanda sia stata proposta da terzi, sostenendosi che, nel caso di specie, i singoli fatti noti non sarebbero stati valutati nella loro convergenza globale, poiché la Corte di appello si era limitata a prendere in considerazione i soli punti che le parti contraenti volevano realmente porre in essere il contratto di compravendita presupposto del 2007 e che si era, quindi, verificato il trasferimento della proprietà di beni immobili in capo alla RAGIONE_SOCIALE; 2) l’altro, per aver la Corte territoriale ritenuto, illegittimamente, irrilevanti le richieste di esibizione e produzione, dovendo, invero, valutare la mancata prova, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di avere provveduto al pagamento con fondi effet tivamente propri; 3) l’ulteriore profilo per non aver il giudice di appello tenuto in considerazione che l’onere della
prova del pagamento del prezzo vale, sempre, per il simulato acquirente e non vi è ragione per trattare diversamente il caso in cui la simulazione riguardi la vendita (dal debitore al simulato acquirente) da quello nel quale sia il debitore ad occultare l’acquisto (intestando il bene acquistato ad un terzo interposto), con la conseguenza che il terzo (nel caso di specie, la società RAGIONE_SOCIALE, in caso di contestazione, dovrà dare la prova di aver effettuato il pagamento con fondi propri (il che non era avvenuto nella fattispecie).
Con il secondo motivo è stato dedotto -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo proprio alla circostanza della mancata prova del pagamento da parte dell’interposta RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo ed ultimo motivo risulta prospettato -ancora con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. un ulteriore omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che aveva costituito oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla mancata considerazione di una serie di documenti e di prove orali che -a loro parere, quali appellanti -avrebbero presentato un contenuto sostanzialmente confessorio da parte del COGNOME NOME con riguardo alla circostanza di essere il proprietario del bene oggetto di causa.
ESAME DEI MOTIVI DEL RICORSO PRINCIPALE
Ritiene il collegio che sono fondati i motivi rubricati sub 2.1.1. e 2.2.3., i quali risultano connessi e, quindi, esaminabili congiuntamente.
Per come desumibile dallo stesso svolgimento motivazionale della sentenza impugnata, l’oggetto del giudizio era rappresentato dalla domanda di simulazione assoluta (rigettata dalla Corte di appello)
dell’atto di compravendita (presupposto) dell’immobile sito in Santa Margherita Ligure stipulato l’11 aprile 2007 fra la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE e dalla domanda di simulazione assoluta (invece accolta) dell’atto di compravendita dello stesso immobile intervenuto il 22 febbraio 2010 tra la citata società RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME (odierna ricorrente).
La Corte territoriale, nel ricostruire le vicende societarie in relazione alla posizione di COGNOME Mario (nei cui confronti NOME vantava un titolo esecutivo per un credito rilevante), ha ritenuto che lo stesso -nella qualità, però, di socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE -con l’alienazione dell’unico cespite di quest’ultima società (in favore della Monticone) aveva compromesso i diritti dei suoi creditori. Lo stesso giudice di appello -in riforma della sentenza di primo grado -ha ritenuto che il secondo atto di compravendita intervenuto il 22 febbraio 2010 a rogito del notaio COGNOME fosse il frutto di una simulazione assoluta ricavata da una serie di indizi, individuati, soprattutto, nell’esistenza dei rapporti tra le parti contraenti, nella posizione dell’acquirente che non avrebbe potuto ritenersi persona estranea e nella mancanza di prova del pagamento del prezzo inerente a detto contratto.
Orbene, così ricostruita la vicenda fattuale negli esposti termini, la Corte di appello, accogliendo la domanda degli appellanti, ha rilevato la sussistenza della legittimazione dei creditori particolari del socio COGNOME a chiedere la dichiarazione di simulazione di un atto (quello, per l’appunto del 22 febbraio 2010) posto in essere dalla società RAGIONE_SOCIALE nonostante tale atto non potesse considerarsi pregiudizievole per i loro diritti.
In tal senso, la Corte di appello, con la decisione qui impugnata, è incorsa nella violazione dell’art. 1415, comma 2, c.c., nonché degli artt. 2315 -2305 c.c., disattendendo il principio dell’autonomia patrimoniale dei beni
sociali, nonché quello della destinazione del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori della società stessa.
In tale contesto (costituente oggetto della censura sub 2.1.1.) si innesta la doglianza prospettata sub 2.2.3., con la quale è stata dedotta la violazione degli artt. 2305 e 2280 c.c.
A tal proposito viene denunciata l’erroneità della sentenza oggetto di ricorso, laddove, dopo aver la Corte di appello considerato il documento (nuovo) prodotto in secondo grado di visura del registro delle imprese (relativo alla circostanza che, all’interno, della RAGIONE_SOCIALE era venuta a mancare la RAGIONE_SOCIALE quale unico socio accomandante della società RAGIONE_SOCIALE siccome cancellata dal registro delle imprese, con la sua conseguente estinzione), ha evidenziato che, essendo decorsi i sei mesi e che la pluralità dei soci non era stata ricostituita, ha dichiarato (pronunciando sulla relativa domanda formulata in appello dalla RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME) lo scioglimento della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 2323 c.c.
