Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14018 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14018 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22644/2019 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso in proprio e dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti. -RICORRENTE- contro
ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE DI PERSONE CON DISABILITÀ INTELLETTIVA O RELAZIONALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo presidente nazionale e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale in atti.
-CONTRORICORRENTE- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1556/2019 depositata il 08/07/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Udito l’avv. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME ha agito ai sensi degli artt. 28 e 29 L. 794/42 per ottenere il pagamento degli onorari per le prestazioni professionali espletate in favore della sede territoriale di Bari dell’ Associazione Nazionale Famiglie Di Persone Con Disabilità Intellettiva O Relazionale (da ora Anffas).
Avendo la convenuta associazione eccepito di non dover rispondere dei debiti contratti dalle sezioni territoriali, il Tribunale ha disposto il mutamento del rito in quello ordinario e, in composizione monocratica, ha respinto la domanda, affermando che il rapporto professionale era intercorso non con l’ Associazione nazionale ma con l’Associazione territoriale di Bari.
Con sentenza n. 1556/2019 , la Corte d’Appello di Bari ha confermato la pronuncia, osservando che già lo Statuto del 1997 conferiva autonomia negoziale e processuale alle articolazioni periferiche dell’associazione , principio poi ribadito nello Statuto del 2000, che aveva previsto lo scioglimento degli organismi locale e la nascita di nuove associazioni senza alcun subingresso della sede nazionale nei rapporti contrattuali facenti capo alle prime, tanto che era stata Anfass locale ad effettuare i pagamenti al ricorrente, il mandato alle liti era stato conferito da NOME COGNOME nella qualità di procuratrice speciale dell’associazione locale e lo stesso COGNOME aveva ammesso, con nota del 13.03.2003, di non aver ricevuto alcun mandato dal Presidente nazionale dell’Anffas .
L’avvocato NOME COGNOME ha chiesto la cassazione della sentenza con ricorso in tredici motivi, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire conclusioni scritte. Le parti hanno depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza pubblica.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 28 L. 794/1942 e degli artt. 50 bis e 50 quater c.p.c., sostenendo che la causa doveva esser decisa dal giudice collegiale a pena di nullità rilevabile d’ufficio.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 28 della L. 794/1942, dell’art. 702 c.p.c. e degli artt. 3, 4 e 14 del D.LGS. 150/2011 , lamentando che la Corte d’appello non abbia dichiarato nulla la pronuncia di primo grado sia per il fatto che il giudizio non era stato introdotto con il rito sommario ordinario, sia per il disposto mutamento di rito.
Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 28 della L. 794/1942, 50 bis e 50 quater c.p.c. e 14 del D.LGS. 150/2011 sostenendo che le controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti dell’avvocato nei confronti dei clie nti devono essere trattate con la procedura prevista dall’art. 14 D.LGS. 150/2011 , anche nelle ipotesi in cui la domanda riguardi l’ an della pretesa e senza possibilità per il giudice di trasformare il rito sommario in ordinario.
Il quarto motivo deduce la violazione dell’art. 28 della L. 794/1942 e dell’art. 14 del D.LGS. 150/2011, per non aver la Corte rilevato che la causa doveva esser decisa in composizione collegiale.
Il quinto motivo deduce la violazione degli artt. 50 bis e 50 quater c.p.c., sostenendo che la causa non poteva esser trattata con il rito ordinario, dovendo trovare applicazione il rito camerale.
Il sesto motivo deduce la violazione degli artt. 28 e 29 L. 794/1942, denunciando la nullità della sentenza di primo grado poiché decisa da un giudice onorario e non dal Capo dell’Ufficio Giudiziario, titolare di una competenza funzionale del Collegio con impossibilità di delega delle funzioni.
1.1 Tutti gli illustrati motivi sono inammissibili.
Il giudizio di primo grado è stato introdotto con ricorso ex art. 28 e 29 RD 794/1942 dall’avv. COGNOME per il pagamento di compensi di
difesa dell’A nffas in una procedura prefallimentare, con atto depositato in data 28.12.2005.