Sulla base di tale presupposto la Corte territoriale ha dichiarato che il bene sociale rappresentato dal suddetto immobile di Santa Margherita Ligure (riassorbito nel patrimonio sociale in virtù della dichiarazione di simulazione assoluta del citato atto di compravendita del 22 febbraio 2010) dovesse ritenersi rientrato nel patrimonio del suo socio accomandatario COGNOME NOMECOGNOME sul quale gli appellanti avrebbero potuto soddisfare i loro crediti poiché l’unico cespite della M.F.V. si sarebbe dovuto ritenere ‘consolidato in capo al RAGIONE_SOCIALE‘.
Senonché, così ragionando, la Corte di appello non ha considerato che la dichiarazione di scioglimento della società di persone non consente al creditore particolare di agire sul bene sociale che rimane tale anche a seguito di detto scioglimento che, solo all’esito del procedimento di liquidazione ed una volta estinti i debiti societari, avrebbe potuto essere
trasferito (ove sussistente) al patrimonio del socio mediante l’attribuzione a quest’ultimo della quota di liquidazione.
Pertanto, nel momento in cui la Corte di appello ha dichiarato che -per effetto dello scioglimento della società RAGIONE_SOCIALE (e non della sua estinzione, siccome riguardante una diversa compagine sociale, la RAGIONE_SOCIALE, presente all’interno della RAGIONE_SOCIALE.: v. pag. 16 della sentenza) il bene sociale si sarebbe potuto considerare acquisito ‘automaticamente’ al patrimonio del socio COGNOME e che su di esso avrebbero potuto soddisfarsi gli appellanti (quali creditori particolari di tale socio), è incorsa nella violazione dell’art. 2280 c.c., avendo, per l’appunto, attribuito a detto socio un bene sociale, senza che si fosse proceduto alla necessaria preventiva fase di liquidazione (in tal modo assegnando ai creditori particolari del Cucco un bene sociale, anteriormente alla verifica dell’avvenuto pagamento dei creditori sociali e dell’accantonamento delle somme indispensabili per soddisfarli).
In altri termini, la sentenza qui impugnata non tiene conto del fatto che la mancata ricostituzione della pluralità dei soci comporta unicamente lo scioglimento della società e non anche la sua estinzione, onde deve ritenersi giuridicamente errata la diretta attribuzione del bene sociale costituito dall’immobile di santa Margherita Ligure al patrimonio personale del socio COGNOME Mario.
Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha, in proposito, avuto modo di chiarire che, in tema di società di persone (come una s.a.s.), la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi non determina l’estinzione, ma solamente lo scioglimento della società e la liquidazione e, pertanto, la massa dei rapporti attivi e passivi che facevano capo alla compagine sociale prima dello scioglimento conserva il proprio originario centro di imputazione (cfr. Cass. n. 27189/2014; v. anche la più recente Cass. n. 74/2023). A tale principio dovrà uniformarsi
il giudice di rinvio, con la valorizzazione di tutti i riflessi che ne conseguono rispetto alla domanda di simulazione dell’atto di compravendita del 22 febbraio 2010 (concluso tra la RAGIONE_SOCIALE, quale venditrice, e la COGNOME NOME, nella qualità di acquirente), ritenuta fondata con la sentenza qui impugnata.
Come acutamente sottolineato dal PG nella sua memoria, tale principio e la conseguente necessità della fase di liquidazione sono posti anche a salvaguardia di eventuali creditori sociali, nella consapevolezza che se il creditore della società può divenire creditore del socio, l’inversione del rapporto va escluso, di modo che il creditore del socio non diviene in via automatica creditore della società. Pertanto, la carenza di biunivocità di siffatto rapporto creditorio e la impossibilità di configurare una diretta attribuzione a causa della mancata ricostituzione della compagine sociale del bene conteso al socio signor COGNOME spiega in ridondanza la persuasività anche del primo motivo al § 2.1.1., attesa la inconfigurabilità, allo stato, di una tutelabilità del creditore del socio quale terzo legittimato a far valere la simulazione di un atto che di per sé non arreca al medesimo alcun pregiudizio.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, deve essere accolto il ricorso principale con riferimento ai motivi sopra indicati (sub 2.1.1. e 2.2.3.), con derivante assorbimento (proprio) dei restanti motivi dello stesso ricorso ed assorbimento (improprio) del ricorso incidentale condizionato (poiché la cognizione delle questioni involte dai relativi motivi è, allo stato, pregiudicata dalla necessaria risoluzione preventiva di quelle riconducibili alle censure -ritenute fondate -del ricorso principale formulato dalla Monticone NOME).
Da tutto quanto precede consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale, con il
derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei sensi di cui in parte motiva (con riferimento ai punti 2.1.1. e 2.2.3), dichiara assorbiti i restanti motivi dello stesso ricorso nonché il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della