Il procedimento era regolato dagli artt. 28 e ss. della L. 794/1942, non da ll’art. 14 D.LGS. 150/2011.
A i sensi dell’art. 36 del decreto sulla semplificazione dei riti civili, dette norme si applicano ai procedimenti introdotti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto per la semplificazione dei riti civili (6.10.2011).
Le censure proposte non sono, perciò, conferenti ove denunciano la violazione del l’art. 14 D.LGS. 150/2011, sia riguardo al rito applicabile e alle modalità di introduzione della causa, sia riguardo alla non convertibilità del rito e alla trattazione collegiale del processo.
Non è lecito poi contestare la violazione della riserva di collegialità neppure riguardo al procedimento per la liquidazione dei compensi regolato dal L. 794/1942, per le ragioni che seguono.
Come è dedotto nel controricorso, la censura non è stata proposta con l’atto d’appello ; solo nelle comparse conclusioni il ricorrente ha lamentato la violazione della riserva di collegialità sul l’erroneo presupposto dell’applicabilità dell’art. 14 L. 150/2011.
Il vizio non era rilevabile d’ufficio, com e sostiene il ricorrente. L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c. al successivo art. 161, primo comma, un’autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione (Cass. SU 28040/2008; Cass. 13907/2014; Cass. 16186/2018).
La questione andava proposta con i motivi di appello, nel rispetto dei termini di impugnazione, essendo altrimenti preclusa.
Per altro verso, il ricorrente intende sostenere l’applicabilità del rito speciale e la conseguente necessità della decisione collegiale nel regime anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 14 D.LGS. 150/2011, anche quando sia stata contestata l’an della pretesa. Tale assunto è contrario all’insegnamento di questa Corte che ha ripetutamente affermato che, in tema di liquidazione degli onorari e diritti di avvocati, non è ammissibile il ricorso alla speciale procedura di cui agli artt. 28 e 29 della legge 13 giugno 1942, n.794 qualora la controversia non abbia ad oggetto soltanto la semplice determinazione della misura del compenso, ma si estenda ad altri oggetti d’accertamento e di decisione, quali i presupposti stessi del diritto al compenso, i limiti del mandato, la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa; in tal caso, il procedimento ordinario attrae nella sua sfera, per ragioni di connessione, anche la materia propria del procedimento speciale e l’intero giudizio non può non concludersi in primo grado se non con un provvedimento che, quand’anche adottato in forma d’ordinanza, ha valore di sentenza e può essere impugnato con il solo mezzo dell’appello» (Cass. 13640/ 2010; Cass. 21554/2014).
In presenza di siffatte contestazioni, la domanda proposta con il rito speciale va dichiarata inammissibile, non essendo consentiti il mutamento del rito e il passaggio da un giudizio camerale ad uno ordinario (Cass. 23344/2008)
Il principio è stato recentemente ribadito da questa Corte secondo cui la domanda formulata l’ormai abrogata procedura prevista dagli artt. 28 ss. della L. 794 del 1942 va dichiarata inammissibile quando vi sia contestazione del cliente sull'” an debeatur ” della pretesa, essendo il suo oggetto limitato alla determinazione del “quantum” del compenso dovuto al professionista (Cass. 28049/2018).
Di conseguenza, non solo non risulta che il ricorrente abbia contestato in appello il disposto mutamento del rito da camerale in
ordinario, per effetto del quale la decisione è stata assunta in forma monocratica, ma è comunque da escludere che avesse interesse a sollevarla, dovendo il procedimento camerale comunque esitare nell’inammissibilità della domanda, non già nell’auspicato suo accoglim ento, (Cass. 2297/2016; Cass. 23344 del 2008; Cass. 17053/2011; Cass. 16202/2013).
7. Il settimo motivo deduce la violazione degli artt. 100 e 81 c.p.c., sostenendo che le associazioni locali dell’A nffas erano divenute, a seguito di un riassetto organizzativo, non più organismi ma socie dell’associazione nazionale ed erano state sciolte con nomina di una procuratrice speciale, il che comportava che unico soggetto rimasto in vita era l ‘Anfass nazionale , tenuta ad estinguere i debiti delle organizzazioni locali.
L ‘ottavo motivo deduce la violazione de gli artt. 82 e 85 c.p.c., per aver il giudice di merito omesso di considerare che l’Anffas nazionale aveva ammesso di aver revocato l’incarico professionale al ricorrente, revoca che presupponeva che proprio la convenuta avesse conferito l’incarico professionale.
Il nono motivo deduce la violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., per aver la sentenza omesso di considerare che RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto la transazione del 27.07.2004 con cui erano stati definiti i giudizi pendenti in cui il ricorrente aveva svolto il patrocinio, il che doveva valorizzarsi quale ulteriore indizio dell ‘ assunzione dei debiti delle sedi locali da parte dell’associazione resistente o della sussistenza di un rapporto professionale diretto con il difensore.
Il decimo motivo deduce la violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c., per aver il giudice di merito omesso di tener conto della delibera datata 8-9.02.2002 con cui l’Anffas nazionale, per le cessate sezioni e allo scopo di garantire la prosecuzione e la continuità dei servizi e delle attività, aveva nominato procuratrice NOME COGNOME firmataria del mandato ad litem del ricorrente.
L’undicesimo motivo deduce la violazione dell’art. 1 9 c.c., per non aver la Corte di merito ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE dovesse rispondere delle obbligazioni assunte nei confronti del ricorrente in virtù dell ‘apparenza determinata dal fatto che il mandato era stato conferito dalla la procuratrice speciale nominata dall’ Associazione nazionale.
I motivi sono infondati.
Occorre premettere che stabilire se una struttura organizzativa locale che fa capo ad un’associazione costituisca un organo di quest’ultima, ovvero sia invece, a sua volta, un’associazione munita di autonoma legittimazione negoziale e processuale, configura una questione che non attiene alla “legitimatio ad causam”, bensì alla titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio, ed involge, pertanto, un accertamento, da condurre sulla scorta dello statuto dell’associazione, che attiene al merito della lite, incensurabile in cassazione se logicamente motivato (Cass. 23088/2013; Cass. 16715/2015; Cass. 2818/2016).
Tale accertamento appare correttamente svolto.
La pronuncia ha evidenziato che già nello statuto del 1997 le associazioni locali non erano indicate come organi dell’associazione, ma come articolazioni dotate di autonomia organizzativa, patrimoniale e negoziale, con proprio organi di rappresentanza, seppure nell’ambito di un’organizzazione complessa facente capo ad Anffas nazionale.
Detto statuto , all’art. 8, escludeva esplicitamente che RAGIONE_SOCIALE dovesse rispondere dei debiti delle associazioni locali, trovando conferma il principio, già affermato da questa Corte, che le associazioni locali di un’associazione avente carattere nazionale non sono organi di quest’ultima bensì sue articolazioni periferiche dotate di autonoma legittimazione negoziale e processuale. Ne consegue che tali associazioni locali sono le uniche titolari delle situazioni soggettive sostanziali derivanti dagli atti negoziali da
esse posti in essere ed assumono in via esclusiva la qualità di parti nelle relative controversie, mentre l’associazione nazionale non risponde delle obbligazioni contratte dalle associazioni locali, ancorché preordinate al perseguimento di finalità istituzionali comuni (Cass. 2952/2000).
Il successivo statuto, adottato nel 2000, aveva superato il pregresso assetto organizzativo , accentuando l’autonomia delle organizzazioni locali, già munite di una propria soggettività ed autonomia patrimoniale, affidando ad un procuratore speciale -in persona del Presidente -il compito di definire i rapporti pregressi, senza affatto inglobare in Anfass nazionale le organizzazioni locali. La nomina di un procuratore speciale dell’associazione locale, non di quella nazionale, chiamata a gestire e chiudere le pregresse pendenze, valeva ad evidenziare la reciproca autonomia delle associazioni, oltre che la mancanza di un meccanismo assuntivo dei debiti in capo all’ Associazione nazionale che invece il ricorrente intende desumere da elementi indiretti, non legittimandosi alcun affidamento circa il possesso del potere di impegnare l’associazione nazionale, considerato che, come ha affermato la Corte di merito, lo stesso avv. COGNOME aveva ammesso di non aver ricevuto l’incarico da RAGIONE_SOCIALE , difesa in giudizio da altro professionista.
La sentenza ha spiegato che, nel quadro della rinnovata configurazione organizzativa delineata dallo Statuto associativo del 2000, l’avv. COGNOME era stato officiato della difesa non dall’Ass ociazione Nazionale ma dal l’ex Presidente di Anfass Bari, nella qualità di procuratrice speciale dell ‘ associazione locale.
Sia l’intervento nella transazione che la rev oca del mandato da parte di Anffas nazionale, come pure la designazione dei procuratori speciali delle organizzazioni locali, si spiegavano, secondo la sentenza, quali atti di esercizio dei poteri di controllo e coordinamento che anche il nuovo Statuto lasciva persistere in
capo ad RAGIONE_SOCIALE, non quali esercizio di poteri aventi titolo in un rapporto contrattuale diretto con i terzi.
Non rileva che l’Anffas di Bari era stata sciolta, sicché l’unico soggetto passivo non poteva che essere l’associazione nazionale.
C ome chiarito nel controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE (sia nazionale che locale) è associazione riconosciuta e, nel regime codicistico e in quello introdotto dal D.P.R. 361/2000, l’iscrizione nel registro prefettizio aveva determinato l’acquisto della personalità giuridica e l’autonomia patrimoniale perfetta, per cui delle obbligazioni dell’ente rispondeva esclusivamente l’organismo locale con il proprio patrimonio.
Nella associazioni riconosciute, deliberato lo scioglimento dell’ente , si avvia un procedimento che vede l’apertura di una fase di liquidazione con la nomina di uno o più commissari liquidatori (artt. 30 c.c. e 11 disp. att.) e che termina, dopo gli adempimenti liquidativi previsti dagli artt. 12 e ss. delle disp. att. c.c., con la cancellazione dal registro delle persone giuridiche (art. 20 c.c.; art. 6 D.P.R. 361/2000). Completato il procedimento liquidatorio, le associazioni si estinguono, analogamente a quanto disposto dal legislatore per le società in relazione al provvedimento di cancellazione dal registro delle imprese (Cass. 12528/2018), sicché il pagamento doveva esser richiesto al procuratore speciale.
Il mandato difensivo era stato, difatti, conferito dal procuratore speciale chiamato a gestire i rapporti pregressi nella fase di liquidazione e di passaggio dal vecchio al nuovo assetto organizzativo, non essendo previsto, a termini di statuto, la traslazione dei debiti assunti in sede locale in capo all’associazione nazionale.
8. Il dodicesimo motivo deduce la violazione degli artt. 2697 e 2237 c.c., contestando la fondatezza dell’ecc ezione di pagamento proposta in giudizio, sul rilievo che il ricorrente non sarebbe stato integralmente soddisfatto mediante i pagamenti già ricevuti.
Il tredicesimo motivo deduce la violazione dell’art. 214 c.p.c., dell’art. 2712 c.c. e dell’art. 28 codice deontologico , per non aver la pronuncia tenuto conto dell’immediato disconoscimento e dell’ inutilizzabilità in giudizio delle missive riservate e della corrispondenza contenente proposte transattive.
I due motivi sono inammissibili poiché riguardano aspetti marginali e che il giudice di merito ha implicitamente ritenuto assorbiti, poiché superati dal rilevato difetto di titolarità del debito in capo alla convenuta.
Il ricorso è respinto con addebito delle spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in €. 3500,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 15.5.2025.
IL CONSIGLIERE ESTENSORE NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